La stessa scena dell’Atto precedente.
Dolcina veste con una certa eleganza un abito «tailleur», Magoto veste piuttosto goffamente il suo vestito grigio, e ha un fiore all’occhiello.
Magoto.
Eppure non so abituarmi ancòra bene a questo vestito da passeggio. Forse il grigio «non mi dona».
Dolcina.
E a me dona questo scozzese?
Magoto.
Credo di sì.
Dolcina.
civettuola.
Signore, grazie.
Magoto.
Ho una grande voglia di spogliarmi.
Dolcina.
fingendosi offesa.
Magoto! Voi dimenticate le regole più elementari della buona, creanza! Io sono una signorina. E voi siete un uomo!
Magoto.
Sì, ma infine sei una signorina... maritata!
Dolcina.
Io?
Magoto.
Sì, ti sei maritata con me tante volte!
Dolcina.
Non conta!
Magoto.
Come?
Dolcina.
Non conta! Prova a chiedermelo adesso, e vedrai!
è colta da un pensiero.
Prova! Prova!
Magoto.
prestandosi al gioco.
Sì, Dolcina: forse che tu non vuoi...
Dolcina.
Non mi dia del tu!
Magoto.
Non vuole, signorina, coricarsi con me questa notte?
Dolcina.
Ma no! Stupido! Non si dice quella frase lì. Non è ammessa.
Magoto.
Ah! È vero!
Recitando
Non vuole, signorina, passeggiare con me lungo il mare?
Dolcina.
con civetteria aggraziata
Sola?
Magoto.
Sì, sola.
Dolcina.
imbronciata
Signore, per chi mi prende lei?
Mutando, a voce bassa
Ancora, ancora, Magoto, insisti, insisti, mi piace!
Riprendendo
Signore, per chi mi prende lei?
Magoto.
Oh, io la prendo per una signorina onesta!
Dolcina.
Ah, meno male!
Mutando, a bassa voce
Insisti! Insisti!
Magoto.
Non vuole? E perchè, se io le voglio bene? Dolcina, perchè non vuole essere mia? Non sente come l’amo?
Dolcina.
recitando
Signore, io non La conosco!
Sottovoce
Insisti, insisti...
Magoto.
Non mi conosce? E non Le sembra una condizione fortunata? Anch’io non La conosco. Ed è perciò che il mistero accresce il fascino alla cosa.
Dolcina.
Signore, la mia condizione di signorina non mi consente neppure di ascoltarla. Si faccia perciò presentare da un amico.
Tra sè
Dio, com’è bello!
Estasiata
La gioia di rifiutarsi! Come gli uomini la sanno lunga.
Declamando, come se bevesse le parole
No, non voglio, non voglio essere sua!
Mutando
Ma non senti che parole divine «essi» hanno? «Non voglio essere sua.»
Ingenuamente, con convinzione
È meglio che esserlo!
Magoto.
senza recitare
Sì, ma per poco!
Dolcina.
stizzita
Per poco, sì. Ma tu non insisti abbastanza...
Magoto.
senza recitare
Ma sì!
Dolcina.
senza recitare
Deve almeno passare un’ora.
Magoto.
galante
È passata.
Dolcina.
languida
Di già? Oh! Il tempo dell’amore come passa!
Recitando
Ebbene, amor mio...
Magoto.
Ebbene, vuole passeggiare con me lungo la riva del mare?
Dolcina.
svenevole
Sì... mio amante!...
Si avvia a braccetto: poi si ferma bruscamente
Ma aspetta un momento! Dimenticavo la cosa più importante...
Tornando un passo indietro e recitando
Chi sa che cosa penserà di me!
E torna subito ad appoggiarsi al braccio di Magoto che fa un gesto come per dire: «lascia andare!...». Via tutti e due di corsa, ridendo. Dolcina è appena scomparsa quando eccola tornare affannata come per nascondersi a qualcuno che la insegue. Infatti appare nel fondo Alicano.
Dolcina.
con un grido represso
Alicano! C’è Alicano!
E nella confusione e nella vergogna, si spoglia in fretta. Le vesti le cadono a terra, ed ella rimane ritta in piedi, mentre si copre il volto con le mani.
Alicano.
sghignazzando amaramente
Ma come? Ti sei vestita per salvar la vergogna e adesso ti vergogni di essere vestita? Come il tuo principio morale casca già presto ai tuoi piedi, dinanzi a me! Si vede che non ti hanno vestita abbastanza. C’è ancora in te, e forse anche negli altri, – giacchè ho visto scappare Magoto – qualche cosa che si ribella. Oh! Ma non tarderanno a fare di voi dei perfetti manigoldi. E come va la scuola d’amore, eh? Che cosa facevate qui, tu e Magoto?
Dolcina.
bambina
Giocavamo a essere onesti.
Alicano.
con tristezza
Oh! Dolcina! Povera Dolcina... Tu eri la mia prediletta! Avevo fatto di te una creatura così semplice! Ti avevo ammantata del tuo puro istinto, ed eri abbigliata così bene! Povera Dolcina! Fa un passo avanti, ch’io raccolga questi cenci.
Sollevando il vestito
A che serve questo?
Dolcina.
A essere civili.
Alicano.
Ebbene, vuoi che giochiamo fra noi due a essere sinceri come giocavi dianzi con Magoto a essere onesti?
Dolcina.
Sì!
Alicano.
Perchè ti piace vestirti?
Dolcina.
Per avere il piacere di spogliarmi. E per avere dei peccati. Tu perchè non ci hai insegnato i peccati? Te lo dico io che cos’è un peccato! Io desidero un uomo, va bene: ma se ne desidero cinquanta è il peccato.
Alicano.
E allora, perchè la tua maestra d’amore si è data a tanti uomini?
Dolcina.
Appunto! Ma prima anche lei ha dovuto imparare che cos’è un peccato. Se no come faceva a commetterlo? E questo è bello. Se per esempio la sua mamma non glielo insegnava...
Alicano.
Ma che mamma! Mi pare che la tua morale sia un po’ oscura.
Dolcina.
No... vedi: è semplice. Anche rubare è peccato. Se questo vestito tu me lo rubi, commetti un peccato. Lo sai? Anche se ti serve, no, non puoi. E questo è bello. Adesso noi ci rubiamo l’uno con l’altro ogni cosa. Se sapessi com’è divertente! Tu perchè non ce l’hai insegnato? Saremmo rimasti senza rubare tutta la vita!
Alicano.
E che altro v’insegnano?
Dolcina.
Oh! Tante cose! A sposarci...
Alicano.
Ah!
Dolcina.
A divorziare, quando si tradisce...
Alicano.
Ah!
Dolcina.
A non mentire...
Alicano.
Ma se non mentivate mai!
Dolcina.
Adesso sì.
Alicano.
Vedi.
Dolcina.
rimane un momento mortificata
Quando si tradisce, non si dice. Questo è bello.
Alicano.
Così ci provi più gusto a farlo.
Dolcina.
Vedi che lo capisci anche tu? Allora perchè non ce lo insegnavi?
Alicano.
Perchè è turpe.
Dolcina.
lo guarda
Fammi una domanda qualunque.
Alicano.
Una domanda qualunque... Hai dormito stanotte?
Dolcina.
appassionata, enfatica
No! Ho vegliato! Non ho chiuso occhio. Ho pensato sempre a te!
Mutando
E non è vero. Però a te fa piacere crederlo, e a me dirlo. E tu ci caschi. Questo è bello. E poi tante altre cose c’insegnano: a camminare con grazia, a fare i duelli, ad avere dei segreti, e a scoprirli con la furberia. Adesso si litiga spesso e chi ne dà è ben considerato. Però deve dimostrare che aveva ragione di darle. E sempre una ragione si trova. Io ne prendo dal mio fidanzato.
Alicano.
la guarda triste
Chi è il tuo fidanzato?
Dolcina.
Guenone.
Alicano.
Ah!
Dolcina.
Ma il mio amante è Magoto. Appena sposati divorzieremo.
Alicano.
E sposerai Magoto?
Dolcina.
No. Quello è un tipo da tenere per amante. Lo ha detto la signora.
Alicano.
Ah, ma benissimo!
Dolcina.
Sai che Guenone riveste oggi una grande carica? Quasi quasi me lo potrei sposare per interesse. È diventato un importante funzionario. Abbiamo uno scienziato, un magistrato, un poeta, un filosofo, un cuoco, un eroe... Tra un mese forse faremo la prova generale.
Alicano.
Che prova?
Dolcina.
La prova generale per il nostro ingresso in società. Si preparerà un vero ricevimento. Noi femmine saremo molto scollate. Gli uomini avranno il frac. Se la prova generale riesce, la nostra educazione è compiuta. Oh, che gran giorno sarà quello! Allora potremo andare tra gli uomini impunemente. Nessuno ci riconoscerà per bestie. M’ha detto la signora che ci sono parecchie scimmie tra gli uomini e vanno e vengono, e sono considerate dei grandi personaggi, e nessuno si sogna di riconoscerle per quel che sono, tanto appaiono perfette. Oh Dio!
Con terrore
Ecco Guenone! Bada che è gelosissimo!
Mentre si rimette in fretta il vestito
Gelosissimo... gelosissimo...
Entra Guenone con un grosso palamidone.
Alicano.
squadrandolo con stupore
Guenone!
Guenone.
con sussiego
Oh, buon giorno Alicano.
Indi a Dolcina tutto corrucciato
E tu che facevi qui, eh?
Alicano.
Andiamo, via... Guenone! Era con me! Col tuo e col suo fratello Alicano!
Guenone.
sempre con sussiego
Capisco, capisco!
Alicano.
E tu che fai così conciato?
Guenone.
Io conciato?!
Alicano.
Sì... con quell’arnese.
Guenone.
pavoneggiandosi
Ma è un abito perfetto! Sono Commissario del buon costume... Salvaguardo la decenza, appioppo le multe a quelli che non orinano dietro gli alberi e lo fanno in pubblico, provvedo ai matrimoni, verbalizzo gli adulteri, salvaguardo l’ordine pubblico... Qui, mio caro, siamo a Parigi... Tu che hai visto Parigi! Su per giù non credo che ci sia molta differenza.
Dolcina.
ad Alicano
Già si sta fabbricando il primo palazzo. Hai visto?
Guenone.
Hai visto il primo palazzo? Una fornace, un pozzo, tronchi d’albero lisci... Sicuro, sicuro. Dolcina sarà presto mia sposa e mi aiuterà nel buon costume.
Dolcina si pavoneggia con le mani alla cintola.
Alicano.
Povera mia tribù!
Guenone.
Ma che tribù! Società! Ecco la differenza. Tu, Alicano, perchè sei riapparso qui? Non sei in esilio? Vedi, tu eri per noi quasi un uomo ma dinanzi agli uomini sei un animale. Tu quasi ci mantenevi in uno stato selvaggio...
Alicano.
Io?
Guenone.
Sì, non lo puoi negare. Avevi troppi scrupoli. Dì la verità che questo abito è perfetto!
Alicano.
È perfetto, come la tua mansione. Ti sta a pennello.
Guenone.
Però, vedi... Tu ti presenti qui, così nudo... Non mi sembra decoroso... Specialmente dinanzi a Dolcina... Io mi vergogno per te...
Alicano.
E io per te. Guarda che stranezza! A chi hai rubato quel vestito?
Guenone.
Ma che rubato! Preso...
Alicano.
Agli uomini?
Guenone.
Certo! Non potevo prenderlo ai coccodrilli! Oh! Abbiamo tanta roba, adesso! Abiti da passeggio, da sera, scollature sensazionali, frac... sacchi di thé, di zucchero, tazze, bicchieri... Tre magazzini svaligiati!
Alicano.
E tu come commissario dei buoni costumi?
Guenone.
Io non sono stato avvertito dalle autorità. Quindi non potevo intervenire...
Alicano.
amaro
Ma gli uomini verranno qui armati e vi ammazzeranno tutti!
Guenone.
dando un balzo.
No! No! Alicano, non dirlo! Perchè lo dici? Ora avvertiamo il professore di eleganza che deve venire qui per la sua lezione... Perchè non viene? Dolcina, perchè non è ancòra venuto? È molto strano!
Alicano.
sogghigna.
Ah! ah! Lo aspetterete invano, per questa mattina, il vostro professore di eleganza!
Guenone e Dolcina.
spauriti.
Perchè?
Alicano.
Perchè... perchè... non lo so. È una mia idea! Dimmi, Guenone: perchè fai il custode della moralità se si deve essere tutti moralissimi?
Guenone.
È qui l’errore! Una volta che deve esistere un commissario dei buoni costumi, deve necessariamente esistere la scostumatezza.
Dolcina.
convinta.
Altrimenti lui che ci starebbe a fare?
Alicano.
Già.
Guenone.
Io non ho la tua scienza, ma questo lo capisco.
Arca.
vestita con un abito che ha tanti volants soppraggiunge in fretta.
Non è dunque venuto il prof...
si accorge di Alicano. La vergogna la fa sùbito tornare indietro in fretta.
Patas.
viene dalla sinistra molto arzillo, con un vestito grigio un po’ lungo.
È possibile che non ci si...
anche lui fa un rapido dietro-front quando vede Alicano.
Artù.
tutto azzimato, arrivando a fianco di Patas ha eseguito lo stesso gesto e se l’è svignata in fretta.
Alicano.
Povera mia tribù! Ma si vergognano ancòra! Vuol dire che tutto non è ancòra perduto! Addio, Guenone. Quando sarai diventato un signore benestante – perchè sei avviato a questo – ricordati che io avevo fatto di tutto per salvarti... e così tutti gli altri... Io non camperò molto perchè il mio male qui dentro...
si batte il petto.
è una eredità che non scherza...
Dolcina.
con grande tristezza.
Sei sempre malato?
Guenone.
Va bene, va bene... Se mi pentirò, si vedrà!
spingendo Dolcina.
Andiamo via, andiamo a cercare il nostro professore che non arriva.
via tutti e due.
Alicano.
sghignazzando mentre i due si allontanano.
Ah, ah! Il vostro professore di eleganza! Lo aspetterete per un pezzo! Ah! ah!
ma poi si guarda intorno disperato.
Dolcina.
riapparendo in fretta, mentre si guarda intorno.
Davvero sei molto malato?
Alicano.
stupito.
Sì. E che te ne importa?
Dolcina.
Vuoi che abbandoni tutto per venire a curarti?
Alicano.
Tu?!
Dolcina.
Sì.
Alicano.
Lo faresti?
Dolcina.
Sì.
Alicano.
Ma con sacrificio? Non mentire.
Dolcina.
Sì, con sacrificio.
Alicano.
Perchè ti dispiacerebbe lasciare gli uomini...
Dolcina.
Sì.
Alicano.
Sei attratta dal loro vizio, dalla loro complicazione, dalla loro menzogna?
Dolcina.
Sì.
Alicano.
E allora perchè li lasceresti?
Dolcina.
Perchè ti ammiro. E perchè sei malato. E perchè non mi posso dimenticare di te. Ma prendimi in fretta, altrimenti non lo potrò più.
Alicano.
Ah! ah! Vuoi giocare a mentire, come dicevi prima? Questo fa piacere a te di dirlo e a me di crederlo... e io ci casco. E questo è bello... Non è vero?
Dolcina.
T’ho detto quello che pensavo.
Alicano.
Ah sì? E come si fa a crederti, ora? Ora che hai confessato il gusto per la menzogna?
Dolcina.
sinceramente.
T’ho detto quello che pensavo.
Alicano.
Non ti credo più!
Dolcina.
Sono pronta a lasciar tutti!
Alicano.
disperato.
Non ti credo più! Non capisci il dolore che io provo di non poterti credere? Come l’ultimo degli esseri voglio morire solo, ora che so che devo dubitare anche della tua pietà... Uomini! Sarete presto degli uomini! E chi sa che un giorno tu non mi venga a catturare e a rimettermi in un gabbione come quella donna che si avvicinava a me con la frusta! Ma non acquisterai la sua imponenza...
Dolcina.
Alicano!...
Alicano.
E neanche la sua bellezza...
Dolcina.
Alicano!...
Alicano.
scuotendola.
Ah! questo ti addolora molto? Ah! ah! Ebbene, ti diranno che sei brutta!
Dolcina.
Alicano!...
Alicano.
Brutta come una scimmia!
la lascia; mormora.
Mentre io una bellezza te l’avevo data! Una bellezza nata dal mio spasimo!
Dolcina.
Povera me!
Alicano.
con dolore e con ira repressa.
E farai la prostituta! Ah! ah!
esaltandosi.
Questa scimmia si vende per una lira! Ah! ah! Giacchè gli uomini, per bollare a sangue l’amore gli hanno messo un prezzo, l’avrai anche tu! Ma avrai un prezzo basso! Sì, perchè in quei casi lì si paga la gaiezza, la giocondità, la follìa... mentre tu sarai sempre una piccola scimmia triste! Questa scimmia si vende per una lira!
Dolcina.
Povera me!
Alicano.
con voce di pianto.
Povera piccola Dolcina che fosti tutta la mia gioia!
mutando con ira ma senza poter nascondere il singhiozzo.
Va là! va là! Civilizzati bene!
via di corsa.
Dolcina.
rimane affranta, accosciata in terra.
Patas.
accorrendo.
Dolcina!
Artù
accorrendo.
Dolcina, guarda!
Dolcina.
Che?
Patas.
Guarda una cosa straordinaria!
accennando a destra.
Artù.
Non è mai successa!
Dolcina.
guardando dalla parte indicata, con stupore.
Come mai?
Patas.
È la prima volta che non sono in tre!
Artù.
Dov’è andato il professore di eleganza?
Patas.
E chi lo sa?
Dolcina.
tragicamente.
Non c’è? non c’è?
Artù.
Sai qualche cosa?
Dolcina.
misteriosa ma sempre impaurita.
No.
Patas.
Andiamo a vedere! Andiamo a cercare!
Artù.
Sì, andiamo!
Cercano di trascinare Dolcina sempre misteriosa e riluttante.
Dolcina.
No! Io non vengo! Andate voi soli!
Patàs e Artù se ne vanno a destra. Ella rimane assorta, cupa. Poi, vedendo arrivare la Donna col Professore di morale, si allontana a sinistra.
Il Professore di morale.
Perchè non rispondete? Avanti, ditemi perchè.
La Donna.
beffarda.
Perchè voglio che andiate a chiamare il vostro collega. Sono abituata a vedervi tutti e due insieme e così solo mi fate soggezione. Dov’è il vostro collega?
Il Professore di morale.
Probabilmente dorme ancòra.
La Donna.
distratta.
Anch’io stamane avevo molto sonno, e sognavo. La mia amaca si sollevava in aria. Sono quasi arrivata in cielo. Poi sono andata sorvolando sul mare verso la mia città. Che ne dite?
Il Professore di morale.
È una bella leggerezza!
La Donna.
Ebbene, andate in cerca di lui.
Il Professore di morale.
Ma neanche per sogno!
La Donna.
sorridendo.
Avete paura?
Il Professore di morale.
Non ho paura, ma trovo esagerata la briga di cercarlo per il solo fatto che siete abituata a vederci sempre insieme. Ma non siamo mica appaiati come gli animali bovini. Siamo insieme perchè lui non mi lascia mai solo. Pensate ora alla mia gioia di non vederlo qui con voi!
La Donna.
Vi detestate con tutta l’anima!
Il Professore di morale.
Sì, non c’è male. Ma a voi piacerebbe, lo so, vederci azzuffare come due belve.
La Donna.
Oh sì! Sarei felice ! Ve lo giuro!
Il Professore di morale.
Lo credo, lo credo...
La Donna.
Ma qui tutto è pacifico, degno della vostra flemma! Almeno fossimo capitati in un paese in cui bisognava difendersi da qualche cosa!
circospetta, guardandosi intorno.
Almeno pensaste seriamente a trovare il mezzo per fuggire! Sono stufa io di educare le scimmie! Mia madre non lo previde, questo, quando m’insegnò a ballare.
Il Professore di morale.
E neanche mio padre quando mi mandò all’Università.
La Donna.
Dov’è la zattera che volevate costruire?
Il Professore di morale.
L’hanno distrutta quattro volte! Ci fanno una guardia spietata!
La Donna.
Ma verrà il momento in cui non avremo più nulla da insegnare a queste scimmie!
Il Professore di morale.
Ho provato anch’io a dire che fra poco sarebbero diventati più uomini di noi. Non ci credono! Sono di una modestia che fa spavento!
La Donna.
comincia a ridere.
Il Professore di morale.
Che cosa c’è?
La Donna.
A osservarvi bene...
ride.
Il Professore di morale.
Andiamo, via... Che cosa trovate di divertente sulla mia faccia?
La Donna.
A osservarvi bene, venite un po’ acquistando qualche cosa delle scimmie.
Il Professore di morale.
con orrore.
Ma voi scherzate!
La Donna.
No, non scherzo! Sarà forse un’impressione...
Il Professore di morale.
Ci mancherebbe altro! Che a furia di insegnare a essere uomini alle scimmie...
La Donna.
divertendosi.
Ma sì! È un po’ così! Una cert’aria di famiglia c’è! È stranissimo! Guarderò bene in faccia anche il professore di eleganza!
Il Professore di morale.
Quello! Quello sì è da guardare! Del resto è colpa vostra se io abbrutisco! Se mi trattaste invece con più bontà! Se consentiste a essere gentile! E anche voi... non so come fate... Non è mica un giorno che siamo qui...
La Donna.
Eh! Lo so!
Il Professore di morale.
Come avete fatto a diventare così saggia?
La Donna.
Mah!
Il Professore di morale.
Qui siamo due uomini...
La Donna.
Troppi!
Il Professore di morale.
Eppure vi amo! Lo sapete che vi amo! Prima che ci rapissero le scimmie, non vedevo altra donna che voi: oggi, naturalmente, siete l’unica donna della terra... Questa vostra crudeltà non la capisco... Vi amo, come devo dirvelo? Vi amo, sì! Perchè ridete?
La Donna.
Perdonate, ma è più forte di me... Come volete che vi ascolti sul serio se mi son messa in testa quella cosa?
Il Professore di morale.
irritato.
Ma è una fissazione!
La Donna.
Scusatemi!
gli ride sul muso.
Andiamo, via! Guardate che arrivano i vostri allievi per la lezione.
Il Professore di morale.
irritatissimo.
Ma che lezione! Non mi secchino con la loro lezione. Ne ho piene le tasche!
La Donna.
burlandolo.
Ma professore!
Il Professore di morale.
Professore un corno!
Tutte le scimmie tranne Babil, Artù e Malbruk, sono andate ad accoccolarsi sui sassi quadrangolari e sopra un grosso tronco d’albero gettato a destra della scena. Indossano, più o meno goffamente, abiti da passeggio. Ma sono sempre scalzi.
La Donna.
beffarda.
Che argomento svolgete stamane?
Il Professore di morale.
Non lo so!
La Donna.
alle scimmie.
Che argomento tratterà il vostro professore stamane?
Le Scimmie si alzano con esemplare disciplina tutte in piedi.
Argia.
La funzione della donna nella società.
Tutte le Scimmie a sedere.
La Donna.
Andiamo via, professore! La funzione della donna nella società!
Il Professore di morale.
Io me ne infischio!
La Donna.
Guardate! Mi metto qui a sedere come una vostra allieva. Sentiamo come funziona la donna nella società.
Il Professore di morale.
bollendo di stizza e saettando la donna, dice alle scimmie con voce rude:
La donna nella società è un disastro!
Mormorìo fra le scimmie.
Cari allievi, sappiatelo! Non esiste un istituto sociale che possa reggere avendo delle donne che si lasciano liberamente circolare sulla strada. Dato che l’istituto sia basato, come deve effettivamente esserlo, sulla virtù, la prima cosa che la donna fa è di vendere la virtù in istrada. Ed ecco crollare l’istituto.
Le scimmie.
stupite.
Oh!
Il Professore di morale.
sempre con ira repressa.
Cari allievi, è così che si sono viste andare alla malora le grandi repubbliche! Prendiamo un esempio classico: la repubblica di Atene. Atene fu un grosso villaggio che diede molti fastidi alla storia per via dei poeti che lo gonfiarono al punto da farlo sembrare un mondo. Ebbene, sappiate che Atene era tutti i giorni allietata dalla vagabonda eloquenza di Socrate il quale era un facondo parlatore, tanto che andava per tutte le farmacie e spesso anche fermava la gente in istrada per ragionare dei problemi dell’anima. Ma la gioia di avere per le strade di Atene un così delizioso uomo fu guastata dalla moglie, la quale lo rincorreva pei marciapiedi e l’obbligava a tornare a casa a scopare la camera da pranzo. Ecco dunque da una parte un uomo di genio che tutti i giorni chiacchierando cominciava un capolavoro, e dall’altra parte ecco Santippe, sua moglie, che tutti i giorni gli impediva di compierlo. Così avvenne che Socrate fu condannato a morte e Santippe seguitò a partorire figlioli. Dopo di lei le Santippe si moltiplicarono e crollò la repubblica di Atene. Ecco la donna, o signori, dissolvitrice dell’istituto sociale!
Tutte le scimmie
Oh!
dolorosamente impressionate commentano variamente.
La Donna.
alzandosi.
Andiamo, via! Capite che la vostra morale le scandalizza? Siate buono...
con civetteria.
Avete torto a farmi dispetto. Vi pentirete più tardi!...
Il Professore di morale.
con una speranza improvvisa.
Mi promettete di essere buona con me?
La Donna.
a occhi bassi.
Sì... sì...
Il Professore di morale.
Giurate?
La Donna.
vezzosa.
Giuro. Ma sì... Ve lo giuro!
gli sorride.
Il Professore di morale.
intenerito.
Ah! ecco... come siete deliziosa quando finalmente mi dite una parola buona... E come vi vedo diversa quando mi parlate con dolcezza... Come vi trovo insperatamente femminile!
La Donna.
tenera.
Ma sì...
abbassa gli occhi.
Ma intanto le avete scandalizzate... E ora come si fa?
Il Professore di morale.
risoluto, arzillo.
Come si fa? È semplicissimo.
alle Scimmie.
Dunque, dicevamo?... che cosa dicevamo... voi, Argia?
Argia.
alzandosi.
Che la donna dissolve l’istituto sociale e che Santippe impedì a Socrate...
a un cenno del Professore, si siede.
Il Professore di morale.
...di compiere il capolavoro. Questa teoria infatti sosteneva un inacidito filosofo famoso, il quale aveva interesse a screditare la donna di fronte all’umanità. Ma invece...
guardando la donna che approva.
ma invece quale abisso tra questa teoria dell’inacidito filosofo e la verità! La verità è quella che sostengo io: che la donna assolve alla più delicata missione dell’umanità. Possiamo dire che in questa missione essa salva ogni cosa!
Le scimmie.
movimento di soddisfazione, commenti.
Il Professore di morale.
In quella stessa Atene, o signori, che non fu affatto un piccolo villaggio, ma l’acropoli della sapienza greca, Santippe, la dolce moglie di Socrate, tirava spesso la tunica al marito perchè ella aveva l’istinto pratico della realtà e risospingeva al giusto equilibrio l’enfatico consorte che aveva la testa fra le nuvole. E non si contano le belle azioni e addirittura i monumenti di pratica assistenza che ella fabbricò mentre fabbricava anche, da buona madre, i suoi dolci figli. E se il marito fu condannato a morte, questo avvenne perchè non c’è stato mai al mondo un altro uomo che, come Socrate, si prendesse il gusto di andar in giro tutto il giorno a seccare l’umanità. Ecco la donna, o signori, vero suggello di grazia dell’istituto sociale!
Tutte le scimmie
estasiate.
Ah, bene! bene! bene!
La Donna.
approva anche lei visibilmente soddisfatta e stringe la mano al professore.
Oh! Ecco! Così andiamo bene!
Accorrono dalla destra Babil, Artù e Malbruk, trafelati, coi gesti del più grande stupore. Tutti si rivolgono dalla loro parte, chiedendosi: «Che c’è? che è stato?» confusamente.
Malbruk.
Il professore di eleganza!
Alcune scimmie.
Ebbene?
Babil.
L’abbiamo ritrovato nel suo letto che si dibatteva...
Guenone.
Si dibatteva?
La Donna.
Il Professore di morale.
a un tempo.
Non capisco!
Perchè?
Malbruk.
Era legato come un salame.
La Donna.
Che vuol dire?
Vocio tra le altre scimmie che si guardano terrorizzate.
Malbruk.
quasi placidamente.
Svegliandosi, s’è trovato legato nel suo letto come un salame.
Dolcina.
seguendo un suo riposto pensiero.
E chi è stato? Si sa chi è stato?
Artù.
Non si sa. Ma egli è furente! È furente!
La Donna.
al Professore.
Ne sapete qualche cosa voi?
Il Professore di morale.
al colmo dello stupore.
Io?!
La Donna.
fissandolo.
È stato trovato legato nel suo letto.
Il Professore di morale.
Mi rincresce. Se l’avessi saputo sarei andato a slegarlo!
La Donna.
diffidente.
Ah, davvero?
ma a furia di guardarlo, finisce col ridergli sul muso.
Il Professore di morale.
Che c’è?
capisce.
Ah! Ma finitela! Che fissazione!
anche le scimmie lo guardano stranamente.
Ma che c’è? Perchè mi tengono tutte gli occhi addosso?
Le scimmie.
indicando a destra.
Eccolo, eccolo!
e vanno tutte a rifugiarsi, terrorizzate, ai loro posti. Silenzio altissimo.
Il Viveur.
arriva a grandi passi. Poi si ferma improvvisamente e si guarda intorno. Dà un’occhiata fuggevole alla donna, ma fulmina l’uomo.
Tu! Tu! Sei stato tu!
Il Professore di morale.
Io che cosa?
Il Viveur.
Ah! il signore non sa nulla? Lo informo io. Qualcuno, mentre dormivo nella mia amaka, s’è preso il gusto d’insinuare dei vimini tra le maglie e di aggrovigliarli e incepparli così bene che io, svegliatomi, sono rimasto tre ore nell’impossibilità di muovermi. Lo sai adesso?
Il Professore di morale.
Lo so perchè me l’hai detto.
Il Viveur.
Ora, questa burla di pessimo gusto non possono averla ordita loro...
accennando alle scimmie.
perchè non avevano nessun interesse. Non può averla ordita lei...
accennando alla donna.
perchè era materialmente nell’impossibilità di compierla. Troppa abilità e troppa scaltrezza per non essere l’opera di qualcuno abituato a fasciare di sofismi e a intrecciare di cavilli la sua malferma morale! E così hai voluto fasciare me e immobilizzarmi per ridere alle mie spalle?
Il Professore di morale.
Io?!
Il Viveur.
Per fare da solo il galletto con la signorina e spifferarle la tua brava dichiarazione d’amore?
Il Professore di morale.
Ma se io non sapevo niente!
Il Viveur.
E naturalmente fingere la più completa innocenza per non avere la riprovazione di questo atto ignominioso di cui renderai ragione immediatamente?
Il Professore di morale.
calmo.
Io posso giurare di essere innocente. Stamane quando mi sono svegliato nella mia amaka me ne sono andato diritto alla fontana a radermi la barba e a fare toilette. Poi me ne sono venuto tranquillamente qui e per la strada ho incontrato la signorina.
Il Viveur.
E non ti sei meravigliato di non vedermi?
Il Professore di morale.
Sicuro! Ci siamo – è vero? – meravigliati tutti e due, ma abbiamo supposto che tu dormissi ancòra. Io ho poi fatto regolarmente la mia lezione. Sei tu che hai mancato, e i tuoi allievi erano qui ad aspettarti.
Il Viveur.
sempre più stizzito.
Ah sì? Ma allora, se non sei stato tu, e io escludo che sia stata lei, tu accusi apertamente loro?
movimento di diniego tra le scimmie.
Il Professore di morale.
Io non li accuso. Io non accuso nessuno.
Il Viveur.
Allora è stato il diavolo?
Il Professore di morale.
Non accuso neanche lui. Si vedrà. Si farà un’inchiesta.
Il Viveur.
L’inchiesta la sbrigo sùbito da me. In quanto a loro, mi basta interrogarli.
alle scimmie.
C’è qualcuno di loro che abbia commesso la burla che io potrei anche perdonare quando mi trovassi di fronte a un’aperta e leale confessione?
Le Scimmie.
alzandosi insieme.
No!
si seggono.
Il Viveur.
Mi basta. Di loro mi fido. Credo perfettamente.
Il Professore di morale.
Allora sono stato io?
Il Viveur.
osservando il Professore e la Donna.
Un momento. Un momento! Voialtri due potreste essere d’accordo...
continua a osservarli.
Perchè no? E allora... allora... forse sì... ci avviciniamo! Vi siete messi in due per giocarmi?
La Donna.
Io? Come?
Il Viveur.
Eh! che cosa può dire a me questa faccia di sfinge! Se guardassi le loro facce...
accennando alle scimmie.
Oh! non passa nulla che non si possa leggere!
La Donna.
Ma che volete da me? Che cosa credete che io abbia fatto, per esempio?
Il Viveur.
Per esempio, vi siete messa d’accordo con lui per tenermi immobilizzato tutta una notte.
Il Professore di morale.
La Donna.
insieme.
Oh!
Il Viveur.
alla Donna.
È così! Confessa che è così!
La Donna.
Vi proibisco di darmi del tu! Ma quest’uomo è pazzo!
Il Professore di morale.
Ma quest’uomo è pazzo!
Il Viveur.
E non dite insieme le stesse parole!
alla Donna.
Guardatemi, guardatemi bene in faccia!
La Donna.
pensando che lo troverà scimmiesco.
No, per carità!
Il Viveur.
Avete passata la notte insieme?
La Donna.
a capo chino.
No.
Il Viveur.
V’ho detto di guardarmi bene in faccia!
La Donna.
Ecco... Ecco...!
tra sè.
È finita!
ella lo guarda. Entrambi si guardano. Poi lei insistendo nello sguardo è presa da una irresistibile, per quanto soffocata ilarità.
Ma perchè dunque costringermi a guardarvi!
ride ossessionata dalla somiglianza scimmiesca di quest’altro.
Il Viveur.
al colmo dell’ira.
Ah! È così? Voi ridete? Vi prendete gioco di me? Confessate dunque di aver ordito con lui l’inganno!
La Donna.
senza poter trattenere le risa.
È più forte di me!
Il Viveur.
furioso.
È più forte di voi, che cosa? Il desiderio di intendervela con quel magro essere?
Il Professore di morale.
si risente.
Io magro essere?
Il Viveur.
furioso.
...di cui vi siete servito senza lealtà, per il gusto brutale di umiliarmi... È così? è così? Ridete, ridete pure della mia posizione buffa... ma voi, donna, voi che siete capace di seminare la discordia anche in un paese di scimmie, e la seminereste in un deserto, l’avrete a che fare con me!
Il Professore di morale.
Vi proibisco di minacciare quella donna!
Il Viveur.
livido.
Ah, la difendi? È stata tua?
Il Professore di morale.
No!
Il Viveur.
con beffarda ira.
Ma la difendi! E giuradio, è già qualche cosa! Mi fa piacere vederti con quell’aria da paladino! Ma allora sappi che tu e questa donna siete due fior di canaglie, ed era difficile pensare a due campioni più perfetti da trapiantare qua dentro!
Il Professore di morale.
scagliandosi contro di lui.
A me dici questo?
La Donna.
frapponendosi.
Lasciate a me la cura di aggiustare le cose con lui. Voglio anche ammettere ch’io abbia fatto quello che dite...
Il Viveur.
beffardo.
Ah!
La Donna.
Ebbene: che dovere ho io di rendere conti a voi? Chi siete voi? Non sono una creatura libera? Che cosa andate predicando tutti i giorni alle vostre allieve sulla libertà?
Il Viveur.
con sorda ira sempre più accendendosi.
Io me ne infischio degli insegnamenti. Io parlo ascoltando i miei nervi, la mia dignità, la mia brutalità, e niente altro! E m’infischio tanto del tuo protettore qui presente che io sono capace di pestarti come si pesta una sgualdrina, sotto i piedi!
La Donna.
gli ride in faccia provocandolo, esasperandolo.
Quella faccia! quella faccia!
Il Viveur.
tra i denti.
Non mi provocare!... Non ridere così...
scuotendola brutalmente.
Bada... bada!...
ella sèguita a ridergli in faccia.
Bada!
fuori di sè la getta a terra.
La Donna.
svincolandosi non senza un’acre gioia che la fa apparire bestiale.
Sì... sì... battimi... battimi! Mi piace!
Il Professore di morale.
sta per soccorrerla, ma quando sente la donna dire: «battimi» torna indietro con gesto comico.
Il Viveur.
accecato dall’ira.
Non soltanto ti batto ma ti trascino per i capelli dinanzi alle bestie perchè ti vedano e ti conoscano!...
Il Professore di morale.
slanciandosi e afferrando il Viveur.
Lascia quella donna! lascia quella donna!
Il Viveur.
Che vuoi tu?
Il Professore di morale.
Lasciala!
I due uomini si accapigliano furiosamente, mentre la Donna per terra, carponi, seguita a ridere del suo riso isterico. La lotta tra i due uomini si fa bestiale. Parole di ingiuria vengono scambiate tra tutti e due che urtandosi vanno a finire fuori della scena.
La Donna.
carponi, bestialmente eccitata, li segue sempre ridendo.
Un grande silenzio tra le scimmie esterrefatte. Poi a un tratto si alza Dolcina, si alza Guenone, si alza Magoto; e tutti e tre saltano nel mezzo della scena come per uno scatto meccanico.
Dolcina.
imitando la Donna.
Che volete da me?
Guenone.
imitando il Viveur.
Voi avete passato la notte con lui!
Magoto.
imitando il Professore.
Non è vero!
Pausa. Le Scimmie si guardano.
Guenone.
Vi siete messi d’accordo per giocarmi!
Magoto.
Non è vero!
Guenone.
a Dolcina.
Allora guardatemi bene in faccia!
Dolcina.
fissandolo.
Sì, vi guardo! Come somigliate alle scimmie!
Magoto.
piano.
No, questo non l’ha detto!
Guenone.
Sì, ma si capiva.
Dolcina.
ride.
Guenone.
imitando il Viveur.
Ah! è così? Voi ridete?
Dolcina.
seguitando a ridere.
Quella faccia! quella faccia!
Guenone.
fra i denti.
Non mi provocare! Non ridere così! Ma ho già capito che te la intendi con quel magro essere!
Magoto.
Io? Lascia stare quella donna!
Guenone.
Ah sì? Mi fa piacere vederti con quell’aria da paladino!
Magoto.
Ah sì?
Guenone.
Ebbene, sappi che tu e questa donna siete le due peggiori canaglie che siano mai entrate in un’isola.
Magotoe Dolcina.
insieme
A me?
Guenone.
A te! A tutti e due!
Magoto.
Bada, signore.
Dolcina.
a Magoto.
Lasciate a me la cura di aggiustare tutto con lui!
a Guenone.
Non sono io una creatura libera? Che cosa andate insegnando a queste scimmie di libertà in amore?
le Scimmie ridono.
Guenone.
tra i denti.
Io me ne infischio degli insegnamenti! Io me ne infischio delle scimmie! Io ascolto i miei nervi, la mia ira, e tu sei una sgualdrina!
Dolcina.
E io ti guardo in faccia!
ride d’un sorriso provocante.
Guenone.
Non ridere, non ridere!
la scuote furiosamente.
Dolcina.
schermendosi col gomito.
Sì... sì... battimi! battimi!... mi piace!
Guenone.
furiosissimo.
Bada! bada che io m’infischio del tuo protettore e sono capace di...
alza la mano per percuotere Dolcina che ha messo un ginocchio a terra, ma si ferma interdetto, abbassa il braccio e dice con altra voce, senza più recitare.
Eh! no... eh! no!... non è possibile andare avanti...
Magoto.
Anch’io ci rinuncio.
Dolcina.
alzandosi.
Anch’io, perchè non provo nessun gusto a farmi battere.
Guenone.
dolce.
Come si fa a battere!... A trascinare per i capelli!... È troppo brutale!
Magoto.
sinceramente.
Piuttosto mi taglierei le mani!
Dolcina.
alzando le spalle.
Certe cose... lasciamole fare agli uomini!...
rimangono tutti e tre con le braccia in giù e le palme protese in alto, come immobilizzati, mentre le altre scimmie spettatrici approvano soddisfatte.
SIPARIO.