La stessa scena degli atti precedenti. Ma rozzi tavolini e rozze sedie occupano il posto dei primitivi sedili di pietra che si sono visti nel primo e secondo atto. Tra un albero e l’altro, verso il fondo, sono stati legati festoni di fiori a cui sono sospesi alcuni lampioncini colorati; non però accesi. Quando si apre il velario, Arca sta appunto accendendo un lampioncino, e lo fa strofinando un fiammifero delicatamente sulla pietra; poi fa ardere la candela. E si mette a guardare estatica quell’unica luce un po’ scialba, essendo un pomeriggio luminoso di sole.
Arca.
battendo le mani.
Ah! Com’è bello!
ella indossa un abito scollato, ed è elegante nel muoversi come umanamente può esserlo una scimmia. Sta per curvarsi ancora per terra per accendere un altro fiammifero, quando sopraggiunge Argia.
Argia.
passando, già in abito da sera.
Accendi i lampioncini?
Arca.
subitamente corrucciata. si drizza in piedi, le si pianta di fronte e le dice con aria minacciosa.
Sì.
Argia.
volendo sviarla.
Ah! scusi... scusi... signora Babil!
Arca.
sempre irata.
Un momento. Vieni qua un momento... Io sono la moglie di Babil, è vero, ma tu sei anche l’amante di mio marito!
Argia.
ironica.
Io? Oh! E chi si degna di guardarlo tuo marito? Non dubitare che non ho nessuna voglia di rapirtelo!
Arca.
rude.
Ma se vi vedete tutte le notti! Se so tutto! Se ti ho sorpresa l’altra notte accovacciata sopra un albero mentre lui, lo sciocco, stava giù come un babbeo, e tu gli dicevi dall’alto: «Sali su, sali su, che ti faccio vedere il paradiso!» Stupida svergognata... Dove ce l’hai il paradiso?
Argia.
ironica.
Questo non ti riguarda!
Arca.
E i regali? Chi ti regala tanti fronzoli? Bada... che se io vengo a scoprire qualche cosa di losco, o per meglio dire qualche cosa di ancora più losco, provocherò uno scandalo!
Argia.
Ah! Non credo! Sei diventata troppo prudente! Eh! Ne hai fatto di progressi in pochi mesi! E mi sai dire perchè con tutte queste arie ti fai far la corte da Magoto?
Arca.
Io? Se c’è qualcuno a cui non dò retta è Magoto: perchè il solo fatto che piace a te mi scombussola i nervi.
Argia.
Lo so!... Lo so che ti rifiuti a lui! Lo so che gli hai fatto perdere la testa!
Arca.
E allora? Che vuoi di più? Se mi rifiuto è perchè sono una signora perbene!
Argia.
Già! Come se non si sapesse che ti rifiuti per esasperarlo!
Arca.
Io?
Argia.
E lo fai apposta per tenerlo legato a te!
Arca.
Ah! ma questa è magnifica! Se gli dessi retta chi sa come sbraiteresti contro di me!
Argia.
vivamente.
No!
avvicinandosi a lei.
Se tu fossi stata una buona e sincera amica... a quest’ora saresti stata gentile con lui, ed egli – che si stufa sùbito delle cattive relazioni – ne avrebbe avuto abbastanza! e m’avrebbe forse chiesta in moglie! Invece a te preme tenerlo legato col suo sporco desiderio insoddisfatto! Vedi come sei perfida?
Arca.
Finiscila! Mi fai nausea!
Argia.
Sì, ma tu non me la dai a intendere, tu, con le tue arie da innocentina!
Arca.
accorata.
Ma che vuoi che faccia? Avanti, dimmi che cosa vuoi che faccia per te?
Argia.
Te l’ho detto quello che dovresti fare... con Magoto!
Arca.
Essere gentile, eh?
indi furiosa.
Vattene, se non vuoi che ti prenda per i capelli!
Argia.
No, per carità! Sono appena pettinata!
cercando di calmarla.
Andiamo, via! In fondo sei buona!
Arca.
triste.
Io sono una povera creatura a cui è ancòra rimasto del cuore.
Argia.
accarezzandola.
Lo so che sei tanto una buona massaia...
Arca.
Ah! certo!
Argia.
E che, pur essendo tuo marito un..
Arca.
umile.
Sì, dillo pure quello che è.
Argia.
gentile.
Un porco...
Arca.
arrendevole.
Sì...
Argia.
Pur essendo tuo marito un...
Arca.
L’hai detto.
Argia.
Sì... Tu non lo hai tradito ancòra da che sei sposata...
Arca.
È vero.
Argia.
in fretta.
Sì, ma io so perchè lo fai.
Arca.
Perchè?
Argia.
Perchè non tradire per te è una specie di vizio.
Arca.
Credi?
Argia.
Sì.
Arca.
Con tutto ciò...
carezzandole la guancia.
non far più vedere il paradiso a mio marito...
Argia.
vivamente.
Sì! Ma purchè non me lo chieda con insistenza, neh!
Arca.
stupita.
Perchè? È così irresistibile quando te lo chiede?
Argia.
con comica sincerità.
Che cosa vuoi! Ha una certa maniera di arricciare il naso!
Arca.
Ah! impostore! Con me non lo fa mai!
Argia.
Vedi? I mariti!
Arca.
Trattiamoci da buone amiche...
Argia.
Sì, cara.
Arca.
Arrivederci.
Argia.
Sì, arrivederci.
Arca.
A più tardi
tra sè.
Ipocrita!... Non me la dai a bere!
via a destra.
Argia.
con odio.
Spudorata!
mostra un pugno.
Dolcina.
Sopraggiunge anelante, ravvolta in uno scialle.
Argia! Argia!
Argia.
Dolcina, che hai? Perchè sei così agitata?
Dolcina.
È proprio vero, sai!
Argia.
Ah! sì?
Dolcina.
con voce di pianto.
Pensa che mio marito fra mezz’ora sarà qui ricevuto con tanti onori dopo la sua spedizione... E io sono perduta... perduta...
Argia.
Perbacco... Vediamo un po’... Da quanto tempo tuo marito è partito?
Dolcina.
Da sei mesi, lo sai!
Argia.
E tu da quanto tempo sei...
Dolcina.
Due! Due!
Argia.
Perbacco... Non c’è niente da fare...
Dolcina.
triste.
Anche tu, vedi, non trovi nulla!
Argia.
Ma... Non si tratta di trovare... Dal momento che il fatto esiste...
Dolcina.
Capirai... A me non importerebbe niente... perchè questa creatura che ho in me... io l’amo lo stesso...
Argia.
Lo so! Ma è per il mondo: qui si tratta del mondo che giudica!
Dolcina.
smarrita.
E allora?
Argia.
Allora o aver la forza di affrontare l’opinione pubblica...
Dolcina.
vivamente.
No!
Argia.
alzando le spalle.
La signora dice che in Europa molte volte se ne infischiano.
Dolcina.
Ma qui non siamo in Europa... E mio marito è commissario di buoni costumi! Se tu sapessi come il professore di morale mi guarda con disprezzo! Dice che io sono il disonore dell’isola, e spera...
Argia.
Che spera?
Dolcina.
Che io avrò tale dignità da... Oh! È orribile! Se qualcuno si prendesse la briga di uccidermi! Ma io non ho il coraggio... Povera Dolcina... Dimmi anche tu: povera Dolcina...
Argia.
commossa.
Ma sì: povera Dolcina...
Dolcina.
Se sapessi che vergogna ho io di stare al mondo...
Argia.
Non capisco perchè hanno mandato tuo marito così lontano e per tanto tempo...
Dolcina.
A studiare, tu lo sai, il sentimento della maternità tra gli antropofaghi dell’Isola di Sam.
Argia.
perplessa.
Tu credi che questo sia molto interessante per noi?
Dolcina.
convinta.
Oh sì! si tratta della nostra società di cultura... Pare che questi antropofaghi abbiano degli usi strani... Tra le altre cose, pare che abbiano l’abitudine di fare i funerali alle loro vittime prima di divorarle.
Argia.
Ah sì? E come è giudicata questa abitudine?
Dolcina.
È giudicata una cosa molto gentile da parte degli antropofaghi. Appunto mio marito sta studiando se per caso lo facciano per raffinata perversità piuttosto che per bontà d’animo. E poi hanno altre abitudini... Povero mio marito! Mentre egli era fra i pericoli io davo retta alle stupidaggini di Magoto.
Argia.
improvvisamente irata.
Magoto? Anche tu?
Dolcina.
stupita.
Come «anche tu?»
Argia.
al colmo dell’ira.
Magoto...
ridendo.
Ah! ah! Magoto... Il figlio è suo, tu dici...
Dolcina.
Sì.
Argia.
con un riso cattivo.
Ah! Ah! Ah!
Dolcina.
Perchè ridi?
Argia.
con odio.
Ebbene, ammazzati! Tuo marito è lì che si sacrifica per la scienza... che forse si fa divorare, e tu... Tu! La moglie del Commissario dei buoni costumi...
via a destra sempre ridendo del suo cattivo riso.
Dolcina.
disperata.
Oh! che sarà di me! Che sarà di me!
La Donna.
già in abito da sera.
Andiamo, via, Dolcina! Non sei ancòra vestita. Sei straordinaria. Si sta per iniziare una festa, anzi una doppia festa per te: la prova generale del tuo ingresso nel mondo e poi la solenne accoglienza a tuo marito Guenone che torna da una spedizione così onorifica... E tu non sei ancora vestita! Pensa a tutte le cose che egli avrà appreso dalla sua convivenza coi cannibali!
Dolcina.
quasi piangendo.
Oh! Signora!
La Donna.
Che c’è?
Dolcina.
c. s.
Io non merito che mio marito mi mostri della tenerezza al suo ritorno...
La Donna.
Perchè?
Dolcina.
c. s.
Perchè io sono una cattiva moglie.
La Donna.
Tu?
Dolcina.
E adesso non mi rimane che morire.
La Donna.
Non esagerare.
Dolcina.
Ma come! Giacchè sono una adultera...
La Donna.
vivamente.
St! Prima di tutto non dire a voce alta quella parola lì. E poi, guarda: adesso possiamo dire che siamo tra donne e possiamo parlarci col nostro povero cuore pieno d’indulgenza... Ora ascoltami. Se tutte le donne si uccidessero per così poco, il mondo sarebbe un cimitero.
Dolcina.
trepidante.
Ma io non posso nascondere... anche se volessi... Ma non lo vorrei per nessuna cosa al mondo!
La Donna.
la guarda, sorpresa.
Ah! questo è grave.
Dolcina.
Come faccio, come faccio?
La Donna.
Non c’è altro da fare che confessare tutto. Sai piangere?
Dolcina.
piangendo.
Oh! lo vedete!...
La Donna.
Ebbene, tu sai piangere! pensa che fortuna!
Dolcina.
Ma capite che mio marito non può, data la sua carica di Commissario di buoni costumi, avere di queste noie?
La Donna.
Già... questo è il guaio! Ma tu non ti disperare... Adesso va, va a vestirti... Cerca di farti bella. Tuo marito sta per arrivare. Cerca di essere bella... Ma dimmi un po’: chi è stato?
Dolcina.
Magoto.
La Donna.
Ah! Ma è incredibile! Ma quante ne ha?
Dolcina.
Era un ragazzo così quieto prima!
La Donna.
guardando con curiosità verso il fondo.
Guardalo là che arriva tutto elegante e arzillo... Lascia che lo osservi bene!...
Magoto vestito in frac viene avanti tutto arzillo pavoneggiandosi; ma appena alza gli occhi e si accorge della presenza della Donna e di Dolcina, se la svigna senza parere.
La Donna.
Non si sente la coscienza tranquilla.
Dolcina.
semplicemente.
Povero ragazzo.
La Donna.
stupita.
Chi? lui? Ah! beh! va, va, Dolcina sbrìgati.
Dolcina.
che stava per avviarsi, dice queste parole con commossa umanità.
Anche se io dovessi morire... mi dispiace per questa povera creaturina... Era la prima volta... Era stata sempre la mia gioia pensare che avrei avuto un piccino.
piange.
La Donna.
Andiamo, su, coraggio!
Pausa. Dolcina e la Donna sono commosse. Si asciugano gli occhi senza dirsi niente, e rimangono l’una di fronte all’altra unite da quella umiltà della carne che accomuna tutte le creature. Poi la Donna la spinge a destra dolcemente.
Va, va, coraggio!
La Donna.
che ha visto con tristezza Dolcina allontanarsi, si volta e vede arrivare dalla sinistra il Professore e il Viveur.
Ecco! ecco le conseguenze delle vostre teorie!
sinceramente addolorata.
E quella donna si ucciderà! Oh! ne sono sicura! Io non voglio, capite? Bisogna impedirlo!
Il Professore di morale.
Ma chi?
La Donna.
Dolcina!
Il Professore di morale.
Non lo farà. Voglio che ella abbia la gioia di essere perdonata dall’uomo che ha offeso. Bisogna che queste creature provino anche la gioia dell’indulgenza. È un dono riservato agli uomini che hanno patito.
La Donna.
Sì, ma esse non misurano i loro atti. E voi non avete nessun diritto di fare del male a quella creatura!
Il Viveur.
Ma brava! Come siete diventata umanitaria!
La Donna.
irata.
Forse! E non per merito vostro!
Il Professore di morale.
Lo sa, signora, che stamane ci siamo trovati legati tutte e due, ciascuno nella propria amaca? È fuor di dubbio che il colpevole bisogna cercarlo fra i nostri allievi. Ma lo troveremo, e daremo una lezione esemplare.
Alicano.
Inutile cercare, messeri.
Il Professore di morale.
Il Viveur.
allibiti.
Voi!
Alicano.
Il colpevole è qua. Eccomi ai vostri ordini.
Il Viveur.
Ah!
con uno scatto fa per slanciarsi mettendo una mano in tasca; ma l’impassibilità di Alicano lo trattiene.
Il Professore di morale.
fa anche lui un passo avanti, ma con più circospezione.
Alicano.
senza muoversi e solo battendo ripetutamente le ciglia.
Io sono un eccellente boxeur. Forse che il professore di eleganza vuol farmi l’onore di competere con me? Forse che il professore di morale...
Il Professore di morale.
comicamente.
Io?!
Alicano.
La morale rinunzia a battersi? Ho capito. Essa è sporca, sì, ma è pacifica. Allora vogliamo cercare d’intenderci? Non chiedo di meglio. Prima di tutto mi dovete molto ringraziare. Ehi sì! Vi ho legati prima uno, e poi tutti e due: questo significa che vi potevo comodamente ammazzare. E non l’ho fatto. Avrei potuto liberarmi di tutti e tre in una notte! Ma, a parte la ripugnanza di colpirvi nel sonno, la cosa terribile e insuperabile per me è ancora questa: uccidere! Lo so, avrei purgato l’Isola, sì, ma avrei dovuto uccidere. Perciò veniamo a patti. Voi tutti i giorni complottate per tentare una fuga, eh? Non ci riuscirete senza il mio aiuto.
Tutti e tre.
giubilanti.
Voi?
Alicano.
Sì. Tutto sta a metterci d’accordo. No, no... nessuno ci ascolta. Sono tutti occupati a vestirsi per il famoso esame di laurea. Potete vantarvi di aver portata l’Isola a un punto tale di rovina, da superare ogni aspettazione. Complimenti. Ciò nonostante, io farò in modo che voi possiate servirvi della stessa barca con cui arriverà il mio ex fratello che deve aver fatto una grande carriera fra gli antropofaghi...
Il Professore e il Viveur.
Guenone...
Alicano.
Sì. Farò finta di servirmi io di quella barca e la consegnerò a voi. Quando si accorgeranno della vostra fuga sarà troppo tardi.
La Donna.
diffidente.
Come mai siete diventato così gentile con noi?
Alicano.
Perchè non resisto all’idea di morire sapendovi qui in mezzo alle creature che avete rovinato...
Il Viveur.
Vi sentite dunque molto male?
Alicano.
cupo.
Avrò sì o no qualche ora di vita.
La Donna.
vivamente preoccupata.
Mio Dio! allora bisogna affrettarsi!
Alicano.
guardandola con ironia.
Che nobile cuore!
Il Viveur.
Allora dove ci troveremo?
Alicano.
Dietro il boschetto dove stavate fabbricando il vostro famoso palazzo. Addio, messeri.
via.
Il Viveur.
ad Alicano che si allontana.
Allora siamo, intesi!
indi ai compagni.
Quelle creature lì sentono l’imminenza della loro fine con una approssimazione spaventosa. Il loro istinto è come un prodigioso meccanismo di orologeria.
Il Professore di morale.
preoccupato a sua volta.
Non morirà davvero prima di metterci in condizione di poter fuggire?
Il Viveur.
Speriamo di no!
Furio.
in livrea da servitore.
Posso accendere i lampioncini?
La Donna.
Sì.
Artù.
in livrea da servitore.
Posso accendere i lampioncini?
La Donna.
Sì.
Il Professore di morale.
accennando a destra.
Oh! ma guardate! guardate se non vi sembra di assistere a uno dei nostri ricevimenti diplomatici! Che magnifico risultato in poco tempo! È veramente per ciascuno di noi un enorme successo personale.
La Donna.
Sì, sì! Provate a frenarli ora!
Il Viveur.
Cominciano a essere troppo uomini!
Il Professore di morale.
Come l’Europa è un paese facile! Ci si arriva in pochi mesi!
La Donna.
Quasi più velocemente che col piroscafo!
Il Professore di morale.
Non bisogna negare però il nostro enorme successo personale!
La Donna.
alle scimmie che si affollano presso le quinte.
Avanti, avanti!
ai compagni.
Pensare che l’aspirazione più grande per quelle signore lì è di abbigliarsi in modo da parere delle cocottes...
Il Viveur.
Questo succede anche in Europa tra le migliori famiglie.
La Donna.
Una mi ha domandato se la vera mantenuta ha un cappello speciale. Essere mantenute per loro rappresenta il massimo bene.
Il Professore di morale.
Non hanno poi tanto torto.
La Donna.
irata.
Non è vero. Quest’Isola di scimmie mi ha dato una sola grande gioia: quella di non essere protetta da nessun uomo.
Il Viveur.
Vi proteggono le scimmie!
La Donna.
Sì, ma esse non mi chiedono mai niente! Questo cambia il valore alla cosa. Oh! guardate, guardate Zita...
al Professore.
Fatele un complimento...
Il Professore di morale.
galante a Zita che attraversa la scena.
Dio, che bella signora!
Zita.
riccamente abbigliata, si fa vento.
Oh, sempre con le vostre vecchie frasi, con i vostri complimenti stereotipati! Perchè non trovate mai niente di nuovo? Ahimè! come gli uomini mancano di fantasia!
si fa vento e si allontana.
Il Professore di morale.
rimane stupito a guardarla a bocca aperta.
La Donna.
Burlandolo.
Ben vi sta.
Entrano le Scimmie in toilette da sera. Naturalmente il loro decolletè è marrone e peloso. I maschi sono in frak ma senza camicia e senza colletto. Inoltre sono tutti scalzi, maschi e femmine. Gli abbigliamenti devono risultare caricaturali per la maniera di gestire intonata a ciascun personaggio di cui deve apparire evidente la caricatura umana.
– Commendatore! | insieme. | |
– Come va! | ||
– Eccellenza. | ||
– Oh! mio caro Conte... | ||
– Sono molto contento. | ||
– Grazie, e lei? | ||
– Caro Avvocato. Oh! Baronessa! |
Strette di mano cordialissime tra le scimmie che entrano.
Robina.
vestita da cameriera, col grembiule sulla veste nera e la cuffietta di pizzo in testa dice a Sapajù che le sta vicino e le parla sottovoce:
Sa? faccia a meno di tormentarmi o avvertirò la padrona!
Sapaju.
Andiamo, Robina! Una camerierina leggiadra come voi! Non è «chic» per la vostra carriera! E io credevo che aveste delle aspirazioni!
Robina.
Sicuro che ne ho!
Sapaju.
approvando.
Ah! per esempio?
Robina.
con gli occhi bassi.
Io vorrei diventare una grande manicure... So che è un mestiere onesto per fare la cocotte.
guarda Sapajù di sottecchi.
Sapaju.
seriamente approvando.
Ah! bene... bene... E dunque! Io potrei lanciarvi!
Robina.
incredula, civettuola.
Lei? Oh! Commendatore...
Sapaju.
Perchè no?
Robina.
Lei ha moglie... ha un’amante... ha un’amica che la mantiene... è troppo occupato.
Sapaju.
quasi offeso.
Ma io ho anche degli amici! Delle conoscenze preziose!
Robina.
ammirata
Ah!
Sapaju.
Persone influentissime al Ministero!
Robina.
sempre più ammirata
Ah!
Zita.
chiamando.
Robina!
Robina.
accorrendo.
Eccomi, signora!
Zita.
Un bottone qui dietro.
le porge le spalle.
Robina.
Sùbito, signora.
comincia ad allacciare
Zita.
sottovoce.
Hai consegnato il biglietto?
Robina.
sorridendo con intenzione.
Sì, signora.
Zita.
E lui, che ha detto?
Robina.
sempre allacciando.
Mi ha detto... Non mi ha detto. Mi ha dato un pizzicotto.
Zita.
si volta di scatto.
Anche con le cameriere!
Robina.
gesto di umiltà.
Zita.
E voi?
Robina.
Io per riguardo a Lei, signora, che rispetto perchè è la mia padrona... anche se tiene una condotta riprovevole... io non gli ho detto niente...
Zita.
fulminandola.
Farete carriera anche voi!
va a discorrere con Malbruk.
Robina.
a Sapajù che è rimasto indietro a guardare si volge e gli fa un piccolo inchino civettuolo.
Artù
accorrendo fra il silenzio improvviso di tutti dice al Professore:
Il Commissario Guenone sta sbarcando in questo momento, ricevuto dalle Autorità!
mormorii.
Il Professore di morale.
Ah! benissimo. Signori!...
In piedi verso il fondo, dove è un tavolino a cui si appoggia. Tutti si preparano ad ascoltare dopo avere imposto silenzio. Una pausa.
Questo giorno è doppiamente solenne per voi. Non soltanto otterrete il diploma di civiltà umana col quale potrete presentarvi da per tutto e aspirare alle più alte cariche della società del vecchio e nuovo continente senza il più piccolo timore di essere riconosciute per scimmie: non soltanto potrete essere Ministri, Consiglieri, grandi sarti e Ambasciatori... Voi potrete anche segnare una data memorabile nella vostra storia poichè vi preparate a ricevere un uomo...
enfatico.
sì... lasciatemelo dire... un uomo
scandendo le parole
della nostra comune razza...
inchino generale e mormorio di soddisfazione.
un pubblico funzionario reduce da un viaggio di esplorazione compiuto nell’Isola di Sam che è popolata di cannibali: io parlo di Guenone, o Signori, del nostro bene amato Commissario dei buoni costumi; il quale non contento di sacrificare l’opera propria al bene della moralità nell’Isola natale, ha messo a repentaglio durante sei mesi la propria vita andando in mezzo ai cannibali di cui ha studiato il sentimento della maternità sul quale si era incerti fino ad ora: e perciò si aspetta ansiosamente l’appassionata relazione degli studi compiuti certamente in circostanze drammatiche.
Furio.
annunziando con enfasi.
Eccolo! Eccolo!
Artù.
Arriva preceduto dal suo segretario Fe-fè!
Il Professore di morale.
Avanti, avanti, Fefè... Anche egli ha meritato la sua parte di gloria.
appare Fe’-Fe’.
Inchinatavi a Fe-fè.
tutti s’inchinano.
Avete, da parlarmi in confidenza?
Fefè.
con fare circospetto.
Sì. Il mio Signore e capo della missione esploratrice mi ha mandato avanti perchè io avverta loro di un contrattempo che ci è capitato. Ora noi non desideriamo di essere, eventualmente, rimproverati in pubblico, perchè infine... non è colpa sua... e neanche mia...
Il Professore di morale. | insieme. | |
Che c’è? | ||
La Donna. | ||
Che c’è? | ||
Il Viveur. | ||
Che è successo? |
Fefe’.
L’Isola di Sam...
Il Professore di morale.
Ebbene?
Fefe’.
... Non era più popolata da antropofaghi quando siamo arrivati noi.
Il Professore di morale. Il Viveur. La Donna. |
insieme. | |
Oh! |
Fefe’.
Era già stata civilizzata!
Il Professore di morale.
E allora?
Fefè.
Invece degli antropofaghi abbiamo trovato gli inglesi!
Il Professore di morale.
irato.
Accidenti, e perchè non siete tornati indietro? Che cosa avete fatto durante sei mesi? Come avete vissuto?
Fefè’.
Io ho servito a tavola in casa del Ministro plenipotenziario.
Il Professore di morale.
bollendo di stizza.
E Guenone?
Fefè.
Gnenone è stato nominato custode delle cantine di Sua Eccellenza con funzione di guardarobiere. Ne ha approfittato per imparare la lingua inglese. Anzi bisognerebbe consigliarlo di smettere quel malaugurato accento. Lo fa per «snob», sapete?
Il Professore di morale.
E i cannibali?
Fefè.
alza le braccia.
Il Professore di morale.
Addio cannibali. Bene. Giurate sul vostro onore di uomo...
a un gesto della donna.
anzi di scimmia... che non rivelerete ad anima viva quel che avete detto a me, nemmeno a vostra moglie. Giurate.
Fefè.
Giuro.
Il Professore di morale.
fissandolo.
Voi avete visto i cannibali.
Fefè.
distratto.
Io? Ah! già!
Il Professore di morale.
Voi avete visto i cannibali e avete vissuto in mezzo a loro.
Fefè.
Sissignore.
Il Professore di morale.
Essi avevano discretamente sviluppato il senso della maternità.
Fefè.
Va benissimo.
Il Professore di morale.
severamente.
Andate immediatamente ad avvertire Guenone. Ditegli che noi vediamo in lui l’eroe della missione e che non vogliamo saper altro.
Fefè.
Mi aspetta di là dietro un albero.
Il Professore di morale.
Bene, andate!
Zita.
piano, chiamandolo.
Fe-fè!
Fefè.
al Professore.
Permettete che abbracci un momento mia moglie?
Il Professore di morale.
Presto.
Fefè.
Cara, come va?
Zita.
Dimmi che c’è di nuovo.
Fefè.
Non posso.
Zita.
Ti prometto di non dirlo a nessuno.
Fefè.
in fretta guardando attorno circospetta parla all’orecchio di Zita che trattiene a stento uno scoppio di risa. Fefè esce di corsa. Allora Zita riparandosi con una mano il viso parla all’orecchio di chi le sta vicino. Questa a sua volta ripete lo stesso gesto e così via. Tutti fanno grandi sforzi per conservare la loro compostezza.
La Donna.
Dov’è Dolcina?
Alcune voci.
Eccola! Viene adesso.
arriva Dolcina dalla sinistra.
La Donna.
porgendo a Dolcina un mazzo di fiori.
A te, Dolcina, fortunata sposa all’eroico uomo che ci apparecchiamo a onorare, l’incarico di offrirgli questi fiori a nome delle donne dell’Isola.
Dolcina.
Grazie...
Voci.
Eccolo, eccolo!
Tutti si dispongono in due ali. Guenone appare vestito da esploratore. Tutti applaudono.
La Donna.
È con viva soddisfazione che a nome di tutta l’isola saluto colui che affrontò tutti i pericoli per strappare ai selvaggi, e precisamente al cannibalismo, il segreto di quel sentimento materno che sopravvive negli esseri più feroci.
Guenone.
s’inchina.
Il Professore di morale.
Tutta l’Isola è desiderosa di sapere se questo sentimento è in onore fra i cannibali del Sam.
Guenone.
dice di sì, inchinandosi leggermente.
Il Professore di morale.
Ecco, questo è molto importante. Sentiremo in séguito la relazione particolareggiata dalla commossa voce dell’esploratore: ma sin da ora possiamo, è vero?, tranquillizzare tutti assicurando che c’è, effettivamente, un sentimento di maternità fra i cannibali. Questo è anche molto bello da parte loro.
ancora la prima scimmia a sinistra ripete il gesto di confidare qualche cosa alla compagna che le sta vicino e così il gesto si propaga fra tutti i presenti.
Dolcina.
che era rimasta in disparte, vicino alla Donna, va incontro al marito col mazzo di fiori e graziosamente glie lo offre.
A nome delle donne dell’Isola!
Guenone.
Grazie, o sposa!
la bacia solennemente in fronte.
Dolcina.
si asciuga gli occhi commossa e torna al suo posto.
Guenone.
dopo una pausa di attesa, con leggero accento inglese pronunzia queste mentre è in piedi dinanzi allo stesso tavolino situato verso il fondo, presso cui ha pronunziato il suo discorso il Professore.
Mi è caro rivedere i miei amati concittadini e salutare questa terra che mi ha visto nascere e che affidandomi l’onorifico incarico di mettere in pericolo la mia pelle, mi dimostrò un grandissimo «attaccamento»... Nel volume che farò pubblicare in Europa, sul cannibalismo, io metterò in luce questo fatto che farà molta impressione nel vecchio e nuovo continente: che cioè fra le femmine degli antropofaghi...
con enfatica solennità avvalorata da un pugno su tavolino.
la madre è sempre la madre...
mormorio di commozione.
A costo di finire tra le fauci dei cannibali...
guarda perplesso il Professore che lo incoraggia a proseguire.
io ho voluto accertare questo fatto importantissimo studiando da vicino gli abitanti del Sam.
Il Viveur.
Evviva il nostro esploratore Guenone!
Tutti.
Evviva!
tutti, l’uno dopo l’altro, abbracciano Guenone.
La Donna.
a Dolcina.
Mi pare giunto il momento adatto per confessargli tutto. Ora egli è esaltato del suo successo e perciò gli sarà più facile essere generoso. Noi adesso andiamo di là a prendere il thè sotto il pergolato, e qui rimarrete voi due soli... Bisogna approfittarne!
Dolcina.
perplessa.
Credete che mi convenga sùbito...
La Donna.
Sì, sì... Dà retta a una donna in simili casi!
si guarda nello specchietto del suo piccolo «necessaire» e si incipria il viso col piumino. Sùbito tutte le scimmie femmine la imitano, compreso Robina che si affretta a deporre per terra il vassoio del thè, che si apparecchiava a portare di là, per incipriarsi anche lei.
Il Professore di morale.
nel generale silenzio, toccandosi le tasche del panciotto
Ma... un momento! chi ha rubato il mio orologio?
le scimmie si guardano.
La Donna.
sovvenendosi ad un tratto.
E uno dei miei braccialetti? a proposito!
Il Professore di morale.
un passo avanti.
Non intendo incolpare questi gentiluomini...
La Donna.
E neanche io queste perfettissime dame...
viva agitazione tra le scimmie. Argia lancia occhiate terribili a Magoto che cerca di fare lo gnorri.
Il Viveur.
alla Donna e al Professore prendendoli per il braccio.
Lasciate andare! si penserà più tardi a questo!
indi più piano.
Ormai che ce ne importa? Pensiamo piuttosto a svignarcela!
forte alle scimmie.
Andiamo a prendere il thè!
via tutti e tre a sinistra. Rimescolìo tra le scimmie che si avviano anche loro.
Argia.
a Magoto con ira repressa.
Vigliacco, ora ti denunzio! Almeno rubassi per me! Ma lo so, lo so, che fai tutto per quella spudorata di Arca! E quella stupida di Dolcina, non sa ancòra che razza di eroe è suo marito! Crede veramente che sia un grande uomo!
Magoto.
Ma lasciale la sua illusione!
Argia.
al colmo della stizza.
Ah! sì? Ti è cara?
Magoto.
Senti: a me non piacciono le scene. Se mi piacessero avrei già preso moglie.
tutti se ne vanno. Rimangono soli Dolcina e Guenone.
Guenone.
dopo una pausa.
Che hai Dolcina? Mi sembri pallida...
Dolcina.
Non ho niente. Perchè? Ti sembra che io abbia qualche cosa?
tra sè.
Oh! sì! Ho qualche cosa!
Guenone.
Non so... Non mi pare neanche che tu sia molto entusiasta del mio ritorno...
Dolcina.
sinceramente inquieta.
Oh! Guenone! Dì piuttosto che tutte queste feste in tuo onore mi hanno un po’ ubbriacata... A me pare più che mai di essere piccola, piccola...
Guenone.
Ma lascia andare!
Dolcina.
Sì, permetti che io te lo dica! Sono in realtà piccola, piccola, ma se non lo fossi vorrei diventarlo ancòra di più, tanta è la mia voglia di piangere...
Guenone.
prendendola per la vita e rovesciandole il capo.
Dolcina, tu mi nascondi qualche cosa...
Dolcina.
No.
Guenone.
Dolcina! Dolcina!
Dolcina.
No, ti dico...
Guenone.
con sincero dolore.
Dolcina... Vedi? Lo vedi? Ancòra lacrime! Tu sai che mi fanno tanto male!
Dolcina.
E pensare che potrei essere la più felice creatura del mondo! Dopo la tua pericolosa missione fra i cannibali...
Guenone.
imbarazzato.
Lascia andare...
Dolcina.
Dopo il contributo che hai portato alla scienza...
Guenone.
Lascia andare!...
Dolcina.
Io sono niente, sono niente... Tu avevi bisogno di una creatura più devota...
Guenone.
No...
Dolcina.
E più umile...
Guenone.
No...
Dolcina.
E più fedele...
Guenone.
No...
Dolcina.
disperata.
Sì, perchè io non sono più degna di te! Guenone!
risolvendosi.
Io ti sono stata infedele!
Guenone.
sbalordito.
No!
Dolcina.
Se ti dico di sì!
pausa, Guenone la guarda con doloroso stupore.
E vedi... Mi confesso a te come in punto di morte, perchè dopo quello che ti avrò detto non ci sarà più scampo per me...
Guenone.
spaventato.
Dolcina!
Dolcina.
...e sarò felice di morire...
Guenone.
sempre più sconvolto.
Dolcina!
Dolcina.
Ma voglio dirti sùbito ogni cosa... E ancòra una volta perdonami se mentre tu lottavi tra i cannibali...
Guenone.
tra il dolore e la stizza.
T’ho detto, lascia andare...
Dolcina.
risolvendosi, disperata.
Ebbene, presto da me nascerà un bambino che non è tuo...
Guenone.
con un urlo.
Oh!
Dolcina.
cade a terra.
Sì, uccidimi, non merito altra sorte...
singhiozza col capo tra le mani.
Guenone.
rimane come inebetito. Lunga pausa.
Un momento. Non mi ricordo bene. Questi lunghi mesi tra i cannibali mi hanno annebbiato la testa. Non ricordo bene se era stabilito che in simili casi il marito deve uccidere... Bisogna che chieda consiglio al Commissario dei buoni costumi...
Dolcina.
tra le lacrime, stupita.
Ma come? Non sei tu il Commissario?
Guenone.
sovvenendosi.
Ah! già! È vero! Che bestia!
con rabbia.
Vedi? Appunto per questo! Tra le altre disgrazie sono anche il Commissario dei buoni costumi, che è quanto dire un essere intransigente, una macchina della giustizia...
Dolcina.
E allora?
Guenone.
con sincero dolore.
Allora maledizione su di te che metti tutti e due negli impicci! Ma scusa : non potevi star zitta?
Dolcina.
piangendo.
Io ho una coscienza!...
Guenone.
Ah! è vero!
con sùbita ira.
Sì, ma ora, ora, mi dirai tutto, eh? Tutto! Voglio intanto sapere il nome...
Dolcina.
Che nome?
Guenone.
Il nome di colui che ti sedusse!
Dolcina.
dopo breve pausa.
Magoto.
Guenone.
una pausa.
Ecco, vedi? È spaventosa la facilità con cui confessi tutto.
Dolcina.
Ma se me l’hai chiesto tu!
Guenone.
Adesso sono costretto a scannare anche lui.
Dolcina.
con un grido.
No!
Guenone.
irato.
Ah! Non vuoi! Ti è caro?
Dolcina.
con sincero dolore.
No, non per questo! È perchè tu non devi macchiarti di quel delitto che... sì... per quanto si dica che siamo diventati uomini... ci sarà sempre odioso...
risoluta, si alza.
Penserò io a punire me stessa!
Guenone.
sinceramente disperato.
Ah! Perchè i cannibali non mi hanno divorato? Ma no, che non è vero neanche questo! e nulla è vero... e la mia carica di Commissario è un’altra beffa che mi impedisce di essere quello che vorrei... e tutto in me è una rivolta terribile... Non piangere, non piangere... Io non posso vederti piangere... povera creatura... povera Dolcina... se mi vedono! se ci vedono!... È la prima volta che sento la infelicità che invade tutto il mio essere... la infelicità di un intruso che si è impadronito di tutti i miei nervi, del mio sangue e di tutta la mia coscienza... di un intruso che vuole armare la mia mano che invece vorrebbe accarezzare e proteggere... Vattene, Dolcina, vattene povera creatura, perchè io non voglio farti del male e invece sto per fartene per la paura che ho di cadere in ginocchio dinanzi a te per scongiurarti a non piangere più...
affranto si getta sopra un sasso singhiozzando.
Dolcina.
disperata.
Addio, Guenone!
via di corsa verso il fondo.
Guenone.
andata via Dolcina, si leva in piedi con gli occhi sbarrati. Poi si volge al sopraggiungere del Professore di morale.
Io non posso, capito? Io voglio bene a quella creatura e il delitto che ha commesso per quanto io lo pensi come delitto non è ancòra nel mio sangue e io non posso superare questa mia angoscia per fare la cosa che voi dite conveniente al mio grado...
Il Professore di morale.
Non ti crucciare, Guenone. Abbiamo pensato a lungo e molto umanamente al tuo caso. E sono venuto qui per parlartene. Se, per esempio, ti nominassimo Presidente della Società contro il cannibalismo? Per quanto tu non lo meriti...
Guenone.
Ma...
Il Professore di morale.
Lo so... Abbiamo inventato tutte queste cose per il prestigio che si deve avere dinanzi alle folle... E, allora vedi, con la nuova carica tu dai le tue dimissioni da Commissario dei buoni costumi e puoi facilmente perdonare a Dolcina!
Guenone.
lo guarda lungamente sorpreso. Lentamente si alza in piedi sempre guardandolo.
Ho capito.
Il Professore di morale.
È senza dubbio una carica meno inesorabile che ti lascia ogni libertà...
Guenone.
dominato da una irresistibile ilarità, guarda l’uomo sogghignando.
Mi lascia ogni libertà!... Presto! Che venga qui sùbito! Dov’è?
in ascolto.
Che succede? Che cos’è questo vocìo?
Un vociare confuso si approssima e si fa sempre più alto. Guenone attende anelante nel mezzo della scena. Il Professore di morale approfitta della confusione per svignarsela appena la donna e il Viveur gli fanno segno di raggiungerli.
Malbruk.
accorrendo e precedendo la folla.
Dolcina si è gettata dallo scoglio!
Guenone.
ha un urlo di raccapriccio.
Babil.
Ma è salva! L’ha salvata Alicano!
Guenone.
afferrando per il polso Babil.
Dimmi la verità!
Babil.
Sì, l’ha salvata Alicano che si è sùbito gettato in mare dopo di lei e l’ha tratta svenuta sulla riva. Eccolo! È Alicano che porta la tua donna svenuta sulle sue braccia!
Tutte le Scimmie sconvolte seguono Alicano che porta in braccio Dolcina svenuta e si ferma un momento sul fondo della scena.
Alicano.
avanzando, solo, verso Guenone.
È salva! Guenone, è salva! Ha già aperto due volte gli occhi e ora è semplicemente indebolita...
depone Dolcina a terra piano piano con molta delicatezza. Guenone s’inginocchia chiamandola a bassa voce. Anche Alicano è in ginocchio presso di lei.
Povera creatura, s’è gettata con tanta paura che è rimasta in cima allo scoglio incerta per qualche minuto ed è stato il suo indugio che ha permesso a me di accorrere in tempo per trarla in salvo! Vedi, vedi che apre gli occhi... Povera creatura, gli uomini ti hanno fatto paura, è vero?, ti hanno sospinta sopra uno scoglio e ti hanno buttata giù... Povera piccola, ti avevo lasciata senza malizia e ti ritrovo qui vestita in modo che non ti riconosco più! Ma vedi che l’acqua del mare ha portato via dal tuo volto il belletto che ti faceva rassomigliare ad una piccola cortigiana? Se di tutte le donne, infine, si può fare delle cortigiane, che c’è di strano che lo divenga una piccola scimmia? Ecco, ecco che riapre i suoi occhi spauriti perchè teme di ritrovare gli uomini che l’hanno fatta vergognare della maternità, nello stesso tempo che erano pronti ad esaltare quella degli antropofaghi!...
si alza.
Ma non aver paura, cara! Tu desideravi tanto una piccola creatura che venisse da te e gli uomini non te la toglieranno più... Sono fuggiti con una barca!
vocìo, rimescolìo tra le scimmie. Qualcuna corre verso il fondo e poi torna indietro.
Fratelli! Non c’è avvenire per l’uomo capace di compiere un simile delitto!
accenna a Dolcina che piano piano si mette a sedere sostenuta da Guenone e volge intorno gli occhi smarriti.
Sì, sono fuggiti dall’Isola! Ma che altro potevano darvi? Che altro vi potevano insegnare? Non siete stati già dichiarati campioni della umanità? Non avete già meritata la vostra laurea di uomini? Non siete qui alla prova generale per il vostro ingresso nel mondo? Ma sì che ci siete tutti! Ci sei tu Dolcina col tuo povero cuore trepido di moglie mancata, e tu commendatore con la tua oscena propaganda, e tu venditore di frottole, e tu compratore di coscienze, e tu che vendi l’oro, e tu che vendi i sogni, e tu che vendi la vita altrui! È pur questa la magnifica fiera organizzata dalla civiltà, dove non c’è nulla che non si possa comprare, dove non c’è nulla che non abbia un prezzo!... All’incanto! All’incanto!
con voce più piana.
Ma c’è una cosa che essi non vi hanno insegnato: a sopprimervi! E l’uomo possiede questo! C’è un momento nella vita di un uomo in cui egli sa dire: «me ne vado». Credetelo! È una libertà che ha il suo fascino. Perciò inutile illudervi! Il vostro frac non serve. Avete una magrezza di tisici che fa spavento...
Fratelli! Io vi parlo in punto di morte, ma prima vi ho portato sulle braccia la creatura più bella della nostra tribù, che un’altra ne sente muovere nel ventre. È dunque veramente un dono che vi ho fatto prima di morire!
Fratelli, voi credete che io sia nemico dell’uomo? No! Egli mi faceva troppa pietà, e perciò io non volevo che voi gli rassomigliaste: ma per quanta ferocia egli abbia, per quanta civiltà lo avveleni, è sempre un povero cuore che batte! E guardate: io volevo risparmiarvi quel veleno. Ma siccome ora è impossibile per voi dimenticare di essere stati uomini, e giacchè l’umanità vi ha portato il suo piccolo dono – il dolore – fatene un’arma per salvare le cose buone che io vi ho insegnato a rispettare... Poichè gli uomini uccidono sempre le cose che amano!...
Fratelli! Cercate, col dono che gli uomini vi hanno fatto, di riprendere a poco a poco la vostra faccia e di ritrovare la vostra innocenza!
Addio, fratelli!
con le braccia sollevate in alto fa una giravolta su se stesso e cade morto tra le scimmie esterrefatte. Silenzio altissimo. Le scimmie protendono verso di lui il loro muso triste. Si sente solo il singhiozzo di Dolcina.
SIPARIO.