CAPITOLO I. I più antichi Sismoscopî.

In tutti i terremoti d’una certa importanza nasce più o meno spontanea e naturale l’osservazione di certi fatti che ne sono la conseguenza, quali l’oscillazione d’oggetti sospesi, ad es., lampade, lampadari, gabbie, oscillazione e perfino versamento di liquidi entro recipienti; spostamento di quadri appesi alle pareti, arresto d’oro-logi a pendolo, o viceversa oscillazione di altri che stavano fermi; spostamento di mobili, caduta di soprammobili o d’altri oggetti in equilibrio instabile; rotolamento di oggetti rotondi, o scorrimento di altri riposanti sopra piani; inclinazioni di croci sopra chiese o campanili, o di parafulmini.

Ad una persona, che per poco vi rifletta, questi fatti possono indicare la direzione predominante in cui si è effettuato il movimento sismico, e dare anche un’idea approssimata dell’intensità del medesimo, per rispetto ad altri precedenti, e se il movimento è stato predominantemente ondulatorio o sussultorio. In una parola, tutti gli oggetti che si sono mossi possono considerarsi come altrettanti rozzi strumenti da servire allo studio del terremoto. E se quest’ultimo fu di grande violenza, tale da spostare o rovesciare comignoli, monumenti sepolcrali, colonne, alti fumaiuoli, o lesionare e perfino crollare edificî, si può in una certa misura e usando un po’ di circospezione ricavare molti altri dati in conferma di quelli desunti dalla precedente categoria di fatti. Le fig. 1-2 mostrano un sedile di pietra in Frascati, quale era in origine e come fu poi rovesciato dal violento terremoto del 28 luglio 1899 avvenuto in quella città e sentito fino a Roma.

Sarebbe stato naturale che fin dall’antichità si fossero ideati apparecchi, chiamati avvisatori sismici o sismoscopî (dalle parole greche seismós, terremoto e scopein, osservare) che per quanto semplici, avrebbero forniti dati certamente più sicuri di quelli ricavati in base agli effetti prodotti da una scossa; ma pur troppo nelle antiche descrizioni di terremoti non vengono menzionati strumenti di sorta. Solo si sa che nel 136 avanti Cristo un cinese inventò uno strumento, costituito d’una asta che poteva muoversi nelle 8 principali direzioni della rosa de’ venti, e urtare così alcune delle 8 palle metalliche in bilico, poste all’ingiro, e farle cadere entro una corrispondente buca sottostante.

Si riporta anche che alcune monache di Cosenza possedevano un piccolo apparecchio, consistente in una palla collocata in bilico, la quale si spostava ad ogni lieve scossa; ed ogniqualvolta principiava un periodo sismico, esse erano in grado d’avvertire l’avvicinarsi del pericolo.

Furono anche utilizzati bicchieri ben colmi d’acqua, dal cui versamento si giudicava dello avvenimento d’una scossa. Per meglio determinare la direzione della medesima, se ne riempivano a metà appositi recipienti con entro del cruschello e si poteva allora misurare l’altezza massima a cui quest’ultimo rimaneva attaccato alle pareti interne, in seguito all’oscillazione dell’acqua. Questi tentativi contenevano in sè il germe dei futuri sismoscopî.

Pare anche che in seguito alle violenti scosse di Norcia del 1703 che fecero danni anche in Roma, il Papa facesse installare al Vaticano un apparecchio il quale, secondo l’inventore, poteva prevedere il terremoto un quarto d’ora prima. Di ciò profittarono alcuni malviventi i quali, fondandosi sulla cieca credulità che la popolazione aveva nelle indicazioni di quell’apparecchio e traendo partito dalla trepidazione degli animi per le gravi scosse già patite, fecero spargere la voce che un’altra grande scossa sarebbe stata per sopraggiungere e poterono così fare man bassa nelle case, immediatamente abbandonate dalla gente spaventata. E ci volle tutta l’energia delle autorità per persuadere la popolazione del brutto tiro che le era stato giuocato e per indurla a rientrare nelle abitazioni.

Come si vedrà appresso, i sismoscopî sono fondati sopra differenti principî ed offrono svariatissime forme. Alcuni si limitano a fornire la prova che una scossa è avvenuta, altri ne indicano la sola direzione, altri l’intensità, altri l’ora, altri la celerità, o ritmo, delle onde sismiche, altri infine il genere di movimento, cioè orizzontale, ondulatorio o sussultorio. Molti tra essi forniscono nello stesso tempo due od anche più di questi elementi, e per questa ragione sono più o meno complicati secondo i casi. È per ciò che riesce spesso difficile il saperli classificare e dire se si tratti di semplici sismoscopî (scopein – osservare), oppure di veri sismometri, (metrein – misurare) o perfino di sismografi (grafein – scrivere). Quando li avremo già passati in rassegna e cominceremo la seconda parte, allora ci sarà più facile di far comprendere la differenza che passa tra queste tre categorie di strumenti.

Un notevole impulso alla costruzione degli apparecchi sismici fu dato dopo il famoso terremoto di Lisbona del 1755 e più ancora dopo i terribili e numerosi terremoti delle Calabrie del 1783. Ma la sismometria potè entrare in una via più sicura e scientifica soltanto alla metà del secolo scorso, per opera principalmente del Cavalleri e del Palmieri; ed a ciò concorse non poco la scoperta dell’elettro-calamita, la quale semplificò in modo straordinario il funzionamento degli strumenti.

Infine, si deve al P. Bertelli ed al De Rossi il grande risveglio degli studi sismici verificatosi in Italia poco dopo il 1870; studî che cominciarono ad attirare l’attenzione dei dotti di molte nazioni civili, e principalmente del Giappone. Oggi la loro importanza è stata universalmente riconosciuta, fino al punto che sono stati già tenuti tre congressi internazionali per farli vieppiù progredire.

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