II.

Quando Edoardo d’Inghilterra fu sbarcato al lido cartaginese re Luigi nono era già morto. Invano il Santo, ricoperto di cilicio sopra un letto di ceneri, aveva mormorato fra i respiri estremi: Jerusalem! Jerusalem!, perché il re di Sicilia conchiuse una tregua, levò l’assedio da Tunisi e affrettò i suoi e i Franchi al ritorno.

Ma non tornarono, no, i guerrieri d’Inghilterra. E, per recar innanzi i vessilli della croce, tracciarono dei loro corpi la via fino a Nazareth quanti, a cento a cento, perirono di caldo, perirono di fame o avvelenati dal tristo miele, dai frutti maligni e dalle erbe che mangiavano. Peggio, a Nazareth le schiere decimate non trovarono da massacrare che un popolo d’inermi. E bisognò che ritornassero. Senza gloria di geste, senza ricordi e speranza d’imprese generose, tornare! Tornare senza aver tócca una ferita combattendo!

Cosí Edoardo d’Inghilterra, colpito di pugnale, a tradimento, in San Giovanni d’Acri, non fu tosto risanato che, quasi fuggisse la maledizione di Dio, fuggí di Terrasanta.

Ma, e quelli che vi rimasero piú lungamente infermi? Tra essi, in San Giovanni d’Acri, fu pure Riccardo; e vi rimasero poveri in modo che, riavutosi a stento, Riccardo dovette procacciarsi il pane con basse fatiche. Sospirava e temeva di non rivedere mai piú la sua donna lontana.

San Giovanni d’Acri a quei giorni era peranche la piú bella città della Siria: una città lussuriosa. Ampio il porto, dove le navi europee scambiavano merci e ricchezze; alte e dipinte le case; i palagi del re di Gerusalemme e del re di Cipro e dei principi di Galilea, di Cesarea, d’Antiochia, di Tripoli, di Tiberiade, Tiro, Sidone, erano magnifici, con vetriate che riflettevano il sole: principi e re coronati e gemmati passeggiavano per le vie incontrandosi con i mercanti di Venezia, Genova e Pisa, e con Francesi e Inglesi, Tartari e Armeni; e nelle piazze protette contr’il sole da paramenti di seta e di sargia giostravano i cavalieri a spettacolo e onore di dame sfarzose e superbe. I chierici stessi smarrivan Dio tra le ricchezze e i piaceri.

Ciò considerando Riccardo, dopo la delusione delle imprese sognate in patria con mente fervida e pura, dopo l’abbandono dei compagni che erano stati ricordevoli solo di sé, e nella vicenda di fatti pei quali sembrava che Cristo dormisse affinché trionfasse la gente dell’Islam, perdette anch’egli a poco a poco la luce, la guida e il conforto della fiducia divina; e la necessità quotidiana delle fatiche volgari gli oscurò, gli restrinse il pensiero ed il cuore. Se non che l’affetto, che un dí aveva posposto alla fede, risorse allora a sorreggerlo piú vivo e piú intenso; e come la fortuna cominciò a secondarlo, per quel desiderio di allietare un giorno con la ricchezza la sua donna e il figliolo, se gli era nato e cresciuto, protrasse il ritorno anche quando n’ebbe occasione propizia. Per arricchire si diede a trafficare per vie non lecite e a prestare ad usura; e accumulava monete. E intanto quell’affetto buono, di cui solo nutriva il cuore e il pensiero, lo conteneva in una delle antiche virtú, una sola: viveva casto. Egli guardava religiosamente l’anello della sua donna.

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