SCENA TERZA

Antigone, Emone

Guardie

Antigone

Deh! perché figlio di Creonte nasci?

O perché almen, lui non somigli?...

Emone

Ah! m’odi. –

Questo, che a me di vita ultimo istante

esser ben sento, a te vogl’io verace

nunzio far de’ miei sensi: il fero aspetto

del genitor me lo vietava. – Or, sappi,

per mia discolpa, che il rifiuto forte,

e il tuo sdegno più forte, io primo il laudo,

e l’apprezzo, e l’ammiro. A foco lento,

pria che osartela offrire, arder vogl’io

questa mia man; che di te parmi indegna,

più che nol pare a te. S’io t’amo, il sai;

s’io t’estimo, il saprai. – Ma intanto (oh stato

terribil mio!) non basta, no, mia vita

a porre in salvo oggi la tua!... Potessi,

almen potessi una morte ottenerti

non infame!...

Antigone

Più infame ebberla in Tebe

madre e fratelli miei. Mi fia la scure

trionfo quasi.

Emone

Oh! che favelli?... Ahi vista!

Atroce vista!... Io nol vedrò: me vivo

non fia. – Ma, m’odi, o Antigone. Forse anco

il re deluder si potria... Non parlo,

né il vuoi, né il vo’, che la tua fama in parte

né pur si offenda...

Antigone

Io non deludo, affronto

i tiranni; e il sai tu. Pietà fraterna

sola all’arte m’indusse. Usar io fraude

or per salvarmi? Ah! potrei forse oprarla

ove affrettasse il morir mio...

Emone

Se tanto

fitta in te sta l’alta e feroce brama,

deh! sospendila almeno. A te non chieggio

cosa indegna di te: ma pur, se puoi,

solo indugiando, altrui giovar; se puoi

viver, senza tua infamia; e che? sì cruda

contro a te stessa, e contra me sarai?

Antigone

... Emon, nol posso... A me crudel non sono: –

figlia d’Edippo io sono. – Di te duolmi;

ma pure...

Emone

Io ’l so: cagione a te di vita

esser non posso; – compagno di morte

ti son bensì. – Ma, tutti oltra le negre

onde di Stige i tuoi pietosi affetti

ancor non stanno: ad infelice vita,

ma vita pur, restano Edippo, Argìa,

e il pargoletto suo, che immagin viva

di Polinice cresce; a cui tu forse

vorresti un dì sgombra la via di questo

trono inutil per te. Deh! cedi alquanto. –

Finger tu dei, che al mio pregar ti arrendi,

e ch’esser vuoi mia sposa, ove si accordi

frattanto al lungo tuo giusto dolore

breve sfogo di tempo. Io fingerommi

pago di ciò: l’indugio ad ogni costo

io l’otterrò dal padre. Intanto, lice

tutto aspettar dal tempo: io mai non credo,

che abbandonar voglia sua figlia Adrasto

tra infami lacci. Onde si aspetta meno

sorge talora il difensore. Ah! vivi;

per me nol chieggo, io tel ridico: io fermo

son di seguirti; e non di me mi prende

pietà; né averla di me dei: pel cieco

tuo genitore, e per Argìa, ten priego.

Lei trar de’ ceppi, e riveder fors’anco

il padre, e a lui forse giovar, potresti.

Di lor pietà, che più di te non senti,

sentir t’è forza; e a te il rimembra, e, pieno

di amaro pianto, a’ tuoi piedi si prostra,

… e ti scongiura Emone...

Antigone

... Io te scongiuro...

Or, che costanza, quanta io n’ebbi mai,

mi è d’uopo, in molli lagrime di amore

deh! non stemprarmi il cor... Se in me puoi tanto,...

(e che non puoi tu in me?)... mia fama salva;

lascia ch’io mora, se davver tu m’ami.

Emone

... Me misero!... Pur io non ti lusingo...

Quanto a te dissi, esser potria.

Antigone

Non posso

esser tua mai; che val, ch’io viva? – Oh cielo!

Del disperato mio dolor la vera

cagione (oimè!) ch’io almen non sappia. – E s’io

sposa a te mi allacciassi, ancor che finta,

Grecia in udirlo (oh!) che diria? Quel padre,

che del più viver mio non vil cagione

sol fora, oh! s’egli mai tal nodo udisse!...

ove il duol, l’onta, e gli stenti, finora

pur non l’abbiano ucciso, al cor paterno

coltel saria l’orribile novella.

Misero padre! il so, pur troppo; io mai

non ti vedrò, mai più:... ma, de’ tuoi figli

ultima, e sola, io almen morrò non rea...

Emone

Mi squarci il core;... eppur, laudar mi è forza

tai sensi: anch’io virtù per prova intendo...

Ma, lasciarti morire!... Ultimo prego,

se tu non m’odi, accetta: al fianco tuo

starommi, e nel mio petto il mortal colpo,

pria che nel tuo, cadrà: così vendetta

in parte avrai dell’inuman Creonte.

Antigone

Vivi, Emon, tel comando... In noi l’amarci

delitto è tal, ch’io col morir lo ammendo;

col viver, tu.

Emone

– Si tenti ultima prova.

Padre inuman, re sanguinario, udrai,

le voci estreme disperate udrai

di un forsennato figlio.

Antigone

Oimé! che trami?

Ribelle al padre tuo?... Sì orribil taccia

sfuggila ognora, o ch’io non t’amo.

Emone

Or, nulla

piegar ti può dal tuo fero proposto?

Antigone

Nulla; se tu nol puoi.

Emone

Ti appresti dunque?...

Antigone

A non più mai vederti.

Emone

In breve, io ’l giuro,

mi rivedrai.

Antigone

T’arresta. Ahi lassa!... M’odi...

Che far vuoi tu?

Emone

Mal grado tuo, salvarti.

Antigone

T’arresta...

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