Antigone, Emone
Guardie
Antigone
Deh! perché figlio di Creonte nasci?
O perché almen, lui non somigli?...
Emone
Ah! m’odi. –
Questo, che a me di vita ultimo istante
esser ben sento, a te vogl’io verace
nunzio far de’ miei sensi: il fero aspetto
del genitor me lo vietava. – Or, sappi,
per mia discolpa, che il rifiuto forte,
e il tuo sdegno più forte, io primo il laudo,
e l’apprezzo, e l’ammiro. A foco lento,
pria che osartela offrire, arder vogl’io
questa mia man; che di te parmi indegna,
più che nol pare a te. S’io t’amo, il sai;
s’io t’estimo, il saprai. – Ma intanto (oh stato
terribil mio!) non basta, no, mia vita
a porre in salvo oggi la tua!... Potessi,
almen potessi una morte ottenerti
non infame!...
Antigone
Più infame ebberla in Tebe
madre e fratelli miei. Mi fia la scure
trionfo quasi.
Emone
Oh! che favelli?... Ahi vista!
Atroce vista!... Io nol vedrò: me vivo
non fia. – Ma, m’odi, o Antigone. Forse anco
il re deluder si potria... Non parlo,
né il vuoi, né il vo’, che la tua fama in parte
né pur si offenda...
Antigone
Io non deludo, affronto
i tiranni; e il sai tu. Pietà fraterna
sola all’arte m’indusse. Usar io fraude
or per salvarmi? Ah! potrei forse oprarla
ove affrettasse il morir mio...
Emone
Se tanto
fitta in te sta l’alta e feroce brama,
deh! sospendila almeno. A te non chieggio
cosa indegna di te: ma pur, se puoi,
solo indugiando, altrui giovar; se puoi
viver, senza tua infamia; e che? sì cruda
contro a te stessa, e contra me sarai?
Antigone
... Emon, nol posso... A me crudel non sono: –
figlia d’Edippo io sono. – Di te duolmi;
ma pure...
Emone
Io ’l so: cagione a te di vita
esser non posso; – compagno di morte
ti son bensì. – Ma, tutti oltra le negre
onde di Stige i tuoi pietosi affetti
ancor non stanno: ad infelice vita,
ma vita pur, restano Edippo, Argìa,
e il pargoletto suo, che immagin viva
di Polinice cresce; a cui tu forse
vorresti un dì sgombra la via di questo
trono inutil per te. Deh! cedi alquanto. –
Finger tu dei, che al mio pregar ti arrendi,
e ch’esser vuoi mia sposa, ove si accordi
frattanto al lungo tuo giusto dolore
breve sfogo di tempo. Io fingerommi
pago di ciò: l’indugio ad ogni costo
io l’otterrò dal padre. Intanto, lice
tutto aspettar dal tempo: io mai non credo,
che abbandonar voglia sua figlia Adrasto
tra infami lacci. Onde si aspetta meno
sorge talora il difensore. Ah! vivi;
per me nol chieggo, io tel ridico: io fermo
son di seguirti; e non di me mi prende
pietà; né averla di me dei: pel cieco
tuo genitore, e per Argìa, ten priego.
Lei trar de’ ceppi, e riveder fors’anco
il padre, e a lui forse giovar, potresti.
Di lor pietà, che più di te non senti,
sentir t’è forza; e a te il rimembra, e, pieno
di amaro pianto, a’ tuoi piedi si prostra,
… e ti scongiura Emone...
Antigone
... Io te scongiuro...
Or, che costanza, quanta io n’ebbi mai,
mi è d’uopo, in molli lagrime di amore
deh! non stemprarmi il cor... Se in me puoi tanto,...
(e che non puoi tu in me?)... mia fama salva;
lascia ch’io mora, se davver tu m’ami.
Emone
... Me misero!... Pur io non ti lusingo...
Quanto a te dissi, esser potria.
Antigone
Non posso
esser tua mai; che val, ch’io viva? – Oh cielo!
Del disperato mio dolor la vera
cagione (oimè!) ch’io almen non sappia. – E s’io
sposa a te mi allacciassi, ancor che finta,
Grecia in udirlo (oh!) che diria? Quel padre,
che del più viver mio non vil cagione
sol fora, oh! s’egli mai tal nodo udisse!...
ove il duol, l’onta, e gli stenti, finora
pur non l’abbiano ucciso, al cor paterno
coltel saria l’orribile novella.
Misero padre! il so, pur troppo; io mai
non ti vedrò, mai più:... ma, de’ tuoi figli
ultima, e sola, io almen morrò non rea...
Emone
Mi squarci il core;... eppur, laudar mi è forza
tai sensi: anch’io virtù per prova intendo...
Ma, lasciarti morire!... Ultimo prego,
se tu non m’odi, accetta: al fianco tuo
starommi, e nel mio petto il mortal colpo,
pria che nel tuo, cadrà: così vendetta
in parte avrai dell’inuman Creonte.
Antigone
Vivi, Emon, tel comando... In noi l’amarci
delitto è tal, ch’io col morir lo ammendo;
col viver, tu.
Emone
– Si tenti ultima prova.
Padre inuman, re sanguinario, udrai,
le voci estreme disperate udrai
di un forsennato figlio.
Antigone
Oimé! che trami?
Ribelle al padre tuo?... Sì orribil taccia
sfuggila ognora, o ch’io non t’amo.
Emone
Or, nulla
piegar ti può dal tuo fero proposto?
Antigone
Nulla; se tu nol puoi.
Emone
Ti appresti dunque?...
Antigone
A non più mai vederti.
Emone
In breve, io ’l giuro,
mi rivedrai.
Antigone
T’arresta. Ahi lassa!... M’odi...
Che far vuoi tu?
Emone
Mal grado tuo, salvarti.
Antigone
T’arresta...