Saul ed Abner.
SAUL |
Bell'alba è questa. In sanguinoso ammanto Oggi non sorge il sole; un dì felice Prometter parmi. – Oh miei trascorsi tempi! Deh! dove siete or voi? Mai non si alzava Saùl nei campo da' tappeti suoi, Che vincitor la sera ricorcarsi Certo non fosse. |
ABNER |
Ed or, perchè diffidi, O re? Tu forse non fiaccasti or dianzi La filistea baldanza? A questa pugna Quanto più tardi viensi, Abner tel dice, Tanto ne avrai più intiera, e nobil palma. |
SAUL |
Abner, oh! quanto in rimirar le umane Cose, diverso ha giovinezza il guardo, Dalla canuta età! Quand'io con fermo Braccio la salda noderosa antenna. Ch'or reggo appena, palleggiava; io pure Mal dubitar sapea... Ma, non ho sola Perduta omai la giovinezza... Ah! meco Fosse pur anco la invincibil destra D'Iddio possente!... O meco fosse almeno David, mio prode!... |
ABNER |
E chi siam noi? Senz'esso Più non si vince or forse? Ah! non più mai Snudar vorrei, s'io ciò credessi, il brando, Che per trafigger me. David, ch'è prima, Sola cagion d'ogni sventura tua... |
SAUL |
Ah! no: deriva ogni sventura mia Da più terribil fonte... E che? Celarmi L'orror vorresti del mio stato? Ah! s'io Padre non fossi, come il son, pur troppo! Di cari figli... or la vittoria, e il regno E la vita vorrei? Precipitoso Già mi sarei fra gl'inimici ferri Scagliato io, da gran tempo; avrei già tronca Così la vita orribile, ch'io vivo. Quanti anni or son, che sul mio labro il riso Non fu visto spuntare? I figli miei, Ch'amo pur tanto, le più volte all'ira Muovonmi il cor, se mi accarezzan... Fero, Impazïente, torbido, adirato Sempre; a me stesso incresco ognora, e altrui; Bramo in pace far guerra, in guerra pace; Entro ogni nappo ascoso tosco io bevo; Scorgo un nemico in ogni amico; i molli Tappeti assiri, ispidi dumi al fianco Mi sono; angoscia il breve sonno; i sogni Terror. Che più? Chi 'l crederia? Spavento M'è la tromba di guerra; alto spavento È la tromba a Saùl. Vedi, se è fatta Vedova omai di suo splendor la casa Di Saùl; vedi, se omai Dio sta meco. E tu, tu stesso, (ah! ben lo sai) talora A me, qual sei, caldo verace amico, Guerrier, congiunto, e forte duce, e usbergo Di mia gloria tu sembri: e talor, vile Uom menzogner di corte, invido, astuto Nemico, traditore... |
ABNER |
Or, che in te stesso Appien tu sei, Saulle, al tuo pensiero, Deh, tu richiama ogni passata cosa! Ogni tumulto del tuo cor (nol vedi?) Dalla magion di que' profeti tanti, Di Rama egli esce. A te chi ardiva primo Dir, che diviso eri da Dio? L'audace, Torbido, accorto, ambizïoso vecchio, Samuël sacerdote; a cui fean eco Le sue ipocrite turbe. A te sul capo Ei lampeggiar vedea con livid'occhio Il regal serto, ch'ei credea già suo. Già sul bianco suo crin posato quasi Ei sel tenea; quand'ecco, alto concorde Voler del popol d'Israello al vento Sperso ha suoi voti, e un re guerriero ha scelto. Questo, sol questo, è il tuo delitto. Ei quindi D'appellarti cessò d'Iddio l'eletto, Tosto ch'esser tu ligio a lui cessasti. Da pria ciò solo a te sturbava il senno: Coll'inspirato suo parlar compieva David poi l'opra. In armi egli era prode, Noi niego io, no; ma servo appieno ei sempre Di Samuello; o più all'altar, che al campo Propenso assai: guerrier di braccio egli era, Ma di cor, sacerdote. Il ver dispoglia Di ogni mentito fregio; il ver conosci. Io del tuo sangue nasco; ogni tuo lustro È d'Abner lustro; ma non può innalzarsi David, no mai, s'ei pria Saùl non calca. |
SAUL |
David?... Io l'odio... Ma, la propria figlia Gli ho pur data in consorte… Ah! tu non sai. – La voce stessa, la sovrana voce, Che giovanetto mi chiamò più notti, Quand'io, privato, oscuro, e lungi tanto Stava dal trono e da ogni suo pensiero; Or, da più notti, quella voce istessa Fatta è tremenda, e mi respinge, e tuona In suon di tempestosa onda mugghiante: «Esci, Saùl; esci, Saulle»... Il sacro Venerabile aspetto del profeta, Che in sogno io vidi già, pria ch'ei mi avesse Manifestato che voleami Dio Re d'Israël; quel Samuële, in sogno, Ora in tutt'altro aspetto io lo riveggo. Io, da profonda cupa orribil valle, Lui su raggiante monte assiso miro: Sta genuflesso Davide a' suoi piedi: Il santo veglio sul capo gli spande L'unguento del Signor; con l'altra mano, Che lunga lunga ben cento gran cubiti Fino al mio capo estendesi, ei mi strappa La corona dal crine, e al crin di David Cingerla vuol: ma, il crederesti? David Pietoso in atto a lui si prostra, e niega Riceverla; ed accenna, e piange, e grida, Che a me sul capo ella riponga... – Oh vista! Oh David mio! Tu dunque obbedïente Ancor mi sei? Genero ancora? E figlio? E mio suddito fido? E amico?... Oh rabbia! Tormi dal capo la corona mia? Tu che tant'osi, iniquo vecchio, trema... Chi sei?... Chi n'ebbe anco il pensiero, pera... – Ahi lasso me! Ch'io già vaneggio! |
ABNER |
Pera, David sol pera: e svaniran con esso, Sogni, sventure, visïon, terrori. |