[Canto XI, nel quale il detto frate in gloria di san Francesco sotto brevitate racconta la sua vita tutta, e riprende i suoi frati, ché pochi sono quelli che '1 seguitino.]
O insensata cura de' mortali, quanto son difettivi silogismi quei che ti fanno in basso batter l'ali! |
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Chi dietro a iura e chi ad amforismi sen giva, e chi seguendo sacerdozio, e chi regnar per forza o per sofismi, |
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e chi rubare e chi civil negozio, chi nel diletto de la carne involto s'affaticava e chi si dava a l'ozio, |
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quando, da tutte queste cose sciolto, con Bëatrice m'era suso in cielo cotanto glorïosamente accolto. |
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Poi che ciascuno fu tornato ne lo punto del cerchio in che avanti s'era, fermossi, come a candellier candelo. |
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E io senti' dentro a quella lumera che pria m'avea parlato, sorridendo incominciar, faccendosi più mera: |
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«Così com' io del suo raggio resplendo, sì, riguardando ne la luce etterna, li tuoi pensieri onde cagioni apprendo. |
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Tu dubbi, e hai voler che si ricerna in sì aperta e 'n sì distesa lingua lo dicer mio, ch'al tuo sentir si sterna, |
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ove dinanzi dissi: "U' ben s'impingua", e là u' dissi: "Non nacque il secondo"; e qui è uopo che ben si distingua. |
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La provedenza, che governa il mondo con quel consiglio nel quale ogne aspetto creato è vinto pria che vada al fondo, |
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però che andasse ver' lo suo diletto la sposa di colui ch'ad alte grida disposò lei col sangue benedetto, |
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in sé sicura e anche a lui più fida, due principi ordinò in suo favore, che quinci e quindi le fosser per guida. |
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L'un fu tutto serafico in ardore; l'altro per sapïenza in terra fue di cherubica luce uno splendore. |
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De l'un dirò, però che d'amendue si dice l'un pregiando, qual ch'om prende, perch' ad un fine fur l'opere sue. |
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Intra Tupino e l'acqua che discende del colle eletto dal beato Ubaldo, fertile costa d'alto monte pende, |
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onde Perugia sente freddo e caldo da Porta Sole; e di rietro le piange per grave giogo Nocera con Gualdo. |
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Di questa costa, là dov' ella frange più sua rattezza, nacque al mondo un sole, come fa questo talvolta di Gange. |
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Però chi d'esso loco fa parole, non dica Ascesi, ché direbbe corto, ma Orïente, se proprio dir vuole. |
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Non era ancor molto lontan da l'orto, ch'el cominciò a far sentir la terra de la sua gran virtute alcun conforto; |
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ché per tal donna, giovinetto, in guerra del padre corse, a cui, come a la morte, la porta del piacer nessun diserra; |
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e dinanzi a la sua spirital corte et coram patre le si fece unito; poscia di dì in dì l'amò più forte. |
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Questa, privata del primo marito, millecent' anni e più dispetta e scura fino a costui si stette sanza invito; |
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né valse udir che la trovò sicura con Amiclate, al suon de la sua voce, colui ch'a tutto 'l mondo fé paura; |
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né valse esser costante né feroce, sì che, dove Maria rimase giuso, ella con Cristo pianse in su la croce. |
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Ma perch' io non proceda troppo chiuso, Francesco e Povertà per questi amanti prendi oramai nel mio parlar diffuso. |
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La lor concordia e i lor lieti sembianti, amore e maraviglia e dolce sguardo facieno esser cagion di pensier santi; |
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tanto che 'l venerabile Bernardo si scalzò prima, e dietro a tanta pace corse e, correndo, li parve esser tardo. |
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Oh ignota ricchezza! oh ben ferace! Scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro dietro a lo sposo, sì la sposa piace. |
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Indi sen va quel padre e quel maestro con la sua donna e con quella famiglia che già legava l'umile capestro. |
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Né li gravò viltà di cuor le ciglia per esser fi' di Pietro Bernardone, né per parer dispetto a maraviglia; |
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ma regalmente sua dura intenzione ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe primo sigillo a sua religïone. |
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Poi che la gente poverella crebbe dietro a costui, la cui mirabil vita meglio in gloria del ciel si canterebbe, |
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di seconda corona redimita fu per Onorio da l'Etterno Spiro la santa voglia d'esto archimandrita. |
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E poi che, per la sete del martiro, ne la presenza del Soldan superba predicò Cristo e li altri che 'l seguiro, |
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e per trovare a conversione acerba troppo la gente e per non stare indarno, redissi al frutto de l'italica erba, |
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nel crudo sasso intra Tevero e Arno da Cristo prese l'ultimo sigillo, che le sue membra due anni portarno. |
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Quando a colui ch'a tanto ben sortillo piacque di trarlo suso a la mercede ch'el meritò nel suo farsi pusillo, |
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a' frati suoi, sì com' a giuste rede, raccomandò la donna sua più cara, e comandò che l'amassero a fede; |
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e del suo grembo l'anima preclara mover si volle, tornando al suo regno, e al suo corpo non volle altra bara. |
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Pensa oramai qual fu colui che degno collega fu a mantener la barca di Pietro in alto mar per dritto segno; |
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e questo fu il nostro patrïarca; per che qual segue lui, com' el comanda, discerner puoi che buone merce carca. |
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Ma 'l suo pecuglio di nova vivanda è fatto ghiotto, sì ch'esser non puote che per diversi salti non si spanda; |
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e quanto le sue pecore remote e vagabunde più da esso vanno, più tornano a l'ovil di latte vòte. |
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Ben son di quelle che temono 'l danno e stringonsi al pastor; ma son sì poche, che le cappe fornisce poco panno. |
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Or, se le mie parole non son fioche, se la tua audïenza è stata attenta, se ciò ch'è detto a la mente revoche, |
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in parte fia la tua voglia contenta, perché vedrai la pianta onde si scheggia, e vedra' il corrègger che argomenta |
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"U' ben s'impingua, se non si vaneggia"». | 139 |