La tenzone

O Marina di Pisa, quando folgora

il solleone!

Le lodolette cantan su le pratora

di San Rossore

e le cicale cantano su i platani

d’Arno a tenzone.

Come l’Estate porta l’oro in bocca,

l’Arno porta il silenzio alla sua foce.

Tutto il mattino per la dolce landa

quinci è un cantare e quindi altro cantare;

tace l’acqua tra l’una e l’altra voce.

E l’Estate or si china da una banda

or dall’altra si piega ad ascoltare.

È lento il fiume, il naviglio è veloce.

La riva è pura come una ghirlanda.

Tu ridi tuttavia cò raggi in bocca,

come l’Estate a me, come l’Estate!

Sopra di noi sono le vele bianche

sopra di noi le vele immacolate.

Il vento che le tocca

tocca anche le tue palpebre un po’ stanche,

tocca anche le tue vene delicate;

e un divino sopor ti persuade,

fresco ne’ cigli tuoi come rugiade

in erbe all’albeggiare.

S’inazzurra il tuo sangue come il mare.

L’anima tua di pace s’inghirlanda.

L’Arno porta il silenzio alla sua foce

come l’Estate porta l’oro in bocca.

Stormi d’augelli varcano la foce,

poi tutte l’ali bagnano nel mare!

Ogni passato mal nell’oblio cade.

S’estingue ogni desio vano e feroce.

Quel che ieri mi nocque, or non mi nuoce;

quello che mi toccò, piú non mi tocca.

È paga nel mio cuore ogni dimanda,

come l’acqua tra l’una e l’altra voce.

Cosí discendo al mare;

cosí veleggio. E per la dolce landa

quinci è un cantare e quindi altro cantare.

Le lodolette cantan su le pratora

di San Rossore

e le cicale cantano su i platani

d’Arno a tenzone.

(Marina di Pisa, 5 luglio 1899)

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