FINISCE LA FAVOLA D'AMORE E PSICHE.

Queste cose raccontava quella sciocca vecchia e mezza cotta alla prigioniera fanciulla. E trovandomi io per avventura assai lor vicino, mi doleva a cielo di non avere i fogli e la penna, che io potessi notar così bella novella. In questo mezzo i ladroni, avendo fatto non so che grande espugnazione, carichi di roba a casa se ne vennero: e disiderando di ritornar prestamente per certe altre cose che, secondo che egli dicevano, avean lasciate nascoste in non so che spilonche, trangugiatosi il disinare, lasciando imperciò alcuni di loro i più valenti, che erano feriti, in casa, acciò si potessero curare, tratto fuori me e 'l mio cavallo, si rimisero in via; e per erte e chine e balze e sassi straccatoci e rovinatoci, sul far della sera ne condussero alla disiata spilonca: dove caricatoci senza discrezione, e' se ne tornarono per la medesima via: e per lo sospetto grande, che egli avean di esser trovati, sollecitandoci a camminare, e' mi diedon tante e tante percosse, ch'e' mi feciono arrovesciare in su un sasso che era in mezzo della via: e ancorch'io fussi a giacere, non restando di bastonarmi la gamba destra e l'unghia del piè

manco, mi fecero levare in piedi; il perchè disse un di loro: Ed insino a quanto avrem noi pacienza a gittar via le spese che noi diamo a questo asinaccio tutto guasto e azzoppato di nuovo? E un altro: Tanto più ch'io credo e' portasse seco in casa nostra tutti i cattivi angurj del mondo; chè poichè noi l'aviamo, e' non s'è mai fatto guadagno che da veder sia; anzi sono stati morti i più valenti uomini che noi avessimo. E quel primo soggiunse: Io ho diliberato, che com'egli ha portato questa soma, ch'e' porta così malvolentieri, di gittarlo a terra d'un qualche balzo: se non altro, io darò pure una buona cena a parecchi uccellacci. E così mentre che i piacevoli uomini contrastavano della morte mia, noi eravamo già arrivati a casa; perciocchè la paura de' loro ragionamenti m'avea fatto ale delle unghie. Nè fummo a fatica giunti, che senza pensar più a' casi nostri o alla mia morte, e' ci tolsero daddosso quelle robe; e chiamati i compagni, ch'eran rimasti in casa feriti poco anzi, presto alla caverna se ne ritornarono, con animo di pagarci, secondo ch'e' dicevano, del tedio ch'eglino aveano avuto della nostra tardità. E a me nondimeno era entrata una pulce nell'orecchio non picciola, considerando alle crudeli minaccie; e però diceva infra me: che indugi, Agnolo? ch'altro attendi? la morte, e anche quella crudelissima, per decreto de' ladroni ti è stata ordinata; e la cosa non ha bisogno d'un grande sforzo: tu vedi qua queste rovine non guari lungi da noi, e quelle pietre aguzze che vi sono, le quali da ogni canto che tu cadrai ti sforacchieranno in mille parti; imperocchè quella tua preclara maga, ancorchè non solamente ti desse il volto, ma e le fatiche tutte dell'asino, ella non ti fasciò d'una pelle sì grossa, come hanno gli altri animali così fatti, ma ti coperse di quella cartilagine che hanno dentro le canne. Per che cagione non ti porti tu oramai da uom maschio, e mentre che tu puoi cerchi la tua salute? tu hai una opportunità grande; fuggiti, mentre che i ladroni sono assenti: avrai tu paura della guardia d'una vecchia mezza morta? la quale tu potrai finire con un sol calcio de' tuoi piedi, ancorch'e' sieno zoppi. Ma dove diavol fuggirò io? chi mi raccetterà? Deh come sono inetti e veramente asinini questi miei pensieri! degli uomini che vanno per via, chi sarà quegli che non prenda volentieri seco un che lo porti? E con allegro sforzo rotta la fune colla quale io era legato, mi diedi a correre quanto mai m'usciva di tutti quattro i piedi: nientedimanco io non potetti scampare gli occhi di nibbio di quella falsa vecchia, la quale veggendomi sciolto, preso ardire nè alla eta nè a donna conveniente, corse da me; e raccolta la fune, ch'io mi strascinava dietro, sforzandosi di menarmene a casa, tirava quanto mai ella poteva. Ed io allora ricordevole del mortal proponimento de' miei padroni, ponendo da canto ogni pietà, le lasciai andar co' piè di dietro un paio di calci sì piacevolmente, ch'io la feci battere per terra: ed ella, ancorchè fusse prostrata in quella guisa, tenendo pur quella fune pertinacemente, ed io tirando quanto più poteva, me la strascinava dietro: perchè ella con grandissime strida chiamava aiuto da più forti braccia; ma tutto era indarno, chè niuno

non compariva. Ma chi voleva comparire? conciossiachè in casa non era niuno altro che quella verginella; la quale udito il suono di quella voce, prestamente se ne venne fuora, e vide una bellissima commedia: quella vecchia non ad un toro, ma ad un asino stava attaccata: perchè ella preso un maschio ardire, si mise a fare un egregio fatto, e tratta la fune per forza delle mani di quella vecchia, con piacevoli risa rivocatomi dallo impeto del correre, mi salse addosso e di nuovo a correre mi diè campo. Laonde io per lo volontario disiderio del fuggirmi, e per veder s'io poteva liberar la misera verginella, e anche per la tema delle minacciate busse, che mi era un continuo sprone, mi diedi a correre come un cavallo. E avrei voluto poter rispondere alle delicate parole della gentil fanciulla; ma non potendo altro fare, simulando alcuna volta di volermi grattar le reni, torcendo il capo, le baciava i bellissimi piedi. Ed ella altamente sospirando, e volto il viso inverso il cielo, disse: Porgete finalmente, o celesti Iddii, aiuto alle mie supreme angosce: e tu, dira Fortuna, cessa oggimai d'incrudelire contra d'una innocente verginella; a bastanza ti dovrebbero pur già aver placata le mie disgrazie. E tu, o presidio della mia libertà e della mia salute, se tu alla mia casa salva me ne rimenerai, e alli miei genitori e al mio formoso amante mi renderai; che obbligo ti averò io? che onor ti farò io? che cibi ti donerò io? E pettinati primieramente questi tuoi crini, co' miei vezzi verginali e colle mie collane te gli tutti adornerò; ma prima ravvierò la ravviluppata fronte: e i peli della coda per la straccurataggine rabbaruffati, con estrema diligenza ti pulirò; e con belle borchie e fibbie e rosette tutte d'oro adornandoti, ti farò allegro delle belle pompe rilucere, come un cielo stellato; e portando nel mio ricco grembo e fra la morbida seta soavissimi pinocchiati, ogni dì, o mio liberatore, te ne darò una satolla. Ma nè anche, oltre a' dilicati cibi e il profondo ozio e la beatitudine della vita tua, ti mancherà la gloria e la dignità; perciocchè con perpetuo testimonio sarà segnata la ricordanza della mia presente fortuna e della divina providenza: e facendo dipignere in una tavola la storia della presente fuga, a tuo perpetuo nome l'appiccherò nelle logge della casa mia. Vedrassi, udirassi fra le altre novelle, e colle penne degli nomini dotti sarà fatta immortale questa rozza storia: FUGGENDO UNA REGIA FANCIULLA SU UNO ASINELLO, SI LIBERA DALLA SERVITÙ DE' PESSIMI LADRONI. Sarai ancor tu fra gli altri antichi miracoli numerato; e crederanno per la verità del presente esempio, che Frisso sopra del montone notasse, e Arione collo aiuto del delfino scapolasse, ed Europa sopra del toro si riposasse. E come egli si dice, che Giove già si nascose entro a quel toro; perchè non potrebbe egli essere, che in questo mio asinello fusse nascosto o il volto di uno uomo o qualche divino spirito? – E mentre che la fanciulla mescolava con infiniti sospiri queste parole, noi arrivammo ad un certo trebbio; dove ella tirando il mio capestro, faceva ogni cosa per voltarmi dalla man destra, perciocchè quella era la via che arrivava a casa del padre. Ma io, che sapeva che i ladroni erano andati di là per lo restante di quelle robe, me le contrapponeva il più ch'io poteva: Che fa' tu, infelice fanciulla? che cerchi? perchè t'affretti tu d'andarne allo inferno? che ti sforzi tu di fare co' piedi miei? tu non rovinerai te sola, ma me insieme con essoteco. E così l'un tirando in qua, e l'altra in là, nella causa de' confini e della proprietà del terreno, anzi della divisione della strada contendendo, stemmo tanto, che i ladroni, che tornavano carichi di roba, ci ritrovarono: e per lo splendor della luna riconosciutoci da discosto, e con un maligno riso salutandoci, un di loro ci disse: E dove sete voi avviati con tanta prescia, or che egli è di notte? nè temete delle ombre nè degli spiriti che vanno attorno in questo tempo? Dove ne andavi tu, buona fanciulla? a rivedere il tuo padre e la tua madre? ma noi, a cagione che tu non vadi sola, ti farem compagnia, e ti mostreremo una via più breve per ire a' tuoi. E mentre ch'egli parlava in questa guisa, presale la cavezza di mano, mi rivoltò indietro; nè restò mai con

un baston pien di nodi, ch'egli avea fra mano, di darmi all'usato di strane tentennate: e perciocchè io ritornava malvolentieri alle mie rovine, ricordandomi del dolor delle unghie, menando il capo in su e in giù, cominciai a zoppicare. Perchè quegli, che mi aveva fatto tornare indietro, disse. Di nuovo vai zoppo, e non puoi muovere; e cotesti tuoi piedi sciancati posson fuggire e non andare? poco fa vinceva egli la celerità dell'impennato cavallo di Pegaso. E mentre che 'l buon compagnone, non restando di mazzicarmi, cianciava così con essomeco, noi eravamo arrivati agli ultimi ripari della lor casa: e alzando il capo, io vidi quella povera vecchia, che si era con un capestro attaccata per la gola ad un ramo d'un arcipresso: la quale i ladroni come ebber veduta, spiccandola, e con quel medesimo capestro legandola, la gittarono a terra da una di quelle balze: e sciolta la fanciulla, e andatisene in casa, con ferina fame s'inghiottirono quella cena che la infelice vecchierella con estrema diligenza avea lor preparata. E mentre ch'e' diluviavano ogni cosa e' cominciaron a ragionar della nostra pena e della lor vendetta; e come fra una furiosa brigata è conveniente, e' vi furon vari pareri: il primo voleva che la fanciulla si abbruciasse viva: l'altro ch'ella si desse a mangiare alle fiere: il terzo ch'ella si appiccasse per la gola: nè mancò chi dicesse, che datole di molti tormenti, ella si tagliasse in mille pezzi: e finalmente, secondo la sentenzia di tutti, ell'era destinata alla morte. Laonde uno de' principali di loro racchetò il tumulto di tutti, e così cominciò: Nè alla setta del nostro collegio, nè alla mansuetudine di tutti noi, e molto manco alla mia modestia è convenevole di sopportare che voi incrudeliate contro a costei fuor de' termini del delitto: nè le fiere, nè la forca, nè fuoco, nè tormenti, nè frettolosa morte caccin costei nel baratro infernale: ascoltando adunque i miei consigli, donate la vita a questa fanciulla; ma in quel modo ch'ella l'ha meritata. Io so ch'egli non vi è ancora uscito di mente quello che voi diliberaste fare di quello asinaccio infingardo, ma un diluvione de' voraci, e bugiardo, che infingendosi sempre d'esser zoppo, è stato al presente autore e ministro della fuga di questa fanciulla, piacciavi adunque domani di sparare questa bestiaccia: e cavatole di corpo tutte le interiora, cucirgli nel mezzo del ventre questa rea femmina ignudata; e lasciando solamente il viso di fuori, l'altra parte rimanga in questo modo, cioè ristretta dentro alla pigra fiera, e poscia espostola sopra qualche altissimo masso, la rilasciate al più ardente sole: e in questa guisa amendue sosterranno tutte quelle pene che voi possiate aver ragionato. L'asino avrà la morte che egli ha meritato un pezzo fa; le membra di costei saranno stracciate da' morsi delle fiere e dalle punture de' vermini, e il sole, quando avrà ben riscaldato il gravido ventre, si farà l'effetto del fuoco; e la forca e i grandissimi tormenti proverà, quando i cani e gli avoltoi la stracceranno tutta a pezzi a pezzi. Ma considerate le altre sciagure e le atrocissime pene: ella viva abiterà nel ventre d'una bestia morta, empiendo continuamente il naso di quel corrotto fetore; e stando in questo modo, senza prender cibo alcuno, si mancherà per la fame, nè avrà pur tanto contento, che ella si possa almeno affrettar la morte colle sue mani. Avendo dato adunque il crudele uomo tanto orrendo consiglio, non co' piedi, come si dice, ma con tutti gli animi andarono i ladroni nella sua sentenzia. La quale posciachè io colle mie grandi orecchie aveva udita, che poteva altro fare, se non piagnere la mia trista e disavventurosa morte?

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