I.
Deh chi sent'io, mie dolci rive amiche,
Che pur di sen vi svelle
Mio bel Genebro, e 'n quelle
Altre il ripon di voi tanto nemiche,
E di voi meno apriche?
Anzi più; c'or da voi
Par volti il ciel là tutti i lumi suoi?
[112]
II.
Come piange Arno, e corre
Oltra l'usato tempestoso e 'nsano,
Sol perchè a mano a mano
Il bel Genebro suo si sente torre;
Così ride, e pian piano
Or vassene, e più queta
E più lieta che mai, la bella Sona,
Che di lui s'incorona, e per lui spera
Eterna primavera.
III.
Onde pur, lasso! al faticato fianco
Avrò più qualche posa?
La dolce ombra amorosa
Del mio Genebro altero or ne vien manco:
Man rapace invidiosa
Sveglielo de' nostr'orti,
E par sì lunge, oltr'a quell'alpi, il porti,
Che più nè seguitarlo
Spero, nè ritrovarlo.
[113]
IV.
Or pur cadrò, m'è tolto il mio sostegno
E più saldo e più fido:
Nè se ben piango e grido,
M'ode, o si piega il mio nemico indegno.
Ma come tanto sdegno
In ciel ver me sì tosto?
In ciel c'or m'avea posto
In parte da bearme,
Or congiurato par tutto a dannarme?
V.
A che pur tante e tante, Amor, versarmi
In grembo tue ricchezze,
E di tante allegrezze il cor colmarmi,
Per or, più che mai, farmi
E povero e doglioso? In ciel beato
Lasso! fui poco: or caggione, e dannato
Per sempre; nè già mio
(E questo è ch'io mi doglio)
Superbo orgoglio, od altro fallo rio.
[114]
VI.
Per troppo aspro viaggio
E lungo il giovin mio Genebro porti.
Deh, no 'l trar di quest'orti
Cultor! deh, sia più saggio!
Ahi ch'ogni picciol raggio
Di sole, ogni aura leve gentil fronda
E ramo, come i suoi, seccane e sfronda!
VII.
Ne riponeva in ciel, Pianta al ciel grata,
Tua bella vista sola;
Ne riponeva in ciel, Pianta beata,
L'ombra ch'or mi s'invola.
Ahi folle e dispietata
Man che d'orto sì bel ti sveglie e parte,
Misera! e per piantarte
Ove? in gelata riva,
Ove fior maggio a pena, o fronde ha viva.
[115]
VIII.
Agli esperidi orati alteri frutti
Le foglie d'un Genebro i' pongo avanti,
E 'l vago stelo a tutti
I più dritti arboscei degli orti santi,
E 'l vivo verde a quanti
Smeraldi mai dienne il più ricco lido.
Però grido: Quell'empio che men priva,
M'invidia ben ch'io viva.
IX.
Ancisa or la mia speme,
Anima illustre, cade a tua partenza,
Come vite che senza
Sostegno atterra le sue frondi estreme;
E qual fior, s'altri il preme,
Il suo bel giallo o rosso, ella tal perde
Il suo vivo bel verde.
[116]
X.
Toltomi, Amor, del mio Genebro amato
L'odor di che nudrissi
Il cor, nè d'altro io vissi,
Questo or sia del mio sen l'ultimo fiato:
Nè vo' che di mio stato
Tu curi, o mi soccorra; e schivo tutti
Tuoi più salubri frutti:
Anzi tuo latte e mele
Odio qual tosco o fele.
[117]
[119]