INTRODUZIONE

In quanti hanno avuto occasione di citare le traduzioni italiane delle opere di Aristotele si legge che la volgarizzazione della Metafisica fatta da Ruggiero Bonghi si ferma al Libro VI incluso, cioè alla parte edita dallo stesso Bonghi nel 1854 per i tipi della Stamperia Reale di Torino. Invece risulta chiaramente che Bonghi aveva fin dal 1852 (cioè due anni prima che pubblicasse i primi sei libri) tradotto fino al Libro XII incluso. Infatti, nel diario «Fatti miei e miei pensieri» in data 22 giugno 1852 scriveva: «Ho finita la traduzione della Metafisica di Aristotele; almeno i dodici libri che solo mi ero proposto di tradurre per ora: per gli altri due avendo bisogno del commentario di Siriano, per non rifare due volte il lavoro». E il giorno dopo nello stesso diario segnava: «Ho cominciato a leggere il libro XIII della Metafisica. Non è punto probabile, ch'esso con quel che segue, facciano un libro a parte di cui il primo minore e il secondo... fosse l'introduzione: troppe relazioni, e citazioni del XIII al I e al secondo». Il Bonghi, però, non solo iniziò la lettura del Libro XIII, ma anche la traduzione, la quale si ferma al cap. VI di detto Libro. Esiste, dunque, l'intera traduzione dal Libro I al cap. VI del XIII.

Di tale esistenza io sono stato informato, qualche anno fa, dal figlio Ing. Mario Bonghi (che, assieme al fratello avv. Luigi, ha nobilmente promosso una bella Edizione delle Opere complete del suo illustre Padre) e interpellato sull'opportunità di dare alle stampe l'intera traduzione. Non potevo non dare il mio consenso a quattro mani, convinto che, quantunque noi abbiamo la buona e moderna traduzione del Carlini , l'altra sarebbe stata di questa buona compagna, per il dottissimo commento, per la compiutezza e l'onestà della preparazione, per lo scrupolo e la perspicacia nel tradurre e per la bontà dello stile, quello tanto apprezzato dei Dialoghi di Platone. I fratelli avv. Luigi e ing. Mario - gentilissimi e generosi nel riporre in me la loro fiducia - mi proposero di ristampare io una nuova edizione della Metafisica , comprendente i libri editi e quelli inediti ed accettai. Perchè la traduzione fosse completa mi sono anche addossato l'arduo compito (facendo lecito parva componere magnis ) di tradurre i cap. dal VII in poi del Libro XIII e tutto il Libro XIV e naturalmente di commentarli. Mi venne affidato il manoscritto della parte inedita e tre grosse buste, contenenti complessivamente oltre quattrocento foglietti di note (alcune però riferentesi alla Metafisica e altre a Dialoghi di Platone), messi alla rinfusa e che, in buona parte - con fatica non indifferente - sono riuscito a collocare al loro giusto posto. Altre note si trovano scritte ai margini dei fogli contenenti la traduzione, in caratteri minutissimi, tali da disarmare la pazienza del più coraggioso interprete. Anche queste note ho riportato, tralasciando qualche parola o riga assolutamente illeggibile o qualche appunto che non si riferisce propriamente al testo e che il Bonghi aggiunse forse per altri suoi scopi. Così l'intero materiale manoscritto può essere ora pubblicato ordinatamente e quasi integralmente. Tuttavia non c'è paragone tra la ricchezza del commento e delle note dei libri editi dall'Autore col commento e le note dei libri inediti. Se altre cose - e soprattutto l'attività politica - non l'avessero distratto, il Bonghi certamente avrebbe impinguato l'apparato critico e dichiarativo di questi libri e completata la traduzione. Avrebbe anche aggiunto i dettagliati «sommari», come aveva fatto per gli altri libri. Anche a questa mancanza abbiamo sopperito noi come meglio abbiamo saputo fare.

Tra le carte manoscritte, oltre alla traduzione dei sopraddetti libri e ai blocchetti di note, si trovano anche due memorie: una De varia Aristotelis fortuna in Neapolitana Universitate ovvero dell'Aristotelismo in Napoli; e l'altra: Nota sullo studio d'Aristotele nel Napoletano sotto di Michele Baldacchini, su richiesta di R. Bonghi. Costituiscono una curiosità storica e ho creduto opportuno pubblicarle nell'Appendice al Vol. III. Come pure pubblico nell' Appendice alcune lettere del Rosmini al Bonghi a proposito della traduzione della Metafisica , aggiungendo alcune note del Bonghi tratte dal diario. Da queste risulta come, per il Bonghi, il Rosmini capisse poco Aristotile, proprio perchè aveva capito troppo Platone.

Eppure, com'è noto, la traduzione della Metafisica è dedicata ad A. Rosmini, anzi portata ad esecuzione, come dice lo stesso Bonghi nella lettera dedicatoria (che abbiamo creduto opportuno ristampare perchè bella e perchè dà notizie sulla traduzione «per istigazione e consiglio» del Rosmini. E il Rosmini aveva davvero una grande stima del Bonghi anche come filologo, come risulta pure dalla seguente lettera al Cav. Luigi Cibrario, Ministro della Pubblica Istruzione, del 15 maggio 1853: il Bonghi «ha una copia di cognizioni che eccita meraviglia nella sua età: è forte nella filologia greca: tradusse in italiano quasi tutto Platone e la Metafisica di Aristotile e non conosco nessuno in Italia che sia più perspicace e robusto nell'intendere il testo di quest'ultimo autore, tanto difficile a conciliare con se stesso, e spinoso nella frase filosofica» .

La lettera dedicatoria al Rosmini è anche utile perchè mostra i testi e le fonti utilizzati dal Bonghi per la traduzione e il commento, oltre che i criteri che il B. ha creduto opportuno adottare nel volgere Aristotele in lingua italiana. Perciò non riteniamo necessario aggiungere altro su queste questioni, che risultano chiarite sia dalla lettera che dalle molte note, sia dalla traduzione stessa per quanto concerne il modo del tradurre. Dal complesso del lavoro appare chiaro quanto il Bonghi debba ai suoi predecessori. Da notare che il Bonghi nella detta lettera lamenta di dover citare studiosi stranieri e non italiani, perchè «pur troppo, ora, in studi di qualunque sorte, ci si trova così di rado in compagnia della gente di casa». La fatica del Bonghi, riferita ai suoi tempi, risulta perciò più meritoria e più apprezzabile.

Non ho creduto opportuno, invece, ristampare il Proemio «Dell'autenticità e dell'ordine de' libri metafisici di Aristotile» , che è una dotta dissertazione. Mi è sembrato più utile aggiungere io nell'Appendice al volume III una Nota sulle più importanti questioni concernenti la «Metafisica» di Aristotile , dando lo stato della questione dal Proemio del Bonghi (naturalmente utilizzato) fino ai nostri giorni.

Similmente ha creduto di poca utilità ripubblicare aggi la traduzione fatta dal Bonghi della Dissertazione sull'esposizione aristotelica della filosofia platonica dello Zeller, aggiunta alla fine del volume. Quant'altro si trova nel volume contenente i primi sei libri della Metafisica è stato da noi ristampato.

Naturalmente la traduzione del Bonghi si presta a discussioni sia di natura filologica che filosofica. Ha creduto doveroso rispettare integralmente il lavoro bonghiano e perciò non ho mutato nulla nè della traduzione nè delle note. Così il lettore ha sotto gli occhi genuinamente quello che il Bonghi ha scritto ed ha pensato. Solo nei casi in cui mi è sembrato strettamente necessario ho aggiunto nell'appendice alcune proposte di diversa interpretazione del testo. Così chi legge ha modo di confrontare dette proposte con la traduzione del Bonghi e decidersi secondo la sua competenza e il suo gusto .

Il Bonghi sia alla traduzione dei Dialoghi di Platone sia a quella della Metafisica vi si dedicò giovanissimo, poco più che ventenne. Per quanto concerne la Metafisica, il lavoro, con quasi certezza lo iniziò negli ultimi mesi del 1850, cioè poco tempo dopo che conobbe il Rosmini a Torino (maggio 1850) e del quale fu subito dopo ospite a Stresa. Com'è noto il Bonghi si legò di devota e sincera amicizia col Rosmini, e col Rosmini, ad Alessandro Manzoni. Negli anni in cui traduceva Aristotile e continuava la traduzione di Platone è impegnato anche a difendere Rosmini dagli attacchi di laici e di ecclesiastici dalle pagine del Risorgimento - dove firmava col pseudonimo di Tediato - e del Florilegio cattolico di Casale, dove contrassegnava gli articoli con la sigla B . Lasciata Stresa si recò a Parigi e a Londra e in questi soggiorni continuò la traduzione di Aristotele, (come risulta dal diario I fatti miei e i miei pensieri . A metà dell'anno 1855 la traduzione era al punto in cui si è fermata, come risulta dai passi riportati dal diario e da quest'altro in data 16 giugno 1855: «Ho ripigliato Aristotele che il Dümme (prete irlandese che era venuto a veder Rosmini) aveva fatto interrompere, ed ho ricominciato il Willm e il Pallavicino». Non troppo tempo dopo, a Torino cominciava ad interessarsi già della pubblicazione dei primi sei libri.

Nello stesso tempo, per interessamento del Rosmini, tentava di conseguire a Torino la cattedra di filosofia, ma non possedendo titolo universitario, domandò l'aggregazione per titoli. Nel 1855 l'Austria gli offrì la cattedra di filosofia nell'Università di Pavia, ma rifiutò per consiglio di Cavour. Accettò, invece, la nomina alla stessa cattedra nel 1859 fattagli dal Ministro Casati, cattedra poi trasferita a Milano. La vita politica però l'obbligò a lasciare l'insegnamento fin dal 1861, ma tornò a insegnare letteratura greca «senza stipendio» a Torino nel 1864 per nomina del Ministro Amari.

Da queste brevi notizie, che ho voluto riportare come prova, e dalle pubblicazioni filosofiche di cui ho creduto opportuno ed utile dare un elenco, appare chiaro come le traduzioni di Platone e di Aristotile non siano per il Bonghi solo un esercizio da filologo o un semplice gusto da letterato, ma come invece s'inquadrino in quell'interesse che egli portò sempre per gli studi filosofici, che lo legarono tanto devotamente al Rosmini filosofo oltre che al Rosmini uomo.

Concludo queste mie poche righe con la certezza che le fatiche aristoteliche del Bonghi meritavano di essere rese tutte note e ancor aggi lette studiate.

Pavia, Novembre, 1941-XX.

Michele Federico Sciacca

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