Conclusione Sulla morale nel positivismo francese.

Non dispiaccia al lettore che, ancora in merito al positivismo francese, come già in merito al positivismo inglese, ci fermiamo un momento per rilevarne, a mo’ di conclusione, il carattere saliente, differenziale. Abbiamo detto, parlando delle dottrine di H. Spencer e S. Mill, che entrambe si imperniano sul concetto di utilità. Abbiamo anche detto come, sotto questo punto di vista, il Mill e lo stesso Spencer possono considerarsi i continuatori di Bentham. Orbene: su quale concetto imperniasi nel positivismo francese la dottrina etica? La risposta è facile: sull’altruismo. Sia che interroghiamo il Comte, sia che ci volgiamo al Littré, i due luminari del positivismo francese, per sapere in che cosa essi ripongano quello che E. Kant chiama l’imperativo categorico, insomma la norma direttiva del bene e del male, una parola sola serve loro di risposta: l’altruismo.

Il Comte e il Littré si attaccano perciò alle tradizioni umanitarie dell’Enciclopedia, riproducono nelle loro dottrine, benchè a più sicuri colori e a tratti più maschi, il vago sentimentalismo umanitario dei filosofi del secolo XVIII, del materialismo giacobino che scrisse la Dichiarazione dei diritti dell’uomo ed esaltò la Dea Ragione. Per un altro aspetto questa dei positivisti francesi si differenzia dalla dottrina degli inglesi. Essa è, voglio dire, animata da un soffio di idealità, da uno spirito di apostolato, il quale manca assolutamente alle pagine di Spencer e di Mill. Lo stile di Comte ha qualche cosa come di profetico che trascina. L’eleganza del Littré seduce... Fredde, aride, al confronto, sono le pagine dei filosofi inglesi.

Senza dubbio tanto il Comte quanto il Littré esagerano nel fondere quasi in una cosa sola la psicologia con la morale. Nè d’altra parte può disconoscersi che la psicologia del Comte risenta un po’ del materialistico, e si direbbe che risponda piuttosto alle esigenze archetipe di un disegno aprioristico che non alle esigenze del metodo positivo. Ma non riguarda il còmpito nostro discuter ciò, fosse pure di sfuggita. Quello che, al disopra di ogni controversia, dobbiamo e possiamo dire, si è come la morale del positivismo francese – l’etica di Comte e Littré – sia incontrastabilmente nobile. Essa fa dell’altruismo la propria norma direttiva, e concepisce come inseparabili il bene e la felicità dell’individuo col bene e con la felicità sociale. Fondata su le ragioni della vita e della storia, non domanda al trascendentale alcun punto d’appoggio. Non ne ha bisogno. La sua epoca si inizia con l’aprirsi di quello che Comte definì il terzo stadio dell’evoluzione mentale umana, il positivo. E la sua missione, il suo còmpito storico, gli è quello di sostituirsi alle varie forme di morale teologica, per affrettare il definitivo trionfo dell’umana fratellanza...

Milano, agosto 1903.

Aroldi.

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