MEDITAZIONE XXVIII. Delle compensazioni.

La catastrofe conjugale, che un gran numero di mariti non può evitare, produce quasi sempre una peripezia.

Allora, intorno a voi, tutto si calma. La vostra rassegnazione, se voi vi rassegnate, ha il potere di risvegliare potenti rimorsi nell’animo di vostra moglie e del suo amante; poichè la loro stessa felicità li informa di tutta l’estensione della ferita che vi causano. Voi siete il terzo, senza che voi ne dubitiate, in tutti i loro piaceri. Il principio di beneficenza e di bontà che giace nel fondo del cuore umano, non è così facilmente soffocato, come si crede; così le due anime che vi tormentano sono precisamente quelle che vi amano maggiormente. In quelli trattenimenti così soavi di famigliarità, che servono di legame ai piaceri e che sono, in certo qual modo, le carezze dei nostri pensieri, spesso vostra moglie dice al vostro Sosia: — Ebbene, t’assicuro, Augusto, che adesso vorrei sapere mio marito felicissimo, perchè infine, è buono: se non fosse mio marito, e non fosse che mio fratello, ci sono molte cose che farei per piacergli! egli mi ama, e la sua amicizia mi disturba.

— Sì, è un buon uomo!..

Voi diventate allora un oggetto rispettabile per questo celibe che vorrebbe darvi tutte le ricompense possibili per il torto che vi ha fatto; ma egli s’arresta per quella fierezza disdegnosa, la cui espressione si mescola in tutti i vostri discorsi e si impronta in tutti i vostri gesti.

Infatti, nei primi momenti in cui arriva il Minotauro, un uomo rassomiglia ad un attore imbrogliato, sulle scene dove non ha l’abitudine di mostrarsi. È difficilissimo di saper sostenere la propria stoltezza con dignità; ma ciò nullameno i caratteri generali non sono ancora tanto rari, che non se ne possa trovar uno per marito modello.

Allora, insensibilmente voi siete vinto dalla grazia del procedere con cui vi aggrava vostra moglie. La signora acquista con voi una specie d’amicizia che non l’abbandonerà mai più.

La dolcezza del vostro interno è una delle prime compensazioni che rendono ad un marito il Minotauro meno odioso.

Ma siccome è nella natura dell’uomo d’abituarsi alle più aspre condizioni, malgrado questo sentimento di nobiltà che nulla saprebbe alterare, voi siete trascinato da un fascino, la cui potenza vi avvolge senza posa a non ricusarvi alle piccole dolcezze della vostra posizione.

Supponiamo che la disgrazia conjugale sia caduta sopra un ghiottone! Egli chiede naturalmente delle consolazioni al suo gusto. Il suo piacere, rifugiato in altre qualità scusabili della sua esistenza, prende altre abitudini. Voi vi adattate ad altre sensazioni.

Un giorno, ritornando dal ministero, dopo essere rimasto lungamente davanti alla ricca e saporita biblioteca di Chevet, tenzonando fra una somma di cento lire da sborsare e le piacevoli promesse di un pasticcio di fegato grasso di Strasburgo, voi siete stupiti di trovare il pasticcio insolentemente posato sulla credenza della vostra sala da pranzo. È in virtù d’una specie di miraggio gastronomico?... Con questo dubbio vi dirigete a lui (un pasticcio è una creatura animata) con passo franco. E vi par di nitrire subodorando i tartufi, il cui profumo attraversa le sapienti vetrine dorate; voi vi chinate a due riprese differenti; tutte le parti nervose del vostro palato, hanno un’anima; voi assaporate i piaceri d’una vera festa; e nella vostra estasi, sentendovi perseguitato da un rimorso, voi giungete da vostra moglie.

— In verità, mia cara amica, noi non abbiamo rendite tali da permetterci di comperare dei pasticci...

— Ma questo non costa nulla!

— Oh! oh!

— Sì, è il fratello del signor Achille che ce lo ha mandato...

Voi scorgete il signor Achille in un cantuccio. Il celibe vi saluta; egli sembra contento di vedervi accettare il pasticcio. Voi guardate vostra moglie che arrossisce; vi passate la mano sulla barba, accarezzandovi a più riprese il mento: e siccome voi non ringraziate, i due amanti indovinano che voi aggradite la compensazione.

Il ministero ha cambiato tutto ad un tratto. Un marito, consigliere di Stato, trema d’essere cassato dai quadri, quando il giorno innanzi sperava in una direzione generale; tutti i ministri gli sono ostili, e allora diventa costituzionale.

Prevedendo la sua disgrazia, è andato ad Auteuil a cercare conforto presso un vecchio amico, che gli ha parlato di Orazio e di Tibullo. Rientrando in casa scorge la tavola allestita per ricevere le persone più influenti della congregazione.

— In verità, signora contessa, dice di cattivo umore entrando nella camera dove essa sta compiendo la sua toletta, non riconosco in voi quest’oggi la vostra delicatezza consueta! Sapete cogliere bene il tempo per dare dei pranzi... Venti persone sapranno...

— E stanno per sapere che voi siete direttore generale! esclama essa mostrando un rescritto reale.

Egli rimane stupito. Piglia la lettera, la gira, la rigira e la dissuggella. Si siede e la spiega.

— Lo sapevo bene, dice, che sotto tutti i ministeri possibili mi si renderebbe giustizia.

— Sì, mio caro! Ma il signor di Villeplaine ha risposto di voi, corpo per corpo, a sua eminenza il cardinale di... di cui egli è il...

— Il signor di Villeplaine?... C’è una compensazione così opulenta, che il marito soggiunge con un sorriso da direttore generale:

— Per bacco! mia cara; ma è affar vostro!...

— Ah! non serbatemene alcuna riconoscenza! Adolfo l’ha fatto spontaneamente e per affezione a voi!...

Certa sera, un povero marito, ritenuto a casa da una pioggia dirotta, o che annojato di tutto non si è recato a passare la sera al giuoco, al caffe, nella società, si vede costretto dopo pranzo a seguire sua moglie nella camera conjugale. Si sprofonda in un seggiolone e aspetta sultanescamente il suo caffè. Pare che egli dica: — Dopo tutto, è mia moglie! La sirena offre essa stessa la bevanda favorita, e pone una cura speciale a distillarla, la inzucchera, l’assaggia, gliela presenta; e sorridendo, ardisce, odalisca sottomessa, uno scherzo, allo scopo di rasserenare la fronte del suo padrone e signore. Fino a quel momento, egli aveva creduto che sua moglie fosse una bestia; ma ascoltando un motto così arguto quanto quello con cui la provocherete, egli alza il capo in quella maniera particolare ai cani che scoprono la traccia di una lepre.

Dove diavolo l’ha preso? ma è una combinazione! Dice fra sè. Dall’alto della sua grandezza, replica allora un’osservazione piccante. La signora gli risponde per le rime, la conversazione diventa tanto animata quanto interessante, e quel marito, uomo assai superiore, è grandemente stupito di trovare lo spirito di sua moglie ornata di conoscenze le più svariate: le frasi gentili gli giungono con una meravigliosa facilità, il suo tatto, la sua delicatezza gli fanno cogliere trovate d’una novità graziosa.

Non è più la stessa donna. Essa osserva l’effetto che produce sopra suo marito; e tanto per vendicarsi dei suoi disprezzi, quanto per far ammirare l’amante, a cui deve, per così dire, i tesori del suo spirito, essa si anima, essa affascina.

Il marito, più in caso d’un altro d’apprezzare una compensazione, che deve aver qualche influenza sul suo avvenire, è condotto a riflettere che le passioni delle donne sono forse una specie di coltura necessaria.

Ma come riuscirci per rivelare quelle compensazioni che lusingano ancor più i mariti?

Fra il momento in cui appajono gli ultimi sintomi e l’epoca della pace conjugale, di cui non tarderemo ad occuparci, scorrono all’incirca una diecina d’anni.

Ora, durante questo spazio di tempo e prima che i due sposi firmino il trattato che, per una riconciliazione sincera fra il popolo femminino e il suo signore legittimo, consacra la loro piccola restaurazione matrimoniale, prima infine di chiudere, secondo l’espressione di Luigi XVIII, l’abisso delle rivoluzioni, è raro che una donna onesta non abbia avuto che un amante. L’anarchia ha delle fasi inevitabili. La dominazione focosa dei tribuni è sostituita da quella della spada o della penna, perchè non s’incontrano spesso amanti, la cui costanza sia decennale.

In seguito, i nostri calcoli provando che una moglie onesta non ha che assai strettamente dispensato le sue contribuzioni fisiologiche o diaboliche, non facendo che tre felici, è probabile che essa avrà messo il piede in più d’una regione amorosa. Qualche volta durante un troppo lungo interregno dell’amore, può avvenire che, sia per capriccio, sia per tentazione, sia per l’attrazione della novità, una moglie intraprenda di sedurre suo marito.

Figuratevi la graziosa signora di T... l’eroina della nostra Meditazione sulla strategia, la quale incomincia a dire con un’aria scaltra: Ma io non vi ho mai veduto così amabile! – Di lusinga, in lusinga, essa tenta, aguzza la curiosità, essa scherza, essa feconda in voi il più leggiero desiderio, essa se ne impadronisce e vi fa orgoglioso di voi stesso. Allora giunge per un marito la notte delle ricompense. Una moglie confonde allora l’immaginazione di suo marito. Simile a quei viaggiatori cosmopoliti, essa racconta le meraviglie dei paesi che ha percorso. Essa intromette ne’ suoi discorsi parole appartenenti a più linguaggi. Le immagini appassionate dell’Oriente, il movimento originale delle frasi spagnuole, tutto si urta, tutto si affolla. Essa sfoggia i tesori del suo album con tutti i misteri della civetteria, essa è incantevole; voi non l’avete mai conosciuta! Con quell’arte particolare che hanno le mogli di appropriarsi tutto quello che loro s’insegna, essa ha saputo combinare i colori per recarsi una maniera che non appartiene che a lei.

Voi non avete ricevuto che una moglie goffa e ingenua dalle mani dell’Imeneo, il Celibato generoso ve ne rende una diecina. Un marito allegro e beato, vede allora il suo letto invaso da una schiera giocosa di quelle cortigiane folleggianti, di cui abbiamo parlato nella Meditazione sui primi sintomi. Queste idee vengono ad aggrapparsi, ridere e scherzare sotto le eleganti mussoline del letto nuziale. La Fenicia vi getta le sue corone e si dondola mollemente, la Calcidica vi sorprende col prestigio de’ suoi piedi bianchi e delicati, l’Unelmana giunge e vi scuopre, parlando il dialetto della Jonia, dei tesori di felicità sconosciute nello studio profondo che essa vi fa fare d’una sola sensazione.

Desolato d’aver rifiutato tanti vezzi, e spesso stanco d’aver incontrato tanta perfidia presso le sacerdotesse di Venere, quanto presso le donne oneste, un marito affretta qualche volta, colla sua galanteria, il momento della riconciliazione, verso la quale tendono sempre le oneste persone.

Questo avanzo di felicità viene raccolto con maggior piacere forse che la messe primitiva. Il Minotauro vi ha preso dell’oro, ma vi restituisce dei diamanti.

Difatti è forse qui il punto di narrare un fatto della più grande importanza. Si può avere una moglie senza possederla. Come la maggior parte dei mariti, voi non avevate, forse, ancor ricevuto nulla dalla vostra, e per rendere la vostra unione perfetta, abbisognava forse l’intervento potente del Celibato. Come chiamare questo miracolo, il solo che si operi sopra un paziente nella sua assenza? Ahimè! fratelli miei, noi non abbiam fatto la natura!

Ma con quante altre compensazioni non meno ricche, l’animo nobile e generoso di un giovine celibe, non sa dessa qualche volta redimere il suo perdono! Mi ricordo d’essere stato testimonio ad una delle più belle riparazioni che possa offrire un amante al marito che minotaurizza.

In una calda sera d’estate del 1817, vidi entrare in un salone di Tortoni, uno di quei duecento giovani che noi chiamiamo con tanta confidenza nostri amici. – Egli era in tutto lo splendore della sua modestia. Una adorabile figura, vestita con un gusto perfetto, e che aveva acconsentito ad entrare in uno di quei freschi spogliatoi consacrati alla moda, era discesa da un’elegante carrozza che si fermò sul boulevard, occupando aristocraticamente lo spazio dei pedoni. Il mio giovane celibe apparve dando il braccio alla sua sovrana, mentre il marito li seguiva tenendo per mano due ragazzini graziosi come amorini. I due amanti più svelti che il padre di famiglia, erano giunti prima di lui nel gabinetto indicato dalla vetrata. Attraversando la sala d’entrata, il marito urtò non so qual zerbinotto che si offese d’essere urtato. Da questo nacque una questione che in un momento diventò seria per l’asprezza delle repliche rispettive. Nel punto che il damerino stava per permettersi un atto indegno di un uomo che si rispetti, il celibe era intervenuto, aveva arrestato il braccio del bellimbusto, l’aveva sorpreso, confuso, atterrato. Egli era stupendo. Egli compì l’atto che meditava l’aggressore, dicendogli: Signore?... Questo – signore?... è uno dei pù bei discorsi che io abbia mai sentito. Sembrava che il giovine celibe, s’esprimesse così:

— Questo padre di famiglia mi appartiene, poichè mi sono impadronito del suo onore; perciò tocca a me difenderlo. Conosco il mio dovere, sono il suo sostituto, e mi batterò per lui. La giovane moglie era sublime. Pallida, smarrita, aveva preso il braccio di suo marito che parlava ancora; e senza parlare lo trascinò nella carrozza, insieme ai suoi bimbi.

Era una di quelle donne del gran mondo, che sanno sempre regolare la violenza dei loro sentimenti colle belle maniere. — Ah! signor Adolfo! esclamò la giovane signora vedendo il suo amico che saliva di buon umore nella carrozza. — Non è nulla, signora, è uno de’ miei amici; e ci siamo abbracciati... Nullameno l’indomani mattina il coraggioso celibe ricevette un colpo di spada che mise la sua vita in pericolo e l’obbligò sei mesi a letto. Fu oggetto delle cure più commoventi da parte dei due sposi. Quante compensazioni!... Qualche anno dopo questo avvenimento, un vecchio zio del marito, le cui opinioni non s’accordavano con quelle del giovane amico di casa, e che conservava un piccolo germe di rancore contro di lui, a proposito d’una discussione politica, si pose in testa di farlo cacciare dalla casa. Il vegliardo giunse fino a dire a suo nipote che abbisognava scegliere fra la sua eredità e il congedo di quell’impertinente celibe. Allora il rispettabile negoziante, poichè era un agente di cambio, disse a suo zio: — Ah! non sarete voi, mio zio, che mi ridurrete a mancare di riconoscenza! Ma se glielo dicessi, quel giovinotto si farebbe uccidere per voi! Egli ha salvato il mio credito, andrebbe nel fuoco per me; mi libera di mia moglie, mi attira dei clienti; m’ha procurato quasi tutti i contratti del prestito Villéle... gli devo la vita, è il padre de’ miei figli... questo non si dimentica mai...

Tutte queste compensazioni possono passare per complete; ma sventuratamente vi sono compensazioni di tutti i generi. Ne esistono di negative, di fallaci, e infine ce ne sono di fallaci e negative al tempo stesso.

Conosco un vecchio marito, invaso dal demone del giuoco. Quasi tutte le sere l’amante di sua moglie viene e giuoca con lui. Il celibe gli dispensa con liberalità i godimenti che danno le incertezze e i rischi del giuoco; e sa perdere regolarmente un centinajo di lire per mese: ma la signora gliele restituisce... La compensazione è fallace.

Voi siete pari di Francia e non avete mai che delle figlie. Vostra moglie partorisce un maschio!... La compensazione è negativa.

Il ragazzo che salva il vostro nome dall’oblio rassomiglia alla madre... La signora duchessa vi convince che il ragazzo è vostro. La vostra compensazione negativa diventa fallace.

Ecco una delle più meravigliose compensazioni conosciute.

Un mattino, il principe di Ligne, incontra l’amante di sua moglie, e gli corre incontro, ridendo come un matto:

— Mio caro, gli dice, questa notte ti ho fatto becco!

Se tanti mariti giungono piano piano alla pace conjugale, e portano con tanta grazia le insegne immaginarie della potenza patrimoniale, la loro filosofia è senza dubbio sostenuta dal confortabilismo di certe compensazioni che gli oziosi non sanno indovinare, Qualche anno passa e i due sposi arrivano all’ultima situazione dell’esistenza artificiale alla quale si sono condannati unendosi.

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