Burocrazia ecclesiastica – Le 22 congregazioni romane – Il loro funzionamento – Clero regolare – La codificazione del diritto canonico – Il cattolicismo nell’aristocrazia, nella borghesia, nel popolo – Il cattolicismo nelle diocesi.

Carissime,

Nella prima mia lettera ti ho rapidamente descritto l'ambiente ecclesiastico in cui si muove la persona del pontefice. Oggi desidero di descriverti, sempre sommariamente, gli organi burocratici attraverso i quali il clero romano governa il mondo cattolico.

Ogni governo, è naturale, esplica la sua azione molteplice mediante la costituzione e l'ufficio di vari dicasteri preposti ciascuno ad un ramo speciale dell'attività dello Stato.

Anche la Chiesa ha i suoi che si chiamano le Sacre Congregazioni Romane. La loro istituzione rimonta a Sisto V, il quale, considerato che per i moltiplicati doveri ed affari della Santa Sede, derivati sopratutto dall'accentramento progressivo del papato, il Pontefice non poteva più direttamente sbrigare tutti gli affari, le vertenze, ecc., che si sottoponevano al giudizio della Sede Apostolica, istituì, con la Bolla Immensa aeterni Dei (26 marzo 1588) quindici Congregazioni con a capo di ciascuna un cardinale, che ne fosse responsabile, sempre, s'intende, sotto l'immediata dipendenza del Papa.

Le quindici Congregazioni create affinchè "qui ex omnibus nationibus ad hanc Matrem, Magistram, perfugiumque fidelium Apostolicam Sedem devotionis, salutisque studio, iuris persequendi, gratiae impetrandae, aliarumque multarum rerum causa frequentissimi confugiunt, ii quidem et tuto et commode (quantum in provinciis nostris praestare possumus) Romani perveniant....", erano le seguenti: 1° Il Santo Ufficio; 2° la Segnatura della Grazia; 3° la Congregazione per l'erezione delle chiese e per i provvedimenti concistoriali; 4° la Congregazione dell'Annona; 5° la Congregazione dei Riti; 6° la Congregazione per la flotta; 7° la Congregazione dell'Indice; 8° la Congregazione per l'interpretazione e l'esecuzione del Concilio Tridentino; 9° la Congregazione degli sgravi; 10° la Congregazione dell'Università Romana; 11° la Congregazione dei regolari; 12° la Congregazione dei Vescovi ed altri prelati; 13° la Congregazione delle vie, dei ponti e delle acque; 14° la Congregazione della tipografia vaticana; 15° la Congregazione per gli affari della Stato ecclesiastico.

Attualmente molte di queste Congregazioni non esistono più o perchè cessata la loro funzione, o perchè fuse con altre Congregazioni, ma il numero totale non è per questo diminuito, anzi si è accresciuto di due Congregazioni.

Attualmente le Sacre Congregazioni Romane sono le seguenti:

Santo Uffizio, contro gli errori in materia di fede o di costumi;

Indice, per esaminare i libri che escono in tutto il mondo onde veder se meritino censura in materia di fede o di costumi;

Vescovi e Regolari per l'esame di tutti gli affari che riguardino i vescovi e i Regolari;

Concilio, per l'esecuzione dei decreti del Tridentino;

Riti, per vegliare sulla liturgia e stabilire quanto si riferisce al culto divino;

Propaganda, per chiamare alla fede di G. C. tutti coloro che si trovano fuori della Chiesa cattolica e mantenere la nazioni così convertite in relazione con Roma;

Studi, per coltivare, dirigere e difendere dagli errori il popolo cristiano di tutto il mondo;

Concistoriale, per preparare tutto ciò che deve trattarsi nel Concistoro che è la riunione dei cardinali sotto la presidenza del Papa;

Fabbrica di San Pietro, per curare la fabbrica e per la manutenzione della basilica vaticana;

10° Affari ecclesiastici straordinari, per quegli affari che il Papa non volesse trattati dalle Congregazioni cui spetterebbero e per le relazioni politiche con gli Stati esteri;

11° Indulgenze e reliquie, per riconoscere o respingere le reliquie dei santi e le indulgenze a queste annesse;

12° Residenza dei vescovi, per esaminare e giudicare le domande di allontanamento dei vescovi dalla rispettiva diocesi;

13° Immunità per proteggere e difendere la giurisdizione e l'immunità ecclesiastica personale, locale e reale;

14° Cerimoniale, per stabilire le cerimonie sacre e civili da osservarsi nella reggia papale;

15° Visita apostolica per l'adempimento dell'obbligo della visita nella diocesi di Roma;

16° di Stato per le relazioni politiche della Chiesa con gli Stati civili;

17° Loreto per amministrare la Santa Casa la quale è esente dalla giurisdizione del vescovo di Recanati, perchè è una fonte troppo grande di potenza e di lucro, per lasciarla in balia di un semplice vescovo.

Non pretendo con questo elenco di averti dato notizia completa di tutte la Congregazioni passate e presenti, ma solo di averti fatto conoscere i principali organi con i quali la Chiesa comunica con i fedeli. Non resta per far l'elenco completo che nominare:

la Cancelleria apostolica per la spedizione degli atti pontifici suggellati col piombo;

la Segreteria dei Brevi per scrivere e spedire le lettere pontificie;

la Penitenzieria apostolica per l'assoluzione dalle censure e dai peccati riservati alla Santa Sede;

la Dataria apostolica per conferire i benefici vacanti, pensioni, coadiutorie, ecc.;

la Ruota, che è il tribunale consultivo supremo del Pontefice.

A tutte queste Congregazioni o Uffici è preposto come ti dicevo un cardinale come Prefetto, assistito da un numero più o meno grande di altri cardinali, dai consultori del clero regolare e secolare, dai segretari, impiegati, ecc., secondo una gerarchia più o meno variopinta.

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Si direbbe che organismi così antichi e provati dall'esperienza di secoli debbano funzionare mirabilmente. In realtà avviene tutto il contrario e, senza dubbio, se un funzionario dello Stato avesse ad entrare per un'ora soltanto in una Congregazione, ne uscirebbe ridendo o imprecando a seconda del suo umore o del suo temperamento.

Perchè tutto li dentro è invecchiato ed è primitivo nei metodi, nei mezzi materiali, nei criteri direttivi, tutto è fatto alla buona, in famiglia, com'era precisamente il governo di tutto lo Stato pontificio prima del 1870: non v'è alcun controllo serio nè alcuna tutela delle responsabilità per gli impiegati più alti e più autorevoli.

Ne segue che il più sfacciato favoritismo impera sovrano nell'ambito di ogni Congregazione.

Un altro dei difetti più gravi delle Congregazioni è la promiscuità delle materie trattate sicchè non si sa mai a quale Congregazione precisamente uno debba rivolgersi per ottenere quel che desidera. Questo dovrai averlo immaginato tu stesso dal mio elenco dei nomi e del fine di ogni Congregazione, ma un esempio pratico ed evidente lo hai nella Congregazione del Concilio creata per curare l'esecuzione dei decreti del Tridentino.

E di che cosa non si è occupato quel nefasto Concilio che segna la morte definitiva della libertà cristiana ed irreggimenta la vita ecclesiastica conforme ai nuovi rigorismi, suscitati come reazione alla ribellione protestante e alimentati dai primi corifei della Compagnia di Gesù? Quale materia dogmatica, canonica, disciplinare non è stata discussa dai padri a Trento? Tu comprendi quindi benissimo come le attribuzioni di questa Congregazione e di quella dei Vescovi e Regolari, ad esempio, siano molto affini, spesso si urtino e cozzino e come la preferenza per l'una o per l'altra debba ridursi in ultimo a una questione di tariffe.

Veramente quando si pensa all'alta stima in cui fuori di qui son tenute, da chi non le conosce, le Congregazioni romane e i loro verdetti, quando si pensa che al fervore pio con cui si attendono le decisioni di Roma, non corrisponde qui che il calcolo e l’intrigo, si vorrebbe per un minuto aver la forza del mitico Sansone per far crollare d'un colpo questa vecchia organizzazione che continua a spegnere ed imprigionare gli aneliti delle coscienze in fondo ad una casuistica farisaica, che non è neppure disinteressata.

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Ma oltre le Congregazioni burocratiche, Roma raccoglie più numerose che ogni altra città italiana, le Congregazioni religiose. Esse sono nelle mani del potere ecclesiastico un altro docile e prezioso strumento di governo.

Una delle caratteristiche appunto più antipatiche di Roma, che la fanno sembrare la Costantinopoli bizantina o peggio la capitale del buddismo lamaitico, è precisamente quella di accogliere nelle sue mura troppo ospitali un numero strabocchevole di Regolari che menano vita incolore, insignificante dal punto di vista religioso e spirituale.

Nè devi credere che la rivoluzione italiana proclamando nel 1870 Roma capitale dell'Italia finalmente una dalle Alpi al mare, abbia diminuito in Roma il numero dei religiosi, tutt'altro. Attualmente il numero dei religiosi, in Roma è stragrande, nonostante la legge su la soppressione delle Corporazioni religiose, nè accenna a scemare, anzi si accresce sempre più, grazie alla finzione giuridica per cui s'intesta a terze persone che se la trasmettono in morte per testamento, la proprietà delle Congregazioni religiose, e alla timida coscienza dei nostri reggitori e dei nostri magistrati che lasciano impunemente formarsi questa nuova manomorta la quale non può che rendere infruttuosa buona parte della ricchezza e dell'industria nazionale.

Da quando, poi, fu applicata in Francia la legge contro le corporazioni religiose, è stato un continuo e numeroso riversarsi in Italia in genere e in Roma in ispecie di questi religiosi che comprando o costruendo case o villini in città o nei castelli, sembrano dire ironicamente ai due Governi francese e italiano: hic manebimus optime.

Il numero dunque dei religiosi è grande: non ti parlo poi della varietà delle istituzioni e degli scopi. Ordini contemplanti e ordini mendicanti, ordini di studio e ordini di azione, ordini di preghiera e ordini di industria, ordini d'istruzione giovanile e ordini ospitalieri, ordini di ministero apostolico e ordini di rigida clausura: ce n'è insomma per tutti i gusti.

E dentro i conventi di questi ordini si vive in tutte le maniere, secondo il pio capriccio del fondatore, secondo tutti gli orari, e, sempre in nome dello stesso pio capriccio, si concepisce la vita e l'azione individuale a seconda dello spirito dell'ordine o meglio dell'energia e delle mentalità del superiore.

Il ceto sociale in cui si reclutano gli adepti del chiostro è quasi sempre quello infimo: tanto è vero che Clemente VIII in una Institutio super receptione et edu catione novitiorum religiosorum, metteva già in guardia i superiori dei monasteri contro quei giovani, i cui parentes siano ope et subsidio eorum indigentes.

Una volta entrati, bene o male, l'ordine fa il resto e la tonaca serve a coprire molte deficienze individuali sotto il suo colore uniforme. Il così detto spirito di corpo, è vivissimo in ciascuno degli ordini religiosi per il quale i propri adepti sono quasi il non plus ultra della scienza e della santità.

Tu capirai subito come un tale stato di cose sia immensamente nocivo alla Chiesa, considerata nel suo spirito e nella sua gerarchia.

Gli ordini religiosi rappresentano uno Stato nello Stato e si possono considerar come tumori malefici che crescono sul corpo della Chiesa e ne succhiano la linfa vitale anche a scapito della sua stessa vitalità e del suo prestigio.

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La storia del diritto canonico non è se non la storia dell'infiltrazione e della prepotenza eccessiva dell'elemento regolare su quello secolare, e le leggi pesanti, la ristrettezza di spirito, l'aggravamento di tutta la vita cristiana non sono che il dono poco gradito fatto al clero e a tutta la cristianità da questi parassiti dell'intelligenza e della ricchezza che coprono con l'unione le proprie deficienze individuali ed opprimono con il numero le libere energie della coscienza cristiana.

Ed invero da principio i monaci non erano che pii laici riuniti a vita comune per maggior facilità di raggiungere la perfezione: a grado a grado fu loro permesso di entrare negli ordini sacri, ossia di far parte della gerarchia, rimanendo però sempre soggetti ai propri vescovi, che sono i veri capi gerarchici della Chiesa cattolica. In appresso fecero ancora un passo: si sottrassero all'obbedienza del vescovo e vollero dipendere esclusivamente dal loro superiore il quale a sua volta non dipendeva che dal Papa. In tal guisa mentre toglievano ai legittimi pastori la loro naturale autorità, ponevano le basi dell'accentramento di potere che Roma ha a grado a grado operato, dandole una coscienza troppo forte della sua autorità e dell'estensione del suo dominio; coscienza tuttavia pagata a caro prezzo perchè Roma non si è accorta di esser divenuta la schiava di coloro che le fornivano un così ottimo sgabello di dominazione nel mondo.

Roma è ormai in mano delle Congregazioni religiose, e quello che sta avvenendo attualmente in Italia, e un po' dapertutto, n'è prova evidente.

Non v'è commissione ecclesiastica dove i religiosi non entrino in parte preponderante; parecchie sedi vescovili son già occupate da essi e trasmesse come un feudo da un religioso all'altro.

Perfino la recente commissione per la codificazione del Diritto canonico, cioè del diritto puramente e semplicemente ecclesiastico, è composta in maggior parte di frati, i quali, naturalmente, non cesseranno di far prevalere la loro opinione ed i loro interessi.

Sicchè vedrai – non c'è bisogno di esser profeta nè figlio di profeta per affermare questo – che quando la famosa ed inutile codificazione a cui Pio X vorrebbe legare il suo nome, sarà compiuta, essa sarà un trionfo dello spirito e della disciplina regolari, a spese dello spirito e della santa libertà del clero.

Tutta questa folla di preti burocratici e di frati inoperosi non aiuta in alcun modo la vera vita religiosa. Il cattolicismo romano è una casta e un partito, più che una associazione di anime pervase dal sentimento puro della religiosità. Per mostrarti ciò sempre meglio non mi resta che tracciarti in poche linee il quadro della vita cattolica quale si svolge nell'ambiente aristocratico, borghese e popolare di Roma, della città santa, la cui fede dicono i preti dietro l'apostolo San Paolo è predicata e nota nell'universo mondo!

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La nobiltà romana è cattolica per tradizione. La grandezza di tutte le famiglie dell'aristocrazia nera si è formata in seno alla Chiesa e nei secoli in cui la Chiesa era potente in mezzo alla società; esse quindi bene o male sono legate per parecchi titoli alla Chiesa e rinnegherebbero il loro passato se rinnegassero la fede della Chiesa. Ora qual nobile vorrebbe rinnegare il proprio passato? non vivono essi in nome e in forza del passato?

Molte di queste famiglie vantano tra i propri antenati un pontefice e tutte parecchi cardinali: molte hanno per carica ereditaria ufficii nella corte papale; la sopraintendenza delle poste, il grado di maresciallo del conclave, di assistente al soglio, ecc. uffici e titoli che non fanno se non sempre più efficacemente vincolarli a una religione così munifica in onori e distinzioni in questa vita e.... nell'altra.

Ma al di là di questo attaccamento esteriore nessun limite intimo di pietà: nessuno slancio di sentimento. La religione è per molti di essi uno sport di famiglia che non conviene abbandonare perchè troppo connaturato con le abitudini della casa, ma nulla più.

La Chiesa tratta in guanti gialli questa nobile schiera di figliuoli: tutti gli anni il Papa la riceve per gli auguri di rito e fa ad essa il solito discorsetto dove tratta delle relazioni intime e dei benefici mutui tra la Chiesa e l'aristocrazia.

La borghesia è cattolica, quella che è cattolica, per interesse.

A causa di tanti secoli di esistenza e della complicata rete delle sue funzioni, si è costituita attorno alla Chiesa una larga clientela di famiglie che direttamente o indirettamente vivono alle sue spalle e forniscono i numerosi adepti alle varie mansioni ecclesiastiche: impiegati alti o bassi, clero, milizia, agenti delle congregazioni ecclesiastiche, ecc.

E poi, indirettamente la borghesia nera riceve dalla Chiesa altri vantaggi meno visibili ma non meno reali.

Mediante le relazioni, che, auspice e pronubo il prete, si stabiliscono tra famiglia e famiglia, riesce facile procurarsi delle aderenze che giovano o per la prosperità della propria azienda o per l'incremento della propria influenza.

Naturalmente è inutile cercare tra questa borghesia grandezza o nobiltà di concezioni religiose un senso grande e rispettoso della religione e dei doveri che impone allo spirito, della santità e purezza di intenzione che suppone: la religione è per costoro la tessera benefica del viaggiatore a prezzo ridotto; essa permette e facilita la visione e il godimento di situazioni altrimenti impossibili a godere, e per di più assicura la perennità di tale godimento.

Si può cercar un motivo più efficace e più pratico per esser religiosi?

Il popolino è cattolico per ignoranza.

Non v'e in Roma categoria di persone più trascurata dal clero nella sua fede che il popolo. Il prete che innanzi ai nobili piega ad arco la sua schiena, che accanto ai borghesi sorride, briga e intriga, non si cura di penetrare tra le masse popolari o se lo fa, lo fa con un certo senso di degnazione assumendo un altro tono di voce e di convinzione, parlando un linguaggio astratto e pieno di formole che il popolo non capisce e cercando di mantenerlo in una riverenza piena di timore e in una rassegnazione priva di speranze terrene.

E il popolino non si ribella perchè per lui la religione è una necessità ideale: essa rappresenta l'equilibrio ristabilito sull'ingiustissima bilancia della terra per alcuni carica di gioie, per i molti piena di amarezze. Essa rappresenta il conforto in tante improvvise distrette della vita quotidiana, la visione pacifica in cui riposar l'occhio disgustato dalle miserie della esistenza.

Ma è una religione piena di superstizione. Nessun concetto tu vi ritroveresti intorno ai rapporti spirituali che si debbono stabilire tra Creatore e creature, nessuna idea di uno sfogo superiore dell'anima fatto per solo desiderio di amore e compiuto nell'intima solitudine dello spirito. No, per il popolino la religione è un insieme di formole più o meno lunghe, più o meno varie, mediante le quali si può ottenere ciò che si vuole. Le idee più grossolane regolano la infantile teodicea del popolo nè alcun concetto esatto si ha circa la differenza di culto da prestare a Dio o ai santi. Tutti sono ugualmente buoni ed onnipotenti e tutti bisogna pregare, uno per uno, nelle chiese dove sugli altari o dalle edicole ben adorne si mostrano allo sguardo dei fedeli e chiedono la loro venerazione.

Com'è devoto il nostro popolo! mormora il parroco a tale spettacolo di neo-paganesimo. Naturalmente il clero non fa nulla per sollevare le rozze menti popolari da un tale stato di abiezione: anzi moltiplica i luoghi e le maniere del culto affinchè nella varietà il popolo trovi un motivo di più per addomesticar sempre meglio il suo spirito.

Del resto egli presenta al popolo la religione come strumento di repressione delle libere energie, giacchè in nome della fede predica la rassegnazione alle miserie della vita, in vista di un compenso ultramondano. Accuse vecchie, banali, dirai tu. Ma purtroppo sempre vere e sempre giustificate dalla pratica quotidiana.

Tuttavia da tutto quel che ti ho scritto riguardo al popolo comincia a non esser più vero per buona parte della nuova generazione. Per questa la predicazione addomesticatrice ha fatto il suo tempo e i nuovi uomini coscienti del loro diritto misconosciuto domandano alla terra e ai padroni della terra il riconoscimento dei loro equi diritti. Nel popolo la religione è timore: cessato il timore essa crolla dalla base ed è per questo che oggi buona parte del popolo di Roma è perduto per sempre dalla Chiesa. Il prete ha creduto poter fare a meno dell'assistenza assidua, disinteressata ai figli del popolo e i figli del popolo gli hanno dimostrato che sanno ormai fare da loro e che non avranno mai più bisogno di ricorrere alla sua parola ingiusta e ingannatrice.

Triste adunque, come vedi, questo ambiente romano: in alto, superbo riconoscimento di una tradizione religiosa che si accetta perchè ereditaria e gloriosa; nel mezzo l'interesse più sfacciato e spesso più losco; in basso ignoranza, o irreligione fredda e positiva.... dov'è – dimmi – quella inviolabile fede dei romani annunciata e predicata all'universo mondo?

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Questa singolare condizione di cose che fa di Roma una città religiosamente così caratteristica, si riproduce, salvo lievi modificazioni, in molte diocesi italiane. Il clero ha saputo stringere a sè con i rapporti di una sapiente collaborazione, gran parte di alcuni ceti sociali laici. Sicchè, quando esso ha mosso le sue forze ignorate nel campo della politica nazionale, ha mostrato di poter, pur senza apparire, determinare nuovi atteggiamenti di governo, e imprimere ad esso un carattere di mal dissimulato clericalismo. Tutto ciò potrebbe fare l'impressione di una forza reazionaria, difficilmente superabile. In realtà, ti ho detto, è un'illusione. Se tu ti appressi a questa vasta burocrazia ecclesiastica che si regge sui vecchi interessi di casta, e sembra prolungare l'agonia dell'immensa potenza cattolica medioevale, tu vedi che ha in se stessa le cause del suo deperimento. Innanzi tutto essa non alimenta in coloro che la servono aspirazioni nobili e gagliarde. L'interesse tiene avvinta al cattolicismo ufficiale una schiera di persone, che lo servono senza entusiasmo e senza convinzioni. Tutta la parte della cittadinanza – ed è la più numerosa – che lavora e pensa, è estranea ad esso: e refrattaria ad ogni suo tentativo di proselitismo. Il cattolicismo ufficiale è condannato a conservare, finchè può, le sue vecchie posizioni, inetto a guadagnarne di nuove. E le giovani generazioni crescono all'infuori della sua efficacia.

In secondo luogo, e questo è più grave, nel seno del cattolicismo si sono sviluppate e stanno attualmente operando energie implacabili di erosione invano trattenute dalle pseudo-riforme con cui il decrepito organismo cattolico cerca di adattarsi ai nuovi bisogni del tempo. Di quelle energie e di questi fatui tentativi ti parlerò nelle future lettere.

3 febbraio 1907

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