PREFAZIONE

Questa raccolta di lettere – le quali non erano destinate inizialmente alla pubblicità – non equivale a un pauroso grido di allarme, nè ad una esagerata esplosione di ditirambico entusiasmo. Se alcuni la giudicheranno nell'uno o nell'altro modo, ciò potrà dipendere dalle condizioni soggettive di spirito in cui essi la leggeranno, non già da una intenzione esplicita dello scrivente.

Modernista convinto, fiducioso nella forza delle tendenze spiritualistiche, osservatore appassionato della profonda crisi che affligge l'organismo cattolico nei paesi latini, conoscitore, di persona, di coloro che si sono accinti a sanarla, e l'hanno invece resa più acuta, egli ha voluto fare semplicemente una specie di bilancio, registrare con qualche cura lo stato attuale della Chiesa in Italia, narrare oggettivamente le lotte intense e gl'indirizzi contradittori che sconvolgono in questo momento questa nostra secolare tradizione ecclesiastica, che pure qui era riuscita nel secolo XVI ad immunizzarsi dalla epidemia luterana. Storia dunque dell'ultimo decennio di vita cattolica e cronaca delle polemiche attuali? Qualcosa più e qualcosa meno. Perchè saranno accoppiate a narrazioni di episodi, diligenti esposizioni di idee, e si risalirà, quando si offrirà il destro, alle cause remote del disagio ora rapidamente inaspritosi.

Anche uno scopo positivo ha avuto l’autore delle lettere. Egli vorrebbe interessare cioè il gran pubblico italiano alla evoluzione che va investendo il cattolicismo. Si dice da molte parti che il laicato non ha alcun alloro da mietere in questo singolare duello fra i tradizionalisti e i riformisti in seno alla Chiesa, che la borghesia, erede della rivoluzione italica, dalle origini schiettamente anticlericali, non ha bisogno di prender parte attiva alle beghe che contristano il dominio serenamente inconsapevole di Pio X. Tutto ciò è falso: il laicato colto non può assolutamente credere che tale conflitto non assuma l’importanza di un grave fatto nazionale e che le sue ripercussioni siano per essere nulle o del tutto insignificanti.

L'autore non vuol parlare, s'intende, a quei laici, cattolici per interesse o per routine, che quando odono parlare di preti dalle idee libere e dalle vedute originali, si scandalizzano e si chiudono farisaicamente le orecchie. Il loro valore spirituale è pressochè nullo e non val la pena di illuminarli. Egli si rivolge piuttosto a quei laici, di qualsiasi scuola filosofica, che, pur disposti a farsi paladini di ogni movimento di libertà e di rivendicazione del pensiero, trascurano o sprezzano di conoscere il movimento riformista cattolico, con questo strano dilemma: il riformismo cattolico è destinato a naufragare o per la sua poca entità o per la sua natura, straniera a tutte le idealità del mondo moderno. Ebbene, questi laici che così ragionano se non sono ignoranti sono poco seri. Che il movimento riformista non abbia entità, può dirlo chi si fa illudere dalle apparenze: chi vedendo che le disposizioni reazionarie del Vaticano non provocano alcun atto di ribellione, ma suscitano una debole eco, pronta a estinguersi nell'indifferenza glaciale in cui piomba l'ambiente ecclesiastico appena colpito, crede che al di là di quella disciplina esteriore che accomuna la massa dei credenti in un atteggiamento di soggezione, ci sia un branco di eunuchi, non una schiera di anime vibranti, sensibili, che accumulano in un silenzio angoscioso strati di risentimento, come depositi di materie infiammabili. L'autore ha parlato con tutti gli antesignani del riformismo cattolico italiano: ha conosciuto una quantità di preti che con essi hanno vincoli di profonda solidarietà. Ebbene: ha potuto vedere di che «lacrime gronda» questo saldo loro proposito di non abbandonare le fila della Chiesa, perchè, solo restando in essa, credono di operare il rinnovamento della tradizione religiosa. E non ha capito come si possa deriderli. Ad ogni modo è certo che il riformismo va guadagnando ogni giorno proseliti, come una brezza vivificatrice che fa piegare, spirando improvvisa su un prato, i fiori di aprile, in un movimento uniforme, pieno di misteriose fecondità. Narrandone i presenti successi si offre, forse, senza volerlo, il materiale a un futuro storico della trasformazione della teocrazia papale nel mondo degli spiriti, e del rinnovamento profondo che il cattolicismo va subendo attraverso le nostre battaglie. Poichè, e così si può rispondere a chi crede effimeri i risultati stabili del riformismo – supposto in lotta con le tendenze del mondo moderno – un fatto così ampio, com'è il movimento attuale così vario, così complesso, non può svolgersi invano. Innanzi tutto esso ha delle cause profonde che, mentre ne legittimano l'esistenza, ne garantiscono l'esito fortunato e ne riannodano i principii a tutto l'ambiente contemporaneo. Il movimento, di cui le lettere qui raccolte narrano le ultime peripezie rientra in tutto quel complesso di sintomi consolanti, che testimoniano l'intimo rinnovamento della vita italiana. L'Italia una, la più giovane delle grandi nazioni europee, ha, in pochi anni, compiuto sforzi ammirabili per conquistare una posizione elevata nella finanza, nella forza, nella intellettualità internazionale. Frutto di questo progresso è, anch'esso, il riformismo cattolico. Esso ha accompagnato il risorgere morale della nazione, e varrà a farci occupare anche moralmente una degna posizione allato alla Francia, in cui l'audace iniziativa, suffragata dalla tradizione viva della rivoluzione, ha laicizzata la Chiesa, allato ai paesi del Nord che da lungo tempo han vinto e debellato l'autorità sospettosa di Roma. Forse il movimento riformatore è destinato a trovare, proprio qui tra noi, dove tanto serena è la forza nativa dell'ingegno, una di quelle anime energiche, impastate di sogni e di tenacia, che nei momenti solenni si sprigionano dalle idealità collettive e imprimono agli avvenimenti un radicale rivolgimento. Rivolgimento rispondente del resto, alla sete di giustizia e di libertà che ci perseguita tutti.

Le lettere contenute in questo libro furono concepite e scritte agli inizi dell'anno scorso. L'autore si trovava in una fredda, ma serena mattina del gennaio, con una delle più severe ed insigni personalità del riformismo cattolico francese, a passeggiare per i viali di Villa Corsini, a Roma. Il sole diffondeva una luce fantasticamente abbagliante su la città distesa ai piedi del Gianicolo. L'atmosfera tremula sembrava avvolgere con una tenerezza consapevole questa culla magnifica della civiltà mondiale, a cui la permanenza di una nobile coscienza storica chiama da tutto il mondo le anime avide di memorie e di evocazioni, oggi, che i pellegrinaggi strettamente religiosi son finiti e le città ieratiche scompaiono sotto il turbine della nuova civiltà industriale. Alla sinistra, il colosso Vaticano vigilava, solennemente. Si parlava del neo-cattolicismo. L'amico ascoltava dall'autore la esposizione delle sue idee. A un tratto egli mormorò: «Eppure, finchè non sarà guadagnato al movimento riformista il clero italiano; finchè questo movimento non avrà gettato anche qui, in questa città madre del mondo, le sue invisibili radici, il neocattolicismo avrà lavorato invano… Il papato del medio evo avrà sempre la sua guardia pretoriana. L'autore promise di mostrare in una serie di lettere che anche fra il clero italiano le radici del riformismo erano gettate da un pezzo. Le lettere furono scritte rapidamente: e raggiunsero il loro scopo. I recenti avvenimenti rendono opportuna la loro pubblicazione come di una rassegna del cattolicesimo italico in quest'ora decisiva di transizione.

O amico lontano, che attendi forse in quest'ora nella tua verde solitudine, a interpretare una vecchia parola del Cristo, queste lettere ti hanno mostrato che il clero italiano palpita di nuovi palpiti e coltiva nel segreto dell'anima, un magnifico sogno di redenzione. Tu scrivesti anni or sono in uno splendido articolo, con un'immagine a cui la forza del tuo sentimento diede forse sembianza di secentismo, che l'autorità papale è ormai una spada di cui l'elsa è a Roma e la lama per tutto.

Ebbene, amico: non solo quella lama arrugginisce per l'opera corrosiva di una folla di microrganismi, ma anche la mano che impugna quell'elsa va smarrendo rapidamente ogni energia... La guardia pretoriana tentenna!

1° febbraio 1908.

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