La nuova esperienza religiosa di fronte alle fondamentali esperienze cattoliche. – Rapporto della dogmatica e della disciplina con l'iniziale esperienza cristiana. – Sostituzione di nuovi valori agli antichi.

Carissime,

La seconda tua difficoltà è, se non sbaglio, più semplice e credo di poterle rispondere in maniera molto più rapida.

Tu dici che la nostra maniera di concepire il modernismo è forse troppo radicale. Presupponendo che lo spirito religioso si trovi oggi nella alternativa di tornare ad una di quelle calde esperienze collettivistiche che caratterizzano il sorgere delle grandi religioni storiche o di affievolirsi sotto il peso delle tradizioni pietistiche che hanno invaso la Chiesa, si ammette una conclusione di fatto che non tollera dubbi. Tu in questo convieni. La tua difficoltà, d'indole più tosto pratica, solleva il dubbio che favorendo una simile reviviscenza di religiosità collettivistica, si corra rischio di sacrificare nobilissime esigenze di moltissime anime, per le quali le formule del dogma e i simboli del rito costituiscono il veicolo indispensabile di tesori di esperienza cristiana e di purificazione religiosa. Auspicando il ritorno alla pura esperienza messianica il modernismo non minaccia di attentare alle forme superstiti della religiosità attuale in vista di un lontano rifiorimento religioso?

Ti confesso innanzi tutto di essere anch'io preoccupatissimo di una simile possibilità. Ogni anima umana che trovi in una qualsiasi espressione religiosa il sollievo e la pace è degna del più alto rispetto, e sacrilego è chi si attenta di strapparle quell'unico mezzo di nobilitazione interiore. Ma in fatti di questo genere è difficilissimo valutare con qualche probabilità di esattezza quale sia il guadagno e quale la perdita, quando si tratta di raggruppamenti numerosi di anime, in cui il danno dell'una può essere ad esuberanza compensato dal vantaggio di molte altre.

Oggi non è più il caso mi sembra di rispettare le esigenze della pietà popolare: mentre assistiamo all'esodo che le classi colte compiono in massa dalla Chiesa, anzi da ogni religiosità. Già troppo a lungo il rispetto dei timidi e dei pusilli ha deprezzato il cattolicismo di fronte a coloro di cui la scienza ha affinato le esigenze. Dobbiamo pensare che per ogni riguardo avuto alla fede cieca si perdono energie preziose, si sacrificano altri spiriti nobilissimi, si rende sempre più arduo il rinnovamento completo della religiosità cristiana.

Ma queste sono considerazioni pratiche, in cui entra un po' di calcolo delle probabilità: e quindi hanno un ben modesto valore. Mi sembra che ci sia un'altra risposta da dare alla tua difficoltà: una risposta decisiva.

*
* *

La nuova esperienza religiosa che è inculcata dal modernismo, non è contraria alle esperienze religiose alimentate dalla dommatica e dalla disciplina tradizionale: è solamente superiore ad esse, nella sua complessa semplicità. Quindi subentrando agli antichi valori spirituali, rappresentati dalle formole del pensiero teologico e dai riti, una tale esperienza non porta un danno dello spirito, bensì un suo arricchimento. La funzione vera della religione è di nutrire lo spirito umano con i sentimenti della speranza e dell’amore fraterno. Se in certi momenti storici una tale funzione è adempiuta col sussidio di complicate nozioni teologiche e consuetudini liturgiche, ciò non toglie che in altri momenti, quando un'esperienza fresca e forte di religiosità si propaga rapidamente in una riunione di spiriti, sia possibile elevare il tenore della loro vita con esperienze più semplici e meno vincolate alle forme del pensiero riflesso. Tutto ciò è psicologicamente intuitivo.

È anche storicamente dimostrabile. Infatti come la dommatica e la disciplina cattolica rappresentano uno svolgimento posteriore nell'ordine teorico e nell'ordine pratico della primitiva esperienza cristiana, la quale le conteneva solo potenzialmente, così una reviviscenza di questa pura esperienza può rendere superflue quelle formole e quei riti, la cui unica funzione è quella di servire di base e di alimento a una speciale religiosità. Il cristianesimo primitivo sorto fra i primi seguaci di Gesù all'annuncio della buona novella, ha fatto a meno di ogni speculazione riflessa, perchè le potenti esperienze psicologiche non han bisogno per vivere del sostegno offerto dal pensiero astratto. Quando la forte religiosità cristiana, guadagnando in diffusione, ha perduto in intensità, allora, e solo allora, la formulazione dommatica è intervenuta per garantire la sopravvivenza del sentimento cristiano. La dogmatica, nel suo complesso, rappresenta appunto lo sforzo di tradurre in termini cosmologici e teologici gli elementi razionali capaci di guidare e alimentare l'esperienza religiosa dell'anima collettiva.

*
* *

Il dogma trinitario, quello cristologico e quello ecclesiastico, – il triplice fondamento del pensiero cattolico – costituiscono l'espressione intellettualistica di alcuni postulati religiosi racchiusi in germe nella prima esperienza cristiana. La fede nell'unità di Dio, oltre al rappresentare nel cristianesimo la migliore eredità trasmessa dall'ebraismo, costituisce anche la giustificazione riflessa, col dogma della creazione che le è intimamente connesso, dell'uguaglianza umana nei diritti fondamentali della personalità ragionevole. D'altra parte la divinità del Cristo fu la traduzione spontanea, sul terreno teologico, dei valori etici che la sua opera e la sua predicazione rappresentavano per ogni fedele battezzato. Infine lo Spirito doveva necessariamente apparire come un'ipostasi, perchè le sue manifestazioni, così assidue e così meravigliose in seno alle primitive comunità esaltate nella speranza messianica, non apparissero come illusioni o risultati di interventi diabolici. La conciliazione dei due termini antitetici, l'uno e il molteplice, nel dogma trinitario fu l'opera grandiosa della ragione, obbediente alle esigenze profonde dello spirito religioso. In quanto al dogma ecclesiastico, con le sue varie manifestazioni cresciute attraverso i secoli, esso rappresenta lo sforzo compiuto per armonizzare il carattere collettivo, inerente ad ogni esperienza religiosa in genere e all'esperienza cristiana primitiva in particolare, con le esigenze dell'individualismo religioso, subentrato alla speranza impersonale del regno. Giunti ad un punto in cui questo equilibrio è sopraffatto da uno dei termini, l'autorità; in cui l'esperienza cristiana palpita nuovamente in noi con la forza esuberante di una vera attesa messianica; è chiaro che i sostegni della vecchia mentalità cattolica ci si rivelino per lo meno superflui, se non ingombranti.

*
* *

Ma è chiaro anche che questa nuova esperienza religiosa, prendendo il luogo e sovrapponendosi all'antica, non lascia perire nulla di buono e di nobile, bensì tutto quel che di buono e di nobile era in essa contenuto, lo eleva, lo trasforma, lo esalta.Con termine scolastico si direbbe che la nuova esperienza contiene eminentemente tutte l'esperienze che l'hanno preceduta. Poichè il progresso cristiano è nel senso dell'interiorità, noi sentiamo il divino affluire in tutte le manifestazioni della vita. Non esitiamo però a riconoscere l'unità di questo principio informatore, più vicino a noi di quel che noi non siamo vicini a noi stessi, la sua forza cosciente, sebbene ci rifiutiamo di applicargli, nel senso tradizionale, la nozione astratta e antropomorfica della personalità. Noi sentiamo che l'opera del Cristo ha rappresentato il fastigio delle manifestazioni divine nel mondo, e che il sacrificio della sua vita, così pregno d'insegnamento per tutta l'umanità, ha il valore etico e psicologico di un immenso, luminoso riscatto. Infine l'efficacia incessante del suo Vangelo nel mondo ci autorizza a guardare verso di Lui, come al faro che illumina il pellegrinaggio degli uomini sulla terra: senza per questo tentare di costringere le manifestazioni del divino nell'uomo con le formole vuote della ipostasi, della natura, della persona.

Ecco come la nostra esperienza, riproducendo psicologicamente i tratti fondamentali della genuina esperienza cristiana, ci autorizza a farla procedere verso forme dissimili da quelle in cui essa si è fino ad oggi alimentata.

In nome delle profonde realtà cristiane, che noi sperimentiamo nella nostra esistenza interiore, noi vogliamo che la religiosità riviva nelle sue forme accese di grande speranza umana.

Io non so se tu mi giudicherai un buon avvocato della mia causa. Ho fatto quello che ho potuto, avendo piena percezione dei difetti inevitabili in questi primi tentativi di formulazione riflessa della nostra psiche religiosa. Spero che tu comprenderai meglio e più di quel che le mie fredde parole significano: stati d'animo complessi come il nostro son ribelli all'espressione esatta e alla definizione perspicua.

Vale.

7 aprile, 1907

***

Share on Twitter Share on Facebook