Frattanto, la Guardia Nazionale di Parigi, tutta sotto le armi, ha spazzato il Palazzo, e di più occupa i posti esterni più prossimi, ricacciando il miscellaneo Patriottismo, per la più parte nella Grande Corte oppure nell'Atrio.
Le Guardie del Corpo, potete osservarlo, hanno ora sinceramente «inalberata la coccarda nazionale», poichè si fanno innanzi alle finestre e ai balconi tenendo alto il cappello su cui è una grande coccarda tricolore, e agitando le loro bandoliere in segno di resa, gridando Vive la Nation. Alle quali, come potevano i cuori generosi rispondere altrimenti che con: Vive le Roi, vivent les Gardes-du-Corps? Anche Sua Maestà il Re è comparso al balcone con Lafayette, e poi compare di nuovo: Vive le Roi è il saluto che parte da tutte le gole, ma vengono anche udite le parole di qualcuno che grida: «Le Roi à Paris, il Re a Parigi!»
Anche Sua Maestà la Regina, a richiesta, si mostra al balcone, malgrado il pericolo: ella appare col fanciullo e la fanciulla. «Nessun fanciullo, Point d'enfants!» gridano delle voci. Ella gentilmente respinge i suoi figliuoli, e resta sola con le mani serenamente incrociate sul petto: «Se anche dovessi morire», aveva detto, «io lo farei». Questa serenità d'eroismo ha il suo effetto. Lafayette, con la sua prontezza di spirito e la sua spiccata maniera cavalleresca, prende la bella mano della Regina, e, inginocchiandosi rispettosamente, gliela bacia; allora il popolo grida: Vive la Reine. Eppure il povero Weber «vide» (o credette di vedere, poichè difficilmente la terza parte delle constatazioni del povero Weber in quegli isterici giorni potrebbe resistere all'indagine) «uno di quei briganti spianare il suo moschetto in direzione della Regina», chissà se con l'intenzione di tirare, poichè un altro dei briganti, con collera, glielo buttò giù».
Per tal modo, tutti, e la Regina stessa, lo stesso Capitano delle Guardie del Corpo, sono divenuti Nazionali! E il Capitano delle Guardie del Corpo vien fuori con Lafayette. Sul cappello di quell'uomo pentito è un enorme tricolore largo come un piatto da zuppa, o un girasole, visibile dalle più lontane Avancorti. Egli pronunzia il Giuramento Nazionale a voce alta, sollevando il suo cappello; a tal vista tutto l'esercito innalza il keppì sulla punta della baionetta, con evviva. È dolce la riconciliazione pel cuore dell'uomo. Lafayette ha fatto giurare il Fiandra, ed ora fa giurare le altre Guardie del Corpo, giù nella Corte di Marmo, e il popolo se le stringe fra le braccia: – Fratelli, perchè volevate costringerci ad uccidervi? Ecco qual gioia si spande su voi, proprio come al ritorno del figliuol prodigo! – Le povere Guardie del Corpo, ora nazionali e tricolori, scambiano i keppì, scambiano le armi; tutto sarà pace e fraternità. E ancora: «Vive le Roi»; e poi: «Le Roi à Paris»; e non più da una gola, ma da tutte le gole all'unisono, poichè è questa l'aspirazione del cuore di tutti quei mortali.
Sì, il Re a Parigi: che altro? I Ministri possono consultarsi e i Deputati nazionali scuotere la testa; ma non v'è altra via d'uscita. Voi lo avete forzato ad andarvi volontariamente. «All'una!» Lafayette ne dà l'assicurazione e ad alta voce; e tutta l'Insurrezione con un incommensurabile applauso ed una scarica di tutte le armi da fuoco, terse o arrugginite, grandi o piccole, che essa possiede, dà il suo assenso. Quel fragore, che si ripercuote per leghe e leghe: qualcosa di soprannaturale! Poi anche quel suono va a perdersi nel silenzio della Età. E lo Château di Versailles da allora resta vuoto e muto; con le sue Corti spaziose ove cresce l'erba, che vien distrutta soltanto dalla zappa del sarchiatore. I tempi e le Generazioni procedono confusi nella loro Corrente del Golfo; gli edifici come gli edificatori, hanno il loro destino.
Fino all'una, adunque, vi saranno colà tre Partiti, l'Assemblea Nazionale, la Canaglia Nazionale, la Regalità Nazionale, tutti abbastanza affaccendati. La Canaglia si fa lieta e le sue donne si adornano di coccarde tricolori. Di più, la materna Parigi ha mandato ai suoi Vendicatori delle «carrette di pane», che sono ricevute con acclamazioni, e consumate con animo grato. I Vendicatori, in cambio, messisi alla ricerca dei depositi di grano, ne caricano cinquanta carrettoni; di maniera che un Re Nazionale, probabilmente precursore di tutte le benedizioni, possa essere dal canto suo, l'evidente apportatore dell'abbondanza.
Così il Sanculottismo ha fatto prigioniero il suo Re, mancando egli alla sua parola. La Monarchia è caduta, e non onorevolmente, anzi, ignominiosamente; dopo una lotta, spesso ripetuta invero, ma che fu lotta insensata, sciupando la sua forza negli accessi del parossismo e che da ogni nuovo accesso di parossismo uscì sminuita più pietosamente di prima. Per tal modo la scarica della mitraglia di Broglie, che avrebbe potuto servire a qualche cosa s'era invilita nella prodezza d'una ubriacatura al banchetto dell'Opéra e nel O Richard, O mon Roi. E di nuovo la rivedremo invilita in una cospirazione di Favras, una cosa che avrà il suo compimento con l'impiccagione d'un Chevalier.
Povera Monarchia! Ma che altro se non la più vergognosa disfatta può aspettarsi quell'uomo che vuole e disvuole? Evidentemente, o il Re ha un diritto, ch'egli può affermare fino alla morte dinanzi a Dio e agli uomini; oppure non ha alcun diritto. Evidentemente, l'una cosa o l'altra; oh se potesse saperlo! Che il Cielo abbia pietà di lui! Se Luigi fosse stato savio, avrebbe abdicato quel giorno. – È strano; ma pochi Re abdicano, e nessuno, che si sappia, è ricorso al suicidio! Solo Federico Primo di Prussia lo tentò; e gli tagliarono la corda.
Quanto all'Assemblea Nazionale, la quale decreta questa mattina che essa «è inseparabile da Sua Maestà» e che lo seguirà a Parigi, una cosa è da notare: il suo estremo bisogno di curarsi la salute del corpo. Dopo il quattordici di luglio si dovè constatare una certa infermità fra gli onorevoli Membri; poichè furono molti che domandarono il passaporto per motivi di salute. Ma ora, nei giorni che seguono, v'è addirittura un'epidemia: il Presidente Mounier, Lally Tollendal, Clermont Tonnerre, e tutti i Realisti Costituzionali delle due Camere hanno bisogno di cambiar d'aria, come molti di quei realisti che non appartengono a nessuna Camera hanno già fatto.
In verità è la seconda Emigrazione questa che s'è iniziata, e che si estende principalmente fra i Deputati dei Comuni, la Nobiltà e il Clero: al punto che «nella sola Svizzera se ne recano sessantamila». Essi ritorneranno nel giorno del rendiconto! Sì, ed avranno un caloroso benvenuto. Ma questo seguirsi delle Emigrazioni è la particolarità della Francia. Una Emigrazione segue l'altra, fondate su di una ragionevole paura, un'irragionevole speranza, e ancor più, su di un dispetto fanciullesco. Le più alte volate sono andate prima, ora vanno quelle un po' più basse, sempre più discendendo, giù fino ai rettili. Senonchè, non può la nostra Assemblea Nazionale fare la Costituzione tanto più comodamente, ora che i vostri Anglomaniaci delle due Camere sono al sicuro, in luogo lontano, su spiagge straniere? L'Abbé Maury è preso e costretto a tornare: egli, coriaceo come la pelle conciata, insieme all'eloquente Capitano Cazalès e ad altri, resisterà per un altro anno.
Ma qui, frattanto, sorge una domanda: È stato visto Filippo d'Orléans, quest'oggi, «nel Bois de Boulogne, in surtout grigio», ad aspettare sotto le foglie secche bagnate gli avvenimenti del giorno? Ohimè, sì, l'idolo di lui v'è stato, nella mente di Weber e in altre menti simili. Lo Châtelet farà una larga inchiesta al proposito, esaminando centosettanta testimoni, e il Deputato Chabroud pubblicherà il suo rapporto; ma non si scoprirà nulla. Quale fu dunque la causa di quei due incomparabili giorni d'ottobre? Poichè di certo una rappresentazione drammatica di quel genere non s'è mai svolta senza il drammaturgo e il macchiettista. Il pulcinella di legno non viene fuori con tutto il seguito delle sue sventure domestiche, se qualcuno non tira la cordicella della marionetta; perchè non dovrebbe essere così delle moltitudini umane? Non fu dunque d'Orléans, o Laclos, o il Marchese Sillery, o Mirabeau, cioè quelli che pescano nel torbido, operando di ridurre il Re a Metz e raccogliere il bottino? O non fu, al contrario, l'Œil-de-Bœuf, il Colonnello de Guiche delle Guardie del Corpo, il Ministro Saint-Priest e i Realisti intransigenti, nella speranza di ricondurre il Re a Metz e tentare la vittoria con la strage della guerra civile? Il buon Marchese Toulongeon, Storico e Deputato, si vede costretto ad ammettere ambedue i fatti.
Ohimè amici, l'incredulità credula è una strana cosa. Ma quando tutta una Nazione è ossessionata dal Sospetto, e vede un miracolo drammatico fin nell'operazione dei succhi gastrici, che scampo può trovare? Una tale Nazione è già tutto un ammasso di malanni ipocondriaci; par fatta di vetro; è atrabiliare; è decadente; è soggetta alle crisi. Non è il sospetto medesimo proprio la cosa di cui si deve sospettare, facendo come Montaigne che temeva solo di temere?
Frattanto l'ora è suonata. Sua Maestà il Re è nella sua carrozza, con la Regina, con la sorella Elisabetta e i due fanciulli regali. Ci vorrà un'ora buona prima che l'infinita processione sia ordinata e si possa mettere in cammino. Il tempo è annebbiato e piovigginoso; la mente confusa; grande il frastuono.
Non poche processioni in marcia ha visto il nostro mondo: i trionfi e le ovazioni dei Romani, il battere di cimbali dei Cabiri, i Corteggi regali, i funerali irlandesi; ma questa della Monarchia Francese che marcia verso la sua tomba era ancora da vedersi. Lunga delle miglia e larga a perdita d'occhio, poichè tutti i paesi circonvicini s'affollano per vedere; lenta, stagnante, come un lago senza spiaggia, eppure con un fragore pari a quello del Niagara, o a quello della Torre di Babele e a Bedlam, s'avanza guazzando nella mota, scalpitando, ed emettendo grida di evviva, urli, scariche di moschetti: – il più perfetto segmento del Caos visto in queste ultime Età! Finchè, lentamente, come le tenebre divengono più fitte, s'immette in Parigi che l'attende, a traverso una doppia fila di teste, per tutta la via da Passy all'Hôtel-de-Ville.
Riflettete un po': all'avanguardia le truppe nazionali coi treni dell'artiglieria; uomini e donne armati di picche montati sui cannoni, sui carri, su carrozze da nolo, a piedi; – che tripudiano, coperti da capo a piedi di nastri tricolori, con dei panni infilati alla punta delle baionette e verdi ramoscelli conficcati nelle canne dei fucili. Poi, parte principale della marcia, cinquanta carri carichi di grano, che sono stati dati a prestito, per amore di pace, dai depositi di Versailles. Dietro a questi ultimi seguono sparpagliate Guardie del Corpo, tutte raumiliate, coi berretti dei granatieri sul capo. Immediatamente dopo vengono le carrozze dei Regali; poi vi sono anche un centinaio di Deputati Nazionali fra cui si trova Mirabeau, di cui non possediamo le osservazioni. E finalmente, alla rinfusa, come retroguardia, i reggimenti Fiandra, Svizzeri, Cento Svizzeri, altre Guardie del Corpo, Briganti e chiunque non s'era potuto mettere innanzi. Sparsi fra tutta quella massa si ritrovano Saint-Antoine e la Coorte Menadica. Le Menadi stanno di preferenza intorno alla carrozza regale, cui si riferiscono le allusioni; con l'altra mano indicano gli altri carri di provvigioni con queste parole: «Coraggio, amici! Ormai non ci mancherà il pane; noi vi portiamo il Fornaio, la Fornaia e il garzone del forno, le Boulanger, la Boulangère et le petit Mitron».
La giornata piovosa sciupa il tricolore, ma la gioia è inestinguibile. Non va tutto pel meglio adesso? «Ah Madame, notre bonne Reine», disse qualcuna di quelle Forti donne pochi giorni dopo, «Ah, Signora, nostra buona Regina, non siate più traditori (ne soyez plus traîtres), e noi tutti vi ameremo!».
Il povero Weber s'avanza tutto inzaccherato, vicinissimo alla carrozza regale, con le lagrime agli occhi: «Le Loro Maestà mi facevano l'onore», o io pensava me lo facessero, «di manifestarmi, a quando a quando, sia con delle alzate di spalle, che con degli sguardi rivolti al cielo, la emozione che provavano». Così, come fragile conchiglia, fluttua il regale battello di salvataggio, senza timone sul nero diluvio della Canaglia.
Mercier, alla sua maniera imprecisa, calcola che la processione e gli spettatori potevano ascendere al numero di duecentomila. Egli dice che era un infinito e inarticolato Haha; un trascendentale riso mondiale, paragonabile ai Saturnali degli Antichi. E perchè no? Qui, come abbiamo detto, è l'umana natura, più che mai umana, rabbrividisca al suo cospetto colui che è di natura da rabbrividire: eppure tutto ciò è umano; ha «inghiottito tutte le formule», ed anche in tale atteggiamento tripudia. Per questa ragione quelli che fanno collezione di vasi e d'antichità, con le figure di baccanti che danzano «in posizioni selvaggie e quasi impossibili», possono mettersi a guardare con qualche interesse.
Frattanto, il Caos dal lento andare, moderni Saturnalia degli Antichi, raggiunge la Barriera, e deve fare alto, arringato dal Maire Bailly. Di là deve procedere pesantemente, fra una doppia siepe di visi, in un frastuono trascendente che arriva fino al cielo, per due lunghe ore verso l'Hôtel-de-Ville. Giunto colà, dev'essere di nuovo arringato da parecchie persone: Moreau de Saint-Méry fra gli altri, Moreau dai tremila ordini, ora Deputato Nazionale di S. Domingo. A tutti costoro il povero Luigi, «che pareva provasse una certa emozione» nell'entrare nel Palazzo civico, può risponder solo che egli «viene con piacere, con fiducia fra il suo popolo». Il Maire Bailly, nel riferire queste parole, dimentica la parola «fiducia», e la povera Regina dice vivamente: «Aggiungete fiducia». «Signori», soggiunge il Maire, «voi siete più fortunati che se io non avessi dimenticato».
Finalmente il Re si mostra su di un balcone, alla luce delle torcie, con un gran tricolore sul cappello, e «tutti del popolo», dice Weber, «si stringono la mano», pensando ormai che la nuova Èra sia certamente nata. A stento potettero i Sovrani alle undici della sera recarsi al loro palazzo delle Tuileries, vuoto e da molto tempo disabitato, per alloggiarvi quasi alla maniera dei commedianti girovaghi. È il martedì sei ottobre 1789.
Povero Luigi, dovrà ancora pigliar parte a due altre processioni a Parigi: una comica e ignominiosa al pari di questa; l'altra nè comica nè ignominiosa, ma seria, anzi sublime.
FINE DEL PRIMO VOLUME