Capitolo II ARRETRATI E ARISTOCRATICI

Invero dal modo come in genere si mostrano le cose, lo stesso Bouillé non ne trae buon auspicio. L'Esercito fin dagli antichi giorni della Bastiglia, e prima ancora, s'è trovato universalmente nella più incerta posizione ed è andato di giorno in giorno peggiorando. La disciplina che è in ogni tempo uno specie di miracolo, che riceve l'impulso dalla fede, crollò allora; non si vede qual prospettiva di ripristinamento abbia ormai. Le Gardes Françaises giocarono l'ultima carta, e tutti sanno come guadagnarono la partita e qual uso fecero della posta. In questo sconvolgimento generale vediamo che i soldati Mercenari rifiutano di combattere. Perfino gli Svizzeri di Château-Vieux, che sono una specie di Svizzeri francesi, di Ginevra e del Cantone di Vaud, si sente che hanno rifiutato. I disertori si eclissavano; lo stesso Royal-Allemand ha l'aspetto sconsolato, quantunque fermo nel suo proposito. In una parola noi vedemmo la Disciplina Militare sotto la misera figura di Besenval, con quel suo campo convulsivo, senza freno, passare due giorni di martirio sul Campo di Marte, e poi velandosi, per così dire con le tenebre della notte, «partirsi lungo la riva sinistra della Senna», per cercare un rifugio in un posto qualsiasi; giacchè questo suolo è divenuto troppo scottante per essa.

Ma qual nuovo sito cercare? Qual rimedio tentare? Dei quartieri che non fossero «infetti»: questo, senza dubbio, con un'oculata e severa disciplina, sarebbe il piano. Ma oimè, in ogni quartiere, in ogni luogo, da Parigi, giù, fino al più remoto casale, è l'infezione, è il contagio sedizioso: un contagio inalato, propagato col contatto e con la parola, che è giunto fino al più oscuro dei soldati! V'è uno scambio di discorsi fra uomini in uniforme e uomini senza uniforme; uomini in uniforme leggono i giornali e vi scrivono anche. Non mancano pubbliche petizioni o rimostranze, emissari privati e associazioni; v'è scontento, gelosia, incertezza e umor tetro e sospettoso. Tutto l'Esercito Francese, fermentando in un fosco ardore, ha una tetraggine sinistra, che non fa presagire niente di buono.

Dobbiamo dunque nella generale dissoluzione e rivolta sociale assistere alla forma più profonda, alla più terribile, quella di una soldatesca che si rivolta? Sterile, desolante a mirarsi è il fatto stesso della rivolta in tutti i suoi aspetti; ma è infinitamente peggio allorchè prende l'aspetto d'un ammutinamento militare! Lo strumento stesso della disciplina e della repressione, che serviva a regolare e a mantenere nell'ordine tutte le cose, è divenuto precisamente il più grande e il più spaventevole strumento di disordine; proprio come il Fuoco, il nostro servo indispensabile e onniprovvidente, allorchè ottiene il predominio e diviene incendio. La disciplina noi la dicemmo una specie di miracolo: infatti non è un fatto miracoloso che un uomo possa muovere centinaia di migliaia d'uomini, ognuno dei quali forse non l'ama singolarmente e non lo teme; eppure deve ubbidirlo, andare avanti e indietro, camminare e fermarsi, dare la morte ed anche riceverla, come se il Fato avesse parlato; e la parola del comando non diviene alla lettera quasi una parola magica?

E tornando alla parola magica: se essa una volta sola è dimenticata, è rotto l'incanto! Le legioni di spiriti, assiduamente obbedienti, si rivoltano ora contro di voi come nemici minacciosi; la vostra arena larga e bene ordinata diviene una tumultuosa Platea, e il disgraziato mago è dilaniato a brani a brani. Le turbe militari sono turbe con i moschetti in mano e che per giunta hanno la morte sospesa sul capo, poichè la morte è la pena della disobbedienza, ed essi hanno disobbedito. Quindi, se tutte le turbe sono, di regola, possedute dalla frenesia, ed operano freneticamente, in uno stato di parossismo folle, scosse da un'onda di calore e da un brivido di freddo, mentre una rabbia feroce s'alterna stranamente con un terrore panico; figurarsi poi quel che avviene d'una turba militare, la quale sente il conflitto fra doveri e pene, è sbalottata fra il rimorso e il furore, e nei suoi accessi febbrili si trova fra le mani un'arma carica! Pel soldato stesso la rivolta è spaventevole e spesso degna di pietà; eppure così pericolosa, che può essere solo odiata, punto compatita. Una classe anomala di mortali questi poveri Ammazzatori Salariati! Con una franchezza che al Moralista in questi tempi sembra sorprendente, essi hanno giurato di divenir macchine; e nondimeno sono rimasti in parte uomini. Nessuna persona autorevole dotata di prudenza rammenti loro quest'ultimo fatto; ma sempre la forza, e l'ingiustizia sopratutto, comprimano questo lato della molla che scatta! I soldati, come spesso diciamo, si rivoltano: ebbene, se così non fosse, molte cose che sono transitorie in questo mondo diverrebbero perpetue.

Al disopra ed oltre le doglianze generali di tutti i figli di Adamo contro la loro sorte quaggiù, quelle della soldatesca francese si riducono a due: prima, che i loro Ufficiali sono Aristocratici; seconda, che truffano loro la Paga. Due doglianze, o piuttosto, potremmo dire, una, capace di dividersi in cento; poichè in questa sola proposizione: gli Ufficiali sono Aristocratici, è tutta una moltitudine di corollarî che balza fuori! È una sconfinata fonte di scontento che scorre inesauribile; è per così dire una materia grezza di querele donde questa querela individuale viene plasmandosi di giorno in giorno. E vi sarà una specie di refrigerio nel vederla, di tanto in tanto, prender corpo. Il peculato della propria Paga! Ecco che la querela ha preso corpo, è resa tangibile, atta ad essere denunciata, capace di uno sfogo, non foss'altro che con parole irate.

Giacchè, sventuratamente, questa grande fonte di doglianze esiste: quasi tutti i nostri Ufficiali, di regola, sono Aristocratici; hanno l'Aristocrazia proprio nel sangue e nelle ossa. Per una legge speciale, nessuno può aspirare a divenire il più meschino luogotenente nell'esercito, prima che abbia fornito le prove d'una nobiltà blasonata di quattro generazioni. Non solo la nobiltà ma quattro generazioni di nobiltà. Quest'ultima è un'innovazione escogitata relativamente di recente da un certo Ministro della Guerra assai vessato da richieste di brevetti. Un'innovazione che riuscì di sollievo al Ministro della Guerra oppresso dalle domande ma che in Francia squarciò ancor più la voragine dei contrasti fra il Popolo e la Nobiltà, anzi fra la nuova nobiltà e l'antica; quasi che non vi fossero abbastanza contrasti e divergenze fra quella nuova e quella antica, e poi fra quella nuova, quella antica e quella antichissima; una collisione generale, ove gli uomini ora veggono e odono, nel turbine singolare, tutte le disuguaglianze assieme che toccano il fondo! Sono andate o stanno andando a fondo; in maniera tumultuaria, senza ritorno; dappertutto, tranne che nelle cose militari; e là si può domandare: Possono sperare di restare sempre a galla? Apparentemente, no.

È vero, in tempo di pace esterna, allorchè non v'è nessuna battaglia, e solo semplici manovre, la questione dell'avanzamento dell'esercito può sembrare teorica anzichè no. Ma in rapporto ai Diritti dell'Uomo è sempre pratica. Il soldato ha giurato fedeltà, non solo al Re, ma alla Legge ed alla Nazione. I nostri comandanti amano la Rivoluzione? domandano tutti i soldati. Sfortunatamente no, essi la odiano ed amano la Controrivoluzione. I giovani adorni di spalline, dal sangue aristocratico, avvelenati dall'orgoglio della loro posizione, beffeggiano apertamente con un'indignazione che si sforza di divenire scherno i nostri Diritti dell'Uomo, come un ragnatelo di nuova specie, prossimo ad essere spazzato via. I vecchi Ufficiali, più cauti, serbano il silenzio a denti stretti; ma si può indovinare quel che passa nel loro interno. E chissà che, sotto la più plausibile parola di comando, non si trovi la Controrivoluzione medesima, non si celi la vendita ai Principi esiliati e all'Imperatore d'Austria? Chissà che gli Aristocratici traditori non mettano la benda sulla scarsa chiaroveggenza di noialtri uomini del popolo? – In tal modo opera questa generale materia greggia di scontento, disastrosa; che in luogo di fedeltà e di rispetto, genera odio e sospetto senza fine e l'impossibilità di comandare e di obbedire. Ed ora, poi, che questa seconda e più tangibile doglianza si concreta universalmente nella mente dell'uomo del popolo: Peculato della sua paga! Peculato della più spregevole specie esiste ed è esistito da tempo; ma, se i nuovi dichiarati Diritti dell'Uomo, ed ogni qualsiasi diritto, non sono dei ragnateli, non esisterà più in avvenire.

Il Sistema Militare Francese ha l'aria di morire di un doloroso suicidio. Ancor più com'è naturale, in questa causa il cittadino si mette contro il cittadino. Il soldato trova numerose adesioni e simpatie senza limiti fra i Patrioti delle classi inferiori; nè mancano, da parte delle classi alte, all'ufficiale. L'ufficiale si veste e si profuma per andare alle tristi soirée, dei non emigrati, in quanto ve ne sono ancora; e manifesta i suoi dolori; e non sono poi questi i dolori della Maestà e della Natura? Manifesta nello stesso tempo la sua allegra sfida, la sua ferma risoluzione. I Cittadini e ancor più le Cittadine veggono il bene e il male; e non solo il Sistema Militare è destinato a suicidarsi, ma tante altre cose con esso. Come s'è detto, è ancora possibile un più profondo sconvolgimento di quanti se ne siano mai visti; il più profondo sconvolgimento dello stato corrusco e solforoso su cui tutto riposa e cresce!

Ma in che modo queste cose possono influire sulla rozza mente del soldato con le sue pedanterie militari, con la sua inesperienza di tutto ciò che non concerne la piazza d'armi; inesperienza pari a quella di un fanciullo congiunta alla fierezza di un uomo e alla veemenza di un Francese? È molto tempo che i segreti conversari alla mensa e al corpo di guardia, gli sguardi arcigni, le mille vessazioni meschine fra comandante e comandato, occupano ovunque le noiose giornate militari. Domandate al capitano Dampmartin, un ufficiale di cavalleria autentico e nello stesso tempo un intellettuale, che ama il Regno della Libertà in una certa maniera: egli ha sentito il dolore nel più profondo del suo cuore, molte volte, nella calda regione del Sud-Ovest e altrove; ha visto le rivolte, le battaglie civili alla luce del giorno e a lume di torcie, e l'anarchia più odiosa della morte. Domandate come insubordinati soldati di cavalleria, ubriachi, incontrarono il capitano Dampmartin e un altro sui bastioni, dove non c'è modo nè di svignarsela nè di farsi da lato, e puntualmente fanno il saluto militare, poichè noi li guardiamo con calma; ma lo fanno con stizza e in una maniera quasi insultante. Come un mattino essi «lasciano tutti i loro farsetti di camoscio» e gli oggetti superflui di cuoio, di cui sono stufi, ammucchiati innanzi alla porta del Capitano, «e di ciò noi ridiamo», come l'asino quando mangia i cardi. Come «legano poi insieme due corde da foraggio», e bestemmiano a voce alta, mostrano evidentemente l'intento d'impiccare il Quartiermastro. Tutto ciò, esaminato tra il rosso e il nero d'una memoria piena di rimpianti, è stato scritto di getto dal Capitano. Gli uomini mormorano vaghe parole di disgusto; gli ufficiali abbandonano la loro carriera disgustati.

Ed ora rivolgiamo qualche domanda a un altro Ufficiale letterato, non ancora capitano, ma semplice sottotenente di ventun anni che ha qualche titolo per parlare; il suo nome è Napoleone Bonaparte. A tale altezza di sottotenente è egli giunto promosso dalla Scuola di Brienne, cinque anni addietro, «essendo stato trovato idoneo in matematica dal Laplace». Egli sta ad Auxonne nella Côte d'Or, in questi mesi; non certo sontuosamente alloggiato, – «nella casa d'un barbiere, alla cui moglie non usò il dovuto rispetto»; oppure al Padiglione, in una camera dalle nudi pareti, arredata solo da un «letto qualunque senza cortina, due sedie e, nel vano d'una finestra, una tavola coperta di libri e di carte. Suo fratello Luigi dorme su un rozzo materasso in una camera attigua». Ciò nonostante egli sta facendo qualche cosa di grande: scrive il suo primo libro o pamphlet, l'eloquente e veemente Lettera a Matteo Buttafuoco, il nostro Deputato Corso, il quale non è un patriota, ma un aristocratico indegno dell'ufficio di Deputato; Joly di Dôle è il suo editore. Il sottotenente letterato corregge le bozze; «parte da Auxonne ogni mattina alle quattro, a piedi, per recarsi a Dôle: dopo aver esaminato le sue bozze, divide con Joly una bistecca molto frugale, e immediatamente si apparecchia a tornare alla sua guarnigione, dove arriva prima di mezzodì, dopo aver percorso circa venti miglia durante il mattino».

Questo Sottotenente può notare che nei salotti, per le vie, per le strade maestre, negli alberghi, dappertutto i cervelli degli uomini sono pronti a infiammarsi; che un patriota, allorchè fa la sua apparizione in un salotto o fra un gruppo di ufficiali, si sente scoraggiato per la grande maggioranza che gli è contraria; ma non appena egli si trova in istrada o fra i soldati, gli pare che tutta la Nazione sia con lui; che dopo il famoso giuramento al Re, alla Nazione, alla Legge, sia avvenuto un grande cambiamento; che prima del giuramento, quando si fosse ordinato di far fuoco contro il popolo, egli per primo lo avrebbe fatto in nome del Re; ma che dopo, nel nome della Nazione, vi si sarebbe rifiutato. Può notare altresì che gli ufficiali patrioti, benchè numerosi nell'artiglieria e nel genio più che negli altri corpi, erano scarsi di numero; senonchè, avendo i soldati dalla loro, comandavano il reggimento e spesso liberavano gli ufficiali aristocratici loro confratelli da pericoli e da imbarazzi. Un giorno, «per esempio, un membro della nostra mensa provocò la folla, ponendosi a cantare alla finestra della nostra sala da pranzo: O Richard, o mio Re; ed io dovetti strapparlo alla sua furia».

Che il Lettore moltiplichi questi fatti diecimila volte, e poi li sparga con lievi variazioni su tutti i campi e su tutte le guarnigioni della Francia. L'esercito francese appare sulla china d'un ammutinamento universale.

Un ammutinamento universale! Queste parole racchiudono quanto basta a dare i brividi al Costituzionalismo patriottico e a un'augusta Assemblea. Qualche cosa è utile che si faccia; ma che bisogna fare niuno sa dirlo. Mirabeau propone che la soldatesca, tutti i duecentottantamila uomini, sia incontanente disciolta, poichè si è giunti a questo passo, e organizzata daccapo. Ciò è impossibile di punto in bianco! dicono tutti. Eppure è addirittura inevitabile, rispondiamo noi, inevitabile in una maniera o in un'altra. Un tale esercito, coi suoi Nobili di quattro generazioni, il suo peculato della paga, e i suoi uomini che legano le corde del foraggio per impiccare il loro Quartiermastro, non può sussistere accanto ad una tale Rivoluzione. La vostra alternativa si riduce o ad una lenta dissoluzione cronica seguita da una nuova organizzazione; o ad una dissoluzione pronta e decisiva; insomma l'agonia prolungata per anni, o concentrata in un'ora. Con un Mirabeau per Ministro o per Governatore, la seconda sarebbe stata scelta; senza un Mirabeau per Governatore, naturalmente sarà adottata la prima.

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