Capitolo IV ATTEGGIAMENTO

Ma che avvenne a Parigi, alle sei del mattino, quando un certo Deputato Patriota, informato da un biglietto, svegliò Lafayette e si recarono alle Tuileries? – L'immaginazione, non la parola, può rappresentarci la sorpresa di Lafayette; o con quale smarrimento l'imponente Gouvion girò i suoi vitrei occhi d'Argo, discernendo che la traditrice cameriera aveva detto il vero!

Pure bisogna ricordare che Parigi, grazie ad un'augusta Assemblea Nazionale, in quella specie di finimondo, sorpassò sè stessa. Mai, secondo gli storici testimoni oculari, si vide «un tale atteggiamento imponente». Tutte le Sezioni «in permanenza»; il nostro Municipio anche, avendo pel primo, alle dieci circa, dato fuoco a tre solenni cannoni dall'arme: sopratutto poi la nostra Assemblea Nazionale! L'Assemblea Nazionale, del pari in permanenza, decide ciò che è necessario; con consenso unanime, poichè ilCôté Droit resta muto, per paura della Lanterna. Decide con una prontezza calma, che rasenta il sublime. Occorre una votazione, poichè la cosa è evidente: Sua Maestà il Re è stato rapito, o menato via, «enlevé», da qualcuno, forse da sconosciuti: in tal caso che cosa prescrive la Costituzione che si faccia? Ritorniamo ai primi principî, come sempre diciamo: «revenons aux principes».

In virtù dei primi o dei secondi principî, molte cose si decidono prontamente; si fanno chiamare i Ministri, istruendoli circa il modo di continuare le loro funzioni; è esaminato Lafayette, è esaminato Gouvion, che dà la più infelice spiegazione, come meglio può. Si trovano delle lettere: una d'una immensa magnitudine, tutta di pugno del Re ed evidentemente di sua composizione, diretta all'Assemblea Nazionale. In essa è il racconto minuto, fatto con ardore, con una semplicità fanciullesca, dei dolori sofferti da Sua Maestà. Dolori grandi e piccoli: si vide un Necker applaudito, una Maestà no; poi l'insurrezione; la mancanza dei mobili necessarî nel palazzo della Tuileries; la mancanza di danaro adeguato per la lista civile; la mancanza in generale di danaro, di mobili e di ordine; l'anarchia dappertutto; il Deficit mai «riparato nella più piccola parte o comblé»: onde, in breve, Sua Maestà s'è ritirata verso un luogo di libertà, e, lasciando in balìa di sè stessi Sanzioni, Federazioni e Giuramenti d'ogni specie, si rimette – a che cosa? pensa un'Augusta Assemblea. A quella «Dichiarazione del ventitrè Giugno», col suo «Seul il fera, egli solo farà felice il suo Popolo» Come se ciò non fosse stato sepolto, sepolto profondamente, sotto due irrevocabili dozzine di mesi, sotto le rovine e le macerie di tutto un Mondo Feudale! L'Assemblea Nazionale delibera che questa strana lettera autografa sia stampata e trasmessa agli Ottantatrè Dipartimenti, con un commento esegetico, breve ma significativo. Saranno mandati Commissarî in tutti i luoghi; si farà appello al Popolo, si aumenterà l'Esercito; si avrà cura che non venga alcun danno alla cosa pubblica. Ed ora con una sublime aria di calma, anzi d'indifferenza, «passiamo all'ordine del giorno!»

Con questa calma sublime, si riesce a calmare il terrore del popolo. Le scintillanti Foreste di picche, irte fatalmente al levarsi del sole, scompaiono di nuovo; gli Oratori di strada dalla voce tonante smettono il declamare o l'attenuano. Siamo sul punto d'avere la guerra civile, e sia. Il Re è andato via, ma resta l'Assemblea Nazionale, resta la Francia, restiamo noi. Il popolo a sua volta assume una maestosa attitudine; esso è calmo, immoto, come un leone giacente, che fa solo udire qualche ringhio, e agita alquanto la coda per mostrare ciò che può volere! Cazalès, per esempio, fu circondato da gruppi di strada, al grido di Lanterna! ma le Pattuglie Nazionali facilmente lo liberarono. Parimente, tutte le effigie e le statue del Re, quelle di stucco almeno, sono soppresse. Anche i nomi del Re; la parola Re è cancellata d'un subito da tutte le insegne di botteghe; a cominciare della Tigre Reale del Bengala sui Boulevards che diviene tigre nazionale, Tigre National .

Come è grande un popolo nel suo calmo riposo! La dimane gli uomini si diranno l'un l'altro: «Noi non abbiamo Re, eppure abbiamo dormito un sonno profondo». La dimane il bollente Achille de Châtelet, e Tommaso Paine, il sarto ribelle, avranno tappezzati i muri di Parigi con una profusione del loro manifesto, annunziante che qui deve farsi una Repubblica . – Dovremo forse aggiungere che anche Lafayette, benchè minacciato in sulle prime dalle Picche, ha assunta una grande attitudine, o invero la più grande di tutte? Esploratori e aiutanti di campo si slanciano vagamente per cercare e inseguire; il giovane Romoeuf va verso Valenciennes, ma con poca speranza.

Così Parigi dà prova d'una calma sublime nella perdita subita. Ma dalle Messageries Royales, in tutti i sacchi postali, s'irradia potente, scagliando lontano i suoi dardi, l'elettrica notizia: il nostro Rappresentante Ereditario è fuggito. Ridete pure, Realisti neri, ma soffocate il vostro riso; perchè il Patriottismo potrebbe accorgersene, e, divenuto furente, abbassare la Lanterna. Solo in Parigi è una sublime Assemblea Nazionale con la sua calma; gli altri luoghi debbono prendere la cosa come meglio possono; a bocca ed occhi spalancati, con un panico di galline spaurite, con escandescenze, con congetture. Qual solco lascia ognuna di queste pesanti diligenze di cuoio, coi suoi sacchi di cuoio e le parole «il Re è fuggito»; come procede innanzi su questa dolce Francia, traverso città e villaggi, turbando il dolce spirito pubblico col fremito di un terrore di morte; poi si muove pesantemente, come se nulla fosse accaduto! Lungo tutte le vie maestre, verso i più remoti confini; fin che tutta la Francia sia agitata, trasformata (metaforicamente parlando) in un enorme Gallo d'India furioso, gorgogliante!

Per esempio, è nelle tenebre della notte che il Mostro di cuoio giunge a Nantes, immersa nel sonno profondo. La parola pronunziata desta tutti i Patrioti; il Generale Dumouriez, avvolto nel mantello, è costretto a discendere dalla sua camera da letto, e trova la strada occupata da quattro o cinque mila cittadini tutti in camicia. Qua e là qualche fioca candeletta da un soldo, accesa in fretta; tanti visi smarriti, scuri, coi berretti da notte riversati indietro, dalle camicie da notte più o meno fluenti, che stanno a bocca aperta in attesa che il Generale dica la sua parola! E su, in alto, come sempre, la Grande Orsa gira placida intorno a Boote assidua indifferente come la diligenza di cuoio. Confortatevi, uomini di Nantes; Boote e l'assidua Orsa girano tuttora; l'antico Atlantico ancora manda la sua acqua marina, i suoi marosi scroscianti sino alla vostra Loira; la birra si riscalderà nello stomaco; questo non è l'Ultimo Giorno, ma il Penultimo. – O folli! Se avessero saputo che cosa accadeva in quei momenti, così, a lume di candela, nel lontano Nord-Est!

Forse, si può dirlo, l'uomo più terrorizzato in Parigi, nella Francia è – chi crede il Lettore? – il verdemare Robespierre. Un doppio pallore, con l'ombra della forca e del capestro, offusca i suoi lineamenti verdemare: è chiaro per lui che debba esservi «una S. Bartolomeo di Patrioti», che tra ventiquattr'ore egli non sarà più in vita. Questi orribili presentimenti dell'anima egli li manifesta a Pétion, che è udito da una notevole testimone, cioè da Madame Roland; colei che vedemmo, l'anno scorso, raggiante alla Federazione di Lione. Da quattro mesi i Roland erano a Parigi per regolare coi Comitati dell'Assemblea gli affari del municipio di Lione immerso nei debiti; e per comunicare nello stesso tempo, com'è ben naturale, coi migliori Patrioti che vi si trovavano, come Brissot, Pétion, Buzot, Robespierre, che venivano da noi, dice la Bella Ospitale, quattro sere alla settimana. Essi si davano attorno, più affacendati che mai quel giorno, e avrebbero senz'altro confortato l'uomo Verdemare; parlavano del manifesto di Achille de Châtelet; d'un giornale chiamato Il Repubblicano; di preparare le menti degli uomini ad una Repubblica. «Una Repubblica?», disse il Verdemare, con una delle sue risate secche, dure e punto liete. «Che è ciò?» O incorruttibile Verdemare, tu vedrai!

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