ANNA dalla destra. Dette.
Agnese. ― Una no, molte, e questo mi dispiace assai.
Anna. ― Che cosa c'è ora?
Agnese. ― C'è che Carlo ha raccomandato di tener pronta la colezione per le dieci e mezzo, e lei arriva in questo momento.
Anna. ― Spicciati dunque. (ad Agnese) Mezz'ora prima, mezz'ora dopo per la colezione non monta... Carlo aspetterà; aspetto io!
Carl. ― La sente che non c'è tanta furia?
Agnese. ― Carlotta! (ad Anna) Vedi, mamma?...
Anna. ― (Ha ragione). (a Carlotta) Ciò non toglie che tu pigli ogni pretesto per star fuori di casa delle ore che non finiscono mai. Che alla domenica tu voglia vedere il damo, poichè ormai il damo ci ha da essere, passi...
Carl. ― Ma io non ho punto dami...
[69] Anna.― E chi era quel soldato che ti accompagnava al mercato ieri?
Carl. ― Ah! quello... è un cugino.
Anna. ― Cugino od altro che sia, non tollero che tu stia fuori di casa più del necessario.
Carl. ― Ma io non ci sto più del necessario... (Anzi!...)
Anna. ― Vuoi tacere una volta? Prima di te la Mea in mezz'ora andava e tornava.
Carl. (avviandosi). ― (Bel merito, aveva settant'anni lei!...)
Agnese. ― Va, va a preparare la colezione.
Carl. ― (Se non mi ricattassi sulla spesa, otto ne farei, otto!) (via dal fondo)
Agnese. ― Anche la Giulietta non torna più con Cesarino...
Anna. ― È inutile far discorsi. Le serve oggi o non sanno far nulla, o bisogna lasciarle fare a loro modo. (siede)
Agnese. ― Vuoi che ti suoni qualche cosa, mamma?
Anna. ― Per carità, lascia stare la musica; stamane ho i nervi in convulsione... Dà piuttosto un'occhiata ai giornali.
Agnese. ― Guardiamo se c'è qualche novità (siede e legge) «Dimostrazioni..... Risse..... Burrasca alla Camera..... Tumulti... Bollettino meteorologico: calma nelle coste».
Anna. ― Meno male che le coste le abbiamo tranquille.
Agnese. ― Non c'è proprio nulla. Gli stessi dispacci di ieri sera. I morti, e dopo i morti subito quelli che prendono moglie. (legge) «Appendice: Ulisse Grant, il presidente degli Stati Uniti e la sua famiglia». (breve pausa) Oh senti che dice Grant di sua moglie. (legge) «Io le debbo gran parte della mia fortuna e tutta la mia felicità, perchè essa mi ha recato in dote, oltre ad un raro buon senso, una di quelle educazioni che rendono la donna quasi indipendente dall'uomo, e fanno sì che la moglie possa fare per la famiglia quanto il marito, senza rinunziare alle prerogative che fanno così cara ed amabile la donna». Da noi una donna siffatta sarebbe quasi impossibile. Da noi nella donna non si pretende nè educazione seria, nè carattere: un po' di bellezza, un po' di dote, un po' di virtù... tanti pochi che non riescono a fare un intiero.
Anna. ― Oh! avessero altrettanto i mariti!
[70] Agnese.― E quel che è peggio non ci offendiamo del poco o nulla che si richiede da noi.
Anna. ― Quand'anche l'avessimo a male, dove sono da noi gli uomini come Grant? Per poco che si valga noi donne, sempre più di loro!
Agnese. ― Perchè non si potrebbe anche noi meritare che un uomo onesto ed attivo, ce ne sono anche da noi, dicesse: mia moglie vale quanto me?
Anna. ― Ma guarda che idee ti frullano in capo stamane! Una moglie quando tiene una buona condotta, ed ha cura della casa e dei bambini, ha fatto il suo dovere. E per tua regola quando un marito porta ai sette cieli le donne che si occupano d'affari, sta pur sicura che lo fa per questo solo scopo: risparmiare il segretario e bandire la modista.