DISCORSO AL SERENISSIMO DON COSIMO II. GRAN DUCA DI TOSCANA,

INTORNO ALLE COSE CHE STANNO

in su l'acqua, ò che in quella si muouono ,

DI GALILEO GALILEI, FILOSOFO

E Matematico Della Medesima Alt. Ser.

Perch'io sò, Principe Serenissimo, che il lasciar vedere in pubblico il presente trattato, d'argomento tanto diuerso da quello, che molti aspettano e che, secondo l'intenzione che ne diedi nel mio Auuiso astronomico, già dourei hauer mandato fuori, potrebbe per auuentura destar concetto, ò che io auessi del tutto messo da banda l'occuparmi intorno alle nuoue osseruazioni celesti, ò che almeno, con troppo lento studio le trattassi; hò giudicato esser bene render ragione sì del differir quello, come dello scriuere e del pubblicare questo trattato.

Quanto al primo, non tanto gli ultimi scoprimenti di Saturno tricorporeo e delle mutazioni di figure in Venere, simili à quelle che si veggono nella Luna, insieme con le conseguenze che da quelle dependono, hanno cagionato tal dilazione, quanto l'inuestigazion de' tempi delle conuersioni di ciaschedun de' quattro Pianeti Medicei intorno a Gioue, la quale mi succedette l'Aprile dell'anno passato [2] 1611. mentre era in Roma; doue finalmente m'accertai, che 'l primo, e più vicino à Gioue, passa del suo cerchio gradi 8. e m. 29. in circa per ora, faccondo la 'ntera conuersione in giorni naturali 1. e ore 18. e quasi mezza. Il secondo fà nell'orbe suo g. 4. m. 13. prossimamente per ora, e l'intera reuoluzione in giorni 3, or. 13. e vn terzo incirca. Il terzo passa in vn'ora gr. 2. m. 6 in circa del suo cerchio, e lo misura tutto in giorni 7. ore 4. prossimamente. Il quarto, e più lontano degli altri, passa in ciasched'vn'ora gr. 0, m. 54 e quasi mezzo del suo cerchio, e lo finisce tutto in giorni 16. or. 18. prossimamente. Mà perchè la somma velocità delle loro restituzioni richiede vna precisione scrupolosissima per li calcoli de' luoghi loro ne' tempi passati, e futuri, e massimamente se i tempi saranno di molti mesi, ò anni, però mi è forza con altre osseruazioni, e più esatte delle passate, e trà di loro più distanti di tempo, corregger le tauole di tali mouimenti, e limitargli sino à breuissimi stanti: per simili precisioni non mi bastano le prime osseruazioni, non solo per li breui interualli di tempi, mà perchè, non auendo io allora ritrouato modo di misurar con istrumento alcuno le distanze di luogo trà essi pianeti, notai tali interstizi con le semplici relazioni al diametro del corpo di Gioue, prese, come diciamo, à occhio, le quali, benchè non ammettano errore d'vn minuto primo, non bastano però, per la determinazione dell'esquisite grandezze delle sfere di esse stelle. Ma ora che hò trouato modo di prender tali misure senza errore anche di pochissimi secondi, continuerò l'osseruazioni sino all'occultazion di Gioue; le quali douranno essere a bastanza per l'intera cognizione de mouimenti, e delle grandezze de gli orbi di essi Pianeti, e di alcune altre conseguenze insieme. Aggiungo à queste cose l'osseruazione d'alcune macchiette oscure, che si scorgono nel corpo Solare: le quali, mutando positura in quello, porgono grand'argomento, ò che 'l Sole si riuolga in sè stesso, ò che forse altre Stelle, nella guisa di Venere, e di Mercurio, se gli volgano intorno, inuisibili in altri tempi per le piccole digressioni, e minori di quella di Mercurio, e solo visibili, quando s'interpongono tra 'l Sole, e l'occhio nostro, ò pur danno segno, che sia vero e questo e quello; la certezza delle quali cose non debbe disprezzarsi, ò trascurarsi.

Annomi finalmente le continuate osseruazioni accertato, tali macchie esser materie contigue alla superficie del corpo solare, e quiui continuamente prodursene molte, e poi dissoluersi, altre in più breui ed altre in più lunghi tempi, ed esser dalla [3] conuersione del Sole in sè stesso, che in vn mese Lunare in circa finisce il suo periodo, portate in giro; accidente per sè grandissimo, e maggiore per le sue conseguenze.

Quanto poi all'altro particulare.

Molte cagiani m'hanno mosso à scriuere il presente trattato, soggetto del quale è la disputa, che a' giorni addietro io ebbi con alcuni letterati della Città, intorno alla quale, come sà V. A. son seguiti molti ragionamenti. La principale è stato il cenno dell'A. V. auendomi lodato lo scriuere, come singolar mezzo, per far conoscere il vero dal falso, le reali dall'apparenti ragioni; assai migliore che 'l disputare in voce, doue ò l'vno, o l'altro, e bene spesso amendue che disputano, riscaldandosi di souerchio, ò di souerchio alzando la voce, ò non si lasciano intendere, ò traportati dall'ostinazione di non si ceder l'vn' l'altro, lontani dal primo proponimento, con la nouità delle varie proposte confondono lor medesimi. E gli vditori insieme. Mi è paruto oltre a ciò conueneuole, che l'A. V. resti informata da me ancora di tutto 'l seguìto circa la contesa di cui ragiono, sì come n'è stata ragguagliata molto prima da altri. E perchè la dottrina che io seguito nel proposito di che si tratta, è diuersa da quella d'Aristotile, e da' suoi principij, hò considerato, che contro l'autorità di quell'huomo grandissimo, la quale appresso di molti mette in sospetto di falso ciò che non esce dalle scuole peripatetiche, si possa molto meglio dir sua ragione con la penna, che con la lingua, e per ciò mi son risoluto scriuerne il presente discorso, nel quale spero ancor di mostrare che, non per capriccio ò per non hauer letto, ò inteso Aristotile, alcuna volta mi parto dall'opinion sua, mà perchè le ragioni melo persuadono, e lo stesso Aristotile mi hà insegnato quietar l'intelletto à quello, che m'è persuaso dalla ragione, e non dalla sola autorità del maestro; ed è verissima la sentenza d'Alcinoo, che 'l filosofare vuol' esser libero. Ne fia per mio credere, senza qualch'vtile dell'vniuersale la resoluzione della quistion nostra, perciochè trattandosi, Se la Figura de' solidi operi, ò nò nell'andare essi, ò non andare à fondo nell'acqua, in occorrenze di fabbricar ponti, o altre macchine sopra l'acqua, che auuengono per lo più in affari di molto rilieuo, può esser di giouamento saperne la verità.

Dico dunque che trouandomi la state passata in conuersazione di letterati fù detto nel ragionamento: Il condensare esser proprietà del freddo, e fù addotto l'esemplo del ghiaccio: allora io dissi, che aurei creduto più tosto il ghiaccio esser' aqqua rarefatta, che condensata, [4] poi che la condensazione partorisce diminuzion di mole, e augumento di grauità, e la rarefazione maggior leggerezza, e augumento di mole: e l'acqua nel ghiacciarsi cresce di mole, e 'l ghiaccio già fatto è più leggier dell'acqua, standoui a galla;

È manifesto quant'io dico, perche, detraendo il mezo dalla total grauità de i solidi, tanto quanto è il peso d'altrettanta mole del medesimo mezo, come Archimede dimostra nel primo libro delle cose che stanno su l'acqua; qualunque volta si accrescerà per distrazion la mole del medesimo solido, più verrà dal mezo detratto della intera sua grauità; e meno quando per compressione verrà condensato, e ridotto sotto minor mole.

Mi fù replicato ciò nascere non dalla maggior leggerezza, mà dalla figura larga, e piana, che, non potendo fender la resistenza dell'acqua, cagiona, che egli non si sommerga. Risposi, qualunque pezzo di ghiaccio, e di qualunque figura, star sopra l'acqua; segno espresso, che l'essere piano e largo quanto si voglia, non hà parte alcuna nel suo galleggiare: e soggiunsi che argomento manifestissimo n'era il vedersi vn pezzo di ghiaccio di figura larghissima, posto in fondo dell'acqua, subito ritornarsene à galla; che s'e' fosse veramente più graue, e 'l suo galleggiare nascesse dalla figura impotente à fender la resistenza del mezzo, ciò del tutto sarebbe impossibile. Conchiusi per tanto, la figura non esser cagione per modo alcuno di stare àgalla, ò in fondo, mà la maggiore, ò minor grauità, in rispetto dell'acqua, e per ciò tutti i corpi più graui di essa, di qualunque figura si fussero, indifferentemente andauano a fondo, e i più leggieri, pur di qualunque figura, stauano indifferentemente à galla: e dubitai che quelli che sentiuano in contrario si fossero indotti à credere in quella guisa, dal vedere, come la diuersità della figura altera grandemente la velocità, e tardità del moto, sì che i corpi di figura larga, e sottile discendono assai più lentamente nell'acqua, che quelli di figura più raccolta, faccendosi questi, e quelli della medesima materia; dal che alcuno potrebbe lasciarsi indurre à credere, che la dilatazione della figura potesse ridursi a tale ampiezza, che non solo ritardasse, mà del tutto impedisse e togliesse, il più muouersi; il che io stimo esser falso. Sopra questa conclusione nel corso di molti giorni furon dette molte, e molte cose, e diuerse esperienze prodotte, delle quali l'A. V. alcune intese, e vide, e in questo discorso aurà tutto quello che è stato prodotto contro alla mia asserzione, e ciò che mi è venuto in mente per questo proposito, e per [5] confermazione della mia conclusione: il che se sarà bastante per rimuouer quella, che io stimo sin'ora falsa opinione, mi parrà d'auere non inutilmente impiegata la fatica, e 'l tempo: e quando ciò non auuenga, pur debbo sperarne vn'altro mio vtile proprio, cioè di venire in cognizion della verità, nel sentir riprouare le mie fallacie e introdurre le vere dimostrazioni da quelli che sentono in contrario.

E per procedere con la maggiore ageuolezza, e chiarezza, che io sappia, parmi esser necessario, auanti ad ogni altra cosa, dichiarare qual sia la vera, intrinseca, e total cagione dell'ascendere alcuni corpi solidi nell'acqua, e in quella galleggiare, ò del discendere al fondo; e tanto più, quanto io non posso interamente quietarmi in quello che da Aristotile viene in questo proposito scritto.

Dico, dunque la cagione per la quale alcuni corpi solidi discendono al fondo nell'acqua, esser l'eccesso della grauità loro, sopra la grauità dell'acqua: e all'incontro l'eccesso della grauità dell'acqua sopra la grauità di quelli esser cagione, che altri non discendano, anzi che dal fondo si eleuino e sormontino alla superficie. Ciò fù sottilmente dimostrato da Archimede, ne' libri delle cose, che stanno sopra l'acqua; ripreso poi dà grauissimo Autore, mà, s'io non erro, à torto, sì come di sotto, per difesa di quello, cercherò di dimostrare.

Io con metodo differente, e con altri mezzi procurerò di concludere lo stesso, riducendo le cagioni di tali effetti a' principij più intrinsechi, e immediati, ne' quali anco si scorgano le cause di qualche accidente ammirando, e quasi incredibile, qual sarebbe, che vna picciolissima quantità d'acqua potesse col suo lieue peso solleuare, e sostenere vn corpo solido cento, e mille volte più graue di lei. E perchè così richiede la progressione dimostratiua, io definirò alcuni termini, e poi esplicherò alcune proposizioni, delle quali, come di cose vere, e note, io possa seruirmi a' miei propositi.

Io, dunque chiamo egualmente graui in ispecie quelle materie, delle quali, eguali moli pesano egualmente: come se per esemplo, due palle, vna di cera, e l'altra d'alcun legno eguali di mole fussero ancora eguali in peso diremmo quel tal legno, e la cera essere in ispecie egualmente graui.

Ma egualmente graui di grauità assoluta chiamerò io due solidi, li quali pesino egualmente, benchè di mole fussero diseguali, come, per esemplo: vna mole di piombo, e vna di legno, che pesino ciascheduna dieci libbre, dirò essere in grauità assoluta eguali, ancorchè la mole del legno sia molto maggior di quella del piombo.

[6] Ed in conseguenza men graue in specie.

Più graue in specie chiamerò vna materia che vn'altra, della quale vna mole eguale à vna mole dell'altra, peserà più: e così dirò il piombo esser più graue in ispecie dello stagno, perchè prese di loro due moli eguali, quella di piombo pesa più. Mà più graue assolutamente chiamerò io quel corpo di questo, se quello peserà più di questo, senza auer rispetto alcuno di mole: e così vn gran legno si dirà pesare assolutamente più d'vna piccola mole di piombo, benchè il piombo in ispecie sia più graue del legno; e lo stesso intendasi del men graue in ispecie, e men graue assolutamente.

Definiti questi termini, io piglio dalla scienza meccanica due principij: il primo è, che pesi assolutamente eguali mossi con eguali velocità, sono di forze, e di momenti eguali nel loro operare.

Momento appresso i meccanici, significa quella virtu, quella forza, quella efficacia, con la quale il motor muoue, e 'l mobile resiste, la qual virtù depende non solo dalla semplice grauità, mà dalla velocità del moto, dalle diuerse inclinazioni degli spazij, sopra i quali si fà il moto, perchè più fà impeto vn graue descendente in vno spazio molto decliue, che in vn meno, & in somma qualunque si sia la cagione di tal virtù, ella tuttauia ritien nome di momento; ne mi pareua, che questo senso douesse giugner nuouo nella nostra fauella, perchè, s'io non erro, mi par che noi assai frequentemente diciamo; Questo è ben negozio graue, mà l'altro è di poco momento: e Noi consideriamo le cose leggiere, e trapassiamo quelle, che son di momento; metafore, stimere' io tolte dalla meccanica.

Come, per esemplo: due pesi d'assoluta grauità eguali posti in bilancia di braccia eguali, restano in equilibrio, nè s'inclina l'vno alzando l'altro; perchè l'egualità delle distanze di ambedue dal centro sopra il quale la bilancia vien sostenuta, e circa il quale ella si muoue, fa che tali pesi, mouendosi essa bilancia, passerebbono nello stesso tempo spazij eguali, cioè si mouerieno con eguali velocità, onde non è ragione alcuna, per la quale questo peso più di quello, ò quello più di questo, si debba abbassare; e per ciò si fa l'equilibrio, e restano i momenti loro di virtù simili ed eguali.

Il secondo principio è, che il momento, e la forza della grauità venga accresciuto dalla velocità del moto; sì che pesi assolutamente eguali, mà congiunti con velocità diseguali, sieno di forza, momento e virtù diseguale, e più potente il più veloce secondo la [7] proporzione della velocità sua alla velocità dell'altro. Di questo abbiamo accomodatissimo esemplo nella libra, ò stadera di braccia diseguali, nelle quali posti pesi assolutamente eguali non premono, e fanno forza egualmente, mà quello che è nella maggior distanza dal centro, circa il quale la libra si muoue, s'abbassa solleuando l'altro, ed è il moto di questo, che ascende lento, e l'altro veloce; e tale è la forza, e virtù che dalla velocità del moto vien conferita al mobile, che la riceue, che ella può esquisitamente compensare altrettanto peso, che all'altro mobile più tardo fosse accresciuto; sì che, se delle braccia della libra vno fosse dieci volte più lungo dell'altro, onde nel muouersi la libra circa il suo centro, l'estremità di quello passasse dieci volte maggiore spazio, che l'estremità di questo, vn peso posto nella maggior distanza potrà sostenerne, ed equilibrarne vn altro dieci volte assolutamente più graue, che non è egli: e ciò perchè, mouendosi la stadera, il minor peso si moueria dieci volte più velocemente che l'altro maggiore. Debbesi però sempre 'ntendere che i mouimenti si faccino secondo le medesime inclinazioni, cioè, che, se l'vno de' mobili si muoue per la perpendicolare all'Orizzonte, che l'altro parimente faccia 'l suo moto per simil perpendicolare: e se 'l moto dell'vno douesse farsi nell'orizzontale, che anche l'altro sia fatto per lo stesso piano; e, in somma, sempre amendue in simili inclinazioni. Tal ragguagliamento trà la grauità, e la velocità si ritroua in tutti gli strumenti meccanici, e fù considerato da Aristotile come principio, nelle sue questioni meccaniche; onde noi ancora possiamo prender per verissimo assunto, che. Pesi assolutamente diseguali, alternatamente si contrappesano, e si rendono di momenti eguali, ogni volta che le loro grauità, con proporzione contraria, rispondono alle velocità de' lor moti, cioè, che quanto l'vno è men graue dell'altro, tanto sia in constituzione di muouersi più velocemente di quello.

Esplicate queste cose, già potremo cominciare ad inuestigare quali sieno que' corpi solidi, che possono totalmente sommergersi nell'acqua, e andare al fondo, & quali per necessità soprannuotano, sì che, spinti per forza sott'acqua, ritornano à galla, con vna parte della lor mole eminente sopra la superficie dell'acqua; e ciò faremo noi con lo speculare la scambieuole operazione di essi solidi, e dell'acqua: la quale operazione conseguita alla immersione; e questa è che, nel sommergersi, che fa il solido, tirato al basso dalla propria sua grauità, viene discacciando l'acqua dal luogo, doue egli [8] successiuamente subentra, e l'acqua discacciata si eleua, e innalza sopra il primo suo liuello, al quale alzamento essa altresì, come corpo graue, per sua natura, resiste: e perchè, immergendosi più, e più il solido discendente, maggiore, e maggior quantità d'acqua si solleua, sin che tutto il solido si sia tuffato; bisogna conferire i momenti della resistenza dell'acqua all'essere alzata, co' momenti della grauità premente del solido: e se i momenti della resistenza dell'acqua pareggeranno i momenti del solido, auanti la sua totale immersione, allora senza dubbio si farà l'equilibrio, ne più oltre si tufferà il solido: ma se il momento del solido supererà sempre i momenti co' quali l'acqua scacciata va successiuamente faccendo resistenza, quello non solamente si sommergerà tutto sott'acqua, ma discenderà sino al fondo. Ma se finalmente nel punto della total sommersione si farà l'agguagliamento tra i momenti del solido premente, e dell'acqua resistente, allora si farà la quiete, e esso solido, in qualunque luogo dell'acqua, potrà indifferentemente fermarsi.

È sin qui manifesta la necessità di comparare insieme le grauità dell'acqua, e de' solidi; e tale comparazione potrebbe nel primo aspetto parere sufficiente per poter concludere, e determinare quali sieno i solidi, che sopranuotino, e quali quelli, che vanno in fondo, pronunziando, che quelli sopranuotino, che saranno men graui in ispecie dell'acqua, e quelli vadano al fondo, che in ispecie saranno più graui: imperocchè pare, che il solido nel sommergersi vada tuttauia alzando tant'acqua in mole, quanta è la parte della sua propria mole sommersa; perlochè impossibil sia, che vn solido men graue in ispecie dell'acqua si sommerga tutto, come impotente ad alzare vn peso maggior del suo proprio: e tale sarebbe vna mole d'acqua guale alla mole sua propria; e parimente parrà necessario, che il solido più graue vada al fondo, come di forza soprabbondante ad alzare vna mole d'acqua eguale alla propria, ma inferir di peso. Tuttauia il negozio procede altramente: e benchè le conclusioni sien vere, le cagioni però assegnate così, son difettose; ne è vero che 'l solido, nel sommergersi, solleui, e scacci mole d'acqua eguale alla sua propria sommersa: anzi l'acqua solleuata è sempre meno, che la parte del solido ch'è sommersa, e tanto più, quanto il vaso, nel quale si contien l'acqua, è più stretto: di modo che non repugna che vn solido possa sommergersi tutto sott'acqua senza pure alzarne tanta, che in mole pareggi la decima, o la ventesima parte della mole sua; sì come all'incontro, picciolissima quantità d'acqua potrà solleuare [9] vna grandissima mole solida, ancorchè tal solido pesasse assolutamente cento e più volte di essa acqua, tutta volta che la materia di tal solido sia in ispecie men graue dell'acqua; e così vna grandissima traue, che, v. g., pesi 1000. libbre, potrà essere alzata e sostenuta da acqua che non ne pesi 50. e questo auuerrà, quando il momento dell'acqua venga compensato dalla velocità del suo moto.

Ma perchè tali cose, profferite così in astratto, hanno qualche difficultà all'esser comprese, è bene che vegniamo à dimostrarle con esempli particulari; e per ageuolezza della dimostrazione intenderemo, i vasi, ne' quali s'abbia ad infonder l'acqua, e situare i solidi, esser circondati, e racchiusi da sponde erette à perpendicolo sopra 'l piano dell'orizzonte, e 'l solido da porsi in tali vasi essere o Cilindro retto, ò Prisma pur retto.

Il che dichiarato e supposto, vengo a dimostrare la verità di quanto ho accennato, formando il seguente Teorema.

L a mole dell'acqua che si alza nell'immergere vn Prisma, o Cilindro solido, ò che s'abbassa nell'estrarlo, è minore della mole di esso solido demersa, ò estratta: e ad essa hà la medesima proporzione, che la superficie dell'acqua circunfusa al solido, alla medesima superficie circunfusa insieme con la base del solido. Sia il vaso ABCD, & in esso l'acqua alta sino al liuello EFG. auanti che il Prisma solido HIK. vi sia immerso; ma dopo che egli è demerso, siasi sollauata l'acqua sino al liuello LM. sarà dunque già il solido HIK. tutto sott'acqua, e la mole dell'acqua alzata sarà LG. la quale è minore della mole del solido demerso, cioè di HIK. essendo eguale alla sola parte EIK. che si troua sotto il primo liuello EFG. il che è manifesto: perchè se si cauasse fuori il solido HIK. l'acqua LG. tornerebbe nel luogo occupato dalla mole EIK. doue era contenuta auanti l'immersione del Prisma. Ed essendo la mole LG. eguale alla mole EK. aggiunta comunemente la mole EN. sarà tutta la mole EM. composta della parte del Prisma EN. e dell'acqua NF. eguale à tutto 'l [10] solido HIK. e però la mole LG. alla EM. harà la medesima proporzione, che alla mole HIK. ma la mole LG. alla mole EM. ha la medesima proporzioue, che la superficie LM. alla superficie MH. adunque è manifesto, la mole dell'acqua solleuata LG. alla mole del solido demerso HIK. hauer la medesima proporzione che la superficie LM. che è quella dell'acqua ambiente il solido, à tutta la superficie HM. composta della detta ambiente, e della base del prisma HN. Mà se intenderemo il primo liuello dell'acqua essere secondo la superficie HM. & il prisma già demerso HIK. esser poi estratto, & alzato sino in EAO. e l'acqua essersi abbassata dal primo liuello HLM. sino in EFG. e manifesto, che essendo il prisma EAO. l'istesso che HIK. la parte sua superiore HO. sarà eguale all'inferiore EIK. rimossa la parte comune EN. ed, in conseguenza, la mole dell'acqua LG. essere eguale alla mole HO. & però minore del solido che si troua fuor dell'acqua, che è tutto 'l Prisma EAO. al quale similmente essa mole d'acqua abbassata LG. hà la medesima proporzione che la superficie dell'acqua circumfusa LM. alla medesima superficie circumfusa insieme con la base del prisma AO. il che hà la medesima dimostrazione che l'altro caso di sopra.

E di quì si raccoglie, che la mole dell'acqua, che s'alza nell'immersion del solido, ò che s'abbassa nell'estrarlo, non è eguale à tutta la mole del solido, che si troua demersa, ò estratta, mà à quella parte solamente, che nell'immersione resta sotto il primo liuello dell'acqua, e nell'estrazione riman sopra simil primo liuello, che è quello che doueua esser dimostrato. Seguiteremo hora le altre cose.

E prima dimosterremo, che quando in vno de' vasi sopraddetti, di qualunque larghezza, benchè immensa, ò angusta, sia collocato vn tal Prisma, ò Cilindro, circondato da acqua, se alzeremo tal solido à perpendicolo, l'acqua circunfusa s'abbasserà, e l'abbassamento dell'acqua all'alzamento del Prisma aurà la medesima proporzione, che l'vna delle base del prisma alla superficie dell'acqua circunfusa.

[11] Sia nel vaso qual si è detto, collocato il prisma ACDB. e nel resto dello spazio infusa l'acqua, sino al liuello EA. e alzandosi il solido AD. sia trasferito in GM. e l'acqua s'abbassi da EA. in NO. Dico che la scesa dell'acqua, misurata dalla linea AO. alla salita del prisma, misurata dalla linea GA. hà la stessa proporzione, che la base del solido GH. alla superficie dell'acqua NO. Il che è manifesto: perchè la mole del solido GABH. alzata sopra 'l primo liuello EAB. è eguale alla mole dell'acqua, che si è abbassata, ENOA. Son dunque due prismi eguali, ENOA. e GABH. mà de' prismi eguali le base rispondono contrariamente alle altezze: adunque, come l'altezza OA. all'altezza AG. così è la superficie, ò base GH. alla superficie dell'acqua NO. Quando dunque, per esemplo vna colonna fusse collocata in piede in vn grandissimo viuaio pieno d'acqua, o pure in vn pozzo, capace di poco più che la mole di detta colonna, nell'alzarla, ed estrarla dell'acqua, secondo che la colonna si solleuasse, l'acqua, che la circonda, s'andrebbe abbassando. e l'abbassamento dell'acqua, allo spazio dell'alzamento della colonna aurebbe la medesima proporzione, che la grossezza della colonna all'eccesso della larghezza del pozzo, ò viuaio, sopra la grossezza di essa colonna: sì che, se il pozzo fusse l'ottaua parte più largo della grossezza della colonna, e la larghezza del viuaio venticinque volte maggiore della medesima grossezza, nell'alzar che si facesse la colonna vn braccio, l'acqua del pozzo s'abbasserebbe sette braccia, e quella del viuaio vn ventiquattresimo di braccio solamente.

D imostrato questo, non sarà difficile lo 'ntendere, per la sua vera cagione, come vn Prisma ò Cilindro retto di materia in ispecie men graue dell'acqua, se sarà circondato dall'acqua secondo tutta la sua altezza, non resterà sotto, ma si solleuerà, benchè l'acqua circunfusa fosse pochissima, e di grauità assoluta quanto si voglia inferiore alla grauità di esso Prisma. Sia dunque nel vaso CDFB. posto il Prisma AEFB. men graue in ispecie dell'acqua, e, infusa l'acqua, alzisi sino all'altezza del prisma: dico che lasciato il Prisma in sua libertà, si solleuerà, sospinto dall'acqua circunfusa CDEA. imperocchè, essendo l'acqua CE. più graue in ispecie del solido AF. maggior proporzione haurà il peso assoluto [12] dell'acqua CE. al peso assoluto del prisma AF. che la mole CE. alla mole AF. (imperocchè la stessa proporzione ha la mole alla mole, che il peso assoluto al peso assoluto, quando le moli sono della medesima grauità in ispecie) mà la mole CE. alla mole AF. ha la medesima proporzione, che la superficie dell'acqua CA. alla superficie, o base del prisma AB. la quale è la medesima che la proporzione dell'alzamento del Prisma, quando si eleuasse, all'abbassamento dell'acqua circunfusa CE. adunque il peso assoluto dell'acqua CE al peso assoluto del Prisma AF. ha maggior proporzione, che l'alzamento del prisma AF. all'abbassamento di essa acqua CE. Il momento dunque composto della grauità assoluta dell'acqua CE. e della velocità del suo abbassamento, mentre ella fa forza, premendo, di scacciare, e di solleuare il solido AF. è maggiore del momento composto del peso assoluto del Prisma AF. e della tardità del suo alzamento: col qual momento egli contrasta allo scacciamento, e forza fattagli dal momento dell'acqua: sarà dunque solleuato il prisma.

Seguita ora, che procediamo auanti à dimostrare più particolarmente sino à quanto saranno tali solidi, men graui dell'acqua solleuati, cioè qual parte di loro resterà sommersa, e quale sopra la superficie dell'acqua: ma prima è necessario dimostrare il seguente lemma.

I pesi assoluti de' solidi hanno la proporzion composta delle proporzioni delle lor grauità in specie e delle lor moli.

S ieno due solidi A. e B. Dico il peso assoluto di A. al peso assoluto di B. hauer la proporzion composta delle proporzioni della grauità in ispecie di A. alla grauità in ispecie di B. e della mole A. al mole B. Abbia la linea D. alla E. la medesima proporzione, che la grauità in ispecie di A. alla grauità in ispecie di B. e la E. alla F. sia come la mole A. alla mole B. E manifesto, la proporzione D. ad F. esser composta delle proporzioni D. ad E. ed E. ad F. bisogna dunque dimostrare, come D. ad F. così essere il peso assoluto di A. al peso assoluto di B. Pongasi il solido C. eguale ad A. in mole, e della medesima grauità in ispecie del solido B. perchè dunque A. e C. sono in mole eguali, il peso assoluto di A. al peso assoluto di C. aurà la medesima proporzione, che la grauità in ispecie di A. [13] alla grauità in ispecie di C. ò di B. che è in ispecie la medesima, cioè, che la linea D. alla E.; e perchè C. e B. sono della medesima grauità in ispecie, sarà come il peso assoluto di C. al peso assoluto di B. così la mole C. ò vero la mole A. alla mole B. cioè la linea E. alla F. come dunque il peso assoluto di A. al peso assoluto di C. così la linea D. alla E. e come il peso assoluto di C. al peso assoluto di B. così la linea E. alla F. adunque per la proporzione eguale il peso assoluto di A. al peso assoluto di B. è come la linea D. alla linea F. che bisognaua dimostrare. Passo ora à dimostrar come.

S e vn cilindro ò Prisma solido sarà men graue in ispecie dell'acqua posto in vn vaso, come di sopra, di qual si voglia grandezza, e infusa poi l'acqua, resterà il solido senza essere solleuato, sin che l'acqua arriui a tal parte dell'altezza di quello, alla quale tutta l'altezza del Prisma abbia la medesima proporzione, che la grauità in ispecie dell'acqua alla grauità in ispecie di esso solido; mà infondendo più acqua, il solido si solleuerà.

Sia il vaso MLGN. di qualunque grandezza, ed in esso sia collocato il prisma solido DFGE. men graue in ispecie dell'acqua, e qual proporzione ha la grauità in ispecie dell'acqua à quella del Prisma, tale abbia l'altezza DF. all'altezza FB. dico che infondendosi acqua sino all'altezza FB. il solido DG. non si eleuerà, ma ben sarà ridotto all'equilibrio, sì che ogni poco più d'acqua, che si aggiunga, si solleuerà. Sia dunque infusa l'acqua sino al liuello ABC. e perchè la grauità in ispecie del solido DG. alla grauità in ispecie dell'acqua è, come l'altezza BF. all'altezza FD. cioè come la mole BG. alla mole GD. e la proporzione della mole BG. alla mole GD. con la proporzione della mole GD. alla mole AF. compongono la proporzione della mole BG. alla mole AF. adunque la mole BG. alla mole AF. ha la proporzion composta delle proporzioni della grauità in specie del solido GD. alla grauità in ispecie dell'acqua, e della mole GD. alla mole AF. ma le medesime proporzioni della grauità in ispecie di GD. alla grauità in ispecie dell'acqua, e della mole GD. alla mole AF. compongono ancora, per lo lemma precedente, la proporzione del peso assoluto del solido DG. al peso assoluto della mole dell'acqua AF. adunque come la mole BG. alla mole AF. così è il peso assoluto del solido DG. al [14] peso assoluto della mole dell'acqua AF. ma come la mole BG. alla mole AF. così è la base del Prisma DE. alla superficie dell'acqua AB. e così la scesa dell'acqua AB. alla salita del solido DG adunque la scesa dell'acqua alla salita del Prisma ha la medesima proporzione, che il peso assoluto del Prisma al peso assoluto dell'acqua; adunque il momento resultante dalla grauità assoluta dell'acqua AF. e dalla velocità del moto, nell'abbassarsi, col qual momento ella fa forza per cacciare, e solleuare il Prisma DG. è eguale al momento, che risulta dalla grauità assoluta del prisma DG. e dalla velocità del moto, con la quale, solleuato, ascenderebbe: col qual momento e' resiste all'essere alzato; perchè dunque tali momenti sono eguali, si farà l'equilibrio tra l'acqua, e 'l solido: ed è manifesto, che aggiugnendo vn poco d'acqua sopra l'altra AF. s'accrescerà grauità, e momento: onde il Prisma DG. sarà superato, e alzato, sinche la sola parte BF. resti sommersa: che è quello che bisognaua dimostrare.

Da quanto si è dimostrato si fà manifesto, come i solidi men graui in ispecie dell'acqua si sommergono solamente sin tanto, che tanta acqua in mole, quanta è la parte del solido sommersa, pesi assolutamente quanto tutto il solido. Imperocchè essendosi posto, che la grauità in ispecie dell'acqua alla grauità in ispecie del prisma DG. abbia la medesima proporzione, che l'altezza DF. all'altezza FB. cioè che il solido DG. al solido GB. dimostrerremo ageuolmente, che tanta acqua in mole, quanta è la mole del solido BG. pesa assolutamente quanto tutto il solido DG. imperocchè, per lo lemma precedente, il peso assoluto d'vna mole d'acqua, eguale alla mole BG. al peso assoluto del Prisma DG. hà la proporzione composta delle proporzioni della mole BG. alla mole GD. e della grauità in ispecie dell'acqua, alla grauità in ispecie del Prisma: ma la grauità in ispecie dell'acqua, alla grauità in ispecie del Prisma, è posta, come la mole DG. alla mole GB. adunque la grauità assoluta d'vna mole d'acqua, uguale alla mole BG. alla grauità assoluta del solido GD. ha la proporzione composta delle proporzioni della mole BG. alla mole GD. e della mole DG. alla mole GB. che è proporzione d'egualità. La grauità, dunque assoluta d'vna mole d'acqua, eguale alla parte della mole del prisma BG. è eguale alla grauità assoluta di tutto 'l solido DG.

Seguita in oltre, che posto vn solido men graue dell'acqua in vn vaso di qual si voglia grandezza, e circunfusagli attorno acqua, [15] sino à tale altezza, che tanta acqua in mole, quanta sia la parte del solido sommersa, pesi assolutamente quanto tutto il solido; egli da tale acqua sarà giustamente sostenuto, e sia l'acqua circunfusa in quantità immensa, ò pochissima, imperocchè, se il cilindro, ò Prisma M, men graue dell'acqua, V G. in proporzione subsequiterza, sarà posto nel vaso immenso ABCD. e alzatagli attorno l'acqua sino a' tre quarti della sua altezza, cioè sino al liuello AD. sarà sostenuto, e equilibrato per appunto: lo stesso gli accadrebbe se il vaso ENSF. fusse piccolissimo in modo, che tra 'l vaso e 'l solido M. restasse vno angustissimo spazio, e solamente capace di tanta acqua, che ne anche fusse la centesima parte della mole M. dalla quale egli similmente sarebbe solleuato, e retto, come prima ella fusse alzata sino alli tre quarti dell'altezza del solido: il che à molti potrebbe nel primo aspetto auer sembianza di grandissimo paradosso, e destar concetto, che la dimostrazione di tale effetto fosse sofistica, e fallace; mà per quelli che per tale la reputassero, c'è la sperienza di mezzo, che potrà rendergli certi: mà chi sarà capace di quanto importi la velocità del moto, e come ella a capello ricompensa il difetto, e 'l mancamento di grauità, cesserà di marauigliarsi, nel considerare, come all'alzamento del solido M. pochissimo s'abbassa la gran mole dell'acqua ABCD. mà assaissimo, ed in vno stante decresce la piccolissima mole dell'acqua ENSF. come prima il solido M. si eleua, benchè per breuissimo spazio: onde il momento composto della poca grauità assoluta dell'acqua ENSF. e della grandissima velocità nello abbassarsi, pareggia la forza, e 'l momento, che risulta dalla composizione dell'immensa grauità dell'acqua ABCD. con la grandissima tardità nell'abbassarsi, auuegna che nell'alzarsi il solido M. l'abbassamento della pochissima acqua ES si muoue tanto più velocemente che la grandissima mole dell'acqua AC. quanto appunto questa è più di quella, il che dimosterremo così.

Nel solleuarsi il solido M. l'alzamento suo all'abbassamento dell'acqua ENSF. circunfusa, hà la medesima proporzione, che la superficie di essa acqua, alla superficie, ò base di esso solido M. la qual base alla superficie dell'acqua AD. hà la proporzion [16] medesima, che l'abbassamento dell'acqua AC. all'alzamento del solido M. adunque, per la proporzion perturbata, nell'alzarsi il medesimo solido M. l'abbassamento dell'acqua ABCD. all'abbassamento dell'acqua ENSF. hà la medesima proporzione, che la superficie dell'acqua EF. alla superficie dell'acqua AD. cioè che tutta la mole dell'acqua ENSF. à tutta la mole ABCD. essendo egualmente alte, è manifesto dunque come nel cacciamento, e alzamento del solido M. l'acqua ENSF. supera in velocità di moto l'acqua ABCD. di tanto, di quanto ella vien superata da quella in quantità: onde i momenti loro, in tal e operazione, son ragguagliati.

E per amplissima confermazione, ce più chiara esplicazione di questo medesimo, considerisi la presente figura (e s'io non m'inganno, potrà seruire per cauar d'errore alcuni meccanici prattici, che sopra vn falso fondamento tentano talora imprese impossibili), nella quale al vaso larghissimo EIDF. vien continuata l'angustissima canna ICAB. ed intendasi in essi infusa l'acqua sino al liuello LGH. la quale in questo stato si quieterà, non senza merauiglia di alcuno, che non capirà così subito, come esser possa, che il graue carico della gran mole dell'acqua GD. premendo abbasso, non solleui, e scacci la piccola quantità dell'altra contenuta dentro alla canna CL. dalla quale gli vien contesa, & impedita la scesa. Mà tal merauiglia cesserà, se noi cominceremo a fingere l'acqua GD. essersi abbassata solamente sino a QD. e considereremo poi ciò, che hauerà fatto l'acqua GL. la quale, per dar luogo all'altra, che si è scemata dal liuello GH. sino al liuello Q. douerà per necessità essersi nell'istesso tempo alzata dal liuello L sino in AB & esser la salita LB tanto maggiore della scesa GQ. quant'è l'ampiezza del vaso GD. maggiore [17] della larghezza della canna LC. che in somma è quanto l'acqua GD. è più della LC. mà essendo che il momento della velocità del moto in vn mobile compensa quello della grauità di vn'altro, qual merauiglia sarà se la velocissima salita della poca acqua CL. resisterà alla tardissima scesa della molta GD?

Accade adunque in questa operazione lo stesso a capello, che nella stadera, nella quale vn peso di due libbre ne contrappeserà vn'altro di 200. tutttauolta, che nel tempo medesimo quello si douesse muouere per ispazio 100. volte maggiore, che questo: il che accade, quando l'vn braccio della libra sia più cento volte lungo dell'altro. Cessi per tanto la falsa opinione in quelli, che stimauano, che vn nauilio meglio e più ageuolmente fosse sostenuto in grandissima copia d'acqua che in minor quantità (fu ciò creduto da Aristotile ne' Problemi, alla Sezzion. 23. Probl. 2), essendo, all'incontro vero che è possibile, che vna naue così ben galleggi in dieci botti di acqua come nell'Oceano.

Ma seguitando la nostra materia dico, che, da quanto si è sin qui dimostrato, possiamo intendere, come vno de' sopranominati solidi, quando fusse più graue in ispecie dell'acqua, non potrebbe mai da qualsiuoglia quantità di quella, esser sostenuto: imperochè auendo noi veduto, come il momento, col quale vn tal solido graue in ispecie, come l'acqua, contrasta col momento, di qualunque mole d'aqua, è potente a ritenerlo sino alla total sommersione, senza che egli si eleui; resta manifesto, che molto meno potrà dall'acqua esser solleuato, quando e' sia più di quella graue in ispecie: onde infondendosi acqua, sino alla total sua sommersione, resterà ancora in fondo, e con tanta grauità, e renitenza all'esser solleuato, quanto è l'eccesso del suo peso assoluto, sopra il peso assoluto d'vna mole a se eguale fatta d'acqua, o di materia in ispecie egualmente graue, come l'acqua: e benchè s'aggiugnesse poi grandissima quantità d'acqua sopra il liuello di quella, che pareggia l'altezza del solido, non però s'eccresce la pressione, ò aggrauamento delle parti circonfuse al detto solido, per la quale maggior pressione egli auesse ad esser cacciato: perchè il contrasto non gli vien fatto, se non da quelle parti dell'acqua, le quali, al moto d'esso solido, esse ancora si muouono, e queste son quelle solamente, che son comprese tra le due superficie equidistanti all'orizzonte, e fra di loro parallele, le quali comprendon l'altezza del solido immerso nell'acqua.

Parmi d'auer sin qui a bastanza dichiarata, e aperta la strada [18] alla contemplazione della vera, intrinseca e propria cagione de' diuersi mouimenti, e della quiete, de' diuersi corpi solidi, ne' diuersi mezzi, e in particolare nell'acqua, mostrando come in effetto il tutto depende dagli scambieuoli eccessi della grauità de' mobili, e de' mezzi: e quello, che sommamente importaua, rimouendo l'instanza, ch'a molti aurebbe potuto, per auuentura apportar gran dubbio, e difficultà, intorn'alla verità della, mia conclusione, cioè come, stante che l'eccesso della grauità dell'acqua, sopra la grauità del solido, che in essa si pone, sia cagion del suo galleggiare, e solleuarsi dal fondo alla superficie; possa vna quantità d'acqua, che pesi meno di dieci libbre, solleuare vn solido, che pesi più di cento: doue abbiamo dimostrato, come basta, che tali differenze si trouino tra le grauità in ispecie de' mezzi, e de' mobili, e sien poi le grauità particolari, e assolute, quali esser si vogliano; in guisa tale che vn solido, purch'ei sia in ispezie men graue dell'acqua, benchè poi di peso assoluto fosse mille libbre, potrà da dieci libbre d'acqua, e meno, essere innalzato: e all'opposito, altro solido, purchè in ispecie sia più graue dell'acqua, benchè di peso assoluto non fosse più d'vna libbra, non potrà da tutto 'l mare esser solleuato, dal fondo, ò sostenuto. Questo mi basta, per quanto appartiene al presente negozio, auere co' sopra dichiarati esempli, scoperto, e dimostrato, senza estender tal materia più oltre, e, come si potrebbe, in lungo trattato, anzi, se non fosse stata la necessità di risoluere il sopra posto dubbio, mi sarei fermato in quello solamente, che da Archimede vien dimostrato nel primo libro delle cose, che stanno sopra l'acqua, dou'in vniuersale si concludono, e stabiliscon le medesime conclusioni, cioè che i solidi men graui dell'acqua soprannuotano, i più graui vanno al fondo, gli egualmente graui stanno indifferentemente in ogni luogo, purchè stieno totalmente sotto acqua.

Mà perchè tal dottrina d'Archimede, vista, trascritta, ed esaminata dal Sig. Francesco Buonamico nel quinto libro del moto, al cap. 29. e poi dal medesimo confutata, potrebbe dall'autorità di Filosofo così celebre, e famoso, esser resa dubbia, e sospetta di falsità; hò giudicato necessario 'l difenderla, se sarò potente a farlo, e purgare Archimede da quelle colpe, delle quali par ch'e' venga imputato.

Lascia il Buonamico la dottrina d'Archimede, prima, come non concorde con l'opinion d'Aristotile, soggiugnendo, parergli cosa ammiranda, che l'acqua debba superar la terra in grauità, vedendosi [19] in contrario, crescer la grauità nell'acqua mediante la participazion della terra. Soggiugne appresso, non restar soddisfatto delle ragioni d'Archimede, per non poter, con quella dottrina, assegnar la cagione, donde auuenga, che vn legno, e vn vaso, che, per altro stia a galla nell'acqua, vada poi al fondo, se s'empierà d'acqua, che per essere il peso dell'acqua, che in esso si contiene, eguale all'altr'acqua, dourebbe fermarsi al sommo nella superficie; tuttauia si vede andare in fondo.

Di più aggiugne, che Aristotile chiaramente hà confutato gli antichi, che diceuano i corpi leggieri esser mossi all'in sù, scacciati dalla 'mpulsione dell'ambiente più graue: il che, se fusse, parrebbe, che di necessità ne seguisse, che tutti i corpi naturali fussero di sua natura graui, e niuno leggiere: perchè 'l medesimo accadrebbe ancora dell'aria, e del fuoco, posti nel fondo dell'acqua. E benchè Aristotile conceda la pulsione negli elementi, per la quale la terra si riduce in figura sferica, non però, per suo parere, è tale, che ella possa rimuouere i corpi graui dal luogo suo naturale, anzi che più tosto gli manda verso il centro, al quale (come egli alquanto oscuramente seguita di dire) principalmente si muoue l'acqua, se già ella non incontra chi gli resista, e per la sua grauità non si lasci scacciare dal luogo suo: nel qual caso, se non direttamente, al meno come si può, conseguisce il centro: mà al tutto, per accidente, i leggieri, per tale impulsione, vengono ad alto: ma ciò hanno per lor natura, come anche lo stare a galla. Conclude finalmente di conuenir con Archimede nelle conclusioni, ma non nelle cause, le quali egli vuol riferire alla facile, ò difficile diuisione del mezzo, e al dominio degli elementi: sì che quando il mobile supera la podestà del mezzo, come, per esemplo, il piombo la continuità dell'acqua, si mouerà per quella, altramente, nò.

Questo è quello, che io ho potuto raccorre esser prodotto contro Archimede dal Sig. Buonamico: il quale non s'è curato d'atterrare i principij, e le supposizioni d'Archimede, che pure è forza che sieno falsi, se falsa è la dottrina da quelli dependente; ma s'è contentato di produrre alcuni inconuenienti, e alcune repugnanze all'opinione, e alla dottrina d'Aristotile. Alle quali obbiezioni rispondendo, dico prima. Che l'essere semplicemente la dottrina d'Archimede discorde da quella d'Aristotile, non dourebbe muouere alcuno ad auerla per sospetta, non constando cagion veruna, per la quale l'autorità di questo debba essere anteposta all'autorità di quello: ma perchè, [20] doue s'hanno i decreti della Natura, indifferentemente esposti a gli occhi dello intelletto di ciascheduno, l'autorità di questo, e di quello perde ogni autorità nel persuadere, restando la podestà assoluta alla ragione: però passo a quello, che vien nel secondo luogo prodotto, come assurdo conseguente alla dottrina d'Archimede, cioè: che l'acqua douesse esser più graue della terra. Ma io veramente non trouo, che Archimede abbia detta tal cosa, ne che ella si possa dedurre dalle sue conclusioni: e quando ciò mi fusse manifestato, credo assolutamente che io lascerei la sua dottrina, come falsissima. Forse è appoggiata questa deduzione del Buonamico sopra quello, che egli soggiugne del vaso, il quale galleggia, sin che sarà vòto d'acqua, ma, poi ripieno, va al fondo: e, intendendo d'vn vaso di terra, inferisce contro Archimede così. Tu di che i solidi, che galleggiano, sono men graui dell'acqua; questo vaso di terra galleggia; adunque tal vaso è men graue dell'acqua, e però la terra è men graue dell'acqua: se tale è la illazione, io facilmente rispondo, concedendo che tal vaso sia men graue dell'acqua, e negando l'altra conseguenza, cioè che la terra sia men graue dell'acqua; il vaso che soprannuota, occupa nell'acqua, non solamente vn luogo eguale alla mole della terra della quale egli è formato, ma eguale alla terra e all'aria insieme nella sua concauità contenuta. E se vna tal mole, composta di terra e d'aria sarà men graue d'altrettanta acqua, soprannoterà, e sarà conforme alla dottrina d'Archimede: ma se poi rimouendo l'aria, si riempirà il vaso d'acqua, sì che il solido posto nell'acqua non sia altro che terra, ne occupi altro luogo, che quello, che dalla sola terra viene ingombrato, allora egli andrà al fondo, per esser la terra più graue dell'acqua; e ciò concorda benissimo con la mente d'Archimede. Ecco il medesimo effetto dichiarato con altra esperienza simile. Nel volere spignere al fondo vna boccia di vetro, mentre è ripiena d'aria, si sente grandissima renitenza, perchè non è il solo vetro quello, che si spigne sotto acqua, ma, insieme col vetro, vna gran mole d'aria, e tale, che chi prendesse tanta acqua quanta è la mole del vetro, e dell'aria, in esso contenuta, aurebbe vn peso molto maggiore che quello della boccia, e della sua aria: e però non si sommergerà, senza gran violenza: ma se si metterà nell'acqua il vetro solamente, che sarà quando la boccia s'empierà d'acqua, allora il vetro discenderà al fondo, come superiore in grauità all'acqua.

Tornando, dunque, al primo proposito, dico: che la terra è più [21] graue dell'acqua, e che però vn solido di terra va al fondo, ma può ben farsi vn composto di terra, e d'aria, il quale sia men graue d'altrettanta mole di acqua, e questo resterà a galla, e sarà l'vna, e l'altra esperienza molto ben concorde alla dottrina d'Archimede. Ma perchè ciò mi pare, che non abbia difficultà, io non voglio affermatiuamente dire che il S. Buonamico volesse, da vn simil discorso opporre ad Archimede l'assurdo, dello 'nferirsi dalla sua dottrina, che la terra fusse men graue dell'acqua; benchè io veramente non sappia immaginarmi, quale altro accidente lo possa auere indotto a ciò.

Forse tal problema (per mio creder fauoloso), letto dal Sig. Buonamico inaltro autore, dal quale per auuentura fù attribuito per proprietà singolare à qualche acqua particolare, viene ora vsato con doppio errore in confutare Archimede, poiche egli non dice tal cosa, ne da chi la disse fù asserita dell'acqua del comune Elemento.

Era la terza difficultà nella dottrina d'Archimede, il non si poter render ragione, onde auuenga, che vn legno, e vn vaso, pur di legno, che per altro galleggia, vada al fondo se si riempierà d'acqua. Ha creduto il signor Buonamico, che vn vaso di legno, e di legno, che, per sua natura stia a galla, vada poi al fondo come prima e' s'empia d'acqua; di che egli nel capitolo seguente, che è il 30. del quinto libro, copiosamente discorre: ma io, parlando sempre senza diminuzione della sua singolar dottrina, ardirò, per difesa d'Archimede, di negargli tale esperienza, essendo certo, che vn legno. il quale, per sua natura, non va al fondo nell'acqua, non v'andrà altresì incauato e ridotto in figura di qual si voglia vaso, e poi empiuto d'acqua: e chi vorrà vederne prontamente l'esperienza in qualche altra materia trattabile, e che ageuolmente si riduca in ogni figura, potrà pigliar della cera pura, e facendone prima vna palla, o altra figura solida, aggiugnerui tanto di piombo, che a pena la conduca al fondo, sì che vn grano di manco, non bastasse per farla sommergere, perchè facendola poi in forma d'vn vaso, e empiendolo d'acqua, trouerrà, che senza il medesimo piombo non andrà in fondo, e che col medesimo piombo discenderà con molta tardità: ed in somma s'accerterà, che l'acqua contenuta non gli apporta alterazione alcuna. Io non dico già, che non si possano di legno, che per sua natura galleggi, far barche, le quali poi, piene d'acqua, si sommergano; ma ciò non auuerrà per grauezza che gli sia accresciuta dall'acqua, ma sì bene da' chiodi e altri [22] ferramenti, sì che non più s'aurà vn corpo men graue dell'acqua, ma vn composto di ferro, e di legno, più ponderoso d'altrettanta mole d'acqua. Cessi per tanto il S. Buonamico di voler render ragioni d'vn effetto, che non è: anzi, se l'andare al fondo il vaso di legno, quando sia ripien d'acqua, poteua render dubbia la dottrina d'Archimede, secondo la quale egli non vi dourebbe andare, e all'incontro quadra, e si conforma con la dottrina peripatetica, poichè ella accomodatamente assegna ragione, che tal vaso debbe, quando sia pieno d'acqua, sommergersi; conuertendo il discorso all'opposito, potremo, con sicurezza dire, la dottrina d'Archimede esser vera, poichè acconciamente ella s'adatta alle esperienze vere, e dubbia l'altra, le cui deduzioni s'accomodano a false conclusioni. Quanto poi all'altro punto, accennato in questa medesima instanza, doue pare, che il Buonamico intenda il medesimo, non solamente d'vn legno figurato in forma di vaso ma anche d'vn legno massiccio, che ripieno, cioè, come io credo, che egli voglia dire, inzuppato, e pregno d'acqua, vada finalmente al fondo; ciò accade d'alcuni legni porosi, li quali, mentre hanno le porosità ripiene d'aria o d'altra materia men graue dell'acqua, sono moli in ispecie manco graui di essa acqua, sì come è quella boccia di vetro mentre è piena d'aria; ma quando, partendosi tal materia leggiera, succede nelle dette porosità e cauernosità l'acqua, può benissimo essere che allora tal composto resti più graue dell'acqua, nel modo, che partendosi l'aria dalla boccia di vetro, e succedendoui l'acqua, ne risulta vn composto d'acqua, e di vetro, più graue d'altrettanta mole d'acqua: ma l'eccesso della sua grauità è nella materia del vetro, e non nell'acqua, la quale non è più graue di sè stessa: così quel che resta del legno, partendosi l'aria dalle sue concauità, se sarà più graue in ispecie dell'acqua, ripiene che saranno le sue porosità d'acqua, s'aurà vn composto d'acqua e di legno, più graue dell'acqua, ma non in virtù dell'acqua riceuuta nelle porosità, ma di quella materia del legno, che resta, partita, che sia l'aria: e reso tale, andrà, conforme alla dottrina d'Archimede, al fondo, sì come prima, secondo la medesima dottrina, galleggiaua.

A quello finalmente, che viene opposto nel quarto luogo, cioè che già sieno stati da Aristotile confutati gli antichi, i quali, negando la leggerezza positiua, e assoluta, e stimando veramente tutti i corpi esser graui, diceuano, quello che si muoue in sù essere spinto dall'ambiente, e per tanto, che anche la dottrina d'Archimede, [23] come à tale opinione aderente, resti conuinta, e confutata; rispondo primieramente, parermi, che 'l Sig. Buonamico imponga ad Archimede, e deduca dal suo detto più di quello, ch'egli ha proposto, e che dalle sue proposizioni si può dedurre: auuegnachè Archimede ne neghi, ne ammetta la leggerezza positiua, ne pur ne tratti: onde molto meno si debbe inferire, ch'egli abbia negato, che ella possa esser cagione, e principio del moto all'insù del fuoco, o d'altri corpi leggieri: ma solamente auendo dimostrato, come i corpi solidi, più graui dell'acqua, discendano in essa, secondo l'eccesso della grauità loro, sopra la grauità di quella, dimostra parimente, come i men graui ascendano nella medesima acqua, secondo l'eccesso della grauità di essa, sopra la grauità loro: onde il più, che si possa raccorre dalle dimostrazion d'Archimede, è, che sì come l'eccesso della grauità del mobile, sopra la grauità dell'acqua, è cagion del suo discendere in essa, così l'eccesso della grauità dell'acqua, sopra quella del mobile, è bastante a fare, che egli non discenda, anzi venga a galla; non ricercando, se del muouersi all'in su, sia, o non sia altra cagion contraria alla grauità: ne discorre meno acconciamente Archimede d'alcuno che dicesse.

Se il vento australe ferirà la barca, con maggiore impeto, che non è la violenza, con la quale il corso del fiume la traporta verso Mezzogiorno, sarà il mouimento di quella verso Tramontana; ma se l'impeto dell'acqua preuarrà a quello del vento, il moto suo sarà verso Mezzogiorno: il discorso è ottimo, e immeritamente sarebbe ripreso da chi gli opponesse dicendo. Tu malamente adduci, per cagion del mouimento della barca verso Mezzogiorno, l'impeto del corso dell'acqua, eccedente la forza del vento Australe; malamente dico, perchè c'è la forza del vento Borea, contrario all'Austro, potente a spinger la barca verso Mezogiorno. Tale obbiezione sarebbe superflua, perchè quello, che adduce per cagion del moto, il corso dell'acqua, non nega, che il vento contrario all'Ostro possa far lo stesso effetto, ma solamente afferma, che preualendo l'impeto dell'acqua alla forza d'Austro, la barca si mouerà verso Mezzogiorno: e dice cosa vera. E così appunto, quando Archimede dice, che, preualendo la grauità dell'acqua a quella, per la quale il mobile va a basso, tal mobile vien solleuato dal fondo alla superficie, induce cagion verissima di tale accidente, ne afferma, o nega, che sia, ò non sia vna virtù contraria alla grauità, detta da alcuni leggerezza, potente ella ancora a muouere alcuni corpi [24] all'insù. Sieno dunque indirizzate l'armi del Sig. Buonamico contra Platone, e altri antichi, li quali, negando totalmente la leuità, e ponendo tutti li corpi esser graui, diceuano il mouimento all'insù esser fatto, non da principio intrinseco del mobile, ma solamente dallo scacciamento del mezo; e resti Archimede con la sua dottrina illeso, poi che egli non dà cagion d'essere impugnato. Ma quando questa scusa addotta in difesa d'Archimede paresse ad alcuno scarsa, per liberarlo dalle obbiezioni, e argomenti fatti da Aristotile contro à Platone, e agli altri antichi, come che i medesimi militassero ancora contro ad Archimede, adducente lo scacciamento dell'acqua, come cagione del tornare à galla i solidi men graui di lei, io non diffiderei di poter sostener per verissima la sentenza di Platone, e di quegli altri, li quali negano assolutamente la leggerezza, e affermano ne' corpi elementari non essere altro principio intrinseco di mouimento, se non verso il centro della terra, ne essere altra cagione del mouimento all'insù (intendendo di quello che ha sembianza di moto naturale) fuori che lo scacciamento del mezo fluido, ed eccedente la grauità del mobile: e alle ragioni in contrario d'Aristotile credo, che si possa pienamente soddisfare: e mi sforzerei di farlo, quando fusse totalmente necessario nella presente materia, ò non fusse troppo lunga digressione in questo breue trattato. Dirò solamente, che se in alcuno de' nostri corpi elementari fosse principio intrinseco, e inclinazion naturale di fuggire il centro della terra, e muouersi verso il concauo della Luna, tali corpi senza dubbio, più velocemente ascenderebbono per que' mezi, che meno contrastano alla velocità del mobile; e questi sono i più tenui, e sottili: quale è, per esemplo, l'aria in comparazion dell'acqua, prouando noi tutto 'l giorno, che molto più speditamente mouiamo, con velocità, vna mano, ò vna tauola trasuersalmente in quella, che in questa; tutta via non si trouerrà mai corpo alcuno, il quale non ascenda molto più velocemente nell'acqua, che nell'aria: anzi de' corpi, che noi veggiamo continuamente ascendere, con velocità nell'acqua, niuno è che peruenuto a' confin dell'aria, non perda totalmente il moto; insino all'aria stessa, la quale sormontando velocemente per l'acqua, giunta che è alla sua regione, lascia ogn'impeto, e lentamente con l'altra si confonde. E auuegnachè l'esperienza ci mostri, che i corpi di mano in mano men graui più velocemente ascendon nell'acqua, non si potrà dubitare che l'esalazioni ignee, più velocemente ascendano per l'acqua, che non fa l'aria: la quale aria si [25] vede, per esperienza, ascender più velocemente per l'acqua, che l'esalazioni ignee per l'aria: adunque di necessità si conclude, che le medesime esalazioni assai più velocemente ascendano per l'acqua, che per l'aria, e che in conseguenza, elle sieno mosse dal discacciamento del mezzo ambiente, e non da principio intrinseco, che sia in loro, di fuggire il centro al qual tendono gli altri corpi graui.

A quello, che per ultima conclusione produce il Sig. Buonamico, di voler ridurre il discendere, o no, all'ageuole, e alla difficil diuision del mezzo, e al dominio de gli elementi: rispondo, quanto alla prima parte, ciò non potere in modo alcuno auer ragion di causa, auuenga che in niuno de' mezzi fluidi, come l'aria, l'acqua, e altri vmidi, sia resistenza alcuna alla diuisione, ma tutti da ogni minima forza, son diuisi, e penetrati, come di sotto dimostrerò: sì che di tale resistenza alla diuisione non può essere azione alcuna, poi che ella stessa non è. Quanto all'altra parte dico, che tanto è 'l considerar ne' mobili il predominio degli elementi, quanto l'eccesso, o 'l mancamento di grauità in relazione al mezzo, perchè'n tale azione gli Elementi non operano, se non in quanto graui, o leggieri: e però tanto è 'l dire, che il legno dell'abeto, non va al fondo, perchè è a predominio aereo, qoant'è 'l dire perchè è men graue dell'acqua: anzi pur la cagione immediata è l'esser men graue dell'acqua: e l'esre a predominio aereo è cagion della minor grauità, però chi adduce per cagione il predominio dell'Elemento, apporta la causa della causa, e non la causa prossima, e immediata. Or chi non sa, che la vera causa è la immediata, e non la mediata? In oltre quello, che allega la grauità, apporta vna causa notissima al senso: perchè molto ageuolmente potremo accertarci se l'ebano, per esemplo, e l'abeto son più ò men graui dell'acqua: ma s'ei sieno terrei, ò aerei a predominio; chi ce lo manifesterà? certo niun'altra esperienza meglio, che 'l vedere se e galleggiano, o vanno al fondo. Tal che, chi non sà, che il tal solido galleggia, se non quand'e' sappia, ch'egli è a predominio aereo, non sa ch'e' galleggi, se non quando lo vede galleggiare: perchè, allora sa ch'e' galleggia, quand'e' sa ch'egli è aereo a predominio; ma non sa, ch'e' sia aereo a predominio, se non quando e' lo vede galleggiare; adunque, e' non sa ch'e' galleggi, se non dopo l'auerlo veduto stare a galla.

Non disprezziam dunque, quei ciuanzi, pur troppo tenui, che il discorso, dopo qualche contemplazione, apporta alla nostra intelligenza, e accettiamo da Archimede il sapere: che allora [26] qualunque corpo solido andrà al fondo nell'acqua, quand'egli sarà in ispecie più graue di quella, e che s'ei sarà men graue, di necessità galleggerà: e che indifferentemente resterebbe in ogni luogo dentro all'acqua, se la grauità sua fusse totalmente simile a quella dell'acqua.

Esplicate e stabilite queste cose, io vengo a considerare ciò, che abbia, circa questi mouimenti, e quiete, che far la diuersità di figura data ad esso mobile, e torno ad affermare.

Che la diuersità di Figura, data a questo, e a quel solido, non può esser cagione, in modo alcuno, dell'andare egli, o non andare, assolutamente al fondo, o a galla; sì che vn solido, che figurato, per esemplo, di figura sferica, va al fondo, o viene a galla nell'acqua, dico, che, figurato di qualunque altra figura, il medesimo nella medesima acqua andrà, o tornerà dal fondo, ne gli potrà tal suo moto dall'ampiezza o da altra mutazion di figura esser vietato e tolto.

Può ben l'ampiezza della figura ritardar la velocità, tanto della scesa, quanto della salita, e più e più, secondo che tal figura si ridurrà a maggior larghezza, e sottigliezza: ma ch'ella possa ridursi à tale, ch'ella totalmente vieti il più muouersi quella stessa materia nella medesima acqua, ciò stimo essere impossibile. In questo ho trouato gran contradittori, li quali producendo alcune esperienze, e in particolare vna sottile assicella d'ebano, e vna palla del medesimo legno, e mostrando, come la palla nell'acqua discendeua al fondo, e l'assicella, posata leggiermente su l'acqua, non si sommergeua, ma si fermaua, hanno stimato, e con l'autorità d'Aristotile confermatisi nella credenza loro, che di tal quiete ne sia veramente cagione la larghezza della figura inabile, per lo suo poco peso, a fendere, e penetrar la resistenza della crassizie dell'acqua: la qual resistenza prontamente vien superata dall'altra figura rotonda.

Questo è il punto principale della presente quistione; nel quale m'ingegnerò di far manifesto d'essermi appresso alla parte vera.

Però cominciando a tentar d'inuestigare con l'esame d'esquisita esperienza, come veramente la figura non altera punto l'andare o 'l non andare al fondo i medesimi solidi, e auendo già dimostrato, come la maggiore, o minor grauità del solido, in relazione alla grauità del mezzo, è cagione del discendere, o ascendere; qualunque volta noi vogliamo far proua di ciò, che operi, circa questo effetto, la diuersità della figura, sarà necessario far l'esperienza con materie, nelle quali la varietà delle grauezze non abbia luogo: perchè seruendoci di materie, che tra di lor possano esser di varie grauità in [27] ispecie, sempre resteremo, con ragione, ambigui, incontrando varietà nell'effetto del discendere, o ascendere, se tal diuersità deriui veramente dalla sola figura, o pur dalla diuersa grauità ancora. A ciò trouerremo rimedio, col prendere vna sola materia, la qual sia trattabile, e atta a ridursi ageuolmente in ogni sorta di figura. In oltre sarà ottimo espediente prendere vna sorta di materia similissima in grauità all'acqua, perchè tal materia, in quanto appartiene alla grauità, è indifferente al discendere e all'ascendere; onde speditissimamente si conoscerà qualunque piccola diuersità potesse deriuar dalla mutazione delle figure.

Ora, per ciò fare, attissima è la cera, la quale, oltr'al non riceuer sensibile alterazione dallo 'mpregnarsi d'acqua, è trattabile, e ageuolissimamente il medesimo pezzo si riduce in ogni figura: ed essendo in ispecie pochissimo manco graue dell'acqua, col mescolarui dentro vn poco di limatura di piombo, si riduce in grauità similissima a quella.

Preparata vna tal materia, e fattone, per esemplo, vna palla grande quanto vna melarancia, o più, e fattala tanto graue, ch'ella stia al fondo, ma così leggiermente, che, detrattole vn solo grano di piombo, venga a galla, e aggiuntolo torni al fondo; riducasi poi la medesima cera in vna sottilissima, e larghissima falda, e tornisi a far la medesima esperienza, vedrassi, che ella, posta nel fondo, con quel grano di piombo, resterà a basso; detratto il grano s'eleuerà sino alla superficie, aggiuntolo di nuouo, discenderà al fondo. E questo medesimo effetto accadrà sempre in tutte le sorte di figure, tanto regolari quanto irregolari, ne mai se ne trouerrà alcuna, la quale venga a galla, se non rimosso il grano del piombo, o cali al fondo, se non aggiuntouelo; e in somma, circa l'andare, o non andare al fondo, non si scorgerà diuersità alcuna, ma si bene circa 'l veloce, e 'l tardo: perchè le figure più larghe, e distese, si moueranno più lentamente tanto nel calare al fondo, quanto nel sormontare: e l'altre figure più strette, o raccolte, più velocemente. Ora io non so qual diuersità si debba attendere dalle varie figure, se le diuersissime fra di se non operano quanto fa vn piccolissimo grano di piombo, leuato, o posto.

Parmi di sentire alcuno degli auuersari muouer dubbio sopra la da me prodotta esperienza, e mettermi primieramente in considerazione, che la figura, come figura semplicemente, e separata dalla materia, non opera cosa alcuna, ma bisogna che ella sia congiunta [28] con la materia; e di più, non con ogni materia, ma con quelle solamente, con le quali ella può eseguire l'operazione desiderata, in quella guisa, che vedremo per esperienza esser vero, che l'angolo acuto, e sottile, è più atto al tagliare, che l'ottuso; tutta via però che l'vno, e l'altro saranno congiunti con materia atta a tagliare, come, v. g., col ferro: perciocchè vn coltello di taglio acuto, e sottile taglia benissimo il pane, e 'l legno, il che non farà se 'l taglio sarà ottuso, e grosso; ma chi volesse, in cambio di ferro, pigliar cera, e formarne vn coltello, veramente non potrebbe in tal materia, riconoscer quale effetto faccia il taglio acuto, e qual l'ottuso: perchè nè l'vno nè l'altro taglierebbe, non essendo la cera, per la sua mollizie, atta a superar la durezza del legno, e del pane: e però applicando simil discorso al proposito nostro, diranno, che la figura diuersa mostrerrà diuersità d'effetti, circa l'andare, o non andare al fondo, ma non congiunta con qualsiuoglia materia, ma solamente con quelle materie, che, per loro grauità sono atte a superare la resistenza della viscosità dell'acqua: onde chi pigliasse per materia il suuero, o altro leggerissimo legno, inabile, per la sua leggerezza, a superar la resistenza della crassizie dell'acqua, e di tal materia formasse solidi di diuerse figure, indarno tenterebbe di veder quello, che operi la figura, circa il discendere, o non discendere, perchè tutte resterebbero a galla, e ciò, non per proprietà di questa figura, o di quella, ma per la debolezza della materia mancheuole di tanta grauità, quanta si ricerca, per superare, e vincer la densità, ò crassizie dell'acqua. Bisogna dunque se noi vogliamo veder quello, che operi la diuersità della figura, elegger prima vna materia, per sua natura, atta a penetrar la crassizie dell'acqua, e per tale effetto è paruta loro opportuna vna materia, la qual, prontamente ridotta in figura sferica, vada al fondo, ed hanno eletto l'ebano, del quale facendo poi vna piccola assicella, e sottile come è la grossezza d'vna veccia, hanno fatto vedere, come questa, posata sopra la superficie dell'acqua, resta senza discendere al fondo: e facendo, all'incontro del medesimo legno vna palla, non minore d'vna nocciuola, mostrano, che questa non resta a galla, ma discende. Dalla quale esperienza pare a loro di poter francamente concludere, che la larghezza della figura nella tauoletta piana, sia cagione del non discendere ella al basso, auuegnachè vna palla della medesima materia, non differente dalla tauoletta, in altro che nella figura, va nella medesima acqua al fondo. Il discorso, e l'esperienza hanno veramente tanto del [29] probabile e del verisimile, che marauiglia non sarebbe, se molti, persuasi da vna certa prima apparenza, gli prestassero il loro assenso; tuttauia io credo di potere scoprire, come non mancano di fallacia.

Cominciando, adunque, ad esaminare, a parte, a parte, quanto è stato prodotto, dico che le figure, come semplici figure, non solamente non operano nelle cose naturali, ma ne anche si ritrouano dalla sustanza corporea separate: ne io le ho mai proposte denudate della materia sensibile, sì come anche liberamente ammetto, che nel voler noi esaminare quali sieno le diuersità degli accidenti dependenti dalla varietà delle figure, sia necessario applicarle a materie, che non impediscano l'operazioni varie di esse varie figure: e ammetto, e concedo, che malamente farei quando io volessi esperimentare quello, che importi l'acutezza del taglio con vn coltello di cera, applicandolo a tagliare vna quercia, perchè non è acutezza alcuna, che introdotta nella cera, tagli il legno durissimo. Ma non sarebbe già prodotta a sproposito l'esperienza d'vn tal coltello, per tagliare il latte rappreso, o altra simil materia molto cedente: anzi, in materia simile, è più accomodata la cera, a conoscer le diuersità dependenti da angoli più, o meno acuci, che l'acciaio, posciachè il latte indifferentemente si taglia con vn rasoio, e con vn coltello di taglio ottuso. Bisogna, dunque, non solo hauer riguardo alla durezza, solidità, o grauità de' corpi, che sotto diuerse figure hanno a diuidere, e penetrare alcune materie; ma bisogna por mente altresì alle resistenze delle materie da esser diuise, e penetratè. Ma perchè io, nel far l'esperienza concernente alla nostra contesa, ho eletta materia, la qual penetra la resistenza dell'acqua, e in tutte le figure discende al fondo, non possono gli auuersari appormi difetto alcuno, anzi, tanto ho io proposto modo più esquisito del loro, quanto che ho rimosse tutte l'altre cagioni dell'andare, o non andare al fondo, e ritenuta la sola, e pura varietà di figure, mostrando che le medesime figure tutte con la sola alterazione d'vn grano di peso, discendono: il qual rimosso, tornano a sormontare a galla; non è vero, dunque (ripigliando l'esemplo da loro indotto), ch'io abbia posto di volere esperimentar l'efficacia dell'acutezza nel tagliare, con materie impotenti a tagliare anzi, con materie proporzionate al nostro bisogno, poichè non sono sottoposte ad altre varietà, che a quella sola, che depende dalla figura più o meno acuta.

Ma procediamo vn poco più auanti, e notisi, come veramente [30] senza veruna necessità viene introdotta la considerazione, che dicono douersi auere intorno all'elezione della materia, la quale sia proporzionata, per far la nostra esperienza; dichiarando con l'esemplo del tagliare, che sì come l'acutezza non basta a tagliare, se non quando è in materia dura, e atta a superare la resistenza del legno, o d'altro, che di tagliare intendiamo, così l'attitudine al discendere, o non discender nell'acqua, si dee, e si può, solamente riconoscere in quelle materie, che son potenti a superar la renitenza dell'acqua, e vincer la sua crassizie. Sopra di che io dico, esser ben necessaria la distinzione, ed elezione più di questa, che di quella materia in cui s'imprimano le figure per tagliare, o penetrare questo, e quel corpo, secondo che la solidità, ò durezza d'essi corpi, sarà maggiore, o minore: ma poi soggiungo, che tal distinzione, elezione, e cautela sarebbe superflua, ed inutile, se il corpo, da esser tagliato, o penetrato non auesse resistenza alcuna, ne contendesse punto al taglio, o alla penetrazione: e quando i coltelli douessero adoperarsi per tagliar la nebbia, o il fumo, egualmente ci seruirebbono tanto di carta, quanto d'acciaio damaschino: e così, per non auer l'acqua resistenza alcuna all'esser penetrata da qualunque corpo solido, ogni scelta di materia è superflua, o non necessaria, e l'elezion, ch'io dissi di sopra esser ben farsi di materia simile in grauità all'acqua, fu, non perch'ella fosse necessaria, per superar la crassizie dell'acqua, ma la sua grauità, con la qual sola ella resiste alla sommersione de' corpi solidi: che, per quel ch'aspetti alla resistenza della crassizie, se noi attentamente considereremo, trouerremo come tutti i corpi solidi, tanto quei che vanno al fondo, quanto quelli che galleggiano, sono indifferentemente accomodati, e atti a farci venire in cognizion della verità della nostra controuersia; ne mi spauenteranno dal creder tali conclusioni l'esperienze, che mi potrebbono essere opposte, di molti diuersi legni, suueri, galle, e più, di sottili piastre d'ogni sorta di pietra, e di metallo, pronte, per loro natural grauità, al muouersi verso il centro della Terra, le quali tuttauia impotenti, o per la figura (come stimano gli auuersari) o per la leggerezza, à rompere, e penetrare la continuazion delle parti dell'acqua, e a distrarre la sua vnione, restano a galla, ne si profondano altramente: ne altresì mi mouerà l'autorità d'Aristotile, il quale, in più d'vn luogo, afferma il contrario di questo, che l'esperienza mi mostra.

Torno dunque ad affermare, che non è solido alcuno di tanta leggerezza, ne di tal figura, il quale, posto sopra l'acqua, non diuida, [31] e penetri la sua crassizie: anzi se alcuno, con occhio più perspicace tornerà a riguardar più acutamente le sottili tauolette di legno, le vedrà esser, con parte della grossezza loro, sott'acqua, e non baciar solamente con la loro inferior superficie la superior dell'acqua, sì come è necessario che, abbian creduto quelli, che hanno detto, che tali assicelle non si sommergono, perchè non sono potenti a diuider la tenacità delle parti dell'acqua: e più vedrà, che le sottilissime piastre d'ebano, di pietra, e di metallo, quando restano a galla, non solamente hanno rotta la continuazion dell'acqua, ma sono, con tutta la lor grossezza, sotto la superficie di quella, e più e più, secondo che le materie saranno più graui; sì che vna sottil falda di piombo resta tanto più bassa, che la superficie dell'acqua circunfusa, quanto è per lo manco la grossezza della medesima piastra presa, dodici volte, e l'oro si profonderà sotto il liuello dell'acqua, quasi venti volte più che la grossezza della piastra, sì come io più da basso dichiarerò.

Ma seguitiam di far manifesto, come l'acqua cede, e si lascia penetrar da ogni leggerissimo solido, e insieme insieme dimostriamo, come anche dalle materie che non si sommergono, si poteua venire in cognizione, che la figura non opera niente, circa l'andare, o non andare al fondo, auuegnachè l'acqua si lasci egualmente penetrar da ogni figura.

Facciasi vn cono, o vna piramide, di cipresso, o d'abeto, o altro legno di simil grauità, o vero di cera pura, e sia d'altezza assai notabile, cioè d'vn palmo, o più, e mettasi nell'acqua con la base in giù; prima si vedrà che ella penetrerrà l'acqua, ne punto sarà impedita dalla larghezza della base, non però andrà tutta sott'acqua, ma soprauanzerà verso la punta: dal che sarà già manifesto, che tal solido non resta d'affondarsi per impotenza di diuider la continuità dell'acqua, auendola già diuisa con la sua parte larga, e per opinionene degli auuersari, meno atta a diuidere. Fermata così la piramide, notisi qual parte ne sarà sommersa; e riuoltisi poi con la punta all'ingiù, e vedrassi che ella non fenderà l'acqua più che prima: anzi, se si noterà sino a qual segno si tufferà, ogni persona, esperta in Geometrìa potrà misurare, che quelle parti, che restano fuori dell'acqua, tanto nell'vna, quanto nell'altra esperienza. sono a capello eguali: onde manifestamente potrà raccorre, che la figura acuta, che pareua attissima al fendere, e penetrar l'acqua, non la fende, ne penetra punto più, che la larga e spaziosa.

[32] E chi volesse vna più ageuole esperienza, faccia della medesima materia due cilindri, vno lungo e sottile, e l'altro corto, ma molto largo, e pongagli nell'acqua, non distesi, ma eretti, e per punta: vedrà, se con diligenza misura le parti dell'vno, e dell'altro, che in ciascheduno di loro, la parte sommersa a quella che resta fuori dell'acqua, mantiene esquisitamente la proporzion medesima, e che niente maggior parte si sommerge di quello lungo e sottile, che dell'altro più spazioso, e più largo: benchè questo s'appoggi sopra vna superficie d'acqua molto ampia, e quello sopra vna piccolissima: adunque, la diuersità di figura non apporta ageuolezza, o difficultà, nel fendere e penetrar la continuità dell'acqua, e in conseguenza non può esser cagione dell'andare, o non andare al fondo. Scorgerassi parimente il nulla operar della verietà di figure, nel venir dal fondo dell'acqua, verso la superficie, col pigliar cera, e mescolarla con assai limatura di piombo, sì che diuenga notabilmente più graue dell'acqua: e fattone poi vna palla, e postala nel fondo dell'acqua, se le attaccherà tanto di suuero, o d'altra materia leggerissima, quanto basti appunto per solleuarla, e tirarla verso la superficie: perchè mutando poi la medesima cera in vna falda sottile, o in qualunque altra figura, il medesimo suuero la solleuerà nello stesso modo a capello.

Non per questo si quietano gli auuersari, ma dicono, che poco importa loro tutto il discorso fatto da me sin qui, e che a lor basta, in vn particolar solo, ed in che materia, e sotto che figura piace loro, cioè in vna assicella, ed in vna palla d'ebano, auer mostrato, che questa, posta nell'acqua, va al fondo, e quella resta a galla: ed essendo la materia la medesima, ne differendo i due corpi in altro, che nella figura, affermano auer, con ogni pienezza, dimostrato, e fatto toccar con mano, quanto doueuano: e finalmente auer conseguito il loro intento. Nondimeno io credo, e penso di poter dimostrare, che tale esperienza non conclude cosa alcuna contro alla mia conclusione.

E, prima, è falso, che la palla vada al fondo, e la tauoletta no; perchè la tauoletta ancora vi va, ogni volta che si farà dell'vna, e dell'altra figura quel tanto, che le parole della nostra quistione importano, cioè che ambedue si pongano nell'acqua:

Le parole furon tali; Che hauendo gli auuersarii opinione che la Figura alterasse i corpi solidi circa il descendere, o non descendere, ascendere, o non ascendere, nell'istesso mezo, come, v. g. [33] nell'acqua medesima in modo che per esemplo vn solido, che sendo di figura sferica andrebbe al fondo, ridotto in qualche altra figura non andrebbe: io stimando 'l contrario, affermauo che vn solido corporeo, il quale, ridotto in figura sferica, o qualunque altra, calasse al fondo, vi calerebbe ancora sotto qualunque altra figura, ec.

Ma esser nell'acqua vuol dire esser locato nell'acqua, e, per la difinizione del luogo del medesimo Aristotile, esser locato importa, esser circondato dalla superficie del corpo ambiente, adunque allora saranno le due figure nell'acqua, quando la superficie dell'acqua le abbraccerà, e circonderà: ma quando gli auuersari mostrano la tauoletta d'ebano non discendente al fondo, non la pongono nell'acqua, ma sopra l'acqua, doue da certo impedimento (che più a basso si dichiarerà) ritenuta, resta parte circondata dall'acqua, e parte dall'aria, la qual cosa è contraria al nostro conuenuto, che fù, che i corpi debbano esser nell'acqua, e non parte in acqua e parte in aria.

Il che si fà altresì manifesto da l'esser stata la questione promossa tanto circa le cose che deuono andare al fondo, quanto circa quelle che dal fondo deuono ascendere a galla, e chi non vede che le cose poste nel fondo deuono esser circondate dall'acqua?

Notisi appresso, che la tauoletta d'ebano, e la palla, poste che sieno dentro all'acqua, vanno amendue in fondo, ma la palla più veloce, e la tauoletta più lenta: e più, e più lenta, secondo che ella sarà più larga, e sottile, e di tale tardità ne è veramente cagione l'ampiezza della figura: ma queste tauolette, che lentamente discendono, son quelle stesse, chè, posate leggiermente sopra l'acqua, galleggiano: adunque se fusse vero quello che affermano gli auuersari, la medesima figura in numero sarebbe cagione nella stessa acqua in numero ora di quiete, e ora di tardità di moto, il che è impossibile: perchè ogni figura particolare, che discende al fondo, è necessario che abbia vna determinata tardità sua propria, e naturale, secondo la quale ella si muoua, sì che ogni altra tardità maggiore, o minore, sia impropria alla sua natura: se dunque vna tauoletta v g. d'vn palmo quadro, discende naturalmente con sei gradi di tardità, è impossibile, che ella discenda con dieci, o con venti, se qualche nuouo impedimento non se le arreca. Molto meno dunque potrà ella, per cagion della medesima figura, quietarsi, e del tutto restare impedita al muouersi, ma bisogna, che qualunque volta ella [34] si ferma, altro impedimento le soprauuenga, che la larghezza della figura. Altro dunque, che la figura è quello, che ferma la tauoletta d'ebano su l'acqua, della qual figura è solamente effetto il ritardamento del moto, secondo 'l quale ella discende più lentamente, che la palla. Dicasi per tanto, ottimamente discorrendo, la vera, e sola cagione dell'andar l'ebano al fondo, esser l'eccesso della sua grauità sopra la grauità dell'acqua: della maggiore, o minor tardità, questa figura più larga, o quella più raccolta: ma del fermarsi non può in veruna maniera dirsi, che ne sia cagione la qualità della figura, sì perchè faccendosi la tardità maggiore, secondo che più si dilata la figura, non è così immensa dilatazione, a cui non possa trouarsi immensa tardità rispondente, senza ridursi alla nullita di moto: si perchè le figure prodotte da gli auuersari per effettrici della quiete, già son le medesime, che vanno anche in fondo.

Io non voglio tacere vn'altra ragione, fondata pur su l'esperienza, e s'io non m'inganno, apertamente concludente, come l'introduzione dell'ampiezza di figura, e della resistenza dell'acqua, all'esser diuisa, non hanno che far nulla, nell'effetto del discendere, o ascendere, o fermarsi nell'acqua. Eleggasi vn legno, o altra materia, della quale vna palla venga dal fondo dell'acqua alla superficie più lentamente, che non va al fondo vna palla d'ebano della stessa grandezza, sì che manifesto sia, che la palla d'ebano più prontamente diuida l'acqua dicendendo, che l'altra ascendendo, e sia tal materia per esemplo il legno di noce. Facciasi dipoi vn'assicella di noce simile, ed eguale a quella d'ebano degli auuersari, la qual resta a galla: e se è vero, che ella ci resti, mediante la figura impotente, per la sua larghezza, a fender la crassizie dell'acqua, l'altra di noce, senza dubbio alcuno, posta nel fondo, vi dourà restare, come manco atta, per lo medesimo impedimento di figura, a diuidere la stessa resistenza dell'acqua. Ma se noi trouerremo, e per esperienza vedremo, che non solamente la tauoletta, ma qualunque altra figura del medesimo noce, verrà a galla, sì come indubitatamente vedremo, e trouerremo, di grazia cessino gli auuersari d'attribuire il soprannotare dell'ebano, alla figura dell'assicella, poichè la resistenza dell'acqua è la stessa, tanto all'insù, quanto all'ingiù, e la forza del noce al venire a galla, è minore, che la forza dell'ebano all'andare in fondo.

Anzi dirò di più, che se noi considereremo l'oro, in comparazion dell'acqua, trouerremo, che egli la supera quasi venti volte in [35] grauità, onde la forza, e l'impeto, col quale va vna palla d'oro al fondo, è grandissimo. All'incontro non mancano materie, come la cera schietta, e alcuni legni, li quali non cedono ne anche due per cento in grauità all'acqua; onde il loro ascendere in quella, è tardissimo, e mille volte più debolè, che l'impeto dello scender dell'oro: tuttauia vna sottil falda d'oro galleggia senza discendere al fondo, e all'incontro non si può fare vna falda di cera, o del detto legno, la quale, posta nel fondo dell'acqua, vi resti senza ascendere. Or se la figura può vietar la diuisione, e impedir la scesa al grandissimo impeto dell'oro, come non sara ella bastante a vietar la medesima diuisione all'altra materia nell'ascendere, doue ella non hà a pena forza per vna delle mille parti dell'impeto dell'oro nel discendere? E dunque necessario, che quello, che trattiene la sottil falda d'oro, o l'assicella d'ebano su l'acqua, sia cosa tale, della qual manchino l'altre falde, e assicelle di materie men graui dell'acqua, mentre, poste nel fondo, e lasciate in libertà, sormontano alla superficie, senza impedimento veruno: mà della figura piana, e larga non mancano elleno, adunque non è la figura spaziosa quella, che ferma l'oro, e l'ebano a galla. Che dunque diremo che sia? Io per me direi, che fusse il contrario di quello, che è cagion dell'andare al fondo, auuegnachè il discendere al fondo, e 'l restare a galla sieno effetti contrari, e degli effetti contrari, contrarie debbono essere le cagioni.

E perchè dell'andare al fondo la tauoletta d'ebano o la sottìl falda d'oro, quando ella vi và, n'è, senz'alcun dubbio, cagione la sua grauità maggior di quella dell'acqua, adunque è forza, che del suo galleggiare, quand'ella si ferma, ne sia cagione la leggerezza, la quale, in quel caso, per qualchè accidente, forse sin'ora non osseruato, si venga con la medesima tauoletta a congiugnere, rendendola non più, come auanti era, mentre si profondaua, più graue dell'acqua, mà meno. Ma tal nuoua leggerezza non può depender dalla figura, sì perchè le figure non aggiungono, ò tolgono il peso, sì perchè nella tauoletta non si fa mutazione alcuna di figura, quand'ella va al fondo, da quello ch'ell'aueua mentre galleggiaua.

Ora tornisi a prender la sottil falda d'oro o d'argento, o vero l'assicella d'ebano, e pongasi leggiermente sopra l'acqua, sì che ella vi resti senza profondarsi, e diligentemente s'osserui l'effetto, che ella fa; vedrassi, prima, quanto sia saldo il detto d'Aristotile e degli auuersari, cioè, che ella resti a galla per la impotenza di fendere e penetrare la resistenza della crassizie dell'acqua: perchè [36] manifestamente apparirà le dette falde non solo auer penetrata l'acqua, ma essere notabilmente più basse, che la superficie di essa, la quale, intorno intorno alle medesime falde, resta eminente, e gli fa quasi vn'argine, dentro la cui profondità, quelle restano notando: e secondo che le dette falde saranno di materia più graue dell'acqua due, quattro, dieci, ò venti volte, bisognerà, che la superficie loro resti inferiore all'vniuersal superficie dell'acqua ambiente tante, e tante volte più, che non è la grossezza delle medesime falde, come più distintamente appresso dimosterremo. Intanto, per più ageuole intelligenza di quanto io dico, attendasi alla presente figura: nella quale intendasi la superficie dell'acqua stesa secondo le linee, FLDB. sopra la quale se si poserà vna tauoletta di materia più graue in ispecie dell'acqua, ma così leggiermente che non si sommerga, ella non le resterà altramente superiore, anzi entrerrà, con tutta la sua grossezza, nell'acqua: e più calerà ancora, come si vede per la tauoletta AI. OI. la cui grossezza tutta si profonda nell'acqua, restandogli intorno gli arginetti LA. DO. dell'acqua, la cui superficie resta notabilmente superiore alla superficie della tauoletta. Or veggasi quanto sia vero, che la detta lamina non vada al fondo, per esser di figura male atta a fender la corpulenza dell'acqua.

M a se ella ha già penetrata, e vinta la continuazione dell'acqua, ed è, di sua natura, della medesima acqua più graue, per qual cagione non seguita ella di profondarsi, ma si ferma, e si sospende dentro a quella picciola cauità, che col suo peso si è fabbricata nell'acqua? Rispondo: perchè nel sommergersi sin che la sua superficie arriua al liuello di quella dell'acqua, ella perde vna parte della sua grauità, e 'l resto poi lo va perdendo nel profondarsi, e abbassarsi, oltre alla superficie dell'acqua, la quale, intorno intorno li fa argine, e sponda, e tal perdita fa ella mediante il tirarsi dietro, e far seco discender l'aria superiore, e a se stessa, per lo contatto, aderente, la quale aria succede a riempier la cauità circondata da gli arginetti dell'acqua, sì che quello, che, in questo caso, discende, e vien locato nell'acqua, non è la sola lamina, o tauoletta d'ebano, o di ferro, ma vn composto d'ebano, e d'aria, dal quale ne risulta vn [37] solido non più in grauità superiore all'acqua, come era il semplice ebano, ò 'l semplice oro. E se attentamente si considererà quale, e quanto sia il solido, che in questa esperienza entra nell'acqua, e contrasta con la di lei grauità, scorgerassi esser tutto quello, che si ritroua sotto alla superficie dell'acqua, il che è vn'aggregato, e composto d'vna tauoletta d'ebano, e di quasi altrettanta aria, vna mole composta d'vna lamina di piombo, e dieci, o dodici tanti d'aria. Ma Signori auuersari, nella nostra quistione si ricerca la identità della materia, e solo si dee alterar la figura, però rimouete quell'aria, la quale, congiunta con la tauoletta, la fa diuentare vn altro corpo men graue dell'acqua, e ponete nell'acqua il semplice ebano, chè certamente voi vedrete la tauoletta scendere al fondo, e se ciò non succede, aurete vinto la lite. E per separare l'aria dall'ebano, non ci vuole altro, che sottilmente bagnar con la medesima acqua la superficie di essa tauoletta, perchè, interposta così l'acqua tra la tauola, e l'aria, l'altr'acqua circonfusa scorrerà senza intoppo, e riceuerà in se, come conuiene, il solo e semplice ebano.

Ma io sento alcuno degli auuersari acutamente farmisi incontro, e dirmi, ch'e' non vogliono altramente, che la lor tauoletta si bagni, perchè il peso aggiuntole dall'acqua, col farla più graue, che prima non era, la tira egli al fondo, e che l'aggiugnerle nuouo peso è contro alla nostra conuenzione, che è, che la materia debba esser la medesima.

A questo rispondo, primieramente: che trattandosi di quello, che operi la figura, circa i solidi posti nell'acqua, non debbe alcuno desiderar, che sieno posti nell'acqua, senza bagnarsi, ne io domando che si faccia della tauoletta altro che quel che si fa della palla. In oltr'è falso, che la tauoletta vada al fondo in virtù del nuouo peso aggiuntole dall'acqua col semplicemente, e sottilissimamente bagnarla: perchè io metterò dieci, e venti gocciole d'acqua sopra la medesima tauoletta, mentre che ella è sostenuta sù l'acqua, le quali gocciole, purchè non si congiungano con l'altr'acqua circunfusa, non la grauerranno sì, che ella si profondi: ma se tolta fuori la tauoletta, e scossa via tutta l'acqua, che vi aggiunsi, bagnerò, con vna sola piccolissima goccia, la sua superficie, e tornerò a posarla sopra l'acqua, senza dubbio ella si sommergerà, scorrendo l'altr'acqua à ricoprirla, non ritenuta dall'aria superiore, la qual'aria, per l'interposizione del sottilissimo velo dell'acqua, che le leua la contiguità dell'ebano, senza renitenza si separa, ne contrasta [38] punto alla succession dell'altr'acqua: anzi pure per meglio dire, discenderà ella liberamente, perchè già si troua tutta circondata, e coperta dall'acqua, quanto prima la sua superior superficie, già velata d'acqua, arriua al liuello della superficie totale di essa acqua. Il dir poi, che l'acqua possa accrescer peso àlle cose, che in essa sieno collocate, è falsissimo, perchè l'acqua nell'acqua non ha grauità veruna, poichè ella non vi discende: anzi se vorremo ben considerare quello che faccia qualunque immensa mole d'acqua, che sia soprapposta ad vn corpo graue che in quella sia locato, trouerremo, per esperienza, che ella, per l'opposito, più tosto gli diminuisce in gran parte il peso, e che noi potremmo solleuar tal pietra grauissima dal fondo dell'acqua, che rimossa l'acqua non la potremo altramente alzare. Ne sia chi mi replichi, che benchè l'acqua soprapposta non accresca grauità alle cose che sono in essa, pur l'accresce ella à quelle, che galleggiano, e che sono parte in acqua e parte in aria, come si vede per esemplo, in vn catino di rame, il quale, mentre sarà voto d'acqua, e pieno solamente d'aria, starà a galla, ma infondendoui acqua diuerrà sì graue, che discenderà al fondo, e ciò per cagion del nuouo peso, aggiuntogli. A questo io tornerò a risponder come disopra, che non è la grauità dell'acqua contenuta dentro al vaso quella, che lo tira al fondo, ma la grauità propria del rame superiore alla grauità in ispecie dell'acqua: chè se 'l vaso fosse di materia men graue dell'acqua, non basterebbe l'Oceano a farlo sommergere. E siemi permesso di replicare, come fondamento, e punto principalissimo nella presente materia, che l'aria contenuta dentro al vaso, auanti la infusion dell'acqua, era quella, che lo sosteneua a galla, auuegnachè di lei, e del rame si faceua vn composto men graue d'altrettanta acqua: e 'l luogo che occupa il vaso nell'acqua, mentre galleggia, non è eguale al rame solo, ma al rame, e all'aria insieme, che riempie quella parte del vaso, che sta sotto il liuello dell'acqua. Quando poi s'infonde l'acqua, si rimuoue l'aria, e fassi vn composto di rame, e d'acqua più graue in ispecie dell'acqua semplice, ma non in virtù dell'acqua infusa, la quale abbia maggior grauità in ispecie dell'altr'acqua, ma si bene, per la grauità propria del rame, e per l'alienazion dell'aria. Ora, sì come quel che dicesse, il rame, che per sua natura va al fondo, figurato in forma di vaso, acquista da tal figura virtù di star nell'acqua senza discendere, direbbe il falso: perchè il rame, figurato in qualunque figura, va sempre al fondo, purchè quello, che si pon nell'acqua sia semplice [39] rame: e non è la figura del vaso quella, che fa galleggiare il rame, ma il non esser semplice rame quello, che si pone in acqua, ma vn'aggregato di rame e d'aria, così ne più ne meno è falso, che vna sottil falda di rame, o d'ebano galleggi in virtù della sua figura spaziosa, e piana, ma bene è vero, che ella resta senza sommergersi, perchè quello, che si pon nell'acqua, non è rame schietto, o semplice ebano, ma vn'aggregato di rame, e d'aria, o d'ebano, e d'aria. E questo non è contro alla mia conclusione, il quale auendo veduto mille volte vasi di metalli, e sottili falde di varie materie graui galleggiare, in virtù dell'aria congiunta a quelli, affermai, che la figura non era cagion dell'andare, o non andare al fondo nell'acqua i solidi, che in quella fossero collocati. Ma più io non tacerò, anzi dirò agli auuersari, che questo nuouo pensiero di non voler, che la superficie della tauoletta si bagni, può destar nelle terze persone concetto di scarsità di difesa, per la parte loro; posciachè tal bagnamento, sul principio della nostra quistione, non daua lor fastidio, e non ne faceuano caso alcuno, auuegnachè l'origine della disputa fusse sopra 'l galleggiar delle falde di ghiaccio, le quali troppo semplice cosa sarebbe 'l contender, che fosser di superficie asciutta: oltre che, o asciutta, o bagnata che sia, sempre galleggian le falde di ghiaccio, e pur per detto degli auuersari, per cagion della figura.

Potrebbe per auuentura, ricorrere alcuno al dire, che bagnandosi l'assicella d'ebano, anche nella superficie superiore, ella fusse, benchè per sè stessa inabile a fendere e penetrar l'acqua, sospinta al basso, se non dal peso dell'acqua aggiuntale, almeno da quel desiderio, e inclinazione, che hanno le parti superiori dell'acqua, al ricongiugnersi e riunirsi: dal mouimento delle quali parti, essa tauoletta venisse in vn certo modo, spinta al basso.

Tal debolissimo refugio verrà leuato via, se si considererà, che quanta è la 'nclinazion delle parti superiori dell'acqua al riunirsi, tanta è la repugnanza delle inferiori all'esser disunite: ne si potendo riunir le superiori senza spignere in giù l'assicella, ne potendo ella abbassarsi, senza disunir le parti dell'acqua sottoposta, ne seguita in necessaria conseguenza, che, per simili rispetti, ella non debba discendere. Oltre che lo stesso che vien detto delle parti superiori dell'acqua, può, con altrettanta ragione, dirsi delle inferiori, cioè che, desiderando di riunirsi, spigneranno la medesima assicella in sù.

Forse alcuno di quei Signori, che dissentono da me, si [40] marauiglierà che io affermi, che l'aria contigua superiore sia potente a sostener quella laminetta di rame, o d'argento, che su l'acqua si trattiene: come che io voglia in vn certo modo dare vna quasi virtù di calamìta all'aria, di sostenere i corpi graui, co' quali ella è contigua. Io per soddisfare, per quanto m'è permesso, a tutte le difficultà, sono andato pensando di dimostrare, con qualche altra sensata esperienza, come veramente quella poca d'aria contigua, e superiore sostien que' solidi, che essendo, per natura, atti a discendere al fondo, posti leggiermente su l'acqua, non si sommergono, se prima non si bagnano interamente: e ho trouato, che sceso, che sia vn di tali corpi al fondo, col mandargli, senza altramente toccarlo, vn poco d'aria, la quale con la sommità di quello si congiunga, ella è bastante non solo, come prima faceua, a sostenerlo, ma a solleuarlo e ricondurlo ad alto: doue nella stessa maniera si ferma, è resta, sin che l'aiuto dell'aria congiuntagli, non gli vien manco. E a questo effetto ho fatto vna palla di cera, e fattala con vn poco di piombo tanto graue, che lentamente discenda al fondo, faccendo di più la sua superficie ben tersa, e pulita: e questa, posata pian piano nell'acqua, si sommerge quasi tutta, restando solamente vn poco di sommità scoperta, la quale, fin che starà congiunta con l'aria, tratterrà la palla in alto, ma tolta la contiguità dell'aria, col bagnarla, discenderà in fondo, e quiui resterà. Ora per farla in virtù dell'aria medesima, che dianzi la sosteneua, ritornare ad alto, e fermaruisi appresso, spingasi nell'acqua vn bicchiere riuolto, cioè con la bocca in giù, il quale porterà seco l'aria da lui contenuta, e questo si muoua verso la palla, abbassandolo tanto, che si vegga, per la trasparenza del vetro, che l'aria contenuta dentro arriui alla sommità della palla; di poi ritirisi in su lentamente il bicchiere, e vedrassi la palla risorgere, e restare anche di poi ad alto, se con diligenza si separerà il bicchiere dall'acqua, sì che ella non si commuoua e agiti di souerchio. E dunque tra l'aria, e gli altri corpi, vna certa affinità, la quale gli tiene uniti, sì che, non senza qualche poco di violenza, si separano. Lo stesso, parimente si vede nell'acqua, perchè, se tufferemo in essa qualche corpo, sì che si bagni interamente, nel tirarlo poi fuor pian piano, vedremo l'acqua seguitarlo, e solleuarsi notabilmente sopra la sua superficie, auanti che da quello si separi. I corpi solidi ancora, se saranno di superficie in tutto simili, sì che esquisitamente si combacino insieme, ne tra di loro resti aria, che si distragga nella separazione, e ceda, sin che l'ambiente [41] succeda a riempier lo spazio, saldissimamente stanno congiunti, ne senza gran forza si separano: ma perchè l'aria, l'acqua, e gli altri liquidi molto speditamente si figurano al contatto de' corpi solidi, sì che la superficie loro esquisitamente s'adatta a quella de' solidi, senza che altro resti tra loro: però più manifestamente, e frequentemente si riconosce in loro l'effetto di questa copula, e aderenza, che ne' corpi duri, le cui superficie dirado congruentemente si congiungono. Questa è dunque quella virtù calamitica, la quale, con salda copula, congiugne tutti i corpi, che senza interposizione di fluidi cedenti si toccano: e chi sa, che vn tal contatto, quando sia esquisitissimo, non sia bastante cagione dell'unione e continuità delle parti del corpo naturale?

Ora, seguitando il mio proposito, dico: che non occorre, che ricorriamo alla tenacità, che abbiano le parti dell'acqua tra di loro, per la quale contrastino, e resistano alla diuisione, distrazione, e separazione, perchè tale coerenza, e repugnanza alla diuisione non vi è, perchè, se ella vi fosse, sarebbe non meno nelle parti interne, che nelle più vicine alla superficie superiore, tal che la medesima tauoletta, trouando sempre lo stesso contrasto, e renitenza, non men si fermerebbe a mezzo l'acqua che circa la superficie, il che è falso. In oltre qual resistenza si potrà porre nella continuazion dell'acqua, se noi veggiamo essere impossibil cosa il ritrouar corpo alcuno, di qualunque materia, figura, e grandezza, il quale, posto nell'acqua, resti dalla tenacità delle parti tra di loro di essa acqua, impedito, sì che egli non si muoua in su, o in giù, secondo che porta la cagion del suo mouimento? E qual maggiore esperienza di ciò ricercheremo noi, di quella, che tutto il giorno veggiamo nell'acque torbide, le quali riposte in vasi, ad vso di bere, ed essendo, dopo la deposizione d'alcune ore ancora, come diciamo noi, albicce, finalmente dopo il quarto, o 'l sesto giorno, depongono il tutto, restando pure e limpide; ne può la loro resistenza alla penetrazione fermare quegli impalpabili, e insensibili atomi di rena, che, per la loro minimissima forza, consumano sei giorni a discendere lo spazio di mezzo braccio?

Ne sia chi dica, assai chiaro argomento della resistenza dell'acqua all'esser diuisa esser il veder noi cosi sottili corpicelli consumar sei giorni à scender per si breue spazio: perchè questo non è repugnare alla diuisione, mà ritardare vn moto; e sarebbe semplicità il dire che vna cosa repugni alla diuisione, e che intanto [42] si lasci diuidere: ne basta introdur per gl'auuersarij cause ritardanti il moto, essendo bisognosi di cosa che totalmente lo vieti, ed apporti la quiete; bisogna dunque ritrouar corpi che si fermino nell'acqua, chi vuol mostrar la sua repugnanza alla diuisione, e non che solamente vi si muoui nno con tardità.

Qual dunque è questa crassizie dell'acqua, con la quale ella repugna alla diuisione? quale, per nostra fe sarà ella, se noi (pur come ho anche detto di sopra) con ogni diligenza tentando di ridurre vna materia tanto simile in grauità all'acqua, che, formandola anche in vna larghissima falda, resti sospesa, come diciamo, tra le due acque, è impossibile il conseguirlo, benchè ci conduciamo a tal similitudine d'equiponderanza, che tanto piombo, quanto è la quarta parte d'vn grano di miglio, aggiunto a detta larghissima falda, che in aria peserà quattro, o sei libbre, la conduce al fondo, e detratto, ella viene alla superficie dell'acqua? Io non so vedere (se è vero quanto io dico, sì come è verissimo) qual minima virtù, e forza s'abbia a poter ritrouare, o immaginare, della quale la renitenza dell'acqua, all'esser diuisa, e distratta, non sia minore, dal che, per necessità, si conclude, che ella sia nulla: perchè se ella fosse di qualche sensibil potere, qualche larga falda si potrebbe ritrouare ò comporre di materia simile in grauità all'acqua, la quale non solamente si fermasse tra le due acque, ma non si potesse, senza notabil forza, abbassare, ò solleuare. Potremmo parimente la stessa verità raccorre da vn'altra esperienza, mostrando come l'acqua, nello stesso modo cede anche alla diuision trasuersale, perché, se nell'acqua ferma, e stagnante, locheremo qualunque grandissima mole, la quale non vada al fondo, tirandola con vn solo capello di donna, la condurremo di luogo in luogo, senza contrasto alcuno, e sia pur la sua figura qual'esser si voglia, sì che ella abbracci grande spazio d'acqua, come farebbe vna gran traue, mossa per trauerso. Forse alcuno mi si potrebbe opporre, dicendo, che se la resistenza dell'acqua, all'esser diuisa, fusse, come affermo io, nulla, non douerrieno i nauili auer bisogno di tanta forza di remi, ò di vele, per esser nel mar tranquillo, o negli stagnanti laghi di luogo in luogo sospinti. A chi facesse tali opposizioni io risponderei, che l'acqua non contrasta, o repugna semplicemente all'esser diuisa, ma sì bene all'esser diuisa velocemente, e con tanta maggior renitenza, quanta la velocità è maggiore: e la cagion di tal resistenza non depende da crassizie, o altro, che assolutamente contrasti alla diuisione, ma perchè le parti diuise [43] dell'acqua, nel dar luogo a quel solido che in essa si muoue, bisogna che esse ancora localmente si muouano, parte a destra, e parte à sinistra, e parte ancora all'ingiù: e ciò conuiene, che facciano non meno l'acque antecedenti al nauilio, o altro corpo, che per l'acqua discorra, quanto le posteriori, e susseguenti: perchè procedendo auanti il nauilio, per farsi luogo capace, per riceuere la sua grossezza, e forza che con la prora sospinga tanto a destra, quanto a sinistra, le prossime parti dell'acqua, e che trasuersalmente le muoua per tanto spazio, quanto è la metà della sua grossezza, e altrettanto viaggio debbano far l'acque, che, succedendo alla poppa, scorrono dalle parti esterne della naue, verso quelle di mezzo, a riempier successiuamente i luoghi, che il nauilio, nell'auanzarsi auanti va lasciando voti di se. Ora, perchè tutti i mouimenti si fanno con tempo, e i più lunghi in maggior tempo: ed essendo, di più, vero, che quei corpi, che dentro à qualche tempo son mossi da qualche potenza per tanto spazio, non saranno per lo medesimo spazio, e in tempo più breue, mossi, se non da maggior potenza: però i nauili più larghi, più lentamente si muouono che i più stretti, spinti da forze gunli: e 'l medesimo vassello tanto maggior forza di vento, ò di remi richiede, quanto più velocemente dee essere spinto.

Ma non è già che qual si voglia gran mole, che galleggi nell'acqua stagnante, non possa esser mossa da qualunque minima forza, e solo è vero che minor forza più lentamente la muoue: ma quando la resistenza dell'acqua all'esser diuisa fosse in alcun modo sensibile, conuerrebbe che detta mole à qualche sensibil forza restasse al tutto immobile, il che non auuiene. Anzi dirò di più, che quando noi ci ritirassimo a più interna contemplazione della natura dell'acqua, e de gl'altri fluidi, forse scorgeremmo, la costituzione delle parti loro esser tale, che non solamente non contrasti alla diuisione, mà che niente vi sia che à diuider s'abbia; sì che la resistenza, che si sente nel muouersi per l'acqua, sia simile à quella, che prouiamo nel caminar' auanti per vna gran calca di persone, doue sentiamo impedimento, e non per difficoltà, che si habbia nel diuidere, non si diuidendo alcuno di quelli onde la calca è composta, mà solamente nel muouer lateralmente le persone già diuise, e non congiunte; e così prouiamo resistenzia nel cacciare vn legno in vn monte di rena, non perche parte alcuna della rena si abbia à segare, mà solamente a muouere e solleuare. Due maniere pertanto, di [44] penetrare ci si rappresentano, vna ne i corpi, le cui parti fosser' continue, e quì par necessaria la diuisione, l'altra negl'aggregati di parti non continoe, mà contigue solamente, e qui non fa bisogno di diuidere, mà di muouer solamente; hora io non son ben resoluto se l'acqua, e gl'altri fluidi si deuono stimar di parti continue, ò contigue solamente, sento ben inclinarmi al crederle più presto contigue, (quando non sia in natura altra maniera di aggregare che con l'vnione, ò col toccamento de gl'estremi) e a ciò m'induce il veder gran differenza tra la copula delle parti di vn corpo duro, e la copula delle medesime parti, quando l'istesso corpo sarà fatto liquido, e fluido; perchè, se, per esemplo, io piglierò vna massa d'argento, ò altro metallo freddo e duro, sentirò nel diuiderlo in due parti, non solo la resistenza, che si sentirebbe al muouerle solamente, mà vn'altra incomparabilmente maggiore, dependente da quella virtù, qualunque ella sia, che le tiene attaccate, e così se vorremo diuidere ancora le dette due parti in altre due, e successiuamente in altre, & altre, trouerremo continuamente simili resistenze, mà sempre minori, quanto più le parti da diuidersi saranno piccole; mà quando finalmente, adoprando sottilissimi, e acutissimi strumenti, quali sono le più tenui parti del fuoco, lo solueremo, forse nell'ultime, e minime sue particelle, non resterà in loro più, non solo la resistenza alla diuisione, mà ne anco il poter più esser diuise, e massime da strumenti più grossi de gli aculei del fuoco: e qual sega, o coltello, che si metta nell'argento ben fuso, trouerà da diuidere cosa che sia auanzata al partimento del fuoco? certo nissuna, perchè o 'l tutto sarà già stato ridotto alle sottilissime, e vltime diuisioni, ò se pure vi restassero parti capaci ancora di altre suddiuisioni, non potriano riceuerle se non dà diuisori più acuti del fuoco; mà tale non è vn'assicella, ò vna verga di ferro, che si mouesse per il metallo fuso. Di costituzione, e positura simile stimo esser le parti dell'acqua, e de gl'altri fluidi, cioè, incapaci di esser diuise per la lor tenuità; ò se pur non in tutto indiuisibili, al meno certo non diuisibili da vna tauola, ò da altro corpo solido trattabile dalle nostre mani, douendo la sega esser più sottile, del solido da segarsi. Muouono dunque solamente, e non diuidono, i corpi solidi che si pongono nell'acqua, le cui parti essendo già diuise sino à i minimi, e perciò potendo esserne mosse molte insieme, e poche, e pochissime, dan subito luogo ad [45] ogni piccolo corpuscolo che in esse descenda, perchè, per minimo, e leggiero chè sia scendendo nell'aria, e arriuando alla superficie dell'acqua, troua particelle di acqua più piccole, e di resistenza minore all'esser mosse, e scacciate, che non è la forza sua propria premente, e scacciante, onde e si tuffa, e ne muoue quella porzione, che è proporzionata alla sua possanza. Non è dunque resistenza alcuna nell'acqua all'esser diuisa, anzi non vi son parti che a diuider s'abbino. Soggiungo appresso che quando pure vi si trouasse qualche minima resistenza (il che assolutamente è falsissimo) forse nel voler con vn capello muouer vna grandissima macchina natante, ò nel voler con la giunta di vn minimo grano di piombo far descendere al fondo, o con la suttrazzione far salire alla superficie, vna gran falda di materia similissima in grauità all'acqua (il che parimente non accaderà quando si operi destramente); notisi che vna cotal resistenza è cosa diuersissima da quella che gli auuersarii producono per causa del galleggiar le falde di piombo ò l'assicelle d'ebano, perchè si potrà fare vna tauola d'ebano, che posata su l'acqua galleggi, ne sia bastante anco la giunta di cento grani di piombo posatiui sopra, à sommergerla, che poi, bagnata, non solo descenderà leuati i detti piombi, mà non basteranno alcuni sugheri, ò altri corpi leggieri attaccatigli à ritenerla dallo scender sino al fondo; Hor veggasi, se, dato anco che nella sustanza dell'acqua si trouasse qualche minima resistenza alla diuisione, questa hà che far nulla con quella causa, che sostien l'assicella sopra l'acqua, con resistenza centomila volte maggiore di quella che altri potesse ritrouar nelle parti dell'acqua; nè mi si dica, che la superficie solamente dell'acqua hà tal resistenza, ma non le parti interne, ò veramente che tal resistenza si troua grandissima nel cominciare à fendere, come anco par, che nel cominciare il moto si troui maggior contrasto, che nel continuarlo; perchè prima io permetterò che l'acqua si agiti, e si confondano le parti supreme con le medie, e con l'infime, o vero che si leuino totalmente via quelle di sopra, e si adoprino quelle di mezo; e tuttauia si vedrà far l'effetto stesso; di più, quel capello che tira vna traue per l'acqua hà pur a diuider le parti supreme, & hà anco à cominciare il moto, e pur lo comincia, e pur le diuide; e finalmente mettasi l'assicella à mezz'acqua, e quiui si tenga sospesa vn pezzo, e ferma, e poi lascisi in [46] libertà, che ella subito comincerà il moto, e lo continuerà sino al fondo; ma, di più la tauoletta quando si ferma sopra l'acqua hà già non pur cominciato à muouersi & à diuidere, ma per buono spazio si è affondata:

Riceuasi dunque, per vera, e indubitata conclusione, che l'acqua non ha renitenza alcuna alla semplice diuisione e che non è possibile il ritrouar corpo solido alcuno, di qualunque figura esser si voglia, al quale, messo nell'acqua, resti dalla crassizie di quella proibito, e tolto il muouersi in sù, o in giù, secondochè egli supererà, o sarà superato dall'acqua in grauità, ancorchè l'eccesso, e differenza sia insensibile. Quando dunque noi vediamo la falda d'ebano, o d'altra materia, più graue dell'acqua, trattenersi a' confini cell'acqua, e dell'aria, senza sommergersi, ad altro fonte bisogna, che ricorriamo, per inuestigar la cagion di cotale effetto, che alla larghezza della figura impotente a superar la renitenza, con la quale l'acqua contrasta alla diuisione, già che tal resistenza non è, e da quello, che non è non si dee attendere azione alcuna. Resta dunque, come già s'è detto, verissimo, ciò auuenire, perchè quello, che si posa in tal modo su l'acqua, non è il medesimo corpo, che quello che si mette nell'acqua: perchè questo, che si mette nell'acqua, è la pura falda d'ebano, che, per esser più graue dell'acqua, va al fondo, e quello, che si posa su l'acqua, è vn composto d'ebano, e di tanta aria, che tra ambedue sono in ispecie men graui dell'acqua, e però non discendono.

Confermo ancor piu questo ch'io dico. Già, SS. auuersari noi conuegniamo, che la grauità del solido, maggiore o minore della grauità dell'acqua, è vera, e proprijssima cagione dell'andare o non andare al fondo. Ora, se voi volete mostrare, che oltre alla detta cagion, ce ne sia vn'altra, la qual sia così potente, che possa impedire, e rimuouere l'andare al fondo a quei solidi medesimi, che per loro grauità vi vanno, e questa dite che è l'ampiezza della figura, voi siete in obbligo, qualunque volta vogliate mostrare vna tale esperienza, di render prima i circustanti sicuri, che quel solido, che voi ponete nell'acqua, non sia men graue in ispecie di lei, perchè quando voi ciò non faceste, ciascuno potrebbe, con ragion dire che non la figura, ma la leggerezza fosse cagion di tal galleggiare. Ma io vi dico, che, quando voi mostrate di metter nell'acqua l'assicella d'ebano, non vi ponete altramente vn solido più graue in ispecie dell'acqua, ma vn più leggiere, perchè, oltr'all'ebano, è in acqua vna mole d'aria, vnita con l'assicella, tanta, e così leggiera, che [47] d'amendue si fa vn composto men graue dell'acqua: rimouete per tanto l'aria, e ponete nell'acqua l'ebano solo, che così vi porrete vn solido più graue dell'acqua; e se questo non andrà in fondo, voi bene aurete filosofato, e io male.

Ora, poi ch'e' s'è ritrouata la vera cagion del galleggiar di quei corpi, che per altro, come più graui dell'acqua, dourieno discendere in fondo, parmi, che per intera, e distinta cognizion di questa materia, sia bene l'andar dimostratiuamente scoprendo quei particolari accidenti, che accaggiono intorno a cotali effetti, inuestigando quali proporzioni debbano auer diuerse figure di differenti materie, con la grauità dell'acqua, per potere, in virtù dell'aria contigua, sostenersi a galla.

S ia dunque, per chiara intelligenza, il vaso DFNE. nel quale sia contenuta l'acqua, e sia vna lamina, o tauoletta, la cui grossezza venga compresa tra le linee IC. OS. e sia di materia più graue dell'acqua, sì che posta su l'acqua s'auualli, e abbassi sotto il liuello di essa acqua, lasciando gli arginetti AI. BC. li quali sien della massima altezza, che esser possano, in modo che, se la lamina IS. s'abbassasse ancora, per qualsiuoglia minimo spazio, gli arginetti non più consistessero, ma scacciando l'aria AICB. si diffondessero sopra la superficie IC. e sommergessero la lamina. E. dunque l'altezza AI. BC. la massima profondità, che ammettono gli arginetti dell'acqua. Ora io dico, che da questa, e dalla proporzione, che aurà in grauità la materia della lamina all'acqua, noi potremo ageuolmente ritrouar di quanta grossezza, al più, si possano fare le dette lamine, acciò si sostengano sù l'acqua: imperocchè, se la materia della lamina IS. sarà, v. gr: il doppio più graue dell'acqua, vna lamina di tal materia potrà esser grossa, al più, quanto è l'altezza massima degli argini, cioè quanto è l'altezza AI. il che dimosterremo così. Sia il solido IS. di grauità doppia alla grauità dell'acqua, e sia o prisma, o cilindro retto, cioè, che abbia le due superficie piene superiore, e inferiore simili ed eguali, e a squadra con l'altre superficie laterali, e sia la sua grossezza IO. eguale all'altezza massima degli argini dell'acqua; dico che posto su l'acqua non si sommergerà, imperocchè essendo l'altezza AI. eguale all'altezza IO. sarà la mole dell'aria ABCI. eguale alla mole del solido CIOS. e tutta la mole AOSB. doppia della mole [48] IS. e auuegnachè la mole dell'aria AC. non cresca o diminuisca la grauità della mole IS. e 'l solido IS. si pone doppio in grauità all'acqua, adunque tant'acqua, quanta è la mole sommersa AOSB. composta dell'aria AICB. e del solido IOSC. pesa appunto quanto essa mole sommersa AOSB. Ma quando tanta mole d'acqua, quanta è la parte sommersa del solido, pesa quanto lo stesso solido, esso non discende più, ma si ferma, come da Archimede, e sopra da noi, è stato dimostrato. Adunque IS. non discenderà più, ma si fermerà. E se il solido IS. sarà in grauità sesquialtero all'acqua, resterà a galla, sempre che la sua grossezza non sia più che 'l doppio dell'altezza massima dell'argine, cioè di AI. Imperocchè essendo IS. sesquialtero in grauità all'acqua, ed essendo l'altezza OI. doppia della IA. sarà ancora il solido sommerso AOSB. sesquialtero in mole al solido IS. E perchè l'aria AC. non cresce, o scema, il peso del solido IS. adunque tanta acqua, quanta è la mole sommersa AOSB. pesa quanto essa mole sommersa: adunque tal mole si fermerà. E in somma vniuersalmente, ogni volta che l'eccesso della grauità del solido, sopra la grauità dell'acqua, alla grauità dell'acqua aurà la medesima proporzione, che l'altezza dell'arginetto alla grossezza del solido, tal solido non andrà al fondo; ma d'ogni maggior grossezza, andrebbe.

Sia il solido IS. più graue dell'acqua, e di grossezza tale, che tal proporzione abbia l'altezza dell'argine AI. alla grossezza del solido IO. quale ha l'eccesso della grauità di esso solido IS. sopra la grauità d'vna mole d'acqua eguale alla mole IS. alla grauità della mole d'acqua eguale alla mole IS. dico, che il solido IS. non si sommergerà, ma d'ogni maggior grossezza andrà al fondo: imperocchè essendo come AI. ad IO. così l'eccesso della grauità del solido IS. sopra la grauità d'vna mole d'acqua eguale alla mole IS. alla grauità della medesima mole d'acqua, sarà componendo come AO. ad. OI. così la grauità del solido IS. alla grauità d'vna mole d'acqua eguale alla mole IS. e, conuertendo, come IO. ad OA. così la grauità d'vna mole d'acqua eguale alla mole IS. alla grauità del solido IS. ma come IO. ad OA, così vna mole d'acqua IS. ad vna mole d'acqua eguale alla mole ABSO. e la grauità d'vna mole d'acqua IS. alla grauità d'vna mole d'acqua AS. Adunque come la grauità d'vna mole d'acqua eguale alla mole IS. alla grauità del solido IS. così la medesima grauità d'vna mole d'acqua IS. alla grauità d'vna mole d'acqua AS. adunque la grauità del solido IS. è eguale alla grauità [49] d'vna mole d'acqua eguale alla mole AS. ma la grauità del solido IS. è la medesima, che la grauità del solido AS. composto del solido IS. e dell'aria ABCI. adunque tanto pesa tutto il solido composto AOSB. quanto pesa l'acqua, che si conterrebbe nel luogo di esso composto AOSB. e però si farà l'equilibrio, e la quiete, nè più si profonderà esso solido IOSC. ma se la sua grossezza IO. si crescesse, bisognerebbe crescere ancora l'altezza dell'argine AI. per mantener la debita proporzione: ma, per lo supposto l'altezza dell'argine AI. è la massima che la natura dell'acqua, e dell'aria permettano, senza che l'acqua scacci l'aria aderente alla superficie del solido IC. e ingombri lo spazio AICB. Adunque solido di maggior grossezza che IO. e della medesima materia del solido IS. non resterà senza sommergersi, ma discenderà al fondo, che è quello, che bisognaua dimostrare. In conseguenza di questo, che s'è dimostrato, molte, e varie conclusioni si posson raccorre, dalle quali più e più sempre venga confermata la verità della mia principal proposizione, e scoperto quanto imperfettamente sia stato sin ora filosofato, circa la presente quistione.

E prima, raccogliesi dalle cose dimostrate, che tutte le materie, ancorchè grauissime, possono sostenersi su l'acqua, sino allo stesso oro, graue più d'ogni altro corpo conosciuto da noi: perchè, considerata la sua grauità esser quasi venti volte maggior di quella dell'acqua, e, più, determinata l'altezza massima dell'argine, che può far l'acqua, senza rompere il ritegno dell'aria aderente alla superficie del solido, che si posa su l'acqua, se noi faremo vna lamina d'oro così sottile, che non ecceda in grossezza la diciannouesima parte dell'altezza del detto arginetto, questa, posata leggiermente su l'acqua, resterà senza andare in fondo: e se l'ebano, per caso, sarà in proporzione sesquisettima più graue dell'acqua, la massima grossezza, che si possa dare ad vna tauoletta d'ebano, sì che ella possa sostenersi senza sommergersi, sarà sette uolte più, che l'altezza dell'arginetto. Lo stagno, v. g. otto volte più graue dell'acqua galleggerà, ogni volta che la grossezza della sua lamina non ecceda la settima parte dell'altezza dell'arginetto.

E già non voglio passar sotto silenzio di notare, come vn secondo corollario dependente dalle cose dimostrate, che l'ampiezza della figura non solamente non è cagion del galleggiar quei corpi graui, che per altro si sommergono, ma ne anche da lei depende il [50] determinare quali sieno quelle falde d'ebano, di ferro, o d'oro, che possano stare a galla; anzi tal determinazione, dalla sola grossezza di esse figure d'ebano, o d'oro si dee attendere, escludendo totalmente la considerazione della lunghezza, e della larghezza, come quelle, che in verun conto non hanno parte in questo effetto.

Già si è fatto manifesto, come cagione del galleggiare le dette falde, ne è solamente il ridursi ad esser men graui dell'acqua, mercè dell'accoppiamento di quell'aria, che insieme con loro discende, e occupa luogo nell'acqua, il qual luogo occupato, se auanti che l'acqua circunfusa si sparga ad ingombrarlo, sarà capace di tant'acqua, che pesasse quanto la falda, resta la falda sospesa su l'acqua ne più si sommerge.

Or veggasi da quale delle tre dimensioni del solido dependa il determinare quale, e quanta debba esser la mole di quello, acciocchè l'aiuto dell'aria, che se le accoppierà, possa esser bastante a renderlo men graue in ispecie dell'acqua, ond'egli resti senza sommergersi; trouerrassi, senz'alcun dubbio, che la lunghezza, o larghezza, non hanno che fare in simil determinazione, ma solamente l'altezza, o vogliam dir la grossezza: imperocchè, se si piglierà vna falda, o tauoletta, per esemplo, d'ebano, la cui altezza alla massima possibile altezza dell'arginetto abbia la proporzione dichiarata di sopra, il perchè ella soprannuoti sì, ma non già se s'accresce punto la sua grossezza, dico che seruata la sua grossezza, e crescendo due quattro e dieci volte la sua superficie, o scemandola col diuiderla in quattro, o sei, o venti, e cento parti, sempre resterà nel medesimo modo a galla: ma se si crescerà solo vn capello, la sua grossezza sempre si profonderà, quando bene la superficie si multiplicasse, per cento, e cento volte. Ora conciossiacosa chè, quella sia cagione, la qual posta si pon l'effetto, e tolta si toglie, e per crescere o diminuire in qualunque modo la larghezza, e lunghezza, non si pone, ò rimuoue l'effetto d'andare, o non andare al fondo: adunque l'ampiezza, o picciolezza della superficie non hanno azione alcuna, circa l'andare, o non andare al fondo. E che, posta la proporzione dell'altezza dell'argine all'altezza del solido nel modo di sopra detto, la grandezza, o piccolezza della superficie, non faccia variazione alcuna, è manifesto da quello, che di sopra si è dimostrato, e da questo; che i prismi, e i cilindri, che hanno la medesima base, son fra di loro, come l'altezze: onde i cilindri, o prismi, cioè le tauolette grandi, o piccole ch'elle sieno, pur che tutte sien d'egual [51] grossezza, hanno la medesima proporzione all'aria sua conterminale, che ha per base la medesima superficie della tauoletta, e per altezza l'arginetto dell'acqua, sì che sempre di tale aria, e della tauoletta si compongono solidi, che in grauità pareggiano vna mole d'acqua eguale alla mole di essi solidi composti dell'aria, e della tauoletta: perlochè tutti i detti solidi restano nel medesimo modo a galla.

Raccoglieremo, nel terzo luogo, come ogni sorta di figura, e di qualsiuoglia materia, benchè più graue dell'acqua, può, per beneficio dell'arginetto, non solamente sostenersi, senza andare al fondo: ma alcune figure, benchè di materia grauissima, restare anche tutte sopra l'acqua, non si bagnondo, se non la superficie inferiore, che tocca l'acqua, e queste saranno tutte le figure, le quali dalla base inferiore in su, si vanno assottigliando, il che noi esemplificheremo per ora nelle piramidi, o coni, delle quali figure le passioni son comuni. Dimostreremo dunque, come è possibile formare vna piramide, o cono di qualsiuoglia materia proposta, il quale, posato con la base sopra l'acqua, resti non solo senza sommergersi, ma senza bagnarsi, altro che la base, per la cui esplicazione fa di bisogno, prima dimostrare il seguente lemma, cioè; che:

I solidi de' quali le moli in proporzione rispondono contrariamente alle lor grauità in ispecie, son di grauità assoluta eguali

Sieno due solidi, AC. e, B. e sia la mole AC. alla mole B. come la grauità in ispecie del solido B. alla grauità in ispecie del solido AC. Dico i solidi AC. e, B. esser di peso assoluto eguali, cioè egualmente graui. Imperocchè, se la mole AC. sia eguale alla mole B. sarà per l'assunto la grauità in ispecie di B. eguale alla grauità in ispecie di AC. ed essendo eguali in mole, e della medesima grauità in ispecie, peseranno anche assolutamente tanto l'vno, come l'altro. Ma se le lor moli saranno diseguali, sia la mole AC. maggiore, ed in essa prendasi la parte C. eguale alla mole B. E perchè le moli. BC. sono eguali, la medesima proporzione aurà il peso assoluto di B. al peso assoluto di C. che ha la grauità in ispecie di B. alla grauità in ispecie di C. o vero di CA. che in ispecie è la medesima: ma qual proporzione ha la grauità in ispecie di B. alla grauità in ispecie di CA. tale per lo dato ha la mole AC. alla mole B. cioè alla mole C. adunque il peso assoluto di B. al peso assoluto di C. è come la mole AC. alla mole C. ma come la mole AC. alla mole C. così è il peso [52] assoluto di AC. al peso assoluto di C. adunque il peso assoluto di B. al peso assoluto di C. ha la medesima proporzione che 'l peso assoluto di AC. al medesimo peso assoluto di C. adunque i due solidi AC. e B. pesano di peso assoluto egualmente, che è quello, che bisognaua dimostrare. Auendo dimostrato questo dico, che:

E possibile di qual si voglia materia proposta formare vna piramide, o cono, sopra qualsiuoglia base, il quale, posato su l'acqua, non si sommerga, ne bagni, altro che la base. Sia la massima possibile altezza dell'argine la linea DB. e 'l diametro della base del cono da farsi di qualunque materia assegnata, sia la linea BC. ad angolo retto con DB. e la proporzione, che ha la grauità in ispecie della materia della piramide, o cono da farsi, alla grauità in ispecie dell'acqua, la medesima abbia l'altezza dell'argine DB. alla terza parte dell'altezza della piramide o cono ABC. fatto su la base, il cui diametro sia BC. Dico che detto cono ABC. e ogni altro più basso di lui, resterà sopra la superficie dell'acqua BC. senza sommergersi. Tirisi la DF. parallela alla BC. e intendasi il prisma, o cilindro EC. il quale sarà triplo al cono ABC. E perchè il cilindro DC. al cilindro CE. ha la medesima proporzione, che l'altezza DB. all'altezza BE. ma il cilindro CE. al cono ABC. è come l'altezza EB. alla terza parte dell'altezza del cono: adunque, per la proporzione eguale, il cilindro DC. al cono ABC. è come DB. alla terza parte dell'altezza BE. ma come DB. alla terza parte di BE. così è la grauità in ispecie del cono ABC. alla grauità in ispecie dell'acqua. Adunque, come la mole del solido DC. alla mole del cono ABC. così la grauità in ispecie di esso cono alla grauità in ispecie dell'acqua: adunque, per lo lemma precedente, il cono ABC. pesa assolutamente, come vna mole d'acqua eguale alla mole DC. ma l'acqua, che per la 'mposizione del cono ABC. viene scacciata del suo luogo, è quanta capirebbe precisamente nel luogo DC. ed è in peso eguale al cono, che la scaccia: adunque si farà l'equilibrio, e 'l cono resterà senza più profondarsi. Ed è manifesto, che faccendosi sopra la medesima base vn cono meno alto, sarà anche men graue, e tanto più resterà senza sommergersi.

[ 53] E manifesto ancora, come si possono far coni, e piramidi di qualsiuoglia materia più graue dell'acqua, li quali, posti nell'acqua con la sommità ò punta in giù, restino senza andare in fondo: perchè, se ripiglieremo quello, che di sopra fu dimostrato de' prismi, e cilindri, e che in base eguali a quelle di essi cilindri formeremo coni della medesima materia, e tre volte più alti de' cilindri, quelli resteranno a galla, per che saranno in mole, e peso eguali ad essi cilindri, e, per auer le lor base eguali à quelle de' cilindri, lasceranno sopra eguali moli d'aria, contenuta dentro gli arginetti. Questo, che per modo d'esemplo, s'e dimostrato de' prismi, cilindri, coni, e piramidi, si potrebbe dimostrare di tutte l'altre figure solide, ma bisognerebbe, tanta è la moltitudine, e la varietà de' lor sintomi, e accidenti, formarne vn volume intero, volendo comprendere le particolari dimostrazioni di tutti, e de' loro segmenti: ma voglio, per non estendere il presente discorso in infinito, contentarmi, che da quanto ho dichiarato, ogni vno di mediocre intelligenza possa comprendere, come non è materia alcuna così graue, insino all'oro stesso, della quale non si possano formar tutte le sorte di figure, le quali, in virtù dell'aria superiore ad esse aderente, e non per resistenza dell'acqua alla penetrazione, restino sostenute, sì che non discendano al fondo: anzi di più mostrerò, per rimuouere vn tale errore, come vna piramide e cono, posto nell'acqua con la punta in giù, resterà senza andare a fondo, e 'l medesimo, posto con la base in giù, andrà in fondo, e sarà impossibile il farlo soprannotare; e pur tutto l'opposito accader dourebbe, se la difficultà del fender l'acqua fusse quella, che impedisse la scesa, conciosiacosa chè il medesimo cono è molto più accomodato a fendere, e penetrare, con la punta acutissima, che con la base larga, e spaziosa. E sia, per dimostrar questo, il cono, ABC. due volte graue quanto l'acqua, e sia la sua altezza tripla all'altezza dell'arginetto DAEC. dico primieramente, che posto nell'acqua leggiermente con la punta in giù, non discenderà al fondo: imperocchè il cilindro aereo, contenuto tra gli argini DACE. in mole è eguale al cono ABC. tal che tutta la mole del solido composto dell'aria DACE. e del cono ABC. sarà doppia del cono ACB. e perchè il cono ABC. si pone di materia il doppio più graue dell'acqua, adunque tant'acqua, quant'è tutta la mole DABCE. locata sotto 'l liuello dell'acqua, pesa quanto il cono ABC. e però si [54] farà l'equilibrio, e 'l cono ABC. non calerà più a basso. Dico ora di più, che'l medesimo cono, posato con la base all'ingiù, calerà al fondo, ed essere impossibile, che egli, in modo alcuno resti a galla.

S ia dunque il cono ABD. doppio in grauità all'acqua, e sia la sua altezza tripla dell'altezza dell'argine LB. è già manifesto, che tutto fuori dell'acqua non resterà, perchè essendo il cilindro compreso dentro agli argini LBDP. eguale al cono ABD. ed essendo la materia del cono doppia in grauità all'acqua, è manifesto che il peso di esso cono sarà doppio al peso della mole d'acqua eguale al cilindro LBDP. adunque non resterà in questo stato, ma discenderà.

Dico, in oltre, che molto meno si fermerà sommergendone vna parte, il che s'intenderà, comparando con l'acqua tanto la parte, che si sommergerà, quanto l'altra, che auanzerà fuori: sommergasi dunque del cono ABD. la parte NTOS. e auanzi la punta NSF. sarà l'altezza del cono FNS. ò più che la metà di tutta l'altezza del cono FTO. o vero non sarà più: se sarà più, che la metà, il cono FNS. sarà più che la metà del cilindro ENSC. imperocchè l'altezza del cono FNS. sarà più che sesquialtera dell'altezza del cilindro ENSC. E perchè si pone, che la materia del cono sia in ispecie il doppio più graue dell'acqua, l'acqua, che si conterrebbe dentro all'arginetto ENSC. sarebbe assolutamente men graue del cono FNS. onde il cono solo FNS. non può esser sostenuto dall'arginetto: ma la parte sommersa NTOS. per essere in ispecie più graue il doppio dell'acqua, tenderà al fondo; adunque tutto il cono FTO. tanto rispetto alla parte sommersa, quanto all'eminente, discenderà al fondo. Ma se l'altezza della punta FNS sarà la metà di tutta l'altezza del cono FTO. sarà la medesima altezza di esso cono FNS. sesquialtera all'altezza EN. e però ENSC. sarà doppio del cono FNS. e tanta acqua in mole quanto è il cilindro ENSC. peserebbe quanto la parte del cono FNS. Ma perchè l'altra parte sommersa NTOS. è in grauità doppia all'acqua, tanta mole d'acqua quanta è quella, che si compone del cilindro ENSC. e del solido NTOS. peserà manco del cono FTO. tanto quanto è il peso d'vna mole d'acqua eguale al solido NTOS. adunque il cono discenderà ancora: anzi, perchè il solido [55] NTOS. è settuplo al cono FNS. del quale il cilindro ES. è doppio, sarà la proporzione del solido NTOS. al cilindro ENSC. come di 7. a 2. adunque tutto il solido composto del cilindro ENSC. e del solido NTOS. è molto meno, che doppio del solido NTOS. adunque il solido solo NTOS. è molto più graue, che vna mole d'acqua eguale al composto del cilindro ENSC. e NTOS. dal che ne segue, che quando anche si rimouesse, e togliesse via la parte del cono FNS. il restante solo NTOS. andrebbe al fondo. E se più si profonderà il cono FTO. tanto più sarà impossibile, che si sostenga a galla, crescendo sempre la parte sommersa NTOS. e scemando la mole dell'aria, contenuta dentro all'arginetto, il quale si fa sempre minore quanto più il cono si sommerge. Tal cono dunque, che, con la base in sù. e la cuspide in giù, si sostiene senza andare al fondo, posto con la base in giú, è impossibile, che non si sommerga. Lungi dal vero adunque hanno filosofato coloro, che hanno attribuito la cagion del soprannotare alla resistenza dell'acqua, in esser diuisa, come a principio passiuo, e alla larghezza della figura di chi l'ha da diuidere, como efficiente.

Vengo, nel quarto luogo, a raccogliere, e concludere la ragione di quello che io proposi agli auuersari, cioè.

Che è possibile formar corpi solidi di qual si voglia figura e di qual si voglia grandezza, li quali, per sua natura, vadano a fondo, ma con l'aiuto dell'aria, contenuta nell'arginetto, restino senza sommergersi. La verità di questa proposizione è assai manifesta in tutte quelle figure solide, le quali terminano nella lor più alta parte in vna superficie piana: perchè, formandosi tali figure di qualche materia graue in ispecie, come l'acqua, mettendole nell'acqua, sì che tutta la mole si ricuopra, è manifesto, che si fermeranno in tutti i luoghi, dato però, che tal materia di peso eguale all'acqua si potesse a capello aggiustare: e resteranno anche in conseguenza al pelo dell'acqua, senza farsi arginetto alcuno. Se dunque, rispetto alla materia, tali figure sono atte a restare senza sommergersi, benchè priue dell'aiuto dell'arginetto, chiara cosa è, ch'elle si potranno far tanto crescer di grauezza, senza crescer la lor mole, quanto è il peso di tanta acqua, quanta si conterrebbe dentro all'arginetto, che si facesse intorno alla loro piana superficie superiore; dal cui aiuto sostenute, resteranno a galla, ma, bagnate, andranno al fondo, essendo state fatte più graui dell'acqua. Nelle figure dunque, che terminano di sopra in vn piano, chiaramente si comprende, come [56] l'arginetto posto, o tolto, può vietare, o permettere la scesa, ma in quelle, che si vanno verso la sommità attenuando, potrà qualcuno, e non senza molta apparente cagione, dubitare, se queste possano far lo stesso, e massimamente quelle, che vanno a terminare in vna acutissima punta, come sono i coni, e le piramidi sottili. Di queste dunque, come più dubbie di tutte l'altre, cercherò di dimostrare, come esse ancora soggiacciono al medesimo accidente d'andare, e non andare al fondo le medesime, e sieno di qual si voglia grandezza. Sia dunque il cono ABD. fatto di materia graue in ispecie, come l'acqua; è manifesto che messo tutto sott'acqua, resterà in tutti i l uoghi (intendasi sempre quando esquisitissimamente pesasse quanto l'acqua, il che è quasi impossibile a effettuarsi) e che ogni piccola grauità, che se gli aggiunga, andrà al fondo: ma se si calerà a basso leggiermente, dico che si farà l'arginetto ESTO. e che resterà fuori dell'acqua la punta AST. d'altezza tripla all'altezza dell'argine ES. Il che si fa manifesto, imperocchè, pesando la materia del cono egualmente, come l'acqua, la parte sommersa SBDT. resta indifferente al muouersi in giù o in su, e 'l cono AST. essendo eguale in mole all'acqua, che si conterrebbe dentro all'arginetto ESTO. gli sarà anche eguale in grauità; e però sarà in tutto fatto l'equilibrio e, in c onseguenza, la quiete. Nasce ora il dubbio, se si possa far più graue il cono ABD. tanto che, quando sia messo tutto sott'acqua, vada al fondo, ma non già tanto che si leui all'arginetto la facultà del poter sostenerlo senza sommergersi: e la ragione del dubitare è questa: che se bene, quando il cono ABD. è in ispecie graue come l'acqua, l'arginetto ESTO. lo sostiene non solamente quando la punta AST. è tripla in altezza all'altezza dell'argine ES. ma più ancora, quando minor parte ne restasse fuori dell'acqua: perché, se bene, nel discender che fa il cono, la punta AST. scema, e scema [57] altresì l'arginetto ESTO. nientedimeno, con maggior proporzione, scema la punta, che l'argine, la quale si diminuisce secondo tutte e tre le dimensioni: ma l'argine secondo due solamente, restando sempre l'altezza la medesima, o vogliam dire perchè il cono ST. va scemando secondo la proporzione de' cubi delle linee, che di mano in mano si fanno diametri delle base de' coni emergenti, e gli arginetti scemando secondo la proporzion de' quadrati delle medesime linee: onde le proporzioni delle punte son sempre sesquialtere delle proporzioni de' cilindri contenuti dentro agli arginetti. Onde se, per esemplo, l'altezza della punta emergente fosse doppia, o eguale all'altezza dell'argine, in questi casi il cilindro contenuto dentro all'argine, sarebbe assai maggiore della detta punta, perchè sarebbe o sesquialtero, o triplo, il perchè ci auanzerebbe forza per sostener tutto il cono, già che la parte sommersa non grauerebbe più niente: tuttauia, quando venga aggiunta alcuna grauità a tutta la mole del cono, sì che anche la parte sommersa non resti senza qualche eccesso di grauità, sopra la grauità dell'acqua, non resta chiaro se 'l cilindro, contenuto dentr'all'arginetto, nel calar che farà il cono, potrà ridursi a tal proporzione con la punta emergente, e a tale eccesso di mole sopra la mole di essa, che possa ristorar l'eccesso della grauità in ispecie del cono, sopra la grauità dell'acqua: e la dubitazione procede, perchè, se bene, nell'abbassarsi che fa il cono, la punta emergnte AST. si diminuisce, per la qual cosa scema ancora l'eccesso della grauità del cono sopra la grauità dell'acqua, il punto sta, che l'argine ancora si ristrigne, e 'l cilindro, contenuto da esso si diminuisce. Tutta via si dimosterrà, come, essendo il cono ABD. di qual si voglia grandezza, e fatto in prima di materia in grauità similissima all'acqua, se gli possa aggiugner qualche peso, per lo quale e' possa discendere al fondo, quando sia posto sott'acqua, e possa anche, in virtù dell'arginetto, fermarsi senza sommergersi.

Sia dunque il cono ABD di qualsiuoglia grandezza, e di grauità simile in ispezie all'acqua. E manifesto che, messo leggiermente nell'acqua, resterà senza sommergersi: e fuor dell'acqua auanzerà la punta AST. d'altezza tripla all'altezza dell'argine ES. intendasi ora essere il cono ABD. abbassato più, sì che auanzi solamente fuor dell'acqua la punta AIR. alta per la metà della punta AST. con l'arginetto attorno CIRN. E perchè il cono AST. al cono AIR. è come il cubo della linea ST. al cubo della linea IR. ma il cilindro ESTO. al cilindro CIRN. è come il quadrato di ST. al quadrato IR. sarà il [58] cono AST. ottuplo al cono AIR. e 'l cilindro ESTO. quadruplo al cilindro CIRN. ma il cono AST. è eguale al cilindro ESTO. adunque il cilindro CIRN sarà doppio al cono AIR. e l'acqua, che si conterrebbe dentro all'arginetto CIRN. doppia in mole e in peso al cono AIR. e però potente a sostenere il doppio del peso del cono AIR. adunque, se a tutto 'l cono ABD. s'accrescerà tanto peso, quanto è la grauità del cono AIR. cioè quant'è l'ottaua parte del peso del cono AST. potrà bene ancora esser sostenuto dall'arginetto CIRN. ma senza quello andrà al fondo, essendosi, per l'aggiunta del peso eguale all'ottaua parte del peso del cono AST. reso il cono ABD. più graue in ispecie dell'acqua. Ma se l'altezza del cono AIR. fusse due terzi dell'altezza del cono AST. sarebbe il cono AST. al cono AIR. come 27. a 8. e'l cilindro ESTO. al cilindro CIRN. come 9. a 4. cioè come 27. a 12. e però il cilindro CIRN. al cono AIR. come 12. a 8. e l'eccesso del cilindro CIRN. sopra 'l cono AIR. al cono AST. come 4. a 27. adunque se al cono ABD. s'aggiugnerà tanta grauità quant'è li 4. ventisettesimi del peso del cono AST. che è vn poco più della sua settima parte, resterà ancora a galla, e l'altezza della punta emergente sarà doppia dell'altezza dell'arginetto. Questo che s'è dimostrato ne' coni, accade precisamente nelle piramidi, ancor chè, e gli vni, e l'altre fossero acutissime, dal che si conclude, che il medesimo accidente accadrà tanto più ageuolmente in tutte l'altre figure, quanto in meno acute sommità vanno a terminare, venendo aiutate da argini più spaziosi.

Tutte le figure adunque, di qualunque grandezz, possono andare, e non andare al fondo, secondo che le lor sommità si bagneranno, ò non si bagneranno: ed essendo questo accidente comune a tutte le sorte di figure, senza eccettuarne pur vna, adunque la figura non ha parte alcuna nella produzion di quest'effetto dell'andare alcuna volta al fondo, e alcun'altra no, ma solamente l'essere ora congiunte con l'aria sopreminente, e ora separate: la qual cagione in fine, chi rettamente, e, come si dice, con amendue gli occhi, considererà questo negozio, conoscerà, che si riduce, anzi che realmente è la stessa vera naturale, e primaria cagione del soprannotare, o andare al fondo, cioè l'eccesso, o mancamento della grauità dell'acqua verso la grauità di quella mole corporea, che si mette nell'acqua: per chè, sì come vna falda di piombo grossa, come vna costola di coltello, che per se sola, messa nell'acqua, va al fondo, se sopra se le n'attaccherà vna di suuero grossa quattro dita, resta a galla, perchè ora il solido che [59] si pone in acqua non è altramente, come prima, più graue dell'acqua, ma meno; così la tauoletta d'ebano, per sua natura, più graue dell'acqua, e però discendente in fondo, quando per sè sola sia posta in acqua, se si poserà sopra l'acqua, congiunta con vn suolo d'aria, la quale, insieme con l'ebano, vada abbassandosi, e che sia tanta, che con quello faccia vn composto men graue di tanta acqua in mole, quanta è la mole già abbassata, e sommersa sotto il liuello della superficie dell'acqua, non andrà altramente, ma si fermerà, non per altra cagine che per la vniuersale e comunissima che è, che le moli corporee, men graui in ispecie, che l'acqua, non vanno al fondo.

Onde, chi pigliasse vna piastra di piombo grossa, per esemplo, vn dito e larga vn palmo per ogni verso, e tentasse di farla restare a galla, col posarla leggiermente, perderebbe ogni fatica, perchè, quando si fosse profondata vn capello più, che la possibile altezza degli arginetti dell'acqua, si ricopirrebbe, e profonderebbe: ma se mentre, che ella si va abbassando, alcuno le andasse fabbricando intorno in torno alcune sponde, che ritenessero lo spargimento dell'acqua sopra essa piastra, le quali sponde si alzassero tanto, che dentro di loro potesse capir tant'acqua, che pesasse quanto la detta piastra, ella, senza alcun dubbio, non si profonderebbe più, ma resterebbe sostenuta in virtù dell'aria contenuta dentro alle già dette sponde: ed in somma si sarebbe formato vn vaso, col fondo di piombo. Ma se la sottigliezza del piombo sarà tale, che pochissima altezza di sponde bastasse per circondar tant'aria, che potesse mantenerlo a galla, e resterà anche senza le sponde, ma non gia senza l'aria, perchè l'aria da perse stessa si fa sponde, bastanti, per piccola altezza, a ritener lo 'ngombramento dell'acqua: onde quello, che 'n questo caso galleggia, è pure vn vaso ripieno d'aria, in virtù della quale resta senza sommergersi.

Voglio per ultimo, con vn'altra esperienza, tentar di rimuouere ogni difficultà, se pur restasse ancora appresso qualcuno dubbio, circa l'operazione di questa continuazion dell'aria, con la sottil falda, che galleggia, e poi por fine a questa parte del mio discorso.

Io mi fingo d'essere in questione con alcuno degli auuersarii.

Se la figura abbia azione alcuna circa l'accrescere, o diminuire la resistenza in alcun peso all'essere alzato nell'aria, e pongo di voler sostener la parte affermatiua: affermando che vna mole di piombo, ridotto in figura d'vna palla, con manco forza s'alzerà, che se il medesimo fusse fatto in vna sottilissima e larghissima falda, come [60] quello, che, in questa figura spaziosa, ha da fender gran quantità d'aria, e in quella più ristretta, e raccolta, pochissima: e per mostrar, come tal mio parer sia vero, sospendo da vn sottil filo prima, la palla, e quella pongo nell'acqua, legando il filo, che la regge, ad vno de' bracci della bilancia, la quale tengo in aria, e all'altra lance vo aggiugnendo tanto peso, che finalmente solleui la palla del piombo, e l'estragga fuor dell'acqua, per che fare vi bisognano v. gr. 30. once di peso; riduco poi il medesimo piombo in vna falda piana, e sottile, la qual pongo parimente nell'acqua sospesa con 3. fili, li quali la sostengano parallela alla superficie dell'acqua, e aggiugnendo nello stesso modo pesi nell'altra lance, sin che la falda venga alzata, ed estratta fuori dell'acqua, mostro che once 36. non son bastanti di separarla dall'acqua, e solleuarla per aria: e, sopra tale esperienza fondato, affermo d'auer pienamente dimostrata la verità della mia proposizione. Si fa l'auuersario innanzi, e faccendomi abbassare alquanto la testa, mi fa veder cosa, della quale io non m'era prima accorto, e mi mostra, che nell'vscir, che fa la falda fuor dell'acqua, ella si tira dietro vn'altra falda d'acqua, la quale, auanti che si diuida, e separi dalla inferior superficie della falda di piombo, si eleua sopra il liuello dell'altr'acqua più che vna costola di coltello. Torna poi a rifar l'esperienza con la palla, e mi fa veder, che pochissima quantità d'acqua è quella, che s'attacca alla sua figura stretta, e raccolta: mi soggiugne poi, che non è marauiglia, se, nel separar la sottile e larghissima falda dall'acqua, si senta molto maggior resistenza, che nel separar la palla, poichè insieme con la falda si ha da alzar gran quantità d'acqua, il che non accade nella palla: fammi, oltr'a ciò, auuertito, come la nostra quistione è, se la resistenza all'esser solleuato si ritroua maggiore in vna spaziosa falda di piombo, che in vna palla, e non se più resista vna falda di piombo, con gran quantità d'acqua, che vna palla con pochissima acqua. Mostram, in fine, che il por prima la falda, e la palla in acqua, per far proua poi delle loro resistenze in aria, è fuor del caso nostro, li quali trattiamo del solleuare in aria, è cose locate in aria, e non della resistenza, che si fa ne' confini dell'aria, e dell'acqua, e da cose, che sieno parte in aria, e parte in acqua, e finalmente mi fa toccar con mano, che quando la sottil falda è in aria, e libera dal peso dell'acqua, con la stessa forza a capello si solieua, che la palla. Io, vedute, e intese queste cose, non so che altro fare, se non chiamarmi persuaso, e ringraziar l'amico d'auermi fatto [61] capace di quello, di che per l'addietro non mi era accorto: e, da tale accidente auuertito, dire a gli auuersarij, che la nostra quistione è, se egualmente vada al fondo nell'acqua vna palla, e vna tauola d'ebano, e non vna palla d'ebano, e vna tauola d'ebano congiunta con vn'altra tauola d'aria: e piu che noi parliamo dell'andare o non andare al fondo nell'acqua, e non di quello, che accaggia ne' confini dell'acqua e dell'aria a' corpi, che sieno parte in aria e parte in acqua, ne meno trattiamo della maggiore, ò minor forza, che si ricerchi nel separar questo, o quel corpo dall'aria; non tacendo loro in vltimo, che tanto per appunto resiste, e per così dire, pesal'aria all'in giù nell'acqua, quanto pesi, e resista l'acqua all'in sù nell'aria, e che la stessa fatica ci vuole a mandar sott'acqua vn'vtre pien d'aria, che ad alzarlo in aria pien d'acqua, rimossa però la considerazion del peso della pelle, e considerando l'acqua e l'aria solamente. E parimente è vero, che la stessa fatica si ricerca, per mandare, spignendo a basso vn bicchiere, e simil vaso sotto l'acqua, mentre è pieno d'aria, che a solleuarlo sopra la superficie dell'acqua, tenendolo con la bocca in giù, mentre egli sia pieno d'acqua, la quale nello stesso modo è costretta a seguitare il bicchiere, che la contiene, e alzarsi sopra l'altr'acqua nella region dell'aria, cha vien forzata l'aria a seguire il medesimo vaso, sotto a' confini dell'acqua, sin che in questo caso l'acqua, sopraffacendo gli orli del bicchiere, vi precipita dentro, scacciandone l'aria, e in quello, vscendo il medesimo orlo fuori dell'acqua, e peruenendo à confini dell'aria, l'acqua casca a basso, e l'aria sottentrà a riempiere la cauità del vaso: al che ne seguita, che non meno trapassi i limiti delle conuenzioni quello, che produce vna tauola congiunta con molta aria, per vedere se discende al fondo nell'acqua, che quello, che fa proua della resistenza all'esser solleuato in aria, con vna falda di piombo, congiunta con altrettanta acqua.

Ho detto quanto m'è venoto in mente, per mostrar la verità della parte, che ho preso a sostenere. Restami da considerar ciò, che in tale materia scriue Aristotile nel fine de' libri del Cielo, nel qual particolare io noterò due cose: l'vna, che essendo vero, come s'è dimostrato, che la figura non ha, che fare, circa 'l semplicemente muouersi, o non muouersi in su, o in giù, pare che Aristotile nel primo ingresso di questa speculazione abbia auuto la medesima oppinione, sì come dall'essaminar le sue parole, parmi che si possa raccorre. Bene è vero, che nel voler poi render la ragione di tal'effetto, come [62] quegli, che non l'ha, per quant'io stimo, bene incontrata, il che, nel secondo luogo, andrò esaminando, par che si riduca ad ammetter l'ampienzza della figura, a parte di quest'operazione.

Quanto al primo punto, ecco le parole precise d'Aristotile.

Le figure non son cause del muouersi semplicemente in giù, o in su, ma del muouersi più tardo, o più veloce, e per quali cagioni ciò accaggia, non è difficile il vederlo.

Qui, primieramente io noto, che essendo quattro i termini, che cascono nella presente considerazione, cioè moto, quiete, tardo, e veloce, e nominando Aristotile le figure, come cause del tardo, e del veloce, escludendole dall'esser cause del moto assoluto, e semplice, par necessario che egli l'escluda altresì dall'esser cause di quiete, sì che la mente sua sia stata il dire. Le figure non son cause del muouersi assolutamente, o non muouersi, ma del tardo, e del veloce: imperocchè se alcuno dicesse: la mente d'Aristotile esser d'escluder ben le figure dall'esser cause di moto, ma non già dall'esser cause di quiete, sì che il senso fosse di rimuouere dalle figure l'esser cause del muouersi semplicemente, ma non gia à l'esser cause del quietarsi, io domanderei, se si dee con Aristotile intendere, che tutte le figure vniuersalmente sieno in qualche modo cause della quiete in quei corpi, che, per altro, si mouerebbono, o pure alcune porticolari solamente, come, per esemplo, le figure larghe, e sottili, se tutte indifferentemente, adunque ogni corpo quieterà: perchè ogni corpo ha qualchè figura: il che è falso: ma se alcune particolari solamente potranno essere in qualche modo causa di quiete, come v. gr. le larghe, adunque le altre saranno in qualche modo causa di muouersi: perche, se dal vedere alcuni corpi di figura raccolta muouersi, che poi, dilatati in falde, si fermano, posso inferir l'ampiezza della figura essere a parte nella causa di tal quiete; così dal veder simil falde quietare, che poi raccolte si muouono, potrò con pari ragione affermare, la figura vnita e raccolta auer parte nel cagionare 'l moto, come rimouente di chi l'impediua: il che è poi dirittamente opposto a quello, che dice Aristotile, cioè: che le figure non son cause del muouersi. In oltre se Aristotile auesse ammesse, e non escluse, le figure all'esser cause del non muouersi in alcuni corpi, che figurati d'altra figura si mouerebbono, male a proposito aurebbe nelle parole, immediatamente seguenti, proposto con modo dubitatiuo; Onde auuenga, che le falde larghe, e sottili di ferro, o di piombo si fermino sopra l'acqua, gia che la causa era in pronto, cioè l'ampiezza della figura. [63] Concludasi dunque, che 'l concetto d'Aristotile, in questo luogo, sia d'affermare, che le figure non sien cause del muouersi, assolutamente, o non muouersi, ma solamente del muouersi velocemente, o tardamente: il che si dee tanto più credere, quanto che, in effetto è sentenza, e concetto verissimo. Ora, essendo tale la mente d'Aristotile, e opparendo in conseguenza, più presto contraria nel primo aspetto, che fauoreuole a detto degli auursvri, è forza che la 'nterpretazion loro non sia precisamente tale: ma quale in parte intesi da alcun di essi, e 'n parte da altri, fu referto: e ageuolmente si può stimare esser così, essendo esplicazione conforme al senso d'interpreti celebri: ed è, che l'auerbio, semplicemente, o assolutamente, posto nel testo, non si debba congiungere col verbo, muouersi, ma co 'l nome, cause: sì che il sentimento delle parole d'Aristotile sia l'affermare, che le figure non son cause assolutamente del muouersi, o non muouersi, ma son ben cause, secundum quid, cioè in qualche modo: per lo chè vengon nominate cause aiustrici, e concomitanti: e tal droposizione vien riceuta, e posta per vera dal Sig. Buonamico nel lib. 5. cap. 28. doue egli scriue così: Sono alire cause concomitanti, per le quali alcune cose gelleggiano, e altre sommergono, tra le quali il primo luogo ottengon le figure de' corpi, ec.

Intorno a tal espositione mi nascon diuersi dubbi, e difficultà, per le quali mi par, le parole d'Aristotile non sien capaci di simil costruzione, e sentimento, e le difficultà son queste.

Prima nell'ordine, e disposizion delle parole d'Aristotile, la particula simpliciter, o vogliamo dire, absolutè, è attaccata col verbo si muouono, e separata dalla parola, cause, il che è gran presunzione a fauor mio, poiché, la scrittura e 'l testo dice. Le figure non son cause del muouersi semplicemente in su, o in giù ma si bene del piu tardo o piu veloce; e non dice: Le figure non sono semplicemente cause del muouersi in su o in giù; e quando le parole d'vn testo riceuono, trasposte, senso differente da qeullo, ch'elle suonano, portate con l'ordine, in che l'autor le dispose, non conuiene il permutarle. E chi vorrà affermare, che Aristotile, volendo scriuere vna proposizione, disponesse le parole in modo, ch'elle importassero vn sentimento diuersissimo, anzi contrario? contrario dico, perchè, intese, com'elle sono scritte, dicono che le figure non son cause del muouersi; ma, trasposte, dicono le figure esser causa del muouersi, ec..

Di più, se la 'ntenzione d'Aristotile fusse stata di dire, che le figure non son semplicemente cause del muouersi in su, o in giù, ma [64] solamente cause secundum quid; non occorreua che soggiungesse quelle parole: ma son cause del più veloce o più tardo: anzi, il soggiugner questo sarebbe stato non solo superfluo, ma falso: conciossiachè tutto il corso della propositione importerebbe questo. Le figure non son causa assoluta del muouersi in sù, o in giù, ma son ben causa assoluta del tardo, o del veloce, il che non è vero; perchè le cause primarie del piu, o men veloce vengon da Aristotile, nel 4. della fisica al testo 71. attribuite alla maggiora, o minor grauità de' mobili, paragonati tra di loro, e alla maggiore, o minor resistenza de' mezzi, dependente dalla lor maggiore, o minor crassizie: e queste vengon poste da Aristotile come cause primarie, e queste due sole vengono in quel luogo nominate: e la figura vien poi considerata, al t. 74. più presto, come, causa strumentaria della forza della grauità, la quale diuide, o con la figura o con l'impeto: e veramente la figura, per se stessa, senza la forza della grauità, o leggerezza, non operebbe niente.

Aggiungo, che se aristotile auesse auuto concetto, con la figura fusse stata in qualche modo causa del muouersi, o non muouersi, il cercare, che' fa immediatamente in forma di dubitare, onde auuenga, che vna falda di piombo sopranuoti, sarebbe stato a sproposito, perchè se all'ora all'ora egli aueua detto, che la figura era in certo modo causa del muouersi, o non muouersi, non occorreua volgere in dubio per qual cagion la falda di piombo galleggi, attribuendone poi la causa alla figura: e formando vn discorso in questa maniera. La figura è causa secundum quid del non andare al fondo: ma ora si dubita, per qual cagione, vna sottil falda di piombo, non vada al fondo, si risponde, ciò preuenire dalla figura; discorso che sarebbe indecente ad vn fanciullo, non che ad Aristotile: e doue è la occasione di dubitare? E chi non vede, che quando Aristotile hauesse stimato, che la figura fosse in qualche modo causa del soprannotare, aurebbe senza la forma di dubitare scritto. La figura è causa in certo modo del soprannotare, e però la falda di piombo, rispetto alla sua figura sparsa e larga, soprannuota: ma se noi prenderemo la propositione d'Aristotile, come dico io, e come è scritta, e come in effetto è vera, il progresso suo cammina benissimo, sì nell'introduzione del veloce, e del tardo, come nella dubitazione, la qual molto a proposito ci cade, e dirà così.

Le figure non son cause del muouersi, o non muouersi, semplicemente in su, o in giù, ma si bene del muouersi più veloce, ò più tardo. Ma se così è, si dubita della causa onde auuenga, che vna falda larga, e sottile di ferro, o di piombo soprannuoti? ec. E l'occasion [65] del dubitare è in pronto, perchè pare al primo aspetto, che di questo soprannotare ne sia causa la figura, poiche lo stesso piombo, o minor quantità, ma d'altra figura, va al fondo: e noi già abbiamo affermato, che la figura non ha azione in questo effetto.

Finalmente, se la 'ntenzion d'Aristotile, in questo luogo, fusse stata di dir, che le figure, benchè non assolutamente, sieno al manco in qualche modo cagion del muouersi, o non muouersi; io metto in considerazione, che egli nomina non meno il mouimento all'in sù, che l'altro all'in giù: e perchè nell'esemplificarlo poi non si produce altr'esperienza, che d'vna falda di piombo, e d'vna tauoletta d'ebano, materie, che per lor natura, vanno in fondo, ma in virtù (come essi dicono) della figura, restano a galla; conuerrebbe che chi che sia producesse alcun'altra esperienza di quelle materie, che, per lor natura, vengono a galla, ma, ritenute dalla figura restano in fondo. Ma già, che quest'è impossibile a farsi, concludiamo, che Aristotile in questo luogo non ha voluto attribuire azione alcuna alla figura, nel semplicememente muouersi, o non muouersi.

Che poi egli abbia esquisitamente filosofato nell'inuestigar le soluzioni de' dubbi, ch'ei propone, non torre' io già a sostenere, anzi varie difficulta, che mi si rappresentano, mi danno occasione di dubitare, ch'ei non ci abbia interamente spiegata la vera cagion della presente conclusione: le quali difficultà io andrò mouendo, pronto al mutar credenza, qualunque volta mi sia mostrato, altra, da quel ch'io dico, esser la verità, alla confession della quale son molto più accinto, che alla contraddizione.

Proposta che ha Aristotile la quistione. Onde auuenga, che le falde larghe di ferro, ò di piombo soprannuotino? soggiugne (quasi fortificando l'occasion del dubitare) conciosia che altre cose minori, e manco graui, se saranno rotonde, o lunghe, come sarebbe vn ago, vanno al fondo. Or quì dubito, anzi pur son certo, che vn'ago, posato leggiermente su l'acqua, resti a galla non meno, che le sottili falde di ferro, e di piombo. Io non posso credere, ancorchè stato mi sia referto, che alcuno, per difendere Aristotile, dicesse, che egli intende d'vn ago messo, non per lo lungo, ma eretto e per punta; tuttauia, per non lasciare anche tal refugio, benchè debolissimo, e quale anche Aristotile medesimo, per mio credere, ricuserebbe, dico che si dee intender, che l'ago sia posato secondo la dimensione, che vien nominata da Aristotile, che è la lunghezza: perchè se altra dimensione, che la nominata prender si potesse, e douesse, [66] io dirie, che anche le falde di ferro, e di piombo, vanno al fondo, se altri le metterà per taglio, e non per piano. Ma perchè Aristotile dice le figure larghe non vanno al fondo, si dee intender posate per lo largo: e però quando dice le figure lunghe, come vn ago, benchè leggieri, non restano a galla, si dee intender posate per lo lungo.

Di più, il dir che Aristotile intese dell'ago messo per punta, è vn fargli dire vna sciocchezza grande, perchè in questo luogo dice che piccole particelle di piombo, ò ferro, se saranno rotonde o lunghe com'vn ago, vanno in fondo, talche anco per suo credere vn granello di ferro non può restare a galla; e se egli così credette, qual semplicità sarebbe stata il soggiugnere, che ne anco vn'ago messo eretto vi stà? è che altro è vn'ago tale, che molti sì fatti grani posti l'vn sopra l'altro? troppo indegno di tant'huomo era il dir che vn sol grano di ferro non può galleggiare, e che ne anco galleggerebbe à porgliene cento altri addosso.

Finalmente: o Aristotile credeua, che vn'ago posato su l'acqua per lo lungo restasse a galla, o credeua ch'e' non restasse: S'ei credeua cb'e' non restasse, ha ben potuto anche dirlo, come veramente l'ha detto; ma s'e' credeua, e sapeua ch'e' soprannotasse, per qual cagione, insieme col problema dubitatiuo del galleggiar le figure larghe, benchè di materia graue, non hà egli anche introdotta la dubitatione, ond'auuegna, che anche le figure lunghe, e sottili, benchè, di ferro, o di piombo, soprannuotano? e massimamente, che l'occasion del dubitare par maggiore nelle figure lunghe, e strette, che nelle larghe, e sottili, sì come dal non n'auer dubitato Aristotile si fa manifesto.

Non minore sproposito addosserebbe ad Aristotile chi per difenderlo, dicesse chè egli intese di vn'ago assai grosso, e non di vn sottile; perchè io pur domanderò, ciò ch'e' credette d'vn ago sottile; e bisognerà risponder ch'e' chredesse, ch'e' galleggiasse; & io di nuouo l'accuserò dell'hauere sfugito vn problema più marauiglioso, e difficile, & introdotto il più facile, e di merauiglia minore.

Diciamo, dunque pur liberamente, che Aristotile ha creduto, che le figure larghe solamente stessero a galla, ma le lunghe e sottili, com'vn'ago, nò. Il che tuttauia è falso, come falso è ancor de' corpi rotondi: perchè, come dalle cose di sopra dimostrate si può raccorre, piccoli globetti di ferro, e anche di piombo, nello stesso modo galleggiano.

[67] Propone poi vn'altra conclusione, che similmente par diuersa dal vero: ed è, che alcune cose, per la lor piaceuolezza, nuotano nell'aria, come la minutissima poluere di terra, e le sottili foglia dell'oro battuto: ma a me pare, che la sperienza ci mostri ciò non accadere, non solamente nell'aria, ma nè anche nell'acqua; nella quale discendono sino à quelle particole di terra, che la 'ntorbidano, la cui piccolezza è tale, che non si veggono, se non quando son molte centinaia insieme. La poluere dunque di terra, e l'oro battuto, non si sostiene altramente in aria, ma discende al basso, e solamente vi va vagando, quando venti gagliardi la solleuano, o altra agitazione di aria la commuoue: il che anche auuiene nella commozione dell'acqua per, la quale si solleua la sua deposizione dal fondo, e s'intorbida. Ma Aristotile non può intender di questo impedimento della commozione, del quale egli non fa menzione, ne nomina altro, che la leggerezza di tali minimi, e la resistenza della crassizie dell'acqua, e dell'aria: dal che si vede, che egli tratta dell'aria quieta, e non agitata, e commossa; ma, in tal caso ne oro, ne terra, per minutissimi che sieno, si sostengono, anzi speditamente discendono.

Passa poi al confutar Democrito, il qual, per sua testimonianza, voleua, che alcuni atomi ignei, li quali continuamente ascendono per l'acqua, spignessero in sú, e sostenessero quei corpi graui, che fossero molto larghi, e che gli stretti scendessero al basso, perchè poca quantità de' detti atomi contrasta loro e repugna.

Confuta dico Aristotile questa posizione, dicendo, che ciò douerrebbe molto più accader nll'aria; sì come il medesimo Democrito insta contro di se, ma dopo auer mossa l'instanza, la scioglie lieuemente, con dire, che quei corpuscoli, che ascendono in aria, fanno impeto non vnitamente. Quì io non dirò. che la cagione addotta da Democrito sia vera, ma dirò solo, parermi, che non interamente venga confutata da Aristotile, mentr'egli dice che, se fusse vero, che gli atomi calidi, che ascendono, sostenesero i corpi graui, ma assai larghi, ciò dourieno far molto più nell'aria, che nell'acqua, perchè forse, per opinion d'Aristotile, i medesimi corpuscoli calidi, con maggior forza, e velocità sormontano per l'aria che per l'acqua. E se questa è, sì come io credo, l'instanza d'Aristotile, parmi d'auer cagione di dubitar, ch'e' possa essersi ingannato in più d'vn conto: prima perchè que, calidi, o sieno corpuscoli ignei, o sieno esalazioni, o in somma, sieno qualunque materia, che anche in aria ascenda in su, non è credibile, che più velocemente salgano per l'aria, che per l'acqua: [68] anzi all'incontro, per auentura, più impetuosamente si muouono per l'acqua, che per l'aria, come in parte di sopra ho dimostrato. E qui non so scorger la cagione per la quale Aristotile vedendo, ch'l moto all'in giù dello stesso mobile è più veloce nell'aria, che nell'acqua, non ci abbia fatti cauti, che del moto contrario dee accader l'opposito di necessità, cioè, ch'e' sia più veloce nell'acqua che nell'aria: perchè, auuenga chè'l, mobile, che discende, più velocemente si muoue per l'aria, che per l'acqua, se noi c'immagineremo, che la sua grauità si vada gradatamente diminuendo, egli prima diuerrà tale, che scendendo velocemente nell'aria, tardissimamente scenderà nell'acqua; di poi potrà esser tale che, scendendo pure ancora per l'aria, ascenda nell'aqua: e fatto ancora men graue, ascenderà velocemente per l'acqua, e pur discenderà ancora per l'aria; e in somma, auanti ch'ei cominci a potere ascender, benchè tardissimamente, per l'aria, velocissimamente sormonterà per l'acqua: come dunque è vero, che quel che si muoue all'in sù, più velocemente si muoua per l'aria che per l'acqua?

Quel ch'ha fatto credere ad Aristotile il moto in su farsi più velocemente in aria che in acqua, è stato prima l'auer riferite le cause del tardo, e del veloce, tanto del moto in su quanto dello in giù, solamente alla diuersità delle figure del mobile, e alla maggiore, o minor resistenza della maggior, o minor crassizie, o sottilità del mezzo, non curando la comparazion degli eccessi delle grauità de' mobili, e de' mezzi: la qual tuttauia è 'l punto principalissimo in questa materia, che se l'incremento, e 'l decremento della tardità, o velocità non hauessero altro rispetto, che alla grossezza, o sottilità de' mezzi, ogni mobile, che scendesse per l'aria, scenderebbe anche per l'acqua, perchè qualunque differenza si ritroui tra la crassizie dell'acqua e quella dell'aria, può benissimo ritrouarsi tra la velocità dello stesso mobile nell'aria, e qualche altra velocità: e questa dourebbe esser sua propria nell'acqua: il che tuttauia è falsissimo. L'altra occasione è, che egli ha creduto, che, sì come c'è vna qualità positiua, e intrinseca, per la quale i corpi elementari hanno propensione di muouersi verso il centro della terra, così cene sia vn'altra, pure intrinseca, per la quale alcuni di tali corpi abbiano impeto di fuggire 'l centro e muouersi all'in su: in virtù del qual principio intrinseco, detto da lui leggerezza, i mobili di tal moto più ageuolmente fendano i mezzi più sottili, che i più crassi: ma tal posizione mostra parimente di non esser sicura, come di sopra accennai in parte, e come, di con ragioni, ed esperienze potrei mostrare, se [69] l'occasion presente n'auesse maggior necessità, o se con poche parole potessi spedirmi.

L'instanza dunque, di Aristotile contro a Democrito, mentre dice, che se gli atomi ignei ascendenti, sostenessero i corpi graui, ma di figura larga, ciò dourebbe auuenire maggiormente nell'aria, che nell,acqua, perchè tali corpuscoli più velocemente si muouono in quella, che in questa, non è buona, anzi dee appunto accader l'opposito, perchè più lentemente ascendono per l'aria: e oltre al muouersi lentamente, non vanno vniti insieme, come nell'acqua, ma si discontinuano, e come diciamo noi, si sparpagliano: e però come ben risponde Democrito, risoluendo l'instanza, non, vanno a vrtare, e fare impeto vnitamente.

S'inganna secondariamente Aristotile, mentre e' vuole, che detti corpi graui più ageuolmente fossero dà calidi ascendenti sostenuti nell'aria, che nell'acqaa: non auertendo che i medesimi corpi sono molto più graui in quella e che in questa, e che tal corpo pesarà dieci libbre in aria, che nell'acqua non peserà mezz'oncia; come, dunque dourà esser più ageuole il sostenerlo nell'aria che nell'acqua? Concludasi per tanto, che Democrito in questo particolare ha meglio filosofato, che Aristotile. Ma non però voglio io affermare, che Democrito abbia rettamente filosofato, anzi pure dirò io, che c'è esperienza manifesta, che distrugge la sua ragione, e questa è, che s'e' fosse vero, che atomi caldi ascendenti nell'acqua sostenessero vn corpo, che senza 'l loro ostacolo, anderebbe al fondo, ne seguirebbe, che noi potessimo trouare vna materia pochissimo superiore in grauità all'acqua, la quale, ridotta in vna palla, o altra figura raccolta, andasse al fondo, come quella, che incontrasse pochi atomi ignei, e che, distesa poi in vna ampia, e sottil falda, venisse sospinta in alto dalle impulsioni di gran moltitudine de' medesimi corpuscoli, e poi trattenuta al pelo della superficie dell'acqua: il che non si vede accadere, mostrandoci l'esperienza, che vn corpo di figura v. gr. sferica, il quale a pena, e con grandissima tardità va al fondo, vi resterà, e vi discenderà ancora, ridotto in qualunque altra larghissima figura. Bisogna dunque; dire, o che nell'acqua non sieno tali atomi ignei ascendenti, o se vi sono, che non sieno potenti à solleuare, e spignere in su alcuna falda di materia, che senza loro andasse al fondo: delle quali due posizioni io stimo, che la seconda sia vera, intendendo dell'acqua constituita nella sua natural fredezza. Ma se noi piglieremo vn vaso di vetro, o di rame, o di qual si voglia altra materia [70] dura, pieno d'acqua fredda, dentro la quale si ponga vn solido di figura piana, o concaua, ma che in grauità ecceda l'acqua così poco, che lentamente si conduca al fondo, dico che mettendo alquanti carboni accesi sotto il detto vaso, come prima i nuoui corpuscoli ignei, penetrata la sustanzia del vaso, asceederanno per quella dell'acqua, senza dubbio, vrtando nel solido sopraddetto, lo spigneranno sino alla superficie, e quiui lo tratteranno sin che dureranno le incursioni de' detti corpuscoli, le quali, cessando dopo la suttrazion del fuoco, tornerà il solido al fondo, abbandonato da' suoi puntelli.

Ma noti Democrito, che questa causa non ha luogo, se non quando si tratti d'alzare e sostenere falde di materie poco più graui del.l'acqua, o vero sommamente sottili: ma in materie grauissime, e di qualche grossezza, come falde di piombo, o d'altri metalli, cessatotalmente vn tale effetto: in testimonio di che notisi, che tali falde solleuate da gli atomi ignei, ascendono per tutta la profondità dell'acqua, e si fermano al confin dell'aria, restando però sott'acqua: ma le falde degli auuersari non si fermano, se non quando hanno la superficie superiore asciutta, nè ui è mezzo d'operare, che quando sono dentr'all'acqua non calino al fondo. Altra, dunque, è la causa del soprannotare le cose delle quali parla Democrito, e altra quella delle cose delle quali parliamo noi. Ma, tornando ad Aristotile parmi che egli assai più freddamente confuti Democrito, che lo stesso Democrito non fa, per detto d'Aristotile, l'istanze, che egli si muoue contro; e l'oppugnarlo, con dire, che se i calidi ascendenti fossero quelli, che solleuassero le sottil falde, molto più dourebbe vn tal solido esser sospinto, e solleuato per aria, mostra in Aristotile la voglia d'atterrar Democrito superiore all'esquisitezza del saldo filosofare: il qual desiderio in altre occasioni si scuopre, e senza molto discostarsi da questo luogo, nel testo precedente a questo cap. che abbiamo per le mani, dou'ei tenta pur di confutare il medesimo Democrito, perchè egli, non si contentando del nome solo, aueua voluto più particolarmente dichiarare, che cosa fusse la grauità, e la leggerezza, cioè la causa dell'andare in giù, e dell'ascendere, e aueua introdotto il pieno e 'l vacuo, dando questo al fuoco, per lo quale si mouesse in su, e quello alla terra, per lo quale ella discendesse, attribuendo poi all'aria più del fuoco, e all'acqua più della terra. Ma Aristotile, volendo anche del moto all'in sù vna causa positiua, e non come Platone, o questi altri, vna semplice negazione, o [71] priuazione, qual sarbbe il vacuo referito al pieno, argomenta contro a Democrito, e dice. Se è vero quanto tu supponi, adunque sarà vna gran mole d'acqua, la quale aurà più di fuoco, che vna piccola mole d'aria, e vna grande d'aria, che aurà più terra, che vna piccola d'acqua, il perchè bisognerebbe, che vna gran mole d'aria venisse più velocemente a basso, che vna piccola quantità d'acqua: ma ciò non si vede mai in alcun modo: adunque Democrito erroneamente disorre.

Ma per mia opinione, la dottrina di Democrito non resta per tale instanza abbattuta, anzi, s'io non erro, la maniera di dedurre d'Aristotile, o non conclude, o se è concludente, altrettanto si potrà ritorcer contro di lui. Concederà Democrito ad Aristotile, che si possa pigliare vna gran mole d'aria, la quale contenga più di terra, che vna piccola quantità d'acqua; ma ben negherà che tal mole d'aria sia per andar più velocemente a basso, che vna poca acqua, e questo per più ragioni. Prima perchè, se la maggior quantità di terra, contenuta nella gran mole d'aria, douesse esser cagione di velocità maggiore, che minor quntità di terra, contenuta nella piccola mole d'acqua, bisognerebbe prima, che fusse vero, che vna maggior mole di terra semplice, si mouesse più velocemente, che vna minore: ma quest'è falso, benchè Aristotile in più luoghi l'affermi per vero, perchè non la maggior grauità assoluta, ma la maggior grauità in specie, è cagione di velocità maggiore: ne più velocemente discende vna palla di legno, che pesi dieci libbre, che vna che pesi dieci once, e sia della stessa materia: ma ben discende più velocemente vna palla di piombo di quattro once, che vna di legno di venti libbre: perchè'l piombo è in ispecie più graue del legno. Adunque non è necessario, che vna gran mole d'aria, per la molta terra contenuta in essa, discenda più velocemente, che piccola mole d'acqua, anzi, per l'opposito, qualunque mole d'acqua dourà muouersi più veloce di qualunque altra d'aria, per esser la participazion della parte terrea in ispecie maggior nell'acqua, che nell'aria. Notisi nel secondo luogo, come, nel multiplicar la mole dell'aria, non si multiplica solamente quello, che vi è di terreo, ma il suo fuoco ancora: onde non meno se le cresce la causa dell'andare in sù, in virtù del fuoco, che quella del venire all'ingiù, per conto della sua terra multiplicata. Bisognaua, nel crescer la grandezza dell'aria, multiplicar quello, che ella ha di terreo solamente, lasciando il suo primo fuoco nel suo stato, che allora, superando 'l terreo dell'aria [72] augumentata, la parte terrea della piccola quantità dell'acqua, si sarebbe potuto più verisimilmente pretender, che con impeto maggiore douesse scender la molta quantità dell'aria, che la poca acqua.

E dunque la fallacia più nel discorso d'Aristotile, che in quello di Democrito, il quale, con altrettanta ragione, potrebbe impugnare Aristotile, e dire. Se è vero, che gli estremi elementi sieno l'vno semplicemente graue, e l'altro semplicemente lieue, e che i medij partecipino dell'vna, e dell'altra natura, ma l'aria più della leggerezza, e l'acqua più della grauità, adunque sarà vna gran mole d'aria, la cui grauità supererà la grauità d'vna piccola quantità d'acqua, e però tal mole d'aria discenderà più velocemente che quella poca acqua. Ma ciò non si vede mai accadere, adunque non è vero, che gli elementi di mezzo sieno partecipi dell'vna, e dell'altra qualità. Simile argomento è fallace, non meno che l'altro contr'a Democrito.

Vltimamente auendo Aristotile detto, che, se la posizion di Democrito fusse vera, bisognerebbe, che vna gran mole d'aria si mouesse più velocemente, che vna piccola d'acqua, e poi soggiunto, che ciò non si vede mai in alcun modo; parmi che altri possa restar con desiderio d'intender da lui, in qual luogo dourebbe accader questo, ch'e' deduce contro à Democrito, e quale esperienza ne insegni, ch'e' non v'accaggia. Il creder di vederlo nell'elemento dell'acqua, o 'n quel dell'aria, è vano, perchè ne l'acqua, per aqua, ne l'aria per aria si muouono, o mouerebbon giammai, per qualunque participazione altri assegni loro di terra, ò di fuoco: la terra, per non esser corpo fluido e cedente alla mobilità d'altri corpi, è luogo, e mezzo inettissimo a simile esperienza: il vacuo, per detto d'Aristotile medesimo non si dà, e, benchè si desse, nulla si mourebbe in lui: resta la region del fuoco, ma essendo per tanto spazio distante da noi, quale esperienza potrà assicurarci, o auere accertato Aristotile in maniera, ch'e' si debba, come di cosa notissima al senso, affermare quanto e' produce in confutazion di Democrito, cioè, che non più velocemente si muoua vna gran mole d'aria, che vna piccola d'acqua? Ma io non voglio più lungamente dimorare in questa materia, doue sarebbe, che dire assai: e, lasciato anche Democrito da vna banda, torno al testo d'Aristotile, nel quale egli si va accingendo, per render le vere cause, onde auuenga, che le sottil falde di ferro, o di piombo soprannuotino all'acqua. E più l'oro stesso assottigliato in tenuissime foglie, e la minuta poluere, non pure nell'acqua, ma nell'aria [73] ancora, vadano notando. E pone, che de' continui, altri sieno ageuolmente diuisibili, e altri nò: e che degli ageuolmente, diuisibili alcuni sien più, e altri meno tali. e queste afferma douere stimarsi che sien le cagioni. Soggiugne poi quello essere ageuolmente diuisibile, che ben si termina, e più quello che più, e tale esser più l'aria che l'acqua, e l'acqua che la terra. E ultimamente suppone, che in ciascun genere più ageuolmente si diuide, e si distrae la minor quantitade, che la maggiore.

Qui io noto, che le conclusion d'Aristotile in genere, son tutte vere, ma parmi, che egli le applichi a particolari, ne' quali esse non hanno luogo, come bene lo hanno in altri, come vgr. la cera è più ageuolmente diuisibile, che il piombo, e il piombo che l'argento; sì come la cera più ageuolmente riceue tutti i termini, che 'l piombo, e 'l piombo, che l'argento. E vero in oltre, che piú ageuolmente si diuide poca quantità d'argento, che vna gran massa: e tutte queste proposizioni son vere, perchè vero è, che nell'argento, nel piombo, e nella cera, è semplicemente resistenza all'esser diuiso, e dov'è l'assoluto è anche il respettiuo. Ma se tanto nell'acqua, quanto nell'aria, non è renitenza alcuna alla semplice diuisione, come potremo dire, che più difficilmente diuidasi l'acqua che l'aria? Noi non ci sappiamo staccare dall'equiuocazione: onde io torno a replicare, che altra cosa è il resistere alla diuisione assoluta, altra il resistere alla diuision fatta con tanta, e tanta velocità. Ma per far la quiete, e ostare al moto, è necessaria la resistenza alla diuisione assoluta; e la resistenza alla presta diuisione cagiona, non la quiete, ma la tardità del moto. Ma che tanto nell'aria, quanto nelle'acqua, la resistenza alla semplice diuision non vi sia, è manifesto perchè niun corpo solido si troua, il quale non diuida l'aria, e l'acqua ancora: e che l'oro battuto, o la minuta poluere, non sieno potenti à superar la renitenza dell'aria, è contrario à quello, che l'esperienza ci mostra, vedendosi, e l'oro, e la poluere andar vagando per l'aria, e finalmente discendere al basso, e fare anche lo stesso nell'acqua, se vi saranno locati dentro, e separati dall'aria. E perchè, come io dico, ne l'acqua, ne l'aria resistono punto alla semplice diuisione, non si può dir, che l'acqua resista più che l'aria: ne sia chi m'opponga l'esemplo di corpi leggerissimi, come d'vna penna, o d'vn poco di midolla di sagginale, ò di canna palustre, che fende l'aria, e l'acqua no, e che da questo voglia poi inferire l'aria esser più ageuolmente diuisibile, che l'acqua, perchè io gli dirò, che s'egli [74] ben osseruerà, vedrà il medesimo solido diuidere ancora la continuità dell'acqua, e sommergersi vna parte di lui, e parte tale che altrettanta acqua in mole peserebbe quanto tutto lui: e se pure egli persistesse nel dubitare, che tal solido non si profondasse, per impotenza di diuider l'acqua, io tornerò a dirgli, ch'e' lo spinga sotto acqua, e vedrallo poi, messo ch'e' l'abbia in sua libertà, diuider l'acqua, ascendendo, non men prontamente ch'e' si diuidesse l'aria discendendo: sì che il dire questo tal solido scende nell'aria, ma giunto all'acqua cessa di muouersi, e però l'acqua più difficilmente si diuide, non conclude niente: perchè io all'incontro, gli proporrò vn legno, o vn pezzo di cera, il quale, dal fondo dell'acqua si eleua, e ageuolmente diuide la sua resistenza, che poi, arriuato all'aria, si ferma e a pena la intacca; onde io potrò, con altrettanta ragione, dire, che l'acqua più ageuolmente si diuide che l'aria.

Io non voglio, in questo proposito, restar d'auuertire vn'altra fallacia di questi pure, che attribuiscono la cagion dell'andare, o non andare al fondo, alla minore, o maggior resistenza della crassizie dell'acqua all'esser diuisa, seruendosi dell'essemplo d'vn vouo, il quale nell'acqua dolce va al fondo, ma nella salsa galleggia: e adducendo per cagion di ciò la poca resistenza dell'acqua dolce, all'esser diuisa, e la molta dell'acqua salsa. Ma, s'io non erro, dalla stessa esperienza si può non meno dedurre anche tutto l'opposito, cioè, che l'acqua dolce sia più crassa, e la salsa più tenue, e sottile, poichè vn'vouo dal fondo dell'acqua salsa, speditamente ascende al sommo, e diuide la sua resistenza, il che non può egli fare nella dolce, nel cui fondo resta senza poter solleuarsi ad alto. A simili angustie conducono i falsi principij: machi rettamente filosofando riconoscerà per cagioni di tali effetti gli eccessi della grauità de' mobili, e de' mezzi, dirà, che l'vouo và al fondo nell'acqua dolce, perchè è più graue di lei, e viene a galla nella salsa perchè è men graue di quella; e senza intoppo alcuno molto saldamente stabilirà le sue conclusioni.

Cessa, dunque, totalmente la ragione, che Aristotile soggiugne nel testo, dicendo. Le cose, dunque che hanno gran larghezza, restano sopra, perchè comprendono assai, e quello, che è maggiore, non ageuolmente si diuide. Cessa dico, tal discorso, perchè non è vero, che nell'acqua, o nell'aria sia resistenza alcuna alla diuisione, oltrechè la falda di piombo, quando si ferma, ha già diuisa, e penetrata la crassizie dell'acqua, e profondattasi [75] dieci, e dodici volte più, che non è la sua propria grossezza: oltre che, tal resistenza, all'esser diuisa, quando pur fusse nell'acqua, sarebbe semplicità il dir, che ella fusse più nelle parti superiori, che nelle medie, e più basse, anzi, se differenza vi douesse essere, dourieno le più crasse esser le inferiori, sì che la falda non meno dourebbe essere inabile à penetrare parti più basse, che le superiori dell'acqua; tuttauia noi veggiamo che non prima si bagna la superficie superior della lamina, che ella precipitosamente, e senza alcun ritegno, discende sino al fondo.

Io non credo già, che alcuno (stimando forse di potere in tal guisa difendere Aristotile) dicesse, che, essendo vero, che la molta acqua resiste più che la poca, la detta lamina, fatta più bassa discenda, perchè minor mole d'acqua gli resti da diuidere: perchè se dopo l'auer veduta la medesima falda galleggiare in vn palmo d'acqua, e anche poi nella medesima sommergersi, e' tenterà la stessa esperienza sopra vna profondità di dieci, o venti braccia, vedrà seguirne il medesimo effetto per appunto. E qui torno a ricordare, per rimuouere vn'errore assai comune. Che quella naue, o altro qual si voglia corpo, che sopra la profondità di cento, o di mille braccia galleggia col tuffar solamente sei braccia della sua propria altezza, galleggerà nello stesso modo appunto nell'acqua che non abbia maggior profondità di sei braccia, e vn mezzo dito. Ne credo altresì che si possa dir le parti superiori dell'acqua esser le più crasse, benchè grauissimo autore abbia stimato, nel mare l'acque superiori esser tali, pigliandone argomento dal ritrouarsi più salate, che quelle del fondo: ma io dubiterei, dell'esperienza, se già nel estrar l'acqua del fondo non s'incontrasse qualche polla d'acqua dolce, che quiui scaturisse: ma ben veggiamo, all'incontro, l'acque dolci de' fiumi dilatarsi anche per alcune miglia, oltre alle lor foci sopra l'acqua salsa del mare, senza discendere in quella. ò con essa confondersi, se già non accade qualche commozione, e turbamento de' venti.

Ma, tornando ad Aristotile gli dico, che la larghezza della figura non ha che fare in questo negozio, ne punto, ne poco, perchè la stessa falda di piombo, ò d'altra materia, fattone strisce, quanto si voglia strette, soprannuota nè più nè meno: e lo stesso faranno le medesime strisce di nuouo tagliate in piccoli quadretti, perchè non la larghezza, ma la grossezza, è quella [76] che opera in questo fatto. Dicogli, di più, che, quando ben fusse vero, che la renitenza alla diuisione fusse la propria cagione del galleggiare, molto, e molto meglio galleggerebbono le figure più strette, e più corte, che le più spaziose e larghe, sì che, crescendo l'ampiezza della figura, si diminuirebbe l'ageuolezza del soprannotare, e scemando quella, si crescerebbe questa.

E, per dichiarazione di quanto io dico, metto in consideratione, che quando vna sottil falda di piombo discende, diuidendo l'acqua, la diuisione e discontinuazione si fa tra le parti dell'acqua, che sono intorno intorno al perimetro, e circonferenza di essa falda e secondo la grandezza maggiore, o minore di tal circuito ha da diuidere maggiore, o minor quantità d'acqua, sì che, se il circuito v. g. d'vna tauola sarà dieci braccia, nel profondarla per piano, si ha da far la separazione, e diuisione e, per così dire, vn taglio su dieci braccia di lunghezza d'acqua, e similmente vna falda minore, che abbia quattro braccia di perimetro, dee fare vn taglio di quattro braccia. Stante questo, chi aurà vn po' di Geometria, comprenderà non solamente, che vna tauola, segata in molte strisce, assai meglio soprannotera, che quando era intera, ma che tutte le figure, quanto più saranno corte, e strette, tanto meglio doueranno stare a galla. Sia la tauola ABDC. lunga, per esemplo, otto palmi e larga cinque: sarà il suo ambito palmi venzei: e venzei palmi sarà la lunghezza del taglio, ch'ella dee far nell'acqua p er discenderui. Ma se noi la segheremo, v. gr. in otto tauolette, secondo le linee EF. GH. ec., facendo sette segamenti, verremo ad aggiugnere alli venzei palmi del circuito della tauola intera altri settanta di più, onde le otto tauolette così segate, e separate, auranno a tagliare nouanzei palmi d'acqua: e se, di più, segheremo ciascuna delle dette tauolette in cinque parti, riducendole in quadrati, alli circuiti di palmi nouanzei, con quattro tagli d'otto palmi l'vno, n'aggiugneremo ancora palmi sessantaquattro; onde i detti quadrati, per discender nell'acqua, douranno diuidere censessanta palmi d'acqua, [77] ma la resistenza di censessanta è assai maggiore che quella di venzei: adunque, a quanto minori superficie noi ci condurremo, tanto vedremo che più ageuolmente galleggerebbono: e lo stesso interuerrà di tutte l'altre figure, le cui superficie tanto sieno fra di loro simili, ma differenti in grandezza; perchè, diminuite o cresciute quanto si voglia le dette superficie, sempre con subdupla proporzione scemano, ò crescono i loro perimetri, cioè le resistenze ch'e' trouano in fender l'acqua: adunque più ageuolmente galleggeranno di mano in mano le falde, e tauolette, secondo ch'elle saranno di minore ampiezza.

Ciò è manifesto: perchè, mantenendosi sempre la medesima altezza del solido, con la medesima proporzione, che si cresce ò scema la base, chresce ancora, ò scema l'istesso solido, onde, scemandò più 'l solido che 'l circuito più scema la causa dell'andare in fondo, che la causa del galleggiare; & all'incontro crescendo più 'l solido che 'l circuito, più cresce la causa dell'andar in fondo, e meno quella del restar à galla.

E questo tutto seguirebbe in dottrina d'Aristotile, contr'alla sua medesima dottrina.

Finalmente, a quel che si legge nell'ultima parte del testo, cioè che si dee comparar la grauità del mobile con la resistenza del mezzo alla diuisione, perchè se la virtù della grauità eccederà la resistenza del mezzo, il mobile discenderà, se nò, soprannoterà; non occorre risponder altro, che quel che già s'è detto, cioè che non la resistenza alla diuisione assoluta, la quale non è nell'acqua, o nell'aria, ma la grauità del mezzo, si dee chiamare in paragone, con la grauità del mobile: la qual se sarà maggior nel mezzo, il mobile non vi discenderà, nè meno vi si tufferà tutto, ma vna parte solamente; perchè nel luogo ch'egli occuperebbe nell'acqua, non vi dee dimorar corpo, che pesi manco d'altrettant'acqua: ma se 'l mobile sarà egli più graue, discenderà al fondo, ad occupare vn luogo dou'è più conforme alla natura che vi dimori egli, che altro corpo men graue. E questa è la sola, vera, propria e assoluta cagione del soprannotare, o andare al fondo, sì che altra non ve n'ha parte: e la tauoletta degli auuersari soprannuota quando è accoppiata con tanta d'aria, che insieme con essa forma vn corpo men graue di tanta acqua, quanta andrebbe a riempiere il luogo da tal composto occupato nel l'acqua: ma quando si metterà nell'acqua il semplice ebano, conforme al tenor della nostra quistione, andrà sempre alfondo, benchè fosse sottile come vna carta.

Il Fine

[78]

Io Francesco Nori, Can. Fior. auendo riuista la presente opera, non ho in essa notato cosa alcuna disforme dalla pietà Cristiana nè da' buon costumi, e la giudico degna delle stampe. Il dì Vltimo di Marzo 1612..

Franc. Nori sopr. di man propr.

Attesa l'attestatione e relazione premessa, concediamo che la soprascritta opera si possa stampare in Fire. osseruati gli ordini soliti. 2. d'Aprile 1612.

Pietro Niccolini Vic. di Firenze.

Ho riueduto la presente opera per parte del Sant'ufizio, e non ci ho trouato cosa repugnante alla cattolica fede e a' buon costumi.

Ita attestor ego fr. Augustinus vigianius, Regens ordinis Seruorum, manu propria.

Fra Cornelio Inquisitore di Firenze, 5. Marzo 1612.

Stampisi secondo gli ordini, questo di 5. di Aprile

1612.

Niccolò dell'Antella Senatore.

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