regola universale, la quale servirà per descrivere una figura di quanti angoli eguali e lati ci piacerà.

Sia nel presente essempio la linea AB, sopra la quale sia di mestiero descrivere una figura di molti lati. Prolunghisi la linea AB per dritto occultamente sino al punto C; e sopra il centro A, secondo l'intervallo di essa A B, descrivasi il cerchio DBC; e sopra il punto A sia tirata la perpendicolare AD: e l'arco DC sia diviso in tante parti eguali, quanti lati vogliamo che abbia la figura da descriversi; e nel presente essempio supponiamo che deva avere sette lati; però divideremo il detto arco in sette particelle eguali, ne' punti E, F, G, H, I, K. Di poi, per regola universale, ne lasseremo sempre quattro dalla parte inferiore, come nell'essempio si veggono lasciate le quattro particelle CE, EF, FG, GH; e dal punto H al punto A tireremo la linea retta. Oltre a ciò, posta un'asta in H ed allargato il compasso sino al punto A, faremo le due intersecazioni alli punti L, N; ed il medesimo faremo fermata l'asta del compasso nel punto B, segnando le due intersecazioni M, O. Di poi per li due punti L, N faremo passar la linea occulta LN, e per li punti M, O l'altra linea occulta, la quale si giungerà con LN in P: dove posta l'asta immobile del compasso ed allargato l'altra sino al punto A, descriveremo il cerchio, il quale passerà necessariamente per i punti B, H; e replicata in questo la linea AB sette volte, sarà descritta la figura che cercavamo (come si vede) AHQRSTB.

la cagione perchè sono ordinate le fortificazioni.

Sui fogli di guardia, il cod. m porta, di mano posteriore, il titolo: Fortificazioni del Galileo con le figure di ciascheduna; il cod. n: Galileo Galilei, Trattato della fortificazione. - In capo al Trattato, la classe B reca: Trattato di fortificatione dell'Ecc.mo Sig.r Galileo Galilei, Mattema.co nello Studio di Padova; il cod. C: Fortificazioni del sig.r Galileo Galilei. - I codici b e r mancano d'ogni titolo.

Dovendo noi discorrere intorno al modo di fortificare, doviamo prima recarci inanzi alla mente il fine, per il quale sono state ordinate le fortificazioni: il quale altro non è che il fare che pochi possino difendersi da molti; atteso che si deve sempre supporre che il nemico, venendo per impadronirsi di una fortezza, sia per condurre assai più numeroso essercito, che non è la moltitudine de' difensori. Adunque bisogna che quelli della fortezza s'ingegnino di poter contrastare al nimico co 'l vantaggio del sito.

Bisogna, oltre a ciò, sapere a quali sorte d'offese si deve resistere; se vogliamo potere talmente ordinare la fortezza, che possa a dette offese contrastare. E venendo al particolare nostro, poichè s'è ritrovato l'artiglieria, strumento da guerra di tutti violentissimo, non possono quelle difese, che anticamente bastavano, essere ne i nostri tempi atte a resistere: però bisogna che troviamo altri corpi di difesa, che a gli antichi non furono di mestiero.

I mezzi, con i quali s'offendono ed espugnano le fortezze, pare che siano principalmente cinque: cioè,

la batteria, quando con l'artiglierie s'apre di lontano una muraglia, e per l'apertura si fa adito per entrare nella fortezza;

la zappa, che si fa accostandosi alla muraglia, e con pali di ferro, con picconi, ed altri istrumenti, si rovina;

la terza è la scalata, quando con le scale si monta sopra la muraglia;

la quarta è la mina, la quale, per la forza del fuoco rinchiuso in una cava sotterranea (come a suo luogo dichiareremo), rovina in uno instante una muraglia;

la quinta finalmente è l'assedio, quando, togliendo a i difensori ogni sorte di sussidio, si constringono per la fame a rendersi.

Lasciamo stare il tradimento, come maniera d'espugnare ignominiosa, ed alla quale male si può trovare rimedio, sendo impossibile guardarsi da i traditori. Lasciamo, per simile rispetto, le improvise rubberie, dalle quali non ne può assicurare la forma della fortezza, ma solamente la vigilante cura delle guardie.

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