ACQUAPENDENTE - MONTE LIBRETTI - VEROLA MONTEROTONDO - MENTANA

Brevi ma sanguinosi furono gli ultimi episodi della vita militare dei volontari italiani allo scorcio del 1867.

Fatti eroici di molti prodi lì segnalarono; ed un assalto che le tenebre della notte coprirono, e che fu degno del più splendido sole. Se ne ricorderanno i mercenari del prete che chiesero impauriti la vita dopo che s’erano macchiati contro i loro vincitori con atti infami da veri vandali quali sono e saranno sempre.

Se la mia penna troppo sovente s’intinge nel fiele e se sovente si tempera non col gentile temperino ma coll’acuto triangolare, terribile pugnale del carbonaro, ne ho ben donde!

E chi potrebbe contemplare impassibile, questa terra benedetta da Dio, così maledetta dagli uomini?

Chi potrebbe mirare indifferente gli sforzi d’una nazione infelice, ma generosa, annientati da una caterva di epuloni traditori che con inaudite nefande scelleraggini vendono per il loro personale interesse, la terra ove nacquero, il popolo che li sorregge de’ suoi averi e del suo sangue, a spregevole tiranno straniero?

Il papato! Quel cancro del corpo italiano è all’agonia. L’Italia intiera ha compreso che non c’è vita, non prosperità possibile con quell’inferno di vivi. Da tutti gli angoli della penisola si alza una voce di entusiasmo, di giubilo, per il prossimo esterminio del mostro. Privati, Municipi, stranieri, amici contribuiscono con ogni mezzo a sovvenire la schiera dei liberatori. Finalmente! la terra italiana sarà lavata da tanta lordura!

La gioventù coraggiosa si accalca nelle file degli iniziatori per aver parte nella gloria. Acquapendente, Monte Libretti, Monterotondo echeggiano dell’inno della vittoria che i valorosi italiani riportarono sui mercenari stranieri. L’Agro Romano è sgombro dall’infesta loro presenza. I ponti che conducono alla città eterna saltano in aria allo scoppio delle mine e preti e mercenari e birri dopo avere barricate le porte si rintanano impauriti e tremanti dentro Roma.

Era finita! Il mondo intiero salutava festante i giovani redentori dell’umanità oppressa, ingannata, tradita per tanti secoli! Ma...

Ma!... a Parigi e a Firenze congiuravano i fautori delle sciagure de’ popoli, i sostenitori della ingiustizia, della menzogna. Gli uni apparecchiavano le navi e le soldatesche, gli altri più perversi e più codardi, gettavano tra il popolo tradito la paura, la diffidenza e, nelle file dei vincitori degli sgherri, la corruzione e lo sconforto.

Mentana fu il risultato di tante mene scellerate!

Dopo avere gettato lo sconforto nelle schiere dei volontari, impedito che soccorsi loro giungessero, disarmato coloro che potevano esserlo senza pericolo, (perché ognuno di questi tradimenti si fece colla viltà che caratterizza sempre il gesuitismo governativo), dopo avere ingannato il paese e l’esercito coll’occupazione di alcuni punti del territorio romano, col mentito pretesto di arrestare l’invasione francese; privato i volontari delle poche munizioni che si fabbricavano per loro nei generosi paesi di confine, eccitato alla diserzione molte migliaia di loro, dopo tutto ciò, si preparava Mentana.

E Mentana poteva riuscire un secondo Trenta aprile ad onta di tante circostanze a noi sfavorevoli. A Mentana, io ho veduto i mercenari fuggire colle baionette alle reni dai nostri catenacci, senza munizione, fuggire davanti ai nostri giovani militi. A Mentana, per un’ora, i volontari hanno potuto passeggiare padroni del campo di battaglia sopra mucchi di cadaveri nemici.

Ma a Mentana dopo l’eroismo di tanti prodi caduti e mutilati sul campo si udì risuonare in mezzo ad una folla di traditori codardi la voce «duemila francesi hanno attaccato la retroguardia!» e quella voce divenne persistente, e quella voce ebbe colore di un fatto positivo talché a me stesso fu assicurato da gente che veritiera mi sembrava, coll’aggiungervi: «gli ho veduti».

Maledizione! Fino a che punto può giungere la perversità umana! e quale lezione per l’italiana gioventù!

Quei vittoriosi militi piegano in ritirata!... né odono più la rauca mia voce e quella dei prodi miei ufficiali!...

Ricordiamola questa recente storia: poi ditemi come si fa a non intingere la penna nel fiele, a non temperarla col pugnale!

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