Quando si pensa all’unificazione di questa nostra Italia ed a coloro che l’ebbero a reggere sulla spinosa via che ella percorse, e che percorre ancora, non si può a meno d’inchinarsi davanti ai decreti della provvidenza che veramente volle aiutarla fino a costituirsi in nazione.
Io sovente, meditando sulla sorte di questa bella, grande ed infelice nostra patria, nell’immaginazione mia, me l’ho figurata: un carro tirato avanti a stento dalla parte generosa del popolo cui è unica meta il bene generale e che segue la sua stella provvidenziale come faro salvatore. Poi, addietro attaccata, immaginai la turba malvagia de’ reggitori coll’immensa coda de’ loro satelliti scapigliati e spossati ma pure disperatamente intesi a far forza per trascinare indietro il veicolo dello stato anche a rischio d’infrangerlo. Il popolo, impoverito, umiliato da quella ciurmaglia grassa e nuotante nel vizio si ferma pacato, tranquillo nelle sue miserie, sgombra volonteroso gli ostacoli accumulati sulla sua via di redenzione e procede e procede ingenuamente fiducioso in un avvenire di riparazione.
Riparazione!? e da chi verrà la riparazione? Povero popolo!... dai restauratori del clericume, del gesuitismo, dell’impostura, ricondotti nel tuo seno, a spese delle tue sostanze per mantenerti nell’ignoranza e nella miseria?
Ai molti mezzi di corruzione impiegati dai potenti per tener in servaggio le popolazioni si aggiunge oggi il più scellerato, quello della setta nera, moltiforme, ricca, sostenuta dalla forza della nazione in mani infami. E questa è la riparazione che tu aspettavi, popolo infelice! paria!, ilota delle nazioni!
Riparazione!? Da chi riparazione? da chi s’inginocchia ogni giorno, ogni ora, a piedi del sacerdozio della menzogna?
Intanto uno degli agenti di cotesto sacerdozio camminava a capo basso attanagliato nei polsi da Orazio e da Attilio mentre Muzio apriva la via, non facile ad aprirsi, in mezzo a quella moltitudine. Finalmente giunsero i quattro in un’osteria situata in una viuzza che metteva nella Riva degli Schiavoni.