Capitolo XI. Prigioniero

È singolare — che nella prolissa mia carriera militare — io mai sia stato fatto prigioniero! ad onta d'essermi trovato tante volte — in pericolosissimo stato -

Nella circostanza presente — a qualunque terra s'abordasse, dovevasi esser prigionieri — poichè non riconosciuta l'insurrezionale nostra bandiera del Rio-Grande del Sud -

Giunsimo a Gualeguay paese della provincia di Entre-Rios — ove ci valsero moltissimo — il Capitano Luca Tartabull della goletta Sintoresca di Buenos-Ayres — ed i di lui passegieri, abitatori e nativi di quei paesi.

Incontrata detta goletta, nelle alture dell'Ibicui — piccolo confluente del fiume Gualeguay e mandato da Luigi a chiedere alcuni viveri — quei generosi si offersero di accompagnarci sino a Gualeguay, loro destino -

Di più: mi raccomandarono al Governatore della provincia, D.r Pasqual Echague — che si compiacque, lui dovendo partire, di lasciarmi il proprio chirurgo D.r Ramon dell'Arca — giovine Argentino — che mi fe' subito l'estrazione della palla, rimastami nel collo — e mi curò perfettamente -

Io vissi nella casa di D.r Jacinto Andreus, nei sei mesi di soggiorno in Gualeguay — e dovetti moltissimi riguardi e gentilezze a lui ed alla famiglia tutta di quel generoso -

Ma non ero libero!... Con tutta la buona volontà di Echague, e l'interesse che quella buona popolazione mi manifestava — io ero obligato di non assentarmi — senza previa deliberazione del Dittattore di Buenos-Ayres, da cui dipendeva il governatore d'Entre-Rios, e che non deliberava mai.

Sano della ferita — io principiai a passegiare — e mi si permettevano delle scorrerie a cavallo sino alla distanza di dieci o dodici miglia -

[31]

Mi passavano, più del vito — che dovevo alla generosità di D.r Jacinto — un pezzo forte al giorno; condizione agiatissima per quei paesi, ove si trova a spendere poco -

Ma tuttociò non valeva la libertà di cui ero privo -

Mi si fece capire da alcuni di buona fede, o nemici, che al governo non sarebbe riuscita discara la sparizione mia; e mi decisi, incautamente, a sgombrare; credendone l'attuazione men ardua, e le conseguenze, non di tanto momento — credendo non mi si attribuirebbe a gran colpa — da quanto ho già accennato -

Il Comandante di Gualeguay, era un tale Millan — egli avea proceduto non male verso di me — poichè tale contegno le fu imposto dal governo della provincia — e sino a quel punto, non avevo veramente motivi di lagnanze — abbenchè poco interesse mi avesse egli dimostrato -

Io mi decisi dunque di andarmene — e perciò feci i miei preparativi -

Una sera, era tempo burrascoso — io mi avviai verso la casa d'un buon vecchio, che solitavo visitare, alla distanza di circa tre miglia da Gualeguay — le feci palese il mio divisamente — e lo incaricai di cercarmi una guida, che coi propri cavalli, mi conducesse sino all'Ibicuy — ove speravo di trovare legni, da trasportarmi incognito a Buenos-Ayres, o Montevideo -

Trovansi il guida, i cavalli, e ci poniamo in via attraverso campi, per non esser scoperti -

Noi dovevimo percorrere cinquanta e quattro miglia, che divorammo nella notte — quasi sempre a galoppo -

Spuntando l'alba, noi erimo in vista dell'Ibicuy, cioè della Estancia di quel nome; alla distanza di mezzo miglio circa -

L'uomo che mi servì di guida, mi disse allora: d'aspettarlo nel bosco ove ci trovavamo — e che lui, andrebbe a prender notizie nella casa -

Così si fece: egli partì solo — Io rimasi, ben contento di poter riposare un momento le membra sconquassate da tanto galoppo — io, marino, e quindi non assuefato al cavallo -

Smontai, e legai colla briglia il mio cavallo ad una pianta di spiniglio, ossia Acacia, di cui sono composti totalmente [32] quei boschi — rade però le piante, dimodocchè i cavalieri ponno cavalcarvi liberamente sotto, e tra loro.

In tal guisa, aspettai lunga pezza sdrajato — quindi, vedendo che non compariva il mio guida, mi avvicinai a piedi verso il confine del bosco che non era lontano, e procurai di scorgerlo — Quando sento dietro di me, un calpestio di cavalli, e scorgo un drapello di cavalieri, che colla sciabola sguainata si avventavano su di me — Essi già si trovavano tra il mio cavallo ed io — quindi inutile qualunque proposito di fuga — più inutile ancora ogni resistenza.

Mi legarono colle mani dietro — poi collocato sopra un ronzino, legaronmi pure i piedi, sotto la pancia del cavallo — ed in tal guisa fui condotto a Gualeguay, ove mi aspettava trattamento molto peggiore -

Sentomi raccapricciare ogni volta mi rammento la sventuratissima circostanza della mia vita — Giunto in presenza di Millan, che mi aspettava sulla porta della prigione, fui da lui inchiesto: chi mi avesse somministrato i mezzi d'evasione — ed accertatosi ch'io nulla gli avrei fatto palese — ei principiò bestialmente a battermi con una frusta che teneva in mano — quindi, alle reiterate mie negative, ei fece passare una fune alla trave della prigione — e mi fece sospendere in aria, legato per le mani!

Due ore di quella tortura mi fece soffrire quel scellerato!!!

Io che avevo consacrato tutta la vita al sollievo dei soffrenti! Consacrato a far guerra alla tirannide ed ai preti fautori, ed amministratori di torture!

Il mio corpo ardeva come una fornace, e lo stomacco mio dissecava l'acqua ch'io trangugiavo senza interruzione, somministratami da un soldato — come un ferro rovente -

Tali patimenti non si ponno esprimere!

Quando mi sciolsero, io, più non mi lamentavo, ero svenuto — diventato un cadavere! E così mi incepparono!

Io avevo traversato cinquanta quattro miglia di paese paludoso, ove le zanzare sono insoffribili nella stagione in cui erimo — Colle mani e piedi legati, avevo indurato le tremende percosse del moschito — senza potermi difendere — quindi le torture di Millan -

Oh! io avevo sofferto molto! Ora mi trovavo in ceppi allato d'un assassino!

Andreus, il mio benefattore, era imprigionato — Gli abitanti tutti del villaggio erano atterriti — e senza l'anima generosa d'una donna — io sarei morto -

[33]

La Signora Albeman, angelo virtuoso di bontà calpestò il timore, che tutti aveva invaso — e venne in soccorso del torturato! Io di nulla mancai nella mia prigione — grazie alla incomparabile mia benefattrice -

Di lì a pochi giorni, fui condotto alla capitale della Provincia — Bajada — Stetti due mesi in prigione in quella città — quindi fui avvertito dal Governatore, che potevo andarmene liberamente -

Abbenchè io appartenessi a principii diversi da quelli di Echague — e ch'io abbia combattutto per una causa diversa dalla sua — cioè io servendo la libertà nella Repubblica di Montevideo — e lui luogotenente del tiranno di Buenos-Ayres, che voleva aggiogarla — ad onta di ciò, dico: io devo confessare le tante obbligazioni di cui le sono debitore — e vorrei oggi ancora poterli provare la mia gratitudine d'ogni cosa — ma massime per la mia libertà, che senza di lui potevo non ricuperare per un tempo indefinito –

Share on Twitter Share on Facebook