CAPITOLO VII. Continua da Calatafimi a Palermo.

Dopo d'aver passato due giorni a Renne — con forti piogge — senza ricoveri — e poca legna — per cui fummo obligati, bruciare anche i pali da telegrafo — scesimo sino al villagio di Pioppo — sopra Monreale; ma non era quella, posizione conveniente, per la pochezza delle nostre forze -

Verso il 21 — una ricognizione del nemico — ove vi furono poche fucilate — mi fece determinare di ripigliar posizioni più forti — al dissopra dell'incrocicchio delle strade che confluiscono a Renne — tenendo così, libere le comunicazioni, per la via di Partinico che avevamo percorso — e per S. Giuseppe più ad Ostro -

La posizione suddetta era conveniente, come punto tattico — ed avressimo potuto ricevervi il nemico con vantaggio — Ma la strada, che da Palermo va a Corleone — mi sembrò più conveniente — a noi — sotto la doppia considerazione: di presentarci un teatro d'operazioni più vasto assai — e per metterci a contatto colle bande più numerose — che trovavansi dalla parte di Misilmeri, Mezzojuso e Corleone — ove mandato Lamasa per riunirle -

Mi decisi dunque, di traversare di notte — dallo stradale che occupavamo, a Parco, che si trova su quello di Corleone a Palermo.

Il movimento si principiò prima di notte — ma le difficoltà del sentiero, per ove dovettimo passare a spalla d'uomini — cannoni e materiale — e la dirottissima pioggia che durò tutta la notte — con folta nebbia — resero quella marcia la più disagiata ch'io m'abbia eseguito — ed era già gran giorno quando la testa della collonna, alla spicciolata giungeva in Parco -

I cannoni poi, appena verso sera terminarono d'arrivare con grandissimo stento -

La stessa pioggia, con nebbia folta, fu causa che il nemico, non ebbe conoscimento della nostra marcia — senonchè molto dopo il nostro arrivo a Parco -

Parco è dominato da posizioni forti — che noi occupammo — e sulle quali fecimo alcune opere di difesa [323] collocandovi i nostri cannoni — Coteste posizioni però sono dominate da alti monti — e quindi girabili -

Il 24 Maggio, il nemico uscì da Palermo, con forze considerevoli, divise in due collonne — La prima veniva per la gran via, che dalla capitale va a Corleone, e nell'interno dell'isola — passando a Parco — La seconda dopo d'aver seguito per un pezzo, la strada di Monreale — traversò la vallata — e minacciò le nostre spalle — fiancheggiandoci alla sinistra — ed avviandosi verso le Portelle di Piana dei Greci -

Io non avrei temuto l'attacco di fronte — ad onta d'esser il nemico assai superiore in forze — ma il movimento alle spalle, per i monti che ci dominavano — mi fece disporre alla ritirata — prima dell'arrivo del nemico -

Ordinai, dunque, la marcia immediata dei cannoni e bagagli per la strada maestra — ed io con un pugno di Picciotti — e la compagnia Cairoli — mi recai ad incontrare per le Portelle, quella seconda collonna, che tentava di tagliarci la ritirata -

Il movimento nostro riuscì a meraviglia — Io giunsi sulle alture, prima che il nemico se ne impadronisse — ed alcune fucilate lo fecero fermare — Dimodocchè io mi trovai con tutte le mie forze a Piana — avendo per lo stradale di Corleone, libero tutto l'interno dell'Isola — e potendo movermi a piacimento -

Le popolazioni di Piana e Parco — ci giovarono moltissimo come ausiliari, e come pratici — massime un Barone Peta del primo paese -

A Piana dei Greci passammo tutto il resto della giornata — lasciando riposare la gente — In quel giorno ebbimo a deplorare la morte del prode giovane Mosto, fratello del Maggiore comandante della compagnia carabinieri Genovesi — che col solito valore, avea ritardato il procedere dei borbonici -

A Piana io mi decisi di sbarazzarmi dei cannoni e del bagaglio — per poter operare più liberamente su Palermo — congiungendomi colle squadre di Lamasa che si trovavano allora a Gibilrossa -

Al far della notte — quindi, io feci seguire cannoni, e bagagli, sulla strada di Corleone agli ordini di Orsini. Io colla gente, dopo d'aver preso la stessa via per un pezzo — obliquai a sinistra nella direzione di Misilmeri — per un sentiero boschivo non molto disagiato -

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Il movimento dei cannoni sulla via di Corleone, ingannò il nemico, siccome io l'avevo sperato — Egli il 25, continuò la marcia verso quella città — credendo di perseguire tutta la forza nostra — ma non seguiva altro che Orsini — quasi senza gente -

Io traversai colla collonna il bosco Cianeto, ove dormimmo — il giorno seguente si raggiunse Misilmeri, ove la popolazione ci accolse con grande entusiasmo — ed il 26 a Gibilrossa — ove si trovava il nostro Lamasa con varie squadre riunite -

Dopo d'aver conferito con Lamasa, e cogli altri capi Siciliani, di fuori e dentro Palermo — si decise d'attaccare il nemico nella capitale della Sicilia -

In quel giorno 26 — vi furono vari stranieri, nel nostro campo — massime Inglesi ed Americani — manifestando molta simpatia per la bella causa dell'Italia — Un giovane ufficiale americano, si staccò un revolver dal cinturone e me l'offerse gentilmente come pegno dell'interesse che prendeva a noi -

Van Meckel e Bosco, comandavano la collonna borbonica che seguiva per Corleone dietro la nostra artiglieria — ed ignorando il nostro movimento su Gibilrossa — E bisogna confessare ad onore del bravo popolo Siciliano — che solamente in Sicilia, era ciò eseguibile — Sì! e solamente dopo due giorni, della nostra entrata in Palermo — seppero quei capi nemici: d'esser stati da noi ingannati — e giunti nella capitale, mentre ci credevano a Corleone -

La sera del 26, al principio della notte — s'iniziò la nostra marcia su Palermo, scendendo per un sentiero coperto, ed assai difficile, che conduce da Gibilrossa, sullo stradale di Porta Termini -

Alcuni incidenti successero nella notte — e ritardarono alquanto la nostra marcia — La nostra collonna composta di circa tre milla uomini, dovendo seguire un sentiero angusto e disagiato — formava una striscia estesissima — Per lo stesso motivo era impossibile: percorrere avanti e indietro la collonna per rannodarla — Poi un cavallo sciolto cagionò alcune fucilate, che bastante allarmarono — Infine la testa avendo preso una strada che non era la buona, fummo obligati fermarci — per rimetter la gente sulla buona via — Dimodocchè quando giunsimo agli avamposti nemici di Porta Termini — era gran giorno –

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3º periodo.

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