Origine della discordia tra Papa Urbano, e Re Carlo. Entrata nel regno di Luigi I d'Angiò, e sua morte. Carlo assedia in Nocera Urbano, il quale coll'aiuto de' Genovesi, e di Ramondello Orsino, e di Tommaso Sanseverino scampa e fugge a Roma.
Papa Urbano dappoichè vide Re Carlo stabilito nel Regno, e che si tardava d'adempire il concordato fra loro, quando gli diede l'investitura, non volle aspettar più; onde gli mandò un Breve, esortandolo, che poichè le cose del Regno erano acquistate, dovesse consegnare a Butillo la possessione del Principato di Capua e degli altri Stati che gli avea promessi; ma il Re non si poteva in niun modo inducere a dismembrare la città di Capua dalla Corona, e però dava parole, menando la cosa in lungo, donde cominciarono fra loro quelle dissensioni, che poi risultarono in guerre aperte, con molta ruina e calamità del Regno; poichè Urbano vedendosi a questo modo deluso, cominciò a pensare di cacciar ancor lui dal Regno; e per avere un più numeroso partito, fece nuova creazione di Cardinali, tra' quali creò Pietro Tomacello di Napoli.
Ma mentre queste cose si facevano in Italia, Luigi Duca d'Angiò senza contrasto alcuno s'insignorì del Contado di Provenza, nel che ebbe i Provenzali favorevoli, i quali ubbidendo a quanto la Regina Giovanna avea loro comandato, non vollero riconoscere per lor Sovrano Carlo, ma sì bene Luigi, il quale favorito anche da Clemente fu da costui, approvando l'adozione della Regina, investito del Regno, e fatto gridare in Avignone Re di Napoli, con sovvenirlo ancora di buona somma di fiorini, e sperava che calando Luigi potente, non solo avrebbe ricuperata l'ubbidienza del Regno di Napoli, ma anche di tutta Italia.
(Morta la Regina Giovanna, e riconosciuto Luigi da' Provenzali per lor sovrano, e da Clemente per Re di Napoli, venendo con valido esercito per discacciar l'emolo dal Regno, Carlo di Durazzo per risarcir la sua fama, che riputava rimaner offesa da alcune parole contumeliose, dette da Luigi, lo sfidò a singolar duello, e scrissegli un biglietto in lingua franzese, dove rinfacciandogli la nullità dell'adozione, e che la Regina Giovanna non poteva cedergli il Regno, lo invita a battersi seco. Luigi rispose a Carlo con pari acrimonia, ed accettò il duello; anzi spedì salvo condotto a Carlo, per assicurar il luogo del campo destinato, affin di comparire con sicurezza egli ed i suoi. Si leggono presso Lunig , oltre il salvo condotto suddetto, quattro biglietti, scritti vicendevolmente due da Carlo e due altri da Luigi, nell'idioma stesso franzese; ma non si legge che il duello fosse seguito, poichè si venne a combattere, non già a solo a solo, a corpo a corpo, ma con eserciti armati).
Come questo si seppe nel Regno, molti Baroni che aveano promessa la tassa nel Parlamento, non solo non la mandarono, ma di più si deliberarono di alzare le bandiere d'Angiò, e tra costoro fu Lallo Camponesco in Apruzzo, e Niccolò d'Engenio Conte di Lecce in Terra d'Otranto.
Nel medesimo tempo Giacomo del Balzo figlio del Duca d'Andria, vedendo, che Ottone già Principe di Taranto era prigione, venne nel Regno, e ricovrò tutto il Principato, e prese per moglie Agnese sorella della Regina Margarita, la quale era vedova di Cane della Scala, Signor di Verona. Questa parentela offese tanto i Sanseverineschi, capitali nemici di Casa del Balzo, che sebbene erano di sangue e di parentela congiunti col Re, in poco tempo se gli scoversero nemici; onde il Re vedendo la revoluzione di tanti Baroni nelle più grandi ed importanti province del Regno, e sentendo che il Conte di Caserta di Francia scrivea, e tenea intelligenza con molti, cominciò a pensare a' casi suoi: al che s'aggiungeva, che il Duca d'Andria non si trovava niente soddisfatto del Re, perchè avea sperato, che subito dopo l'acquisto del Regno, avesse dovuto rimetterlo interamente in tutto il suo Stato di prima, il che il Re non avea fatto per la potenza di Casa Marzano che possedevano la città di Sessa, e quella di Teano. E per ultimo, trovandosi in queste angustie di mente, non mancarono di quelli che cominciarono a porgli sospetto, che Giacomo del Balzo Principe di Taranto, che s'intitolava ancora Imperadore di Costantinopoli, non volesse occupare il Regno di Napoli, pretendendo per la persona d'Agnesa sua moglie nipote carnale della Regina Giovanna, di maggiore età della Regina Margarita, che il Regno toccasse a lui di ragione. Questo sospetto ebbe tanto più presto luogo nella mente del Re, quanto che Papa Urbano di natura ritroso ed inquieto minacciava di volerlo cacciare dal Regno, alla qual cosa pareva abile suggetto la persona del principe di Taranto; e per questo il Re imbizzarrito, per assicurarsi di tutti coloro che potessero con qualche ragione pretendere al Regno, fece carcerare la Duchessa di Durazzo sorella maggiore della Regina Margarita, e cercò d'avere in mano il Principe di Taranto, lasciando la moglie in Napoli, la quale similmente Re Carlo fece carcerare, e poi mandò alla città di Muro.
Intanto Luigi d'Angiò, preso il possesso del Contado di Provenza e dell'altre Terre della Regina di là da' Monti, fu coronato da Papa Clemente Re di Napoli, e si pose in viaggio, mandando innanzi dodici galee nelle marine del Regno per sollevare gli animi di quelli del partito della Regina, e per accertarli della venuta sua per terra. Queste dodici galee comparvero alli 17 giugno di quest'anno 1383 nelle marine di Napoli, ed andarono a Castello a Mare, e 'l presero, ed all'improvviso la sera seguente vennero sin al Borgo del Carmelo, e 'l saccheggiarono, poi passarono ad Ischia. Il Re Carlo vedendo, che così poca armata potea far poco effetto, si pose in ordine per andare ad incontrare il Re Luigi, che veniva per terra, e ragunò sue truppe in numero di tredicimila cavalli. Ma questo numero era assai poco appetto dell'innumerabil esercito del Re Luigi; il quale essendo entrato nel Regno, per avergli dato il passo Ramondaccio Caldora, l'esercito suo, per lo concorso di que' Baroni, che giudicando le forze di Carlo poco abili a resistere, aveano preso il partito del Re Luigi, era cresciuto in numero di trentamila cavalli: perciò Re Carlo non volle allontanarsi da Napoli.
Quei che vennero di Francia col Re Luigi, furono il Conte di Ginevra fratello di Papa Clemente, il Conte di Savoja, ed un suo nipote, Monsignor di Murles, Pietro della Corona, Monsignor di Mongioja, il Conte Errico di Bertagna, Buonigianni Aimone, il Conte Beltrano tedesco, e molti altri Oltramontani di minor nome. Quelli del Regno, che andarono ad incontrarlo, furono il Gran Contestabile Tommaso Sanseverino, Ugo Sanseverino, il Conte di Tricarico, il Conte di Conversano, (ancora che fosse per l'Ordine della Nave obbligato a Carlo) il Conte di Caserta, il Conte di Cerreto, il Conte di Sant'Agata, il Conte d'Altavilla, il Conte di S. Angelo e molti altri Baroni e Capitani. Finalmente essendo Re Luigi dalla via di Benevento giunto in Terra di Lavoro, perchè Capua e Nola si tenevano per Re Carlo, andò a ponersi a Caserta, la quale stava già con le bandiere sue, e da Caserta occupò anche Madaloni; ma consumandosi tuttavia lo strame e le vettovaglie per lo gran numero de' cavalli, fu forza che passasse in Puglia; il qual passaggio, ancorchè Re Carlo avesse proccurato d'impedirglielo, nientedimanco riuscì finalmente al Re Luigi di condurre il suo esercito sicuro nel piano di Foggia.
Il Re Carlo vedendosi rotto il suo disegno, ed avendo avuta novella, che Papa Urbano era partito di Roma e veniva verso Napoli, geloso, che quell'uomo di natura superbo e bizzarro non alterasse gli animi dei Napoletani, subito prese la via di Napoli a gran giornate; e giunse a tempo, che il Papa era a Capua, dove andò subito a ritrovarlo, ed insieme vennero ad Aversa: l'uno simulava coll'altro; ma giunti a Napoli il Re non volle permettere, che il Papa albergasse nel Duomo, ma sotto colore di amorevole rimostranza e di buona creanza lo condusse al Castel Nuovo: quivi trattarono delle cose a loro appartenenti: il Papa dimandò al Re il Principato di Capua, con molte Terre circostanti, come Cajazzo e Caserta, le quali furono già del Principato di Capua; dimandò ancora il Ducato d'Amalfi, Nocera, Scafati, ed un buon numero d'altre città e castella, e cinquemila fiorini l'anno di provisione a Butillo suo nipote; e per contrario promettea d'ajutare il Re alla guerra, e lasciarli a pieno il dominio del Regno tutto, con quelle condizioni, che l'aveano tenuto i Re suoi antecessori. Furono accordati e fermati questi patti con grand'allegrezza dell'una e dell'altra parte. Il Papa ottenne dal Re di uscire del castello, ed andare ad alloggiare al Palazzo arcivescovile, e con gran pompa fu accolto dall'Arcivescovo Bozzuto, che era stato rimesso in quella Cattedra dopo la ruina della Regina, dove il Re e la Regina andarono molte volte a visitarlo, e con intervento loro si fecero due feste di due nipoti del Papa, l'una data per moglie al Conte di Monte Dirisi, e l'altra a Matteo di Celano, gran Signore in Apruzzo; e la Vigilia di Natale il Papa scese alla chiesa, e furo cantati i Vespri con solennità Papale. Accadde in questi medesimi dì in Napoli un gran tumulto, poichè Butillo Principe di Capua nipote del Papa entrò violentemente in un monastero di donne Monache, e violò una delle più belle, che vi era dentro, e delle più nobili, del che si fe' gran tumulto per la città, e quelli del governo essendo andati al Re a lamentarsi, furono dal Re mandati al Papa, i quali avendo esposta con gran veemenza querela di quel fatto, il Papa, che com'era nell'altre cose severissimo, così all'incontro era nell'indulgenza e nell'amore verso i suoi mollissimo, rispose, che non era tanta gran cosa essendo il Principe suo nipote spronato dalla gioventù: e Teodorico di Niem, che scrive questo, si ride, che il Papa scusasse colla gioventù il nipote, il quale a quel tempo passava quarant'anni. Venne il dì di Capo d'anno e perchè i progressi, che faceva Re Luigi in Puglia richiedevano, che Carlo andasse ad ostarli, il Papa volle celebrare la messa, e pubblicò Re Luigi, che ei chiamava Duca d'Angiò, per eretico, scomunicato e maledetto, bandì cruciata contro di lui, promettendo indulgenza plenaria a chi gli andava contro, e fe' Confaloniero della Chiesa Re Carlo, benedicendo lo stendardo, che il Re tenne con la man destra sin che si celebrò la messa.
Si pose per tanto in ordine Carlo per andare in Puglia a cacciar l'inimico, ed ordinò alla Cancelleria che scrivesse a tutti i Feudatari, che dovessero star pronti; e perchè il Papa non dava altro che parole, ed indulgenze, non già danari, fu astretto di pigliar dalla Dogana tutti i panni, che vi erano di Fiorentini, Pisani e Genovesi, per distribuirgli parte a' soldati ordinarj, e parte a' Cavalieri napoletani, che s'erano offerti di seguirlo; e venuto il mese d'aprile di questo anno 1384 si partì di Napoli per andare in Puglia, e giunse a Barletta; ed ancorchè il Re Luigi proccurasse venire a battaglia finita, Re Carlo approvando il consiglio del Principe Ottone (che a questo fine l'avea fatto sprigionare) non volle uscire, ma i due eserciti si trattenevano in far varie scaramucce; onde Luigi vedendo, che non potea venir più a fatto d'arme, si ritirò a Bari, dove venne a trovarlo Ramondello Ursino, a cui Luigi sposò Maria d'Engenio donzella nobilissima e ricchissima, poichè per via della madre era succeduta al Contado di Lecce.
Mentre queste cose si facevano in Terra di Bari, il Papa attediato in Napoli dalle lunghe promesse di Carlo (il quale in effetto andava estenuando quanto poteva le promesse fatte a' suoi parenti) si parti in fine mal soddisfatto di Napoli, e con tutti i Cardinali e suoi parenti ed amici andò a Nocera, la quale era stata già assegnata liberamente a Butillo suo nipote, ma non già Capua, nella quale si tenevano le fortezze in nome del Re. Il Papa come era persona iraconda e superba, lasciava scapparsi delle parole, che davano indizio del suo mal animo contra il Re, tal che faceva egli molto più paura a Carlo, che non gli faceva Re Luigi, e certamente l'avrebbe indotto a lasciar la guerra di Puglia, se la morte di Luigi accaduta opportunamente a' 20 settembre di quest'anno 1384 non l'avesse liberato da questa molestia; poichè i Franzesi rimasi senza Re, costernati in gran parte, ritornarono in Francia. Morì Luigi d'Angiò in Biscaglia; Principe assai valoroso, e savio, che fu il primo Luigi della Casa d'Angiò, che regnò in parte del Regno di Napoli, ancorchè in quanto al nome fosse secondo, a rispetto del Re Luigi di Taranto, che fu il primo.
(Re Luigi I nel precedente anno 1383 a 20 di settembre, fece in Taranto il suo solenne Testamento, che dettò in Lingua Franzese, nel quale istituiva erede nel Regno Luigi Duca di Calabria suo primogenito; ed a Carlo secondogenito lasciava altri Stati e Contee, facendo altre disposizioni, e Legati pii a molte chiese, ospedali e conventi. Leggesi il testamento presso Lunig ).
Liberato adunque Re Carlo, per la morte di sì importante nemico, dalla guerra di Puglia, se ne venne in Napoli, ove giunto al dì 10 novembre, fu ricevuto da' Napoletani con grand'allegrezza; e riposatosi alcuni dì, mandò poi solenne ambasceria al Papa in Nocera, facendogli dire, che desiderava sapere per qual cagione era partito da Napoli, ed insieme a pregarlo di tornarvi, perchè aveano da conferire insieme molte cose. Il Papa ritroso, com'era il suo solito, rispose, che se avea da conferir seco, venisse il Re a trovar lui, essendo del costume, che i Re vadano a' Papi e non i Papi vadano a trovare i Re a posta loro; nè potè tanto frenare l'impeto dell'animo suo, che non dicesse agli Ambasciadori, che riferissero al Re, che se 'l voleva per amico, dovesse levare subito le gabelle, che avea poste nel Regno. Il Re udite queste cose dagli Ambasciadori, rispose, che sarebbe ben egli andato a trovarlo, ma armato, ed alla testa d'un fioritissimo esercito: che intorno all'imporre al Regno suo nuove gabelle, non s'apparteneva al Papa di vietarlo; ch'egli s'impacciasse solo de' Preti; perchè il Regno era suo, acquistato per forza d'arme, e per ragione della successione della moglie; e che il Papa non gli avea dato altro, che quattro parole scritte nell'investitura . E replicando il Papa, che il Regno era della Chiesa, dato a lui in feudo, con animo, che avesse da signoreggiare moderatamente, e non iscorticare i vassalli, e che perciò era in elezion sua, e del Collegio dei Cardinali di ripigliarsi il Regno, e concederlo a più leale e più giusto Feudatario: venne la cosa a tale, che il Re mandò il Conte Alberico suo gran Contestabile ad assediarlo nel Castello di Nocera; e questo fu su 'l dubbio, ch'egli avea, che se per caso veniva a morte Papa Clemente in Avignone, Urbano avrebbe confermato a' figli di Luigi d'Angiò, già morto, il Regno. Il Papa vedutosi cinto d'assedio, cominciò a scomunicare, come il solito e maledire: scomunicò Re Carlo, e tre volte il giorno affacciavasi alla finestra, ed a suon di campanello, con torce di pece accese imprecava, maladiceva e scomunicava sempre l'esercito del Re, ch'era a sua veduta. I cinque Cardinali ch'erano seco, de' quali era capo il Cardinal Gentile di Sangro, vedendosi in tanto periglio, cominciarono a persuadergli, che volesse pacificarsi col Re, almeno finchè ritornasse a Roma, perchè parea cosa molto dura contrastare con sì potente nemico, senz'altre arme, che 'l suono del campanello: e perchè mostrarono in ciò troppo avidità della pace, il Papa gli ebbe tanto sospetti, che per una cifra, che fu trovata, che veniva ad uno de Cardinali, gli fè pigliare tutti cinque, e tormentare acerbissimamente senza rispetto; e Teodorico di Niem, che si trovava là suo Segretario, scrive, ch'era un piacere vedere il Papa, che passeggiava, dicendo l'Ufficio, mentre il Cardinal di Sangro, che era corpulento, stava appiccato alla corda, ed egli interrompendo l'ufficio, gridava, che dicesse, come passava il trattato; in fine, benchè non confessasse niuno di loro, gli fè tutti cinque morire. Il Collenuccio narra, che i Cardinali furon sette, e che quando Urbano scappò fuori da Nocera, navigando verso Genova, cinque d'essi fece porre dentro i sacchi, e gittare in mare, e gli altri due giudicialmente convinti in Genova, in presenza del Clero e del Popolo gli fece morire a colpi di scure, i di cui corpi fatti seccare ne' forni e ridurli in polvere, ne fece empire alcuni valigioni e quando egli cavalcava, se gli faceva portare innanzi sopra i muli co' cappelli rossi, per terrore di coloro, che volessero insidiargli la vita, E congiurar contra di lui. Il Panvinio, de' Cardinali carcerati e tormentati in Nocera ne annovera sei, i quali furono il Cardinal di Sangro, Giovanni Arcivescovo di Corfù, Lodovico Donati Veneziano Arcivescovo di Taranto, Adamo Inglese Vescovo di Londra, ed Eleazaro Vescovo di Rieti: vuole che i primi cinque fossero stati gittati in mare, ed il sesto lasciato in vita ad istanza di Riccardo Re d'Inghilterra, e del settimo non fa parola.
Il Pontefice Urbano vedendo sempre più stringersi l'assedio, mandò secretamente in Genova a pregar quella Signoria, che gli mandasse diece galee, la quale con intervallo di pochi dì le mandò, e comparvero alle marine di Napoli, senza sapere qual fosse l'intendimento loro. Allora i Napoletani, che sentivano grandissimo dispiacere della discordia tra 'l Papa e 'l Re, furono a supplicarlo, che volesse pacificarsi con Urbano, perchè tal discordia non potea partorir altro, che danno alla Corona sua ed a tutto il Regno; e 'l Re loro rispose, che esso non resterebbe di mostrarsi sempre ubbidiente figliuolo del Papa e di Santa Chiesa; ed in pruova di ciò non avrebbe egli ripugnanza di riporre in mano di quelle persone, che deputasse la città di Napoli, la potestà di concordarlo e di patteggiare col Papa in nome suo; ed in fatti, ancorchè non si trovi memoria de' nomi degli Deputati dell'altre Piazze, per la Piazza di Nido però si trova proccura di que' Nobili, i quali deputarono le persone di Niccolò Caracciolo, come scrive il Summonte o di Giovanni Carafa, secondo il Costanzo, e di Giovanni Spinello di Napoli, perchè in nome della lor Piazza avessero da intervenire a maneggiar questa pace. Intanto Papa Urbano, nell'istesso tempo, che mandò in Genova per le galee, mandò ancora in Puglia a chiamare Ramondello Ursino, acciocchè sforzando l'assedio, l'avesse potuto condurre alla marina ad imbarcare su le galee: venne Ramondello con ottocento cavalli eletti, ed arditamente a mal grado dell'esercito del Conte Alberico si fece la strada con l'armi; ed entrato nel castello di Nocera, fu dal Papa molto onorato e ringraziato; e poichè seppe l'intenzion sua, conoscendo, che le genti sue erano poche per cacciarlo di mano de' nemici, persuase al Papa, che mandasse un Breve a Tommaso Sanseverino, che venisse con le sue genti a liberarlo, e s'offerse egli di portare il Breve, e di condurli. Il Papa accettò il consiglio, fece stendere il Breve, e gli diede più di diecimila fiorini d'oro e lo benedisse; ed egli partito con molta diligenza, in capo di tredici dì ritornò insieme col Sanseverino, col quale erano tremila cavalli di buona gente, e per la via di Materdomini entrarono nel castello, e baciato il piede al Papa, lo fecero cavalcare, conducendolo per la strada di Sanseverino e di Gifoni al Contado di Buccino, e di là mandato ordine alle galee genovesi, che venissero alla foce del fiume Sele, condussero il Papa ad imbarcarsi, come fece. Donò allora il Papa, per usar gratitudine a Ramondello, la città di Benevento e la Baronia di Flumari, che consistea in diciotto castella. Il Sanseverino se ne ritornò in Basilicata, e Ramondello in Puglia, e 'l Papa giunse a Cività Vecchia salvo.