Scena diciottesima

Donna Elvira e don Sigismondo

SIG. Che vuol dire, signora donna Elvira? Ha tanta paura a restar sola con me?

ELV. Io non ho alcun timore, ma la convenienza lo richiederebbe...

SIG. Sono un uomo onorato.

ELV. Per tale vi considero.

SIG. Sono ammiratore del vostro merito.

ELV. Non ho merito alcuno, che esiga da voi né stima, né ammirazione.

SIG. E sono... (con tenerezza)

ELV. Don Sigismondo, basta così.

SIG. Permettetemi che dica una sola cosa e poi ho finito. E sono un adoratore della vostra bellezza.

ELV. Se prima mi avete adulata, ora mi avete offesa.

SIG. Le adorazioni d’un cuor amante non offendono mai la persona amata. Voi non potete impedirmi ch’io vi ami. In vostro arbitrio solo sta il corrispondermi.

ELV. Questo non lo sperate giammai.

SIG. Non potete nemmeno vietarmi ch’io lo speri.

ELV. Sì, ve lo posso vietare. Una donna onorata fa disperar chi che sia di ottener cosa alcuna, che pregiudichi al suo decoro.

SIG. Aspettate. Io non voglio sperare che voi mi amiate, ma voglio lusingarmi d’un’altra cosa.

ELV. E di che?

SIG. Che voi lascierete tutti questi pregiudizi; che diverrete col tempo meno selvatica, e un poco più compiacente.

ELV. Chi si lusinga di ciò, pensa temerariamente di me. (alterata)

SIG. Vedete, se principiate a scaldarvi? Al fuoco dello sdegno succede spesse volte quel dell’amore.

ELV. Don Sigismondo, abbiate più rispetto per le dame onorate.

SIG. Mi pare di rispettarvi, qualora vi venero, vi stimo e teneramente vi amo.

ELV. È qualche tempo che mi andate importunando ed io non l’ho fatto sapere a don Filiberto per non rovinarvi: guardatevi di non provocarmi più oltre.

SIG. Io ho sempre sentito dire, che si odiano i nemici, non quelli che amano.

ELV. Chi mi ama, come voi, è mio inimico.

SIG. Ma sapete voi come vi amo?

ELV. Già me l’immagino.

SIG. Se vi figurate l’amor mio disonesto siete più maliziosa di me. Vi amo onestissimamente, con un amore il più innocente, il più platonico che dar si possa.

ELV. Siccome adulate tutti, adulerete anche voi medesimo.

SIG. Giuro sull’onor mio, che dico la verità.

ELV. Non ama il proprio onore, chi tende insidie all’altrui.

SIG. Giuro su questa bellissima mano...

ELV. Temerario! Non posso più tollerarvi. O cangiate stile con me, o vi farò pentire dell’ardir vostro. Son dama, son moglie, sono onorata. Tre titoli, che esigono da voi rispetto. Tre condizioni, che vi faranno tremare. (parte)

SIG. Tre ragioni, che non mi spaventano niente affatto.

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