SCENA OTTAVA

Donna Isabella, Colombina e detti.

ISAB. Signor padre, ecco qui Colombina. Risponderà ella per me.

SANC. Hai da maritarti tu, e non Colombina.

COL. Signore, compatisca la sua semplicità. Ella non ha coraggio; dica a me ciò che le vuol proporre, e vedrà che risponderà a dovere.

SANC. Io le propongo il Conte per suo marito.

COL. Avete sentito? (ad Isabella)

ISAB. Sì.

COL. Che cosa dite?

ISAB. (Ride)

COL. Lo volete?

ISAB. Sì.

COL. Signore, ella è disposta a far il voler di suo padre.

SANC. Già me l’immagino. Avete sentito? (al Conte)

CON. Io son contentissimo.

SANC. Ora è necessario far venire sua madre. Non è giusto che si sposi la figlia, senza ch’ella lo sappia.

ISAB. (Se viene mia madre non ne facciamo altro). (da sé)

CON. Voi dite bene, ma la signora donna Luigia è tanto nemica di sua figlia, che si opporrà, e non vorrà che si sposi. (a don Sancio)

ISAB. Signor padre, è invidiosa.

SANC. Invidiosa di che?

ISAB. Vorrebbe esser ella la sposa.

SANC. Come! Vorrebbe esser ella la sposa?

ISAB. Ha detto tante volte: Se crepa mio marito, voglio prendere un giovinetto.

SANC. Povera bambina! Può esser che succeda il contrario. Orsù, Colombina, va a chiamare donna Luigia, e dille che venga qui, senza spiegarle per qual motivo.

COL. Vado subito.

ISAB. Presto, presto.

COL. (Capperi! l’innocentina va per le furie). (da sé, parte)

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