Scena quindicesima

Don Marzio dal barbiere e detti.

DON MARZIO (da sè) (Eugenio con una pellegrina! Sarà qualche cosa di buono!) (siede al caffè, guardando la pellegrina coll'occhialetto)

PLACIDA Fatemi la carità; introducetemi voi alla locanda. Raccomandatemi al padrone di essa, acciò, vedendomi così sola, non mi scacci, o non mi maltratti.

EUGENIO Volentieri. Andiamo, che vi accompagnerò. Il locandiere mi conosce, e a riguardo mio, spero che vi userà tutte le cortesie che potrà.

DON MARZIO (da sè) (Mi pare d'averla veduta altre volte). (guarda di lontano coll'occhialetto)

PLACIDA Vi sarò eternamente obbligata.

EUGENIO Quando posso, faccio del bene a tutti. Se non ritroverete vostro marito, vi assisterò io. Son di buon cuore.

DON MARZIO (da sè) (Pagherei qualche cosa di bello a sentir cosa dicono.)

PLACIDA Caro signore, voi mi consolate colle vostre cortesissime esibizioni. Ma la carità d'un giovane, come voi, ad una donna, che non è ancor vecchia, non vorrei che venisse sinistramente interpretata.

EUGENIO Vi dirò, signora: se in tutti i casi si avesse questo riguardo, si verrebbe a levare agli uomini la libertà di fare delle opere di pietà. Se la mormorazione è fondata sopra un'apparenza di male, si minora la colpa del mormoratore; ma se la gente cattiva prende motivo di sospettare da un'azione buona o indifferente, tutta la colpa è sua, e non si leva il merito a chi opera bene. Confesso d'esser anch'io uomo di mondo; ma mi picco insieme d'esser un uomo civile, ed onorato.

PLACIDA Sentimenti d'animo onesto, nobile, e generoso.

DON MARZIO (ad Eugenio) Amico, chi è questa bella pellegrina?

EUGENIO (da sè) (Eccolo qui; vuol dar di naso per tutto). (a Placida) Andiamo in locanda.

PLACIDA Vi seguo. (entra in locanda con Eugenio)

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