SCENA QUINDICESIMA

Mirandolina colla biancheria, e detto.

MIRANDOLINA: Permette, illustrissimo? (Entrando con qualche soggezione.)

CAVALIERE: Che cosa volete? (Con asprezza.)

MIRANDOLINA: Ecco qui della biancheria migliore. (S'avanza un poco.)

CAVALIERE: Bene. Mettetela lì. (Accenna il tavolino.)

MIRANDOLINA: La supplico almeno degnarsi vedere se è di suo genio.

CAVALIERE: Che roba è?

MIRANDOLINA: Le lenzuola son di rensa. (S'avanza ancor più.)

CAVALIERE: Rensa?

MIRANDOLINA: Sì signore, di dieci paoli al braccio. Osservi.

CAVALIERE: Non pretendevo tanto. Bastavami qualche cosa meglio di quel che mi avete dato.

MIRANDOLINA: Questa biancheria l'ho fatta per personaggi di merito: per quelli che la sanno conoscere; e in verità, illustrissimo, la do per esser lei, ad un altro non la darei.

CAVALIERE: Per esser lei! Solito complimento.

MIRANDOLINA: Osservi il servizio di tavola.

CAVALIERE: Oh! Queste tele di Fiandra, quando si lavano, perdono assai. Non vi è bisogno che le insudiciate per me.

MIRANDOLINA: Per un Cavaliere della sua qualità, non guardo a queste piccole cose. Di queste salviette ne ho parecchie, e le serberò per V.S. illustrissima.

CAVALIERE: (Non si può però negare, che costei non sia una donna obbligante). (Da sé.)

MIRANDOLINA: (Veramente ha una faccia burbera da non piacergli le donne). (Da sé.)

CAVALIERE: Date la mia biancheria al mio cameriere, o ponetela lì, in qualche luogo. Non vi è bisogno che v'incomodiate per questo.

MIRANDOLINA: Oh, io non m'incomodo mai, quando servo Cavaliere di sì alto merito.

CAVALIERE: Bene, bene, non occorr'altro. (Costei vorrebbe adularmi. Donne! Tutte così). (Da sé.)

MIRANDOLINA: La metterò nell'arcova.

CAVALIERE: Sì, dove volete. (Con serietà.)

MIRANDOLINA: (Oh! vi è del duro. Ho paura di non far niente). (Da sé, va a riporre la biancheria.)

CAVALIERE: (I gonzi sentono queste belle parole, credono a chi le dice, e cascano). (Da sè.)

MIRANDOLINA: A pranzo, che cosa comanda? (Ritornando senza la biancheria.)

CAVALIERE: Mangerò quello che vi sarà.

MIRANDOLINA: Vorrei pur sapere il suo genio. Se le piace una cosa più dell'altra, lo dica con libertà.

CAVALIERE: Se vorrò qualche cosa, lo dirò al cameriere.

MIRANDOLINA: Ma in queste cose gli uomini non hanno l'attenzione e la pazienza che abbiamo noi donne. Se le piacesse qualche intingoletto, qualche salsetta, favorisca di dirlo a me.

CAVALIERE: Vi ringrazio: ma né anche per questo verso vi riuscirà di far con me quello che avete fatto col Conte e col Marchese.

MIRANDOLINA: Che dice della debolezza di quei due cavalieri? Vengono alla locanda per alloggiare, e pretendono poi di voler fare all'amore colla locandiera. Abbiamo altro in testa noi, che dar retta alle loro ciarle. Cerchiamo di fare il nostro interesse; se diamo loro delle buone parole, lo facciamo per tenerli a bottega; e poi, io principalmente, quando vedo che si lusingano, rido come una pazza.

CAVALIERE: Brava! Mi piace la vostra sincerità.

MIRANDOLINA: Oh! non ho altro di buono, che la sincerità.

CAVALIERE: Ma però, con chi vi fa la corte, sapete fingere.

MIRANDOLINA: Io fingere? Guardimi il cielo. Domandi un poco a quei due signori che fanno gli spasimati per me, se ho mai dato loro un segno d'affetto. Se ho mai scherzato con loro in maniera che si potessero lusingare con fondamento. Non li strapazzo, perché il mio interesse non lo vuole, ma poco meno. Questi uomini effeminati non li posso vedere. Sì come abborrisco anche le donne che corrono dietro agli uomini. Vede? Io non sono una ragazza. Ho qualche annetto; non sono bella, ma ho avute delle buone occasioni; eppure non ho mai voluto maritarmi, perché stimo infinitamente la mia libertà.

CAVALIERE: Oh sì, la libertà è un gran tesoro.

MIRANDOLINA: E tanti la perdono scioccamente.

CAVALIERE: So io ben quel che faccio. Alla larga.

MIRANDOLINA: Ha moglie V.S. illustrissima?

CAVALIERE: Il cielo me ne liberi. Non voglio donne.

MIRANDOLINA: Bravissimo. Si conservi sempre così. Le donne, signore... Basta, a me non tocca a dirne male.

CAVALIERE: Voi siete per altro la prima donna, ch'io senta parlar così.

MIRANDOLINA: Le dirò: noi altre locandiere vediamo e sentiamo delle cose assai; e in verità compatisco quegli uomini, che hanno paura del nostro sesso.

CAVALIERE: (È curiosa costei). (Da sé.)

MIRANDOLINA: Con permissione di V.S. illustrissima. (Finge voler partire.)

CAVALIERE: Avete premura di partire?

MIRANDOLINA: Non vorrei esserle importuna.

CAVALIERE: No, mi fate piacere; mi divertite.

MIRANDOLINA: Vede, signore? Così fo con gli altri. Mi trattengo qualche momento; sono piuttosto allegra, dico delle barzellette per divertirli, ed essi subito credono... Se la m'intende, e mi fanno i cascamorti.

CAVALIERE: Questo accade, perché avete buona maniera.

MIRANDOLINA: Troppa bontà, illustrissimo. (Con una riverenza.)

CAVALIERE: Ed essi s'innamorano.

MIRANDOLINA: Guardi che debolezza! Innamorarsi subito di una donna!

CAVALIERE: Questa io non l'ho mai potuta capire.

MIRANDOLINA: Bella fortezza! Bella virilità!

CAVALIERE: Debolezze! Miserie umane!

MIRANDOLINA: Questo è il vero pensare degli uomini. Signor Cavaliere, mi porga la mano.

CAVALIERE: Perché volete ch'io vi porga la mano?

MIRANDOLINA: Favorisca; si degni; osservi, sono pulita.

CAVALIERE: Ecco la mano.

MIRANDOLINA: Questa è la prima volta, che ho l'onore d'aver per la mano un uomo, che pensa veramente da uomo.

CAVALIERE: Via, basta così. (Ritira la mano.)

MIRANDOLINA: Ecco. Se io avessi preso per la mano uno di que' due signori sguaiati, avrebbe tosto creduto ch'io spasimassi per lui. Sarebbe andato in deliquio. Non darei loro una semplice libertà, per tutto l'oro del mondo. Non sanno vivere. Oh benedetto in conversare alla libera! senza attacchi, senza malizia, senza tante ridicole scioccherie. Illustrissimo, perdoni la mia impertinenza. Dove posso servirla, mi comandi con autorità, e avrò per lei quell'attenzione, che non ho mai avuto per alcuna persona di questo mondo.

CAVALIERE: Per quale motivo avete tanta parzialità per me?

MIRANDOLINA: Perché, oltre il suo merito, oltre la sua condizione, sono almeno sicura che con lei posso trattare con libertà, senza sospetto che voglia fare cattivo uso delle mie attenzioni, e che mi tenga in qualità di serva, senza tormentarmi con pretensioni ridicole, con caricature affettate.

CAVALIERE: (Che diavolo ha costei di stravagante, ch'io non capisco!). (Da sé.)

MIRANDOLINA: (Il satiro si anderà a poco a poco addomesticando). (Da sé.)

CAVALIERE: Orsù, se avete da badare alle cose vostre, non restate per me.

MIRANDOLINA: Sì signore, vado ad attendere alle faccende di casa. Queste sono i miei amori, i miei passatempi. Se comanderà qualche cosa, manderò il cameriere.

CAVALIERE: Bene... Se qualche volta verrete anche voi, vi vedrò volentieri.

MIRANDOLINA: Io veramente non vado mai nelle camere dei forestieri, ma da lei ci verrò qualche volta.

CAVALIERE: Da me... Perché?

MIRANDOLINA: Perché, illustrissimo signore, ella mi piace assaissimo.

CAVALIERE: Vi piaccio io?

MIRANDOLINA: Mi piace, perché non è effeminato, perché non è di quelli che s'innamorano. (Mi caschi il naso, se avanti domani non l'innamoro). (Da sé.)

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