SCENA DICIASSETTESIMA

Il Cavaliere, il Marchese ed il Conte.

CAVALIERE: (Indegna! Farmi aspettar nella camera?). (Da sé.)

MARCHESE: (Che diamine ha?). (Piano al Conte.)

CONTE: (Non lo vedete? È innamorato di Mirandolina).

CAVALIERE: (E si trattiene con Fabrizio? E parla seco di matrimonio?). (Da sé.)

CONTE: (Ora è il tempo di vendicarmi). (Da sé.) Signor Cavaliere, non conviene ridersi delle debolezze altrui, quando si ha un cuore fragile come il vostro.

CAVALIERE: Di che intendete voi di parlare?

CONTE: So da che provengono le vostre smanie.

CAVALIERE: Intendete voi di che parli? (Alterato, al Marchese.)

MARCHESE: Amico, io non so niente.

CONTE: Parlo di voi, che col pretesto di non poter soffrire le donne, avete tentato rapirmi il cuore di Mirandolina, ch'era già mia conquista.

CAVALIERE: Io? (Alterato, verso il Marchese.)

MARCHESE: Io non parlo.

CONTE: Voltatevi a me, a me rispondete. Vi vergognate forse d'aver mal proceduto?

CAVALIERE: Io mi vergogno d'ascoltarvi più oltre, senza dirvi che voi mentite.

CONTE: A me una mentita?

MARCHESE: (La cosa va peggiorando). (Da sé.)

CAVALIERE: Con qual fondamento potete voi dire?... (Il Conte non sa ciò che si dica). (Al Marchese, irato.)

MARCHESE: Ma io non me ne voglio impiciare.

CONTE: Voi siete un mentitore.

MARCHESE: Vado via. (Vuol partire.)

CAVALIERE: Fermatevi. (Lo trattiene per forza.)

CONTE: E mi renderete conto...

CAVALIERE: Sì, vi renderò conto... Datemi la vostra spada. (Al Marchese.)

MARCHESE: Eh via, acquietatevi tutti due. Caro Conte, cosa importa a voi che il Cavaliere ami Mirandolina?...

CAVALIERE: Io l'amo? Non è vero; mente chi lo dice.

MARCHESE: Mente? La mentita non viene da me. Non sono io che lo dico.

CAVALIERE: Chi dunque?

CONTE: Io lo dico e lo sostengo, e non ho soggezione di voi.

CAVALIERE: Datemi quella spada. (Al Marchese.)

MARCHESE: No, dico.

CAVALIERE: Siete ancora voi mio nemico?

MARCHESE: Io sono amico di tutti.

CONTE: Azioni indegne son queste.

CAVALIERE: Ah giuro al Cielo! (Leva la spada al Marchese, la quale esce col fodero.)

MARCHESE: Non mi perdete il rispetto. (Al Cavaliere.)

CAVALIERE: Se vi chiamate offeso, darò soddisfazione anche a voi. (Al Marchese.)

MARCHESE: Via; siete troppo caldo. (Mi dispiace...) (Da se, rammaricandosi.)

CONTE: Io voglio soddisfazione. (Si mette in guardia.)

CAVALIERE: Ve la darò. (Vuol levar il fodero, e non può.)

MARCHESE: Quella spada non vi conosce...

CAVALIERE: Oh maledetta! (Sforza per cavarlo.)

MARCHESE: Cavaliere, non farete niente...

CONTE: Non ho più sofferenza.

CAVALIERE: Eccola. (Cava la spada, e vede essere mezza lama.) Che è questo?

MARCHESE: Mi avete rotta la spada.

CAVALIERE: Il resto dov'è? Nel fodero non v'è niente.

MARCHESE: Sì, è vero; l'ho rotta nell'ultimo duello; non me ne ricordavo.

CAVALIERE: Lasciatemi provveder d'una spada. (Al Conte.)

CONTE: Giuro al cielo, non mi fuggirete di mano.

CAVALIERE: Che fuggire? Ho cuore di farvi fronte anche con questo pezzo di lama.

MARCHESE: È lama di Spagna, non ha paura.

CONTE: Non tanta bravura, signor gradasso.

CAVALIERE: Sì, con questa lama. (S'avventa verso il Conte.)

CONTE: Indietro. (Si pone in difesa.)

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