SCENA XIX

Birif dalla parte di Milord, Foletto dalla parte del Conte, e detti.

Bir. Signore.

Fol. Illustrissimo. (Il Conte fa cenno a Foletto che non parli, ed egli gli dà la lettera)

Mil. (a Birif) Facesti?

Bir. (a Milord) Sì signore.

Mil. (a Birif) Aggradì?

Bir. (a Milord) Ringrazia.

Mil. Non occor'altro. (gli dà un borsellino con denari; Foletto osserva)

Bir. (fa una riverenza e parte)

Con. (fa cenno a Foletto che se ne vada. Egli stende la mano per la mancia. Il Conte lo scaccia)

Fol. (Bella Italia! Ma cattivo servire!)

Con. (Colui ha portato una risposta al Milord: dubito sia qualche ambasciata di Rosaura.) Amico, mi rallegro con voi. Ma! Così va a chi è fortunato. Le donne corrono dietro. Le ambasciate volano. Madama Rosaura...

Mil. Siete un pazzo.

Con. A me pazzo, viva il cielo! Si pentirà d'avermi ingiuriato. Risponderà all'invito della mia spada... Ma che dice la mia cara Rosaura? Mi consola o mi uccide? Leggiamo, qualunque sia, la sentenza dell'idol mio. (legge piano) Oh me felice! Oh cara Rosaura! Oh caratteri che mi rendete la pace al cuore! E fia vero che io sia degno dell'amor tuo, unico mio tesoro? Posso dunque sperar pietà? M'incoraggisci ad amarti, a serbarti fede? Sì, lo farò, mia cara, sì lo farò, non temere. Milord, no, non ti temo; ben dicesti ch'io ero pazzo a crederti amato, a temerti rivale. Io sono al possesso del di lei cuore. Rosaura sarà mia; lo bramo, lo spero, e questo foglio quasi quasi me ne assicura.

(parte)

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