SCENA QUATTORDICESIMA

Vengono tutti i suddetti coll'ordine istesso, e Brigida leva la mantiglia alle donne, e i Servitori prendono i cappelli.

SABINA:        Oimè! sono un poco stracchetta. (Siede.) Venite qui voi. (A Ferdinando.)

FERDINANDO:        Eccomi, eccomi. (La cosa va lunga. Domani, o dentro, o fuori). (Siede presso di lei.)

GIACINTA:        Se vogliono accomodarsi, qui ci son delle seggiole. (Tutti siedono, e non vi resta da seder per Filippo.)

FILIPPO:        E per me, non c'è da sedere?

BRIGIDA:        Io, io, signor padrone. (Va a prender una sedia.)

FILIPPO:        Sì, una sedia anche a me per limosina.

BRIGIDA:        Eccola servita. (Gli porta una sedia.)

FILIPPO:        (Oh! un altr'anno voglio essere padrone io in casa mia). (Siede.)

VITTORIA:        (S'alza.) Signor fratello, una parola in grazia.

LEONARDO:        (Ho capito. La curiosità la tormenta). (S'alza.)

VITTORIA:        E così, che cosa avete da dirmi? (In disparte.)

LEONARDO:        (In due parole vi dico tutto. Il signor Guglielmo vi ha domandata in isposa).

VITTORIA:        (Davvero?). (Guarda ridendo verso Guglielmo.)

GUGLIELMO        (s'accorge di Vittoria, e si volge altrove per non vederla.)

LEONARDO:        (Onde tocca a voi a risolvere).

VITTORIA:        (Per me, quando siete contento voi, sono contentissima).

LEONARDO:        Favorisca, signor Guglielmo. (Lo chiama.)

GUGLIELMO:        Eccomi. (Andiamo a sagrificarci).

GIACINTA        (mostra ansietà di sentire.)

LEONARDO:        Mia sorella ha inteso con piacere la bontà che avete per lei, ed è pronta ad acconsentire.

GUGLIELMO:        Benissimo.

VITTORIA:        Benissimo? Non sapete dir altro che benissimo?

GUGLIELMO:        Signora, che cosa volete ch'io dica?

VITTORIA:        Io non so che naturale sia il vostro. Non si sa mai, se siate disgustato o se siate contento.

GUGLIELMO:        Soffritemi come sono.

VITTORIA:        (Può essere, che quando è mio marito, si svegli).

LEONARDO:        Signor Filippo, signor Ferdinando, favoriscano in grazia una parola.

FILIPPO:        Volentieri. (S'alza e s'avanza.)

FERDINANDO:        Sono a' vostri comandi. (S'alza e s'avanza.)

LEONARDO:        Si compiacciano d'esser testimoni della vicendevole promissione di matrimonio fra il signor Guglielmo e Vittoria mia sorella.

GIACINTA:        (È fatta). (Si getta a sedere con passione.)

FILIPPO:        Bravi!

FERDINANDO:        Me ne consolo infinitamente.

SABINA:        (Vedete? Così si fa). (A Ferdinando.)

FERDINANDO:        Donazione, e facciamolo. (A Sabina.)

SABINA:        Sia maladetta la donazione. (Va a sedere.)

LEONARDO:        Or ora si farà la scritta, e lor signori porranno in carta la loro testimonianza.

FILIPPO:        Sì, signore.

FERDINANDO:        Se volete che vi serva io della scritta, ne ho fatte delle altre, in un momento vi servo.

VITTORIA:        Ci farete piacere.

LEONARDO:        Sì, fatela.

FERDINANDO:        Vado subito. (A queste nozze ci voglio essere ancor io). (Parte.)

VITTORIA:        E voi non dite niente, signore? (A Guglielmo.)

GUGLIELMO:        Approvo tutto. Che volete ch'io dica di più?

VITTORIA:        Pare che lo facciate più per forza, che per amore.

GUGLIELMO:        Anzi lo faccio, perché amore mi costringe a doverlo fare.

VITTORIA:        (Manco male. Ha confessato una volta che mi vuol bene). Via, andiamo a sedere. (A Guglielmo. Vanno tutti al loro posto.)

COSTANZA:        Mi consolo, signora Vittoria.

VITTORIA:        Grazie.

ROSINA:        Mi consolo. (A Vittoria.)

VITTORIA:        Obbligatissima.

ROSINA:        (Vedete? Essi l'hanno fatta). (A Tognino.)

TOGNINO:        (E noi la faremo). (Ridendo, a Rosina)

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