Scena ottava

Vittoria e Ferdinando.

FERDINANDO:        Signora, dite la verità, sareste in dubbio di partire per la mancanza dell'abito?

VITTORIA:        E bene? Mi dareste il torto per questo?

FERDINANDO:        No, avete tutte le ragioni del mondo: è una cosa necessarissima. Lo fanno tutte, lo fanno quelle che non lo potrebbono fare. Conoscete la signora Aspasia?

VITTORIA:        La conosco.

FERDINANDO:        Se n'è fatto uno ella pure, e ha preso il drappo in credenza per pagarlo uno scudo al mese. E la signora Costanza? La signora Costanza, per farsi l'abito nuovo, ha venduto due paia di lenzuola ed una tovaglia di Fiandra e ventiquattro salviette.

VITTORIA:        E per qual impegno, per qual premura hanno fatto questo?

FERDINANDO:        Per andare in campagna.

VITTORIA:        Non so che dire, la campagna è una gran passione, le compatisco; se fossi nel caso loro, non so anch'io che cosa farei. In città non mi curo di far gran cose; ma in villa ho sempre paura di non comparire bastantemente... Fatemi un piacere, signor Ferdinando, venite con me.

FERDINANDO:        Dove abbiamo d'andare?

VITTORIA:        Dal sarto, a gridare, a strapazzarlo ben bene.

FERDINANDO:        No, volete ch'io v'insegni a farlo sollecitare?

VITTORIA:        E come direste voi che io facessi?

FERDINANDO:        Perdonate: lo pagate subito?

VITTORIA:        Lo pagherò al mio ritorno.

FERDINANDO:        Pagatelo presto, e sarete servita presto.

VITTORIA:        Lo pago quando voglio, e vo' che mi serva quando mi pare. (Parte.)

FERDINANDO:        Bravissima, bel costume! Far figura in campagna, e farsi maltrattare in città. (Parte.)

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