INETTO ALL’INTERNO E ALL’ESTERNO

Memorie della mia vita. Andato a Roma, la necessità di conviver cogli uomini, di versarmi al di fuori, di agire, di vivere esternamente, mi rese stupido, inetto, morto internamente. Divenni affatto privo e incapace di azione e di vita interna, senza perciò divenir più atto all’esterna. Io era allora incapace di conciliar l’una vita coll’altra; tanto incapace, che io giudicava questa riunione impossibile, e mi credeva che gli altri uomini, i quali io vedeva atti a vivere esternamente, non provassero più vita interna di quella ch’io provava allora, e che i più non l’avessero mai conosciuta. La sola esperienza propria ha potuto poi disingannarmi su questo articolo. Ma quello stato fu forse il più penoso e il più mortificante che io abbia passato nella mia vita; perch’io, divenuto così inetto all’interno come all’esterno, perdetti quasi affatto ogni opinione di me medesimo, ed ogni speranza di riuscita nel mondo e di far frutto alcuno nella mia vita.

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