SCENA I.

Sala del Senato, in Venezia.

IL DOGE e SENATORI seduti.

IL DOGE.

È giunto il fin de' lunghi dubbi, è giunto,

Nobiluomini, il dì che statuito

Fu a risolver da voi. Su questa lega,

A cui Firenze con sì caldi preghi

Incontro il Duca di Milan c'invita,

Oggi il partito si porrà. Ma pria,

Se alcuno è qui cui non sia noto ancora

Che vile opra di tenebre e di sangue

Sugli occhi nostri fu tentata, in questa

Stessa Venezia, inviolato asilo

Di giustizia e di pace, odami: al nostro

Deliberar rileva assai che alcuno

Qui non l'ignori. Un fuoruscito al Conte

Di Carmagnola insidiò la vita;

Fallito è il colpo, e l'assassino è in ceppi.

Mandato egli era; e quei che a ciò mandollo.

Ei l'ha nomato, ed è.... quel Duca istesso

Di cui qui abbiam gli ambasciatori ancora

A chieder pace, a cui più nulla preme

Che la nostra amistà. Tale arra intanto

Ei ci dà della sua. Taccio la vile

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Perfidia della trama, e l'onta aperta

Che in un nostro soldato a noi vien fatta.

Due sole cose avverto: egli odia dunque

Veracemente il Conte; ella è fra loro

Chiusa ogni via di pace; il sangue ha stretto

Tra lor d'eterna inimicizia un patto.

L'odia.... e lo teme: ei sa che il può dal trono

Quella mano sbalzar che in trono il pose;

E disperando che più a lungo in questa

Inonorata, improvida, tradita

Pace restar noi consentiamo, ei sente

Che sia per noi quest'uom; questo tra i primi

Guerrier d'Italia il primo, e, ciò che meno

Forse non è, delle sue forze istrutto

Come dell'arti sue; questo che il lato

Saprà tosto trovargli ove più certa,

E più mortal sia la ferita. Ei volle

Spezzar quest'arme in nostra mano; e noi

Adoperiamla, e tosto. Onde possiamo

Un più fedele e saggio avviso in questo,

Che dal Conte aspettarci? Io l'invitai;

Piacevi udirlo?

(segni di adesione)

S'introduca il Conte.

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