SCENA I.

Notte. - Sala del Consiglio dei Dieci illuminata.

IL DOGE, i DIECI, e IL CONTE seduti.

IL DOGE.

(al CONTE)

A questi patti offre la pace il Duca:

Su ciò chiede il Consiglio il parer vostro.

IL CONTE.

Signori, un altro io ve ne diedi; e molto

Promisi allor: vi piacque. Io attenni in parte

Quel che promesso avea: ma lunge ancora

Dalle parole è il fatto; ed or non voglio

Farle obbliar però; sul labbro mio

Imprevidente militar baldanza

Non le mettea. Di novo avviso or chiesto,

Altro non posso che ridirvi il primo.

Se intera e calda e risoluta guerra

Far disponete, ah! siete a tempo: è questa

La miglior scelta ancora. Ei vi abbandona

Bergamo e Broscia; e non son vostre? L'armi

Le han fatte vostre: ei non può tanto offrirvi

Quanto sperar di torgli v'è concesso.

Ma, da un guerrier che vi giurò sua fede

Voi non volete altro che il ver, se il modo

[246]

Mutar di questa guerra a voi non piace,

Accettate gli accordi.

IL DOGE.

Il parlar vostro

Accenna assai, ma poco spiega: un chiaro

Parer vi si domanda.

IL CONTE.

Uditel dunque.

Scegliete un duce, e confidate in lui:

Tutto ei possa tentar; nulla si tenti

Senza di lui: largo poter gli date;

Stretto conto ei ne renda. Io non vi chiedo

Ch'io sia l'eletto: dico sol che molto

Sperar non lice da chi tal non sia.

MARINO.

Non l'eravate voi quando i prigioni

Sciolti voleste, e il furo? Eppur la guerra

Più risoluta non si fea per questo,

Nè certa più. Duce e signor nel campo,

Forse concesso non l'avreste.

IL CONTE.

Avrei

Fatto di più: sotto alle mie bandiere

Venian quei prodi; e di Filippo il soglio

Voto or sarebbe, o sederiavi un altro.

IL DOGE.

Vasti disegni avete.

IL CONTE.

E l'adempirli

Sta in voi: se ancor nol son, n'è cagion sola

Che la man che il dovea sciolta non era.

[247]

MARINO.

A noi si disse altra cagion: che il Duca

Vi commosse a pietà, che l'odio atroce

Che già portaste al signor vostro antico,

Sovra i presenti il rovesciaste intero.

IL CONTE.

Questo vi fu riferto? Ella è sventura

Di chi regge gli Stati udir con pace

L'impudente menzogna, i turpi sogni

D'un vil di cui non degneria privato

Le parole ascoltar.

MARINO.

Sventura è vostra

Che a tal riferto il vostro oprar s'accordi,

Che il rio linguaggio lo confermi, e il vinca.

IL CONTE.

Il vostro grado io riverisco in voi,

E questi generosi in mezzo a cui

V'ha posto il caso: e mi conforta almeno

Che il non mertato onor di che lor piacque

Cingere il loro capitan, lo stesso

Udirvi io qui, mostra ch'essi han di lui

Altro pensiero.

IL DOGE.

Uno è il pensier di tutti.

IL CONTE.

E qual?

IL DOGE.

L'udiste.

IL CONTE.

È del Consiglio il voto

Quello che udii?

[248]

IL DOGE.

Si: il crederete al Doge.

IL CONTE.

Questo dubbio di me?....

IL DOGE.

Già da gran tempo

Non è più dubbio.

IL CONTE.

E m'invitaste a questo?

E taceste finor?

IL DOGE.

Sì, per punirvi

Del tradimento, e non vi dar pretesti

Per consumarlo.

IL CONTE.

Io traditor! Comincio

A comprendervi alfin: pur troppo altrui

Creder non volli. Io traditor! Ma questo

Titolo infame infino a me non giunge:

Ei non è mio; chi l'ha mertato il tenga.

Ditemi stolto: il soffrirò, chè il merto:

Tale è il mio posto qui; ma con null'altro

Lo cambierei, ch'egli è il più degno ancora.

Io guardo, io torno col pensier sul tempo

Che fui vostro soldato: ella è una via

Sparsa di fior. Segnate il giorno in cui

Vi parvi un traditor! Ditemi un giorno

Che di grazie e di lodi e di promesse

Colmo non sia! Che più? Qui siedo; e quando

Io venni a questo che alto onor parea,

Quando più forte nel mio cor parlava

Fiducia, amor, riconoscenza, e zelo....

[249]

Fiducia no: pensa a fidarsi forse

Quei che invitato tra gli amici arriva?

Io veniva all'inganno! Ebben, ci caddi;

Ella è così. Ma via; poichè gettato

È il finto volto del sorriso ormai,

Sia lode al ciel; siamo in un campo almeno

Che anch'io conosco. A voi parlare or tocca;

E difendermi a me: dite, quai sono

I tradimenti miei?

IL DOGE.

Gli udrete or ora

Dal Collegio segreto.

IL CONTE.

Io lo ricuso.

Ciò che feci per voi, tutto lo feci

Alla luce del sol; renderne conto

Tra insidiose tenebre non voglio.

Giudice del guerrier, solo è il guerriero.

Voglio scolparmi a chi m'intenda; voglio

Che il mondo ascolti le difese, e veda....

IL DOGE.

Passato è il tempo di voler.

IL CONTE.

Qui dunque

Mi si fa forza? Le mie guardie!

(alzando la voce, si move per uscire).

IL DOGE.

Sono

Lunge di qui. Soldati!

(entrano genti armate)

Eccovi ormai

Le vostre guardie.

[250]

IL CONTE.

Io son tradito!

IL DOGE.

Un saggio

Pensier fu dunque il rimandarle: a torto

Non si pensò che, in suo tramar sorpreso,

Farsi ribelle un traditor potria.

IL CONTE.

Anche un ribelle, si: come v'aggrada

Ormai potete favellar.

IL DOGE.

Sia tratto

Al Collegio segreto.

IL CONTE.

Un breve istante

Udite in pria. Voi risolveste, il vedo,

La morte mia; ma risolvete insieme

La vostra infamia eterna. Oltre l'antico

Confin l'insegna del Leon si spiega

Su quelle torri, ove all'Europa è noto

Ch'io la piantai. Qui tacerassi, è vero;

Ma intorno a voi, dove non giunge il muto

Terror del vostro impero, ivi librato,

Ivi in note indelebili fia scritto

Il benefizio e la mercè. Pensate

Ai vostri annali, all'avvenir. Tra poco

Il dì verrà che d'un guerriero ancora

Uopo vi sia: chi vorrà farsi il vostro?

Voi provocate la milizia. Or sono

In vostra forza, è ver; ma vi sovvenga

Ch'io non ci nacqui, che tra gente io nacqui

Belligera, concorde: usa gran tempo

A guardar come sua questa qualunque

[251]

Gloria d'un suo concittadin, non fia

Che straniera all'oltraggio ella si tenga.

Qui c'è un inganno: a ciò vi trasse un qualche

Vostro nemico e mio: voi non credete

Ch'io vi tradissi. È tempo ancora.

IL DOGE.

È tardi.

Quando il delitto meditaste, e baldo

Affrontavate chi dovea punirlo,

Tempo era allor d'antiveggenza.

IL CONTE.

Indegno!

Tu mi rendi a me stesso. Tu credesti

Ch'io chiedessi pietà, ch'io ti pregassi:

Tu forse osasti di pensar che un prode

Pe' giorni suoi tremava. Ah! tu vedrai

Come si mor. Va: quando l'ultim'ora

Ti coglierà sul vil tuo letto, incontro

Non le starai con quella fronte al certo,

Che a questa infame, a cui mi traggi, io reco.

(parte il CONTE tra i soldati ).

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