SCENA IV.

I due COMMISSARI.

SECONDO COMMISSARIO.

(dopo qualche silenzio)

Direte ancor che a presagir perigli

Troppo facil son io? che le parole

De' suoi contrari, il mio sospetto antico,

L'odio forse, chi sa? mi fanno ingiusto

Contro costui? ch'egli è sdegnoso, ardente,

Ma leal? che da lui cercar non dèssi

Ossequi, ma servigi, e quando in grave

[223]

Caso il nostro volere a lui s'intimi,

Il dubitar ch'egli resista è un sogno?

Vi basta questo?

PRIMO COMMISSARIO.

C'è di più. Gli dissi

Che a noi premea che s'inseguisse il vinto:

Ei ricusò.

SECONDO COMMISSARIO.

Ma che rispose?

PRIMO COMMISSARIO.

Ei vuole

Assicurarsi delle rocche.... ei teme....

SECONDO COMMISSARIO.

Cauto ad un tratto è divenuto.... e dopo

Una vittoria.

PRIMO COMMISSARIO.

La parola a stento

Gli uscia di bocca: ella parea risposta

All'indiscreto che t'assedia, e vuole

Il tuo segreto che per nulla il tocca.

SECONDO COMMISSARIO.

Ma l'ha poi detto il suo segreto? E questo

Motivo ond'egli accontentar vi volle,

Vi parve il solo suo motivo, il vero?

PRIMO COMMISSARIO.

Nol so, non ci badai, tempo non ebbi

Che di pensar ch'io mi trovava innanzi

Un temerario, e ch'io sentia parole

Inusitate ai pari nostri.

[224]

SECONDO COMMISSARIO.

E s'egli

Al suo signore antico, al primo ond'ebbe

Onor supremi, all'alta creatura

Della sua spada, più terror che danno

Volesse far? fargli pensar soltanto

Quel ch'egli era per lui, quel che gli è contro?

Tal nemico mostrarglisi, ch'ei brami

D'averlo amico ancor? S'ei non potesse

Tutto staccare il suo pensier da un trono

Ch'egli alzò dalla polve; ov'ebbe il primo

Grado dopo colui che v'è seduto?

Se un duca ardente di conquiste, e inetto

A sopportar d'una corazza il peso,

Che d'una mano ha d'uopo e d'un consiglio,

E al condottier lo chiede, e gli comanda

Ciò ch'ei medesmo gl'inspirò, più grato

Signor, più dolce al condottier paresse,

Che molti, e vigilanti, e più bramosi

Di conservar che d'acquistar, cui preme

Sovr'ogni cosa il comandar davvero?

PRIMO COMMISSARIO.

Tutto io m'aspetto da costui.

SECONDO COMMISSARIO.

Teniamo

Questo sospetto: il suo contegno, i nostri

Accorgimenti il faran chiaro in breve,

O ad altro almen ci guideranno. Ei trama

Certo. Colui che trama, e del successo

Si pasce già, come se il tenga, ardito

Parla ancor che nol voglia; e quei che sprezza

In faccia il suo signor, già in cor ne ha scelto

Un altro, o pensa a diventarlo ei stesso.

No: da Filippo ei non è sciolto in tutto.

[225]

A quella stirpe onde la sposa egli ebbe

Non è stranier: troppo gli è caro il nodo

Che ad essa un dì lo strinse. In quella figlia,

Che ha tanta parte in suo pensier, non scorre

Col suo confuso de' Visconti il sangue?

PRIMO COMMISSARIO.

Come parlò! Come passò dall'ira

Al non curar! Con che superba pace

Disubbidì! Siam noi nel nostro campo?

Di Venezia i mandati? Eran costoro

Vinti e prigioni? E più sicuro il guardo

Portavano di noi! Noi testimoni

Del suo poter, del conto in cui ci tiene,

De' nostri acquisti così sparsi al vento,

Di tal gioia, di tai grazie, di tali

Abbracciamenti! Oh! ciò durar non puote.

Che avviso è il vostro?

SECONDO COMMISSARIO.

Haccene due? Soffrire,

Dissimular, fargli querela ancora

D'un'offesa che mai creder non puote

Dimenticata, e insiem la strada aprirgli

Di ripararla a modo suo; gradire

Che ch'ei ne faccia; chiedergli soltanto

Ciò che siam certi d'ottenerne; opporci

Sol quanto basti a far che vera appaia

Condiscendenza il resto; a dichiararsi

Non astringerlo mai; vegliare intanto;

Scriverne ai Dieci, ed aspettar comandi.

PRIMO COMMISSARIO.

Viver così! Che si diria di noi?

Dell'alto ufizio che ci fu commesso,

[226]

A cui venimmo invidiati, e or tale

Diviene?

SECONDO COMMISSARIO.

È sempre glorioso il posto

Dove si serve la sua patria, e dove

Si giunge ai fini suoi. Soldati e duci

Tutti sono per lui, l'ammiran tutti,

Nessun l'invidia; a sommo onor si tiene

Bene ubbidirlo; e in questo sol c'è gara

Che ad essergli secondo ognuno aspira.

Voce sì cara e riverita in prima,

Che forza avrebbe in lor poscia che udita

L'hanno in un tanto dì, che forza avrebbe

Se proferisse mai quella parola,

Che in core han tutti, la rivolta? Guai!

Che più? gli udimmo pur; come de' suoi,

È nel pensiero de' nemici in cima.

PRIMO COMMISSARIO.

Ma siamo a tempo? Ei già sospetta.

SECONDO COMMISSARIO.

Il siamo.

Essi armati, e sol essi; avvezzi tutti

A prodigar la vita, a non temere

Il periglio, ad amarlo, e delle imprese

A non guardar che la speranza, alfine

Più ch'uomini nel campo: ah! se fanciulli

Non fosser poi nel resto, ed i sospetti

Facili a palesar come a deporli;

Se una parola di lusinga, un atto

Di sommessa amistà non li volgesse

A talento di quel che l'usa a tempo;

[227]

A che saremmo? ubbidiria la spada?

Saremmo ancora i signor noi?

PRIMO COMMISSARIO.

Sta bene.

Riesca, o no, questo partito è il solo.

Fine dell'atto terzo.

[228]

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