Rivoluzione tipografica

Io inizio una rivoluzione tipografica diretta contro la bestiale e nauseante concezione del libro di versi passatista e dannunziana, la carta a mano seicentesca, fregiata di galee, minerve e apolli, di iniziali rosse a ghirigori, ortaggi, mitologici nastri da messale, epigrafi e numeri romani. Il libro deve essere l’espressione futurista del nostro pensiero futurista. Non solo. La mia rivoluzione è diretta contro la così detta armonia tipografica della pagina, che è contraria al flusso e riflusso, ai sobbalzi e agli scoppi dello stile che scorre nella pagina stessa. Noi useremo perciò in una medesima pagina, tre o quattro colori diversi d’inchiostro, e anche 20 caratteri tipografici diversi, se occorra. Per esempio: corsivo per una serie di sensazioni simili o veloci, grassetto tondo per le onomatopee violente, ecc. Con questa rivoluzione tipografica e questa varietà multicolore di caratteri io mi propongo di raddoppiare la forza espressiva delle parole.

Combatto l’estetica decorativa e preziosa di Mallarmé e le sue ricerche della parola rara, dell’aggettivo unico insostituibile, elegante, suggestivo, squisito. Non voglio suggerire un’idea o una sensazione con delle grazie o delle leziosaggini passatiste: voglio anzi afferrarle brutalmente e scagliarle in pieno petto al lettore.

Combatto inoltre l’ideale statico di Mallarmé, con questa rivoluzione tipografica che mi permette d’imprimere alle parole (già libere, dinamiche e siluranti) tutte le velocità, quelle degli astri, delle nuvole, degli aeroplani, dei treni, delle onde, degli esplosivi, dei globuli della schiuma marina, delle molecole, e degli atomi.

Realizzo così il 4° principio del mio Primo manifesto del Futurismo (20 febbraio 1909): «Noi affermiamo che la bellezza pel mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità».

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