MADRE OPERAIA

Nel lanificio dove aspro clamore

Cupamente la vôlta ampia percote,

E fra stridenti rôte

Di mille donne sfruttasi il vigore,

 

Già da tre lustri ella affatica.—Lesta

Corre a la spola la sua man nervosa,

Nè l'alta e fragorosa

Voce la scote de la gran tempesta

 

Che le scoppia dattorno.—Ell'è sì stanca

Qualche volta; oh, sì stanca e affievolita!...

Ma la fronte patita

Spiana e rialza, con fermezza franca;

 

E par che dica: Avanti ancora!...—Oh, guai,

Oh, guai se inferma ella cadesse un giorno,

E al suo posto ritorno

Far non potesse, o sventurata, mai!...—

 

Non lo deve; nol può.—Suo figlio, il solo,

L'immenso orgoglio de la sua miseria,

Cui ne la vasta e seria

Fronte del genio essa divina il volo,

 

Suo figlio studia.—Ed essa all'opificio

A stilla a stilla lascierà la vita,

E affranta, rifinita,

Offrirà di sè stessa il sacrificio;

 

E la tremante e gelida vecchiaia

Offrirà, come un dì la giovinezza,

E salute, e dolcezza

Di riposo offrirà, santa operaia;

 

Mio il figlio studierà.—Temuto e grande

Lo vedrà l'avvenire; ed a la bruna

Sua testa la fortuna

D'oro e di lauro tesserà ghirlande!...

*
.... Ne la stamberga ove non giunge il sole

Studia, figlio di popolo, che porti

Scritte ne gli occhi assorti

De l'ingegno le mistiche parole,

 

E nei muscoli fieri e nella sana

Verde energia de le tue fibre serbi

Gli ardimenti superbi

De la indomita razza popolana.

 

Per aprirti la via morrà tua madre;

All'intrepido suo corpo caduto

Getta un bacio e un saluto,

E corri incontro a le nemiche squadre,

 

E pugna colla voce e colla penna,

D'alti orizzonti il folgorar sublime,

Nove ed eccelse cime

Addita al vecchio secol che tentenna:

 

E incorrotto tu sia, saldo ed onesto...

Nel vigile clamor d'un lanificio

Tua madre il sacrificio

De la sua vita consumò per questo.

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