L'unità della storia mondiale, che scoperte scientifiche e geografiche hanno da gran tempo assicurato, attira con mirabile rapidità tutti i continenti nell'orbita di una stessa politica.
Nessuna nazione potrebbe o vorrebbe più circoscriversi in se stessa: religione, commercio, scienza, hanno aperto alla civiltà tutte le terre; ogni mercato subisce le oscillazioni dello scambio internazionale; oramai non vi sono più segreti per la geografia, nè sconosciuti per la storia. La nave svedese di Nordenskjöld girando il polo artico ha rivelato la presenza degli ultimi abitatori dei ghiacci; viaggiatori di tutti i paesi hanno traversato i deserti centri dell'Africa e dell'Australia; l'Asia si apre davanti alle marcie concordi e rivali della Russia e dell'Inghilterra, mentre l'America scoperta appena da quattro secoli non ha più selvaggi.
L'Europa, rimasta ancora, malgrado il miracoloso sviluppo di questa ultima, il centro ideale del mondo, organizza in se medesima i propri popoli nell'orbita della nazionalità e coi principii di una democrazia più universale di tutte le religioni, per attirare gli altri continenti nei periodi della propria civiltà. L'America, instancabile ed incomparabile traduttrice di idee, non ne ha ancora prodotto alcuna veramente originale, giacche la sproporzione fra la grandezza del suo suolo e il numero della sua popolazione la costringe a convergere in se medesima quasi tutte le proprie forze. L'Europa, sola, piccola, affollata, sempre gestante, deve bastare a tutto, ritrovare il significato dell'antichità, e rinnovare continuamente se stessa per potere del proprio futuro fare un'epoca mondiale. Quindi il suo sforzo sempre crescente nei secoli, dacchè il cristianesimo le diede a Roma la sicurezza di una seconda unità, si è moltiplicato dopo il Rinascimento e la scoperta d'America, così da imprimere alla storia universale un acceleramento inapprezzabile.
Quando la scienza storica, imitando i progressi dell'astronomia, potrà calcolare entro l'orbita di periodi universali la velocità delle idee per tradurre in cifra la vita e il valore di ogni popolo, quello dell'Europa dall'epoca greca al Rinascimento italiano varrà non solo più che tutti gli altri, ma la sua potenza d'irradiazione dovrà esprimere nella velocità dei propri raggi la differenza della durata cronologica della sua civiltà colle altre. E mentre quella asiatica in cinquanta secoli non avrà potuto sorpassare i confini del proprio continente, la civiltà europea in meno di venti avrà già dato al mondo due unità ideali: quindi dal Rinascimento ad oggi i suoi ultimi quattro secoli, attuandovi l'unità reale in una conscia cooperazione di tutti i popoli, supereranno di velocità gli altri venti forse di quanto nel sistema solare i periodi di Venere vincono quelli di Urano.
Mentre nel secolo decimosesto, settimo ed ottavo, spingendosi in tutte le direzioni ad incontrare le incognite dei popoli inerti fuori del raggio della sua storia, l'Europa faceva ogni maggiore sforzo sull'America quasi ad affrettare in essa una rivalità che le potesse più presto giovare in questa missione d'incivilimento universale, dal principio di questo secolo la sua passione e la sua opera si sono rivolte più specialmente all'Africa. L'America, divenuta già moderna, piuttosto che aver bisogno dell'Europa per svilupparsi, ne segue la vita ampliandola in se medesima per tutta l'immensità del proprio teatro coll'ebbrezza superba di sentirsi già all'avanguardia del progresso mondiale.
La costituzione delle nazionalità, provocata dalla rivoluzione francese, sembra accennare che l'Europa in questo fatale acceleramento dell'opera propria sul mondo, invece di procedere come nel passato per costante irradiazione d'individui, tardi e non sempre susseguita dalla cooperazione dei loro stati, voglia più presto, individualizzando tutti i propri popoli, costringerli ad agire come individui collettivi. Infatti l'opera storica di un popolo non costituito in nazione è non solo male apprezzabile, ma scarsa ed intermittente oltre le sue frontiere, mentre quella delle nazioni, più intensa e costante, determina coll'incontro della propria in altre originalità la formazione di nuovi caratteri.
Quindi il principio dell'uguaglianza civile e della sovranità popolare, ricostituendo in nazioni i popoli ancora frantumati dalle conquiste medioevali, impone loro per una fatale contraddizione di affrontare fuori d'Europa le genti barbare, o conglomerate in imperi eterogenei, o riunite a gruppi nazionali, o disperse in tribù, per sottoporle alla prova della civiltà europea.
Storia e preistoria, storia moderna e storia antica, debbono in questo secolo sviluppare la loro guerra immortale. Finchè la preistoria vivente era ignorata dalla storia, e la storia antica lungi dal contatto della storia moderna, il mondo abbastanza grande per ambedue poteva mantenerle contemporanee nella propria cronologia; ma scontrandosi per il continuo dilatarsi dell'orbita europea, dovevano urtarsi in una guerra di distruzione. Preistoria e storia antica o si rimuterebbero entro la storia moderna assimilandosi le sue idee, o indietreggerebbero lentamente cedendo il terreno ai popoli superiori.
La storia, lungi dal consacrare l'intangibilità di alcun popolo, ha sempre distrutto quelli che non potevano adattarsi al suo disegno.
Nel diffondersi della civiltà rappresentata dalla razza bianca una medesima conquista strappò sempre ai popoli selvaggi o esauriti i terreni atti a ricevere il quadro di una più alta vita. Invasioni e colonie furono sino dalla più tarda antichità i mezzi più efficaci d'espansione: nelle prime il progresso avveniva per la sovrapposizione di un popolo ad un altro; nelle seconde per focolari d'irradiazione ideale, che dovevano aiutare la natura dei popoli circostanti a più intellettuale sviluppo. Tutto quindi servì in questa caccia dell'uomo civile all'uomo barbaro, del popolo giovane al popolo decrepito; irresistibili attrazioni dell'ignoto geografico, passioni religiose, curiosità scientifiche, avarizie commerciali, fantasie guerriere. Naturalmente la civiltà, svolgendosi col processo inevitabile di una guerra, trattava le colonie come avanguardia di scoperte o sentinelle morte, mentre le invasioni giungevano sui campi di battaglia all'ora assegnata, vincendo, struggendo, fecondando.