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Più tardi, sotto coperta, esaminammo la borsa affidatami nel fatale momento del naufragio da mister Charnwood.

Era solidamente legata e impermeabile.

Aperta n'estraemmo una larga busta con l'intestazione del Delphin.

Sopra appariva scritto di mano di mister Charnwood a caratteri affrettati e irregolari:

"Da consegnare a J. Thompson: ultime mie volontà."

Seguiva la firma di mister Charnwood.

– Thompson è il vecchio segretario fidato di mister Charnwood.

– Vive a New-York?

– Precisamente, nel palazzo in città. Mister Charnwood l'onorava di tutta la sua più completa fiducia.

– Ma allora questo è il suo testamento! – esclamai.

Miss Ethel mi guardò sorpresa.

– Deve essere così, – mormorò.

– Ora mi spiego, – dissi allora io, – e ricostruisco la scena. Ricordo che durante l'uragano, mentre noi eravamo sul ponte; stretti gli uni agli altri, flagellati dalle onde che minacciavano portarci via, ad un certo punto voltandomi non iscorsi più presso di noi mister Charnwood. Mi chiesi, con terrore, se per caso, perdute le forze, non fosse caduto in mare. Ma lo vidi ricomparire dopo qualche minuto, tenendo con la bocca, perchè con le mani doveva aggrapparsi qua e là per non essere trascinato dalla furia della tormenta, qualcosa di scuro: questa borsa. Egli deve essere corso giù nella cabina del capitano e ha tracciato brevemente, qua dentro, il suo testamento, se pure non ve n'ha collocato uno già da lui preparato prudentemente mettendosi in viaggio, o durante il viaggio stesso.

– Deve essere così.

– Allora, – conclusi io, – sia eseguita a puntino la volontà del povero e infelice vostro protettore, miss Ethel. Domani, quando vi avrò condotte al palazzo Charnwood, io consegnerò a questo signor Thompson la busta che racchiude le ultime volontà del vostro buon secondo padre.

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