Tutte le nostre considerazioni sull'arte finora svolte hanno sempre per base la verità, che suo oggetto – la cui rappresentazione è scopo dell'artista, e la cui conoscenza deve quindi preceder come germe e principio l'opera di lui – è un'idea, nel senso platonico, e nient'altro: non la cosa singola, oggetto della comune percezione; né meno il concetto, ch'è oggetto del pensar razionale e della scienza. Sebbene idea e concetto abbiano qualcosa in comune, rappresentando l'una e l'altro come unità una pluralità di cose reali, dev'esser tuttavia risultata chiara e luminosa la differenza loro, dopo quanto nel primo libro si disse intorno al concetto; e intorno all'idea nel libro presente. Che nondimeno già Platone avesse ben compresa codesta differenza, non voglio punto affermare: che anzi taluni tra' suoi esempi d'idee e tra' suoi chiarimenti in proposito sono applicabili soltanto a concetti. Basti per ora di ciò, e andiamo pel nostro cammino: rallegrandoci bensì ogni qual volta ci accada d'incontrar la via segnata da un grande e nobile spirito, ma ognora mirando alla nostra meta e non alle tracce di quello. Il concetto è astratto, discorsivo, affatto indeterminato entro la propria sfera, determinato solo nei confini della medesima; raggiungibile e afferrabile da ciascuno con la sola ragione; comunicabile in parole senz'altra mediazione, tutto esaurito dalla propria definizione. L'idea invece, che al più va definita come adeguata rappresentante del concetto, è del tutto intuitiva, e, sebbene rappresenti un'infinità di singole cose, è tuttavia ben determinata. Dall'individuo come tale non è mai conosciuta, ma sol da quegli, che s'è elevato sopra ogni volere e ogni individualità a puro soggetto nel conoscere: quindi a lei perviene solamente il genio, e in secondo luogo chi si trovi in una disposizione geniale, mediante un innalzamento della sua pura forza conoscitiva, il più delle volte dalle opere del genio prodotta. L'idea non è quindi comunicabile senz'altro, ma solo condizionatamente, in quanto l'idea percepita e riprodotta nell'opera d'arte parla a ciascuno secondo la misura del suo valore intellettuale: perciò proprio le più eccellenti opere di ogni arte, i più nobili prodotti del genio, devono per l'ottusa maggioranza degli uomini rimaner libri chiusi in eterno, ad essa inaccessibili, separati da un largo abisso, sì come al volgo è inaccessibile il commercio dei principi. È vero, che anche i più ottusi ammettono per sentito dire le opere riconosciute grandi: ma nell'ombra si tengono pronti ognora a criticarle, non appena li si lasci sperare che possan farlo senza compromettersi – nel che gioiosamente si sfoga il loro astio a lungo celato contro tutte le cose grandi e belle, che per non averli mai toccati li umiliavano, e contro i creatori di quelli. Imperocché di regola, per riconoscere e ammettere spontaneamente, liberamente, il valore altrui, bisogna averne di proprio. Su ciò poggia la necessità della modestia malgrado qualsivoglia merito, ed anche la lode sproporzionatamente alta di codesta virtù: la quale, sola tra tutte le sue sorelle, da ciascuno, che ardisca esaltare un uomo in qualche modo segnalato, è ogni volta aggiunta alle altre lodi di lui, per conciliarsi gl'inetti e placarne il livore. Che cos'è la modestia, se non finta umiltà, con la quale, in un mondo turgido di bassa invidia, si vuol mendicare per i propri vantaggi e meriti il perdono di quelli che non ne hanno? Poiché colui il quale né vantaggi né meriti s'attribuisce, perché effettivamente non ne possiede, non è modesto, ma appena onesto.
L'idea è l'unità infranta nella pluralità, secondo la forma temporale e causale della nostra apprensione intuitiva: invece il concetto è l'unità, dalla pluralità novellamente ricostituita, mediante il procedere astratto della nostra ragione. Questa si può chiamare unitas post rem, quella unitas ante rem. Da ultimo la differenza tra concetto e idea si può ancora indicare con un paragone, dicendo: – II concetto somiglia a una inerte custodia, nella quale effettivamente viene a giustapporsi ogni cosa che vi si ponga; ma da cui nulla può esser tolto (mediante giudizi analitici) più di quanto vi si sia posto (mediante sintetica riflessione). L'idea invece sviluppa, in quegli che l'ha afferrata, rappresentazioni che sono nuove in rapporto al concetto omonimo: ella somiglia a un vivente, sviluppantesi organismo, dotato di forza generativa, il quale produce quel che non conteneva incasellato dentro di sé.
Da tutto ciò risulta che il concetto, per quanto sia giovevole alla vita, per quanto utile, necessario e fecondo alla scienza, è in eterno sterile per l'arte. Vera e unica sorgente d'ogni genuina opera d'arte è la percepita idea. Nella sua robusta originalità viene ella attinta unicamente alla vita medesima, alla natura, al mondo; e unicamente anche per mezzo del genio vero, o di chi sia per quell'attimo asceso fino a raggiungere la genialità. Sol da questa diretta concezione nascono capolavori, che recano in sé vita immortale. Appunto perché l'idea è intuitiva, e tale rimane, non è l'artista consapevole in abstracto dell'intenzione e della meta a cui tende l'opera sua; non un concetto, ma un'idea gli fluttua davanti: perciò non può render conto del suo operare. Lavora, come si suol dire, di puro sentimento, e inconsapevole, anzi per istinto. Viceversa imitatori, artefici di maniera, imitatores, servum pecus, procedono nell'arte movendo dal concetto: prendon nota di ciò che nelle vere opere d'arte piace e commuove, se lo rendono chiaro, lo afferrano in forma di concetto, astrattamente, e lo imitano infine, in modo aperto o palese, con avveduta intenzione. Succhiano il lor nutrimento, simili a piante parassite, da opere altrui; e, simili a polipi, prendono il colore di ciò che mangiano. Anzi, andando innanzi coi paragoni, si potrebbe affermare, che somigliano a macchine, le quali perfettamente tritino e frammischino quanto vi si getta dentro, ma senza poterlo mai digerire: sì che i diversi componenti si possan sempre ritrovare, trar fuori della miscela ed isolare: mentre il genio somiglierebbe invece all'organismo, che assimila, trasforma e produce. Imperocché il genio viene bensì educato e formato dai predecessori e dalle opere loro; ma la vita e il mondo stesso, direttamente, lo fecondano con l'intuizione: perciò anche una ricchissima cultura non può recar danno alla sua originalità. Tutti gl'imitatori, tutti i manieristi percepiscono in forma di concetto l'essenza dei capolavori altrui; ma concetti non possono mai dar vita interna a un'opera. I contemporanei – ossia l'opaca folla d'ogni generazione – non conoscono anch'essi altro che concetti, e vi si attaccano, e accolgono quindi le opere manierate con rapido e alto plauso: ma le stesse opere sono dopo brevi anni già indigeste, perché lo spirito del tempo – vale a dire, i concetti dominanti – in cui quelle avevano la loro unica base, è mutato. Soltanto le vere opere d'arte, le quali dalla natura, dalla vita sono direttamente inspirate, rimangono, come queste perennemente giovani, e poderose in eterno. Imperocché non appartengono a una data epoca, ma all'umanità: e come perciò appunto dal loro proprio tempo – a cui disdegnarono di conformarsi – furono tiepidamente accolte, e, svelando in modo indiretto e negativo gli errori di quello, furono tardi e contro voglia riconosciute; così in compenso non possono invecchiare, e ancor ne' tempi più lontani parlano con voce fresca e sempre giovane: non più esposte a venir trascurate o misconosciute, ma immutabilmente coronate e sanzionate dal plauso delle poche teste capaci di giudicare, le quali compaiono isolate e rare nei secoli e depongono i loro voti – la cui somma lentamente crescendo serve di base a quell'autorità, che sola costituisce il tribunale, a cui si allude quando diciamo di fare appello alla posterità. Sole formano il tribunale queste teste isolate, che successivamente appariscono: perché la folla della posterità sarà e rimarrà in ogni tempo stolta e ottusa come nel passato e come nel presente. Si leggano i lamenti di grandi spiriti, in ogni secolo, intorno ai loro contemporanei: sembrano di oggi, perché la razza è sempre la medesima. In ciascun tempo ed in ciascuna arte la maniera prende il posto del genio, che sempre è proprietà esclusiva di pochi: ma la maniera è come il vecchio vestito smesso della più recente, riconosciuta apparizione del genio. In conseguenza di tutto ciò, il plauso dei posteri non s'acquista di regola se non a costo del successo contemporaneo; e viceversa.