VIII.

Ed ora torniamo, Signore gentili, fuori del buio dei sepolcri, alla luce e alla vita.

Dal Comune artigiano alla supremazia medicea, dai Medici cittadini ai Medici granduchi, da questi ai Lorenesi, Firenze nostra, la Firenze del sentimento e del pensiero, della scienza e dell'arte, tenne quasi in grembo una non piccola porzione delle sorti d'Italia; come nel tesoro della lingua ella custodiva il suggello del nostro esser nazione. Que' due principati, fatta pur ragione dei meriti o demeriti rispettivi di quelli undici granduchi, furono nella storia della nostra regione fenomeno passeggero: non era in essi Firenze, non la Toscana. E quando sulla torre di Palazzo Vecchio si spiegò al sole dei nuovi tempi, fra i tre sospirati colori, la Croce della sola monarchia nostra naturale e legittima, non fu soltanto l'unità d'Italia che si affermava su quella bandiera, ma anche il diritto rivendicato della nostra gloriosa Repubblica. E rivendicato il diritto, Firenze ha saputo nobilmente adempire il dovere.

[85]

Share on Twitter Share on Facebook