X I FISICI ITALIANI E LE RICERCHE DI FARADAY

«L'Elettrotecnica», vol. XVIII, 1931; pp. 806–808.

Le scoperte fatte dal Faraday sono state così numerose ed importanti, che hanno dato un nuovo e grandissimo sviluppo alla fisica, ed ispirato le più svariate ed ammirevoli applicazioni pratiche. I concetti che lo hanno guidato nelle sue celebri esperienze modificarono profondamente il modo di concepire i fenomeni naturali, tanto che una nuova epoca nella storia della filosofia naturale comincia con lui.

Non vi è stato cultore della Fisica negli ultimi anni i cui lavori non si ricolleghino più o meno direttamente ai suoi. Perciò, se si volessero citare tutti quelli che possono dirsi continuatori dell'opera sua e che si sono valsi dei suoi risultati, bisognerebbe fare il nome di tutti i fisici dei tempi recenti. Questo in Italia come negli altri paesi. Ora, non è il caso che io faccia qui la storia della Fisica in Italia nell'ultimo secolo, ma che io dia notizia delle ricerche che s'ispirarono più direttamente a quelle di Faraday, specialmente nel periodo della loro prima diffusione, ed ebbero maggiore successo e più importanti applicazioni.

Mi rifarò pertanto all'agosto 1831, quando i tentativi del Faraday di ottenere delle correnti mediante l'azione delle calamite ebbero finalmente esito fortunato. Il risultato non fu comunicato alla Società Reale di Londra che nel Novembre dello stesso anno, ma la Memoria venne pubblicata in ritardo e la traduzione francese apparve solo nel maggio del 1832 negli «Annales de Chimie et de Physique». Il Faraday, per riparare al ritardo, scrisse su questo argomento una lettera molto concisa all'Hachette di Parigi, che la fece conoscere all'Accademia delle Scienze nel Dicembre del 1831.

Il Nobili, fisico di notevole valore, appartenente al Museo di Firenze, già noto, fra l'altro, per il suo galvanometro astatico, i suoi anelli ed i suoi studi di termo-elettricità, ebbe notizia della scoperta dall'Amici, che l'aveva letta nel «Temps». Compresa subito la grande importanza di essa si mise a ripetere le esperienze del Faraday associandosi in quest'opera un altro fisico fiorentino: l'Antinori. La loro prima Memoria è del gennaio 1832 e porta esplicitamente questa data, ma fu pubblicata nel fascicolo del novembre 1831 dell'«Antologia», il quale uscì con grande ritardo [1]. Le successive apparvero nei fascicoli seguenti dello stesso giornale.

I due fisici fiorentini ottennero correnti indotte, sia accostando un circuito chiuso al polo di una calamita, sia aprendo un circuito costituito da una calamita a forma di ferro di cavallo e dall'ancora della calamita stessa, sia capovolgendo un circuito ad elica disposto parallelamente ad un ago magnetico di inclinazione, sia introducendo un nucleo di ferro dolce in una elica formante un circuito chiuso.

Queste esperienze non avrebbero suscitata una polemica (una delle poche del Faraday) senza le considerazioni che le accompagnavano riferentisi specialmente al magnetismo di rotazione di Arago ed alla scintilla di induzione. La tardiva conoscenza del testo esatto della Memoria del Faraday, e la inesatta interpretazione della lettera all'Hachette, influirono nel creare quei malintesi i quali originarono, come osserva il Naccari, la suddetta polemica [2].

Gli studi sull'induzione seguitarono in Italia per opera specialmente del Matteucci, che si occupò della distribuzione delle correnti nel disco girante di Arago, del magnetismo di rotazione e pubblicò nel 1854 il suo Cours spécial sur l'induction, le magnétisme de rotation, etc., il quale dava notizia estesa di quanto si conosceva in quell'epoca sui fenomeni di induzione elettromagnetica [3].

Ma di un lavoro di molto maggiore importanza filosofica e sperimentale desidero rinnovare il ricordo. Nel 1852 il Felici, allora assistente del Matteucci, poi suo successore nella Cattedra di Fisica nell'Università di Pisa, cominciò la pubblicazione di tre Memorie dal titolo: Sulla teoria matematica dell'induzione elettro-dinamica [4].

F. Neumann aveva dato già fino dal 1845-47 in due lavori la sua celebre formula e nel 1846 era apparsa quella del Weber. Il Felici abbandonò i cammini tenuti da questi scienziati e si propose di ottenere le formule che esprimono le leggi dell'induzione magnetoelettrica, percorrendo passo passo la via puramente sperimentale con la quale un quarto di secolo innanzi Ampère era giunto a stabilire la formula delle forze ponderomotrici che esercitano fra di loro due elementi di corrente. Al pari di Ampère, il Felici nella sua prima Memoria si basa unicamente sopra esperienze di equilibrio. Con un ingegnoso procedimento, egli esalta l'azione induttiva, ripetendo le aperture e chiusure della corrente, e somma nel galvanometro le intensità delle ripetute correnti indotte aventi medesimo senso. Giunge così ad una formula che dà la forza elettromotrice corrispondente all'azione di elementi di corrente, formula la quale contiene un termine eliminantesi allorché si integra la forza elettromotrice lungo circuiti chiusi. In tal modo la formula del Felici, oltre dirci qualche cosa di più, conferma per via sperimentale quella del Neumann ottenuta estendendo la legge di Lenz.

Nelle successive Memorie il Felici studia le correnti indotte, non solo in circuiti filiformi, ma anche in conduttori a più di una dimensione, ricollegandosi alle ricerche sperimentali del Matteucci esposte nel suo Cours spécial sopracitato.

Nel periodo in cui in Pisa fiorivano il Matteucci e il Felici, v'insegnava Ottaviano Fabrizio Mossotti che fu una delle più eminenti personalità italiane del secolo scorso. Nato a Novara nel 1791, si laureò a Pavia ed ivi studiò col Brunacci ed udì anche il Volta. Abbandonata l'Italia in seguito a persecuzioni politiche, andò in Francia ed in Inghilterra, ove fu accolto con molta stima ed ebbe numerosi amici. Chiamato dapprima in Argentina, passò poi come professore a Corfù, nell'epoca della protezione inglese, e finalmente a Pisa in Toscana, dove fondò una scuola astronomica e fisico-matematica che ha avuto una grande importanza nella recente storia delle scienze in Italia.

Fra le molte e belle ricerche del Mossotti, quella che oggi appare come la più importante e che maggiormente ne consacra la fama, è la teoria dei dielettrici. Il Faraday dedicò l'undecima e la dodicesima serie delle sue «Experimental Researches on Electricity» allo studio dell'azione di dielettrici nei fenomeni di induzione elettrostatica. Tali azioni avevano già da più anni richiamata l'attenzione dell'Avogadro [5], ma le celebri e decisive esperienze del Faraday ne fissarono la natura e condussero alla teoria della polarizzazione dei dielettrici.

Merito del Mossotti fu di aver collegata la teoria della induzione elettrica nei dielettrici alla teoria della induzione magnetica. Ora, il Poisson aveva data la teoria matematica dell'induzione magnetica. Non vi era dunque che leggere nel linguaggio di elettricità ciò che il Poisson aveva ottenuto in termini di magnetismo, per avere una teoria matematica dei dielettrici basata sui concetti del Faraday. Infatti una parte della Memoria del Mossotti del 1846 [6] non è, a detta dello stesso suo autore, che una riproduzione di quella del Poisson. Le notevoli ed eleganti conseguenze che il Mossotti ne ha tratte e le interessanti applicazioni di altri, per esempio quella del Clausius sulle scariche di ritorno, rendono di particolare pregio l'opera del Mossotti.

La quale si riallaccia ai concetti del Mossotti stesso sulla costituzione della materia, argomento intorno al quale questo autore è ritornato più volte, sia in una Memoria dedicata al Plana [7], sia nella prolusione alle lezioni di Corfù [8], sia in altre occasioni. Il Faraday nella serie diciannovesima delle sue Experimental Researches si compiace di queste idee del Mossotti che rispondono in certo modo alle proprie. Esse meriterebbero oggi di essere rilette, meditate e poste a raffronto con le più moderne teorie, giacché, se l'essere state escogitate prima che si sviluppasse la termodinamica le rendono lontane dalla concezione odierna di molti fenomeni, pure possono in germe contenere pensieri fecondi.

Gli studi sui dielettrici, così sapientemente approfonditi mediante l'analisi matematica dal Mossotti, non si arrestarono in Italia, ma continuarono con lavori fra cui ricorderò quelli del Belli, del Matteucci, del Felici sulle correnti dielettriche, e del Felici stesso sulla viscosità dei dielettrici. Tali ricerche si sono prolungate sino ai nostri giorni con scritti di fisici e di elettrotecnici aventi vedute sia teoriche che pratiche.

L'analisi del Mossotti è un esempio dell'attitudine che hanno le idee del Faraday ad essere svolte sotto forma matematica. Non è il solo esempio né il più celebre, ed infatti tutti sanno che il Maxwell riuscì a tradurre i concetti del Faraday nelle equazioni del campo elettromagnetico, e scoprì in essi il germe della teoria elettromagnetica della luce.

Il Faraday non conosceva la tecnica dei geometri, ma sapeva esprimere esattamente con parole ciò che dicono le formule. Lo stesso può ripetersi per Volta. Se, alla maniera di Plutarco, fra questi due eroi della scienza si volesse fare un parallelo, dovrebbe mettersi in evidenza la somiglianza, sotto questo riguardo, della mente del Fisico inglese e di quella del Fisico italiano, del resto così simili anche sotto altri aspetti. Le loro menti erano ambedue matematiche nel più profondo ed intimo senso, giacché i simboli e gli artifici analitici non sono la sostanza, ma solo l'apparenza esteriore della matematica.

Il problema del motore elettrico e quello inverso di produrre le correnti elettriche, generate dapprima con la pila del Volta, valendosi invece del principio dell'induzione di Faraday, con un metodo suscettibile di essere applicato praticamente su larga scala, erano certamente d'attualità, allorché una soluzione ingegnosissima venne data nel 1860 da Antonio Pacinotti, il quale costruì il suo celebre anello nel laboratorio di Fisica Tecnologica dell'Università di Pisa. Solo nel 1864 lo scopritore distese, per iscritto, la descrizione dell'apparecchio, da lui chiamato modestamente «una macchinetta elettromagnetica» e la pubblicò nel 1865 nel «Nuovo Cimento» [9].

Ritengo inutile ricordare qui tale descrizione, perché viene riportata in ogni elementare trattato di Fisica e di Elettrotecnica. La brillante soluzione del problema si rivelò atta alle più larghe ed importanti applicazioni industriali, intuite subito dallo stesso inventore, e divenne una delle macchine più utili e più usate nel mondo. Non è il caso di ripetere la storia ben nota del suo rapido diffondersi e le polemiche, ormai chiuse, cui diede luogo.

Come abbiamo detto sopra, le ricerche che si collegano alle teorie di Maxwell non possono essere disgiunte dal ricordo di Faraday, tanto le teorie stesse sono derivate dalle esperienze e dai concetti di questi.

La pressione della luce, che il Maxwell ottenne come una conseguenza della teoria elettromagnetica, fu dimostrata con un nuovo ed originale procedimento dal Bartoli in una Memoria, pubblicata nel 1876, consacrata in modo particolare allo studio del radiometro [10].

Il Bartoli immagina quattro involucri sferici concentrici: il più esterno ed il più interno perfettamente neri, i due intermedi perfettamente riflettenti. Mediante un ciclo, che può ripetersi quante volte si vuole, egli riesce a far passare calore dall'involucro più esterno, che può supporsi più freddo, al più interno, che può supporsi più caldo. Il secondo principio della termodinamica esige che, per compiere il ciclo, debba trasformarsi una quantità di lavoro in calore e che quindi, in virtù dell'irraggiamento del corpo interno, si eserciti una pressione sopra l'involucro adiacente. Di qui segue, come conseguenza, la pressione della luce.

Dei numerosi lavori del Bartoli è questo il più celebre e ad esso il suo nome è indubbiamente legato. È singolare però che il Bartoli morto nel luglio 1896, prima che la pressione della luce fosse verificata sperimentalmente, dubitasse della sua realtà e si sforzasse di interpretare variamente i suoi ragionamenti, ma egli serbò in vita sempre celati questi suoi dubbi che si palesarono solo più tardi.

Non si può passare sotto silenzio le belle ricerche del Bartoli sulla elettrolisi ed in particolare quelle sulla possibilità di decomporre l'acqua anche con le più deboli forze elettromotrici [11]. Esse si ricollegano agli studi del Faraday della quinta serie e di serie successive.

Caratteristica originale del pensiero del Faraday è l'aver trasportato la sede principale dei fenomeni elettromagnetici nel dielettrico, ove egli percepiva e seguiva l'andamento e le mutazioni delle linee di forza, le quali materializzavano ciò che egli concepiva per spiegare le azioni elettrodinamiche.

Una delle esposizioni più luminose ed efficaci dei concetti del Faraday, nella maniera con la quale furono svolti dal Maxwell e dal Hertz, fu il discorso tenuto da Galileo Ferraris all'Accademia dei Lincei nel giugno 1894 sulla trasmissione elettrica dell'energia [12]. Ma un tale discorso lascerebbe solo il ricordo di una felice volgarizzazione dei concetti di localizzazione e flusso di energia, allora nuovi nel gran pubblico, se non servisse a rivelarci molto di più, cioè quale era l'intima maniera del Ferraris di comprendere la natura dei fenomeni elettrici, punto di partenza della scoperta del campo magnetico ruotante da lui fatta nove anni prima. Ed infatti fu il vedere, con l'occhio della mente, compiersi le oscillazioni elettriche, non nell'ambito dei conduttori, ma nel mezzo comune fuori di essi e di persuadersi quindi della possibilità di sovrapporre due oscillazioni elettriche ortogonali, pari a quelle luminose, visione apparsagli, come un lampo, mentre passeggiava solitario una notte per le vie di Torino, che diede origine alla scoperta a cui il Ferraris deve principalmente la sua fama [13].

Tale brillante risultato era stato preceduto da lunghi e profondi studi del Ferraris sui trasformatori, dei quali diede una teoria completa che lo condusse a stabilire la legge nota dello spostamento di fase, ed a calcolare la potenza di un trasformatore. Ciò valse a dissipare le erronee opinioni che esistevamo sul rendimento di un trasformatore ed a mostrare tutta l'importanza nelle applicazioni industriali di questo organo fondamentale, derivato direttamente dal principio dell'induzione, il quale nell'elettrotecnica tiene il posto che ha la leva in meccanica [14].

Il trasporto dell'energia con l'uso di correnti alternate, a cui tutte le industrie debbono un così grande impulso, fu il risultato pratico di questi studi.

La storia dell'evoluzione delle idee del Faraday, le quali hanno condotto alla teoria matematica di Maxwell, quindi alle esperienze di Hertz, non sarebbe completa se non si parlasse del telegrafo senza fili che chiude così mirabilmente il memorabile ciclo.

In Italia il Righi, fra gli altri, ripeté e continuò con successo le esperienze di Hertz, perseguendo in tutti i particolari le analogie fra i fenomeni ottici e quelli delle onde elettromagnetiche [15].

Il Marconi poi, con mirabile perseveranza, e giovandosi dei più geniali e vari procedimenti, riuscì a dare pratica attuazione ai metodi di trasmissione a distanza mediante onde elettromagnetiche. I rapidi progressi della radiotelegrafia e della radiotelefonia si svolgono ogni giorno davanti ai nostri occhi, e sono seguiti con interesse e con meraviglia in ogni parte del mondo.

Non mi è possibile dilungarmi sopra numerose altre questioni, pur di notevole interesse, come quelle di elettrolisi e di elettrofisiologia, rievocando gli studi del Matteucci [16] e la sua corrispondenza col Faraday [17], né ritornare sulla teoria chimica della pila che il Faraday preferì a quella del contatto, ricollegandosi così alle idee manifestate dapprima dal Fabbroni [18]. Né mi è possibile parlare della questione, dibattuta dal Faraday, se la elettricità, comunque prodotta, sia sempre la stessa e segua le medesime leggi, producendo uguali effetti, di cui lo stesso Volta si occupò, e che diede origine fra noi anche a studi recenti. Ricorderò solo l'osservazione resa nota dal Padre Bancalari nel 1847 [19] e la successiva Memoria dello Zantedeschi sul magnetismo delle fiamme [20], che richiamarono l'attenzione del Faraday sul magnetismo e diamagnetismo dei gas.

Chiuderò infine accennando alla magnetoottica, che prende le mosse da una delle più celebri scoperte del Faraday, quella della polarizzazione rotatoria magnetica.

Il Righi diede la spiegazione cinematica del fenomeno, che ulteriori ricerche collegarono alla grande scoperta di Zeeman. Ed il Righi stesso si valse della disposizione della fiamma di sodio, traversata nel senso del campo da un fascio di luce fra due nicol incrociati, la quale permette con mezzi semplici l'osservazione del fenomeno inverso di Zeeman [21].

È ben singolare che questa esperienza sia stata eseguita con un apparecchio analogo ad uno ideato dal Faraday a cui però il risultato sfuggì, esempio assai raro nel corso delle ricerche di questo grande osservatore.

Mi arresterò qui, dopo aver citato gli scomparsi che in Italia si occuparono di questo soggetto, ed aver ricordato che altri valorosi scienziati vi apportarono e vi apportano tuttora preziosi contributi.

Come pochi anni fa l'opera di Volta e quella di Ampère, così oggi quella di Faraday viene rievocata e commemorata.

Questi tre grandi scienziati, appartenenti a paesi diversi, vissero lontani e separati fra loro, ma i loro pensieri concorsero armonicamente al progresso della filosofia naturale ed alla scoperta di nuovi e meravigliosi trovati utili alla società umana. L'influenza che ciascuno esercitò al di là dei confini della propria patria servì a svolgere verso analoghi fini mentalità di stirpi diverse, che acquistarono nuove virtù nello sforzo comune.

Scopo di questo mio breve saggio è stato di lumeggiare l'influenza che ebbe in Italia l'opera del Faraday. Dal punto di vista filosofico essa fu grandissima e, come abbiamo veduto sopra, le scoperte del Fisico inglese, penetrate fra noi, ne suscitarono nuove ed originali, di singolare importanza dal punto di vista delle applicazioni pratiche, le quali sollevarono l'entusiasmo non solo negli uomini di scienza, ma nella società tutta che ne ritrae tanti benefici vantaggi.

I sentimenti di ammirazione e di riconoscenza che in Italia si nutrono verso il grande pensatore ed esperimentatore britannico sono profondi ed unanimi.

Bibliografia

[1] Sopra la forza elettromotrice dal magnetismo dei sigg. L. Nobili e V. Antinori, «Antologia», n. CXXXI; Nuove esperienze elettromagnetiche e teoria fisica del magnetismo di rotazione, «Antologia», n. CXXXIV; Descrizione delle nuove calamite elettriche ed osservazioni sulle medesime, «Antologia», n. CXXXVI; Sopra varii punti di magneto elettricismo, «Antologia», n. CXXXVIII; Teoria fisica delle induzioni elettrodinamiche di L. Nobili, «Antologia», n. CXLII.

[2] La vita di Michele Faraday, Padova, 1908.

[3] Cours spécial sur l'induction, le magnétisme de rotation, le diamagnétisme et sur les relations entre la force magnétique et les actions moléculaires, Paris, 1854.

[4] «Annali delle Università Toscane», vol. 3°. Le tre Memorie del Felici furono tradotte in tedesco e stampate negli «Ostwald Klassiker der exakten Wissenschaften».

[5] Considérations sur l'état dans lequel doit se trover une couche d'un corps non conducteur de l'électricité lorsqu'elle est interposée entre deux surfaces douées d'électricité de différente espèce, «Journal de Physique, de Chimie et d'Histoire Naturelle et des Arts», par J. C. Delamétherie, Paris, vol. 63, Juillet, 1806; Suite des considérations, etc.; Avogadro, Saggio di teoria matematica della distribuzione dell'elettricità sulla superficie dei corpi conduttori nell'ipotesi dell'azione induttiva esercitata dalla medesima sui corpi circostanti per mezzo delle particelle dell'aria frapposta, «Memorie Società Italiana delle Scienze», vol. 23, 1844.

[6] Discussione analitica dell'influenza che l'azione di un mezzo dielettrico ha sulla distribuzione dell'elettricità alla superficie di più corpi elettrici disseminati in esso, «Memorie della Società Italiana delle Scienze», Modena, Parte 2a, vol. 24, 1846.

[7] Sur les forces qui régissent la constitution intérieure des corps, aperçu pour servir à la détermination de la cause et des lois de l'action moléculare, Taylor's, Torino, 1836.

[8] Lezioni elementari di fisica matematica, Firenze, 1843.

[9] Descrizione di una macchinetta elettromagnetica del dott. Antonio Pacinotti, «Nuovo Cimento», giugno 1864, pubblicato il 3 maggio 1865.

[10] Sopra i movimenti prodotti dalla luce e dal calore e sopra il radiometro di Crookes, Firenze 1876.

[11] Citiamo fra le varie Memorie del Bartoli su questo soggetto: Su le polarità galvaniche e su la decomposizione dell'acqua con una pila di forza elettromotrice inferiore a quella di un elemento Daniell, «Nuovo Cimento», 1879.

[12] Lettura fatta alla R. Accademia dei Lincei nella solenne adunanza del 3 giugno 1894.

[13] Rotazioni elettrodinamiche indotte per mezzo di correnti alternate, «Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino», vol. 23, 18 marzo 1888.

[14] Ricerche teoriche e sperimentali sul generatore secondario Gaulard e Gibbs, «Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino», vol. 37, serie 2, genn. 11, 1885; Sulle differenze di fase delle correnti, sul ritardo dell'induzione e sulla dissipazione di energia nei trasformatori, «Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino», dic. 4, 1887.

[15] L'ottica delle oscillazioni elettriche, Bologna, 1887.

[16] Electro-physiological Researches, «Phil. Trans.», 1845-1830; Lezioni sui fenomeni fisico-chimici dei corpi viventi, Pisa, 1846.

[17] Dott. Bence Jones: The Life and letters of Faraday, vol. 2°.

[18] Sur l'action chimique des differents métaux à la temperature de l'atmosphère et sur l'explication de quelques phénomènes galvaniques, Paris, 1796; Dell'azione chimica dei metalli nuovamente avvertita, Firenze, 1793.

[19] Ueber eine Entdeckung des Magnetismus der Flamme, «Pogg. Ann.», vol. 73.

[20] «Raccolta fisico-chimica Italiana», vol. 3°. Circa le esperienze dello Zantedeschi che preluderebbero all'induzione elettrodinamica, cfr. «Biblioteca Italiana», vol. 53 e Naccari, op. cit., pag. 236.

[21] Di un nuovo metodo sperimentale per lo studio dell'assorbimento della luce nel campo magnetico; 2 Note, «Rend. Acc. dei Lincei», serie V, vol. 7°, 2° sem., 1898.

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