SCENA I.

Elena, Alberto, Vladimiro, Antonietta, Ariberto

(Quando s’alza il sipario la sala appare in disordine. Alcuni mobili sono raggruppati in un angolo, altri nel mezzo. A terra stoffe e cuscini. Alberto, aiutato da Elena e dai servi, sta dando all’ambiente una nuova disposizione. Durante il dialogo che segue s’arresta, di tanto in tanto, per scostarsi a mirare l’effetto della nuova decorazione).

Elena — Come? Vuoi disfare anche l’angolo della veranda?

Alberto — Sicuro!... Là metteremo il pianoforte. C’è più luce, (dà le indicazioni a Vladimiro e Ariberto che collocano il piano) Ecco... un po’ più di traverso... così.... (ad Elena) Mi dava ai nervi quell’angolo!

Elena — Perchè?

Alberto — Non so.... ricordava cose tristi e lontane: «L’inno dell’ospite riconoscente»... (ad Antonietta) Dammi quella stoffa.

Antonietta — Devo metterla io?

Alberto — Tu?... Ma non sai che è una cosa difficilissima? Par semplice, ma è difficilissima... (drappeggiando la stoffa sul pianoforte) Niente è più difficile che le cose semplici.... (mirando l’effetto) Che tocco, eh?... Che te ne pare?

Elena — (incerta) A me pare che stia bene.... Ma.... non so.... non ne sono sicura... Capirai, mi sono sempre fidata degli altri....

Alberto — E allora fidati di me, e accendimi una sigaretta, (a Vladimiro e Antonietta) I ninnoli qui sopra...

Vladimiro — Tutti?

Alberto — (incerto) Tutti forse è un po’ troppo.... (ad Elena che gli porge la sigaretta accesa tra le labbra) Che ne dici?

Elena — (c. s.) Tutti sembran troppi anche a me.... ma d’altronde può star bene... Credo che si usi...

Alberto — Sicuro. Non ti ricordi che lo diceva anche (s’arresta) Sì... anche... quell’altro? (ad Ariberto) E qui metti quella pianta. Così.

Antonietta — Oh, com’è bello! Una cosa messa a posto dal signor padrone non par più quella.

Alberto — Ah! lo so! È il tocco magico! Il tocco dell’artista!... Che genio!...

Vladimiro — È proprio vero. In questi pochi mesi, la villa è diventata irriconoscibile.

Alberto — E questo è niente!.... Quello che verrà!... (ai servi, indicando) Il divano lì. Le sedie le raggruppate qua a destra... (ad Elena) Non è vero Nuccia? Cos’è che verrà?

Elena — (ridendo) Mah!.. Cos’è che verrà?

Alberto — Mistero! Profondo mistero!... (ai servi) No, così... più indietro... qui il paravento... tutti i cuscini sul divano.... (ad Elena, continuando) Ma qualcosa verrà speriamo....

Elena — Speriamo.

Alberto — (completando) A rompere il placido corso della nostra felicità.

Elena — A rompere?

Alberto — Volevo dire... a completare...

Elena — A completare?... Che cosa ti manca?....

Alberto — Che cosa può mancarmi quando ci sei tu?.... (ai servi) Mettete il tavolino più avanti!... Ecco... Così sta bene.

Vladimiro — Magnificamente! Se fosse qui il signor Remigio, schiatterebbe di bile!

Alberto — (severamente) Che c’entra il signor Remigio?

Antonietta — (subito) Il tavolino da tè dove lo metto?

Alberto — Lì, di fianco al divano.... (consultando l’orologio) E dal momento che sono le sei, il tè puoi anche prepararlo. (agli altri) Potete andare anche voi. È finito.

(Antonietta, Vladimiro, Ariberto, si avviano. Vladimiro, appena usciti gli altri tre, ritorna sui suoi passi).

Vladimiro — Il signor padrone mi deve scusare... se dianzi mi sono permesso....

Alberto — Non ho niente da scusare. Ma desidero che certa gente sia ricordata il meno possibile, specialmente quando non è necessario.

Vladimiro — Il signor padrone non dubiti (esce).

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