SCENA II.

Le precedenti – Adriana

Adriana — Scusi... Villa Taddei?

Carmine — Precisamente, signora.

Adriana — (avanzando sorridente, e tendendo cordialmente le mani) La signorina Carmine, allora?

Carmine — (sorpresa e intimidita) Sì, signora. Sono io.

Adriana — Adriana Clarson.

Carmine — (a cui il nome è completamente ignoto) S’accomodi...

Adriana — Certo, Paolo le avrà parlato di me.

Carmine — (con crescente imbarazzo) Veramente... se devo esser sincera...

Adriana — (semplice) No?...

Carmine — Che io mi sappia... non aspettava nessuno.

Adriana — Quattordici ore di macchina, signorina.

Carmine — Son tante. Sarà stanca.

Adriana — Oh! no! È il mio modo di riposare, questo. Quando sono stanca, via! Cinque, dieci, dodici ore al volante mi ritemprano!

Carmine — Ciascuno riposa come può.

Adriana — Ha detto giusto. Per me, schiava del pubblico, queste corse nella libertà infinita dello spazio, sono la sana, la salutare reazione. (pausa) Io recito.

Carmine — Sul teatro?

Adriana — Non lo sapeva?

Carmine — Vivo così lontana dal mondo!

Adriana — La invidio!

Carmine — Non è il caso, signora. Deve piuttosto scusare la mia completa ignoranza. Deve scusarmi se il suo nome non mi rivela nulla ch’io sappia.

Adriana — Se mai, il torto è di Paolo che non le ha parlato di me. Ma posso dirle, in compenso, ch’egli mi ha scritto tutto di lei.

Carmine — (con lieve tremore) Di me? C’è così poco da sapere....

Adriana — (alla maestrina, ch’è rimasta ferma un poco in disparte) La signorina Adelina?

ADEI.INA — (timidamente, sorpresa) Sì... signora.

Adriana — (con un sorriso) La maestrina che scappa.

Carmine — Ma lei conosce tutta la famiglia!

Adriana — (con molta semplicità) Senza essere indovina, e quindi, con pochissimo merito... Le dicevo appunto che Paolo mi ha scritto tutto... si può dire giorno per giorno... È, un poco, il solo compenso che abbiamo noi, amiche degli uomini illustri, questo. Ne raccogliamo i sogni, i progetti, le confidenze, e, spesso, anche le delusioni... Oh! c’è da esserne poco lusingate, sa, signorina... perchè quello che, da principio, si crede un omaggio intimo e personale non è, in fondo, che un sistema di lavoro... vorrei dire un’esercitazione letteraria che fissa schiettamente della pura materia d’arte. Ma non importa. Noi ne dobbiamo essere ugualmente fiere e gelose. E sentirci elette non fosse altro che come delle vestali... delle alimentatrici del fuoco sacro.... Tutto il resto, dopo dieci anni di vita quasi comune, capirà... non ha importanza....

Carmine — (che durante queste parole ha dominato quanto ha potuto l’angoscia di una delusione che verrà sempre più intensificandosi, mormora a fior di labbro, quasi a sè stessa) Dieci anni!...

Adriana — (continuando, senza importanza) Non di legame, ma di reciproca libertà. Dieci anni di amicizia, di fraternità sincera. Soltanto così si possono evitare gli urti, gli impacci, i pesi, e – diciamolo pure – le volgarità e ritenere giusti certi diritti che, nella normalità, sono giudicati assolutamente arbitrari. Prova ne sia che quando Paolo ha pensato di correre qua, avido, come un bimbo curioso di sensazioni nuove, io stessa l’ho sollecitato a partire. E adesso, che la mia curiosità, suscitata – confesso – dalle lettere di Paolo, mi ha spinta qui inattesa ospite di poche ore, adesso, capisco... Capisco come un artista possa aver trovata la sua fresca materia... (girando attorno lo sguardo) La grande villa, le vaste ombre del parco, intorno il sano lavoro delle fattorie, laggiù la città provinciale un poco addormentata, e qua dentro tanta giovinezza e tanta purità: la sua, Carmine.

Carmine — (con voce che trema) Signora...

Adelina — (che capisce, per sviare) Carmine è un poco turbata....

Adriana — Oh! no! Io non devo darle questo turbamento... Le dico quello che sento, quello che ammiro... E per noi, che veniamo da un mondo di falsità, non può credere quanto sia dolce respirare la pace di una casa dove tutto sa di ordine, di buon gusto, di profumo di lavanda....

Carmine — (appoggiandosi a un mobile, senza più forza) Le sue stesse parole!

Adriana — Vede... bisognerebbe che noi potessimo talvolta abbandonare la nostra vita fittizia per ritemprarci qui dove tutto è sincero... Ci farebbe bene.

Carmine — (riprendendosi a poco a poco con mal celata ostilità) Lo crede?

Adriana — Oh! sì lei non può forse capirmi, perchè non conosce quell’altra vita... la nostra. Quella vita che molti c’invidiano appunto perchè non sanno.

Carmine — E lei pensa...

Adriana — (sùbito) Penso che a contatto con la semplicità ogni spirito avido deve placarsi... E allora sì, sentiamo in noi qualche cosa di migliore, di commosso... qualche cosa che sa di nostalgia e di rimpianto.

Carmine — Non posso sapere.

Adriana — Non le pare, signorina Adelina?

Adelina — (che ha seguito con trepidazione ogni parola e ogni espressione di Carmine) Oh! Io credo che è vero... Ne parlavo dianzi con Carmine...

Carmine — (sùbito) Ma no... non è questo!

Adriana — Certo è che niente ha tanto profumo come la buona tradizione casalinga... come il vostro amore che non conosce tormenti... come il vostro solo piccolo grande sogno: la casa che si rinnova e continua. E tutto questo appare alla nostra sensibilità sùbito... È nell’aria.. È poesia. – Ricorda?...

….. la cena

d’altri tempi, col gatto e la falena,

e la stoviglia semplice e fiorita,

e il commento dei cibi, e Maddalena

decrepita...

Carmine — (aspra) Elisabetta.

Adriana — Come dice?

Carmine — Dicevo che la nostra si chiama Elisabetta. E non è decrepita. Sta benissimo!

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