Atto quarto

La piccola terrazza a "berceau" d'un restaurant di lusso.

I verdi rampicanti limitano la terrazza quasi a chiuderla. Ma nel fondo è Parigi tutta luminosa nella limpida sera di prima estate. A destra una grande porta a vetri in comunicazione con le sale interne. Ne viene una calda luce gialla.

A sinistra s'apre una gradinata che scende nel grande giardino. E di là giunge il brusìo della folla e il ritmo d'una danza andalusa suonata dall'orchestrina tzigana.

Nel centro è la tavola riccamente imbandita e decorata di fiori. Una larga lampada ad abat-jour colorato piove la luce sulla tovaglia. Siedono a tavola Isa e Florise, Lenard e Claudio. È fine pranzo. Si fuma. Si ascolta la musica.

Florise

ne accenna a bassa voce il facile motivo, e chiede a Lenard:

Strauss?

Lenard.

Quale? Il grande o il piccolo?

Florise.

Giudicando da che punto di vista?

Lenard.

Sapete che cosa dicono a Vienna?

Nel frattempo fa l'atto di versare da bere a Isa che con brusco movimento gli ferma il braccio.

Isa.

No. Basta! Vi prego.

Il vino si spande sulla tovaglia.

Lenard.

M'avete fatto versare.

Claudio.

Porta fortuna.

Florise

intingendo l'indice nel vino versato e bagnandosi la fronte e toccando poi la fronte di Isa.

Per me e per te!

Claudio.

E per noi, niente?

Florise.

Voi uomini non dovete cercarla la fortuna, ma offrirla!

Lenard.

Dunque, a Vienna si dice: come Strauss preferisco Oscar; come Riccardo preferisco Wagner. Ma qui, amica mia, Strauss non c'entra! La musica che voluttuosamente vi davate l'aria di assaporare, è del semplice Mauperin. Tanto convenzionale da meritarsi la tomba prima di nascere; tanto fortunata da iniziare, con quasi certezza, da stasera il giro del mondo.

Florise.

Ecco uno che ha versato il vino sulla sua tovaglia!

Claudio.

E perchè proprio da stasera?

Lenard.

Perchè stasera Michette si è costituita al commissariato di Rue Racine.

Florise.

Michette? E chi sarebbe?

Lenard.

Evidentemente non avete ancòra letto i giornali della sera.

Florise.

No, infatti.

Lenard.

Riassumo. Volete? Michette: fille de Paris, ignota, oscura, confusa nella folla anonima. Solita istoria: passa un vecchio autorevole e danaroso: l'amore moderno, senza ali. La protegge. La ripulisce. La veste. La colloca in un "Luigi XV" con riproduzioni di Kirtchner nel gabinetto da bagno. Noia insopportabile.

Florise.

Di chi?

Lenard.

Ma di Michette, poverina! Noia e conseguente aspirazione insinuata da un piccolo amante ballerino e cocainomane: il teatro. Nessun talento. Nessuna voce. Ma due gambe eccellenti. Resta il ballo. Scena col vecchio signore autorevole. Confessione.... Mauperin ha scritto quella danza che avete ora gustata per la prima volta. Nessuno la voleva, fino a ieri. Ma la vecchia volpe, s'imbatte nella piccola ignota debuttante e le dedica il pezzo andaluso. Michette la fa diventare la sua danza personale, senza che nessuno se ne dia per inteso. Stamane Michette è nel bagno. Essa ha, da un paio di mesi, alle sue dipendenze Gerard, servitore modernamente ribelle. Pu-tin-pao – il suo piccolo cane cinese – abbaia, geme. Michette infila un accappatoio e schiude con precauzione l'uscio. E vede.... E ascolta.... Orrore!

Florise.

Che?...

Lenard.

Gerard ha afferrato il piccolo cane. Gli tiene aperta la bocca e – pardon – sputa nelle fauci forzatamente aperte della razza cinese rarità, due volte, sogghignando: questo è per quella mantenuta della tua padrona! questo per quel becco del tuo principale! Un colpo secco di rivoltella seguito da un grido: e questo è per te!

Florise.

Michette?

Lenard.

Che ha sparato e ferito, vendicando il suo onore vituperato da un servo per bocca d'un cane!

Florise.

Incredibile!

Isa si è alzata e lentamente ha raggiunto il limite della terrazza.

Lenard.

Leggete i giornali: l'Excelsior già pubblica il ritratto di Michette. L'ignota sale alla celebrità!... Ed eccoci alla morale della tragedia...! Non allontanatevi, Isa.... Siamo alla morale: potete ascoltare. Stasera la danzatrice è sulla bocca di tutti, e domani sarò costretto io stesso a chiamare Mauperin per offrirgli di acquistare quello che gli avevo rifiutato. Ancòra una volta il fenomeno parigino sprigiona da un fatto relativamente banale il suo simbolo: crea una personalità femminile che trascina nell'orbita della sua gloria quattro maschi: un mantenitore, un amante, un musicista ed un cane!

Isa

con un sorriso livido.

Non dimenticate che tutto questo si deve ad un colpo di rivoltella!

Lenard.

Trascurabile causa occasionale!

Isa.

Ma se io ne piantassi uno nel vostro cervello credete che diventerei celebre e potrei trascinare nella mia gloria qualcuno?

Lenard.

Evidentemente! Ma quel "qualcuno" non sarei io. E per.... quell'altro si poteva tacitamente intenderci senza darmi il dispiacere di ledere il mio cervello!

Florise.

Per nostra buona fortuna il signor qualcuno oramai naviga verso altri destini!

Claudio.

Non ancòra!

Isa

colpitissima.

Come?

Florise.

Non è partito?

Claudio.

No. Non è partito.

Isa

con angosciosa preoccupazione.

Come lo sapete?

Claudio.

Non ve ne volevo parlare, Isa. M'è capitato in banca stasera, poco prima che uscissi.... Non allarmatevi. Era calmo, rassegnato. M'ha chiesto di voi.... Ma, così, come si domanderebbero notizie di un'estranea.

Isa.

Che voleva?

Claudio.

Niente.... Era preoccupato.... Sciocchezze, vi dico.

Isa

Preoccupato di che?

Claudio.

Pensate: di sdebitarsi.... Gli ho dovuto promettere che avrei accettata la restituzione delle piccole somme che gli avevo prestate. Non gli è bastata la mia promessa. Ha voluto firmarmi un impegno. Domani partirà.

Isa

a fior di labbro.

Che angoscia!...

Florise

vivamente.

Ah! no, figliola mia! dovresti dire: che liberazione! Ma che vita era la tua? Urti, liti, preoccupazioni d'ogni genere. La libertà vincolata! Le inchieste su ogni passo! Un martirio! Un martirio! Ben venuto l'ultimo cozzo violento e la sua decisione improvvisa. Non parliamone più. Sentite?...

La musica ha ripreso, accompagnata da un refrain d'occasione cantato a coro.

Facciamoci portare i mantelli, e scendiamo....

Claudio va a dar l'ordine, dalla porta di destra.

Qui l'atmosfera comincia a diventare pesante.... Ma che cosa cantano laggiù?

Lenard

che è rimasto in piedi, durante queste ultime battute, appoggiato alla balaustrata seguendo il suo pensiero e il fumo del suo sigaro.

Lanciano la nuova canzonetta satirica sull'avvenimento del giorno:

....Michette, Michette a tué
un homme qui avait craché
dans la bouche d'un chien....

Un valletto ha portato i mantelli e i soprabiti.

Isa

abbandonando il mantello su una sedia dice, a Florise.

Lasciami qui.... ancòra un momento.... te ne prego!

Florise.

Ma no cara! Se scendiamo per te!

Isa.

Un istante.... ho bisogno di essere sola.... ho bisogno di respirare!...

Florise.

Come vuoi!

Il Valletto

a bassa voce a Claudio.

Signor Régis, ho avuto l'incarico di consegnarvi questo biglietto, quando i signori fossero per uscire.

Claudio.

Da chi?

Il Valletto.

Da un signore che è giù, nel salone.

Claudio

apre il biglietto, lo scorre, dice al valletto che aspetta:

La risposta vi sarà comunicata più tardi.

Il valletto esce. Claudio a Lenard traendolo in disparte e mostrandogli il biglietto.

È Mario.... Mi scrive che vorrebbe vederla.... è giù.... aspetta risposta.... che si deve fare?... Dirlo a lei?...

Lenard.

Non parlate. Me ne incarico io.

Claudio

a Isa.

Volete rimanere?

Isa.

Un momento....

Claudio.

Siamo qui sotto.... quando vorrete....

Isa.

Grazie. Vi raggiungo.

Scendono tutti, meno Isa. La musica e il canto riprendono. Isa s'abbandona su una sedia, sfibrata, rovesciando la testa all'indietro, lo sguardo fisso, vuoto e senza lagrime. Lenard lentamente risale. Esita. Si ferma. Isa volge lo sguardo verso di lui, ma freddamente, senza sorpresa, e con una stranissima calma dice:

Voi? Vi aspettavo. Ora sì, versatemi da bere.

Lenard.

Ah! Meno male! Cominciate a diventar ragionevole.

E le offre il calice colmo.

Isa

beve d'un fiato.

Che avete da dirmi?

Lenard.

Niente....

Isa

con un sorriso stridulo.

E il colpo di rivoltella?

Lenard.

Un'ipotesi!

Isa.

Giusto. Versatemi ancòra.

Lenard

non senza rivelare una certa preoccupazione.

Ora no.... Ora direi che basterebbe.

Isa.

Avete paura?

Lenard.

Non di quello che pensate.

Isa.

La piccola provinciale.... l'italianina, ricordate?... non può farvi paura, anche se vi mostra di aver appreso gli atteggiamenti della baccante! Versatemi da bere, Lenard. Bisogna stordirsi per trovare il coraggio di scendere sino in fondo!

Lenard.

Una piccola francese questo coraggio lo sa sempre trovare!... Con voi, lo capisco, la cosa è diversa.

Isa.

Vi ringrazio di averlo capito....

Lenard.

Non siate ironica. Non giudicatemi peggiore ch'io non sia! Non mi ero mai illuso sul vostro amico, ma dubito di essermi molto illuso su voi. Questo vorrebbe dire che capisco più la musica che l'anima femminile.... Infatti i maligni dicono che con la musica faccio i denari e con le donne li spendo. Ma credevo che la nostra vita, questa espressione massima della vita vi avesse presa completamente. Invece dubito che, per amore, siate ancòra capace di patire la fame.

Isa.

Non più, da quando voi siete passato fra me e lui!

Lenard.

Io?... Ma amica mia: fra voi e lui è passata la vita!

Isa.

No. È passato il vostro gioco, continuo, sottile, cominciato in quel mattino lontano laggiù al vostro studio, apertamente scoperto la sera del suo crollo, intensamente continuato quanto più s'aggravava la mia delusione!

Lenard.

E se il vostro amico riusciva? Quello che chiamate il mio gioco sarebbe stato un gioco pessimo per me! Nè mi sarei doluto perchè vi avrei vista tranquilla e vi avrei lasciata tranquillamente procedere per la vostra via! Io non vi ho parlato un linguaggio di passione, perchè non lo conosco, non l'ho mai conosciuto. Non vi posso dire amatemi. Vi posso dire soltanto: volete tutto quello che fatalmente vi è stato impossibile d'ottenere? Sono qui. Lo meritate: per la vostra amarezza e per la vostra delusione. Sono pronto ad ogni ordine, ad ogni volontà, umilmente sottomesso ai vostri desiderii!

Isa.

Ecco un'altra insidia!

Lenard.

Quale?!

Isa.

L'insidia di una sottomissione che è falsa come la vostra generosità. Ieri eravate dominatore, stasera vi dichiarate umile. Non è più l'ora della finzione, Lenard! E la verità è questa che vi confesso con calma assoluta: la vostra mano mi serra la gola: non vi resta che stringere!

Lenard.

Non dite così! Non lo merito! Io avrei tollerato tutto pur di farvi piacere! Tutto! intendetemi bene!

Isa.

Ma in nome di Dio, c'è chi al solo pericolo di questa generosità si è ribellato! E vi giuro che lui che credevo un vinto, mi appare in questo momento più forte di un vincitore.

Lenard.

Sono frasi!

Isa.

Già! Per voi rimango la piccola provinciale perchè non ho ceduto! Per Florise un'ingenua perchè non so ancòra decidermi a cedere! M'avete reso facile il peccato e intollerabile l'amore! M'avete gridato: Su! coraggio! Qui nessuno ti domanda il documento della tua onestà! Se lo poni sotto gli occhi di chi ti sbarra il cammino, come un lascia passare, ti ridono in faccia! Se lo sventoli alla luce del sole ed urli: guardate, sono onesta ma crepo di fame, sentirai un coro di voci risponderti: Colpa tua! Guarda laggiù! La vedi tutta quella folla che passa, che ride, che gode, che spende? Nessuno ha il suo documento in tasca, e nemmeno a casa, e nemmeno nella coscienza! Il lusso copre tutto! Il piacere dà a tutti l'ebbrezza che domanda solo del lusso nuovo e del piacere più intenso! Guardati intorno! Non aver scrupoli! Prendi! Dove puoi! Come puoi! Con qualunque mezzo, lecito o non lecito, perchè la città immensa ha aboliti i confini della morale, e ciascuno se li traccia con la larghezza del suo desiderio!...

Lenard.

Esagerate il vostro tormento!

Isa.

Voi ne aspettate la fine! Ci siamo. Giorno per giorno, ora per ora, eliminando le mie difficoltà, prevenendo i miei desiderii, appiattandovi nell'ombra, in agguato, mi avete fatto firmare dei patti a cui non si sfugge!... Pago! pago! pago! Sono vostra!...

Lenard.

Ah! Finalmente!... La tua bocca!... Così!

E la ghermisce e la stringe a sè, intensamente.

Isa

con disperato smarrimento, con invincibile ripugnanza, quasi supplicando Lenard.

No.... No.... Non è possibile! Non è possibile!...

E si piega tutta su se stessa, singhiozzando, sfinita. Lenard che ha ripresa immediatamente la sua calma, va alla porta di destra, preme con un gesto evidente il bottone del campanello. Un silenzio. Il valletto appare sulla soglia.

Lenard.

Quel signore che vi aveva consegnato il biglietto?

Il Valletto.

È nel salone.

Lenard.

Ditegli che è aspettato.

Il valletto esce. Lenard a Isa che è rimasta immobile nel suo angoscioso stupore.

Provincialina!... Adesso non dubito più!... Per amore siete ancora capace di affrontare la fame!...

Esce rapido verso il giardino. Mario è apparso sulla porta. Non osa quasi avanzare.

Isa

con voce spenta, implorante, tendendo verso di lui le braccia.

Mario!... Mario!...

Mario

lentamente, dolorosamente.

Son tre giorni che ti seguo.... che ti spio.... che cerco di avvicinarmi a te.... Non ne ho avuto il coraggio.... Stasera.... stasera non ho saputo resistere.... Ho voluto vederti, per l'ultima volta!...

Isa.

Mario!... Aiutami.... aiutami tu.... Forse ancòra è possibile!...

Mario

sconsolatamente.

È troppo tardi!

Isa.

Non lasciarmi!...

Mario.

Non potrei che trascinarti nel mio naufragio....

Isa.

Che importa, se ci ritroviamo!

Mario.

Non potrei che trascinarti nella mia miseria....

Isa.

Che importa, se ci ritroviamo!...

Mario.

No, Isa!... Non ti rendi conto di quello che sono!... Ma io, sì.... In questi giorni le ore erano così lunghe.... e bisognava non pensare a te per non soffrire troppo!... Allora ho guardato in me stesso, fissamente.... disperatamente.... senza pietà!... Ora mi conosco.... so quello che valgo....

Allargando sconsolatamente le braccia.

Nulla!

Isa

a fior di labbro.

Mario....

Mario.

Nulla!... nulla!... La mia arte?... quella che mi doveva dare la gloria.... Che ci doveva dare la ricchezza!... Oh!... L'ho risentita tutta qui, dentro di me.... così squallida.... così inutile.... così mediocre che ne ho avuta vergogna!... Sono finito!... Sono finito!...

Isa.

Non dirlo.... Non dirlo!...

Mario.

Ma sì!... lo sai!... me l'hai urlato in quella sera terribile!... Me l'hai detto.... dopo.... per tanti giorni tristi, senza dirmelo!... Avevi ragione!... Naufragio!... Naufragio!... Ma che? Neppure questo!... È una parola troppo grandiosa per la mia povera istoria che si riduce allo scivolar via del nulla nel nulla!... Vedi dunque che non mi resta che andarmene.... sparire..., perchè più niente posso fare per te!...

E s'abbandona sfibrato. Dal giardino, lentissima, la musica riprende.

Isa

avvicinandosi a lui con commossa fermezza.

Ma io sì.... io posso!...

Mario

sconsolatamente.

Che cosa?... Spianarmi la via con l'abilità dei tuoi fascini?... No. Preferisco logorarmi nella rinuncia, guadagnarmi la vita col lavoro più umile....

Isa.

Volerti bene, posso.... ora, finalmente!...

Mario.

Tu ancora speri nel mio avvenire?!...

Isa.

Ma non parlar più d'avvenire! Non abbiamo inseguito che quello.... Non abbiamo desiderato che la gioia che ci eravamo promessi!... No, no, Mario!... Fino a ieri ho amato quel piccolo sogno che era la tua gloria, ora amo te.... amo questa grande realtà che è il tuo dolore!...

Mario.

È pietà la tua!

Isa.

E sia pure !... Ma tu mi dai questa tua sofferenza che è sacra.... Mi dai questa tua ansia di non potermi dare.... Mi dai lo strazio della tua prima delusione perchè diventi degna di consolarlo! Oh! lasciami dire!... lasciami dire!... ne ho tanto bisogno!... Tu mi costringevi a guardar sempre lontano.... ai giorni che sarebbero venuti.... tu volevi abbagliarmi con la tua conquista.... con la tua ricchezza.... e hai fatto sì che io non guardassi che là, non vedessi che là.... Ci fu un momento in cui, mentre fissavo quelle lontananze radiose, non ti ho visto più.... e allora m'è sembrato che il mio cuore fosse vuoto!... Anch'io, anch'io, come te, ho inseguito il mio sogno.... era così facile per la mia fragilità di donna afferrare da sola quello che tu non mi potevi dare, e che pareva l'unica cosa importante per la mia felicità!... L'ho tentato.... ma ho visto che non c'era che malinconia!... Lascia.... lascia che ti guardi.... così.... Nei tuoi occhi di pianto.... nei tuoi occhi smarriti ritrovo la verità del nostro amore!... lascia che io possa farti del bene!... Ah! che sete, che sete di darti!... tutta la mia tenerezza.... il mio patimento.... le mie lagrime.... Allora sì.... allora sì ti amerò se vincerai!... Non perchè hai vinto, ma perchè avrai sofferto per vincere!... Fra questa febbre, in questa ebbrezza, per la prima volta ti vedo quale sei.... mi vedo quale sono!... Sono io, adesso, sono io che ti offro la mia ricchezza.... la mia povera ricchezza di compagna che vuol avere tutto in comune con te.... che vuol risalire con te verso le nostre origini, dove la vita è vera, perchè è fatta di poesia e di bontà!...

Mario

in un impeto di commozione.

O mia creatura fragile.... mia creatura forte!...

Isa

stringendosi a lui.

Con te.... con te.... mio figliuolo sperduto!...

Mario.

Ah!... La tua voce mi par quasi materna....

Isa.

È vero.... è vero.... ma in ogni donna che ama c'è sempre un po' di mamma.... quasi il presentimento della mamma che diventerà....

Mario piega il capo singhiozzando. Isa carezzandolo sui capelli, con infinita dolcezza, col pianto che trema nelle sue parole:

Vedrai!... vedrai!... Insieme.... rifaremo la vita!...

TELA

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