Apparecchi a doppia velocità.

Tutti questi inconvenienti sparirebbero, se la zona di carta, che abitualmente si muovesse a tenue velocità sotto gli stili degli strumenti, acquistasse automaticamente un rapido movimento al principiare d’ogni scossa e ritornasse da sè stessa alla primitiva piccola velocità, appena che il suolo fosse tornato tranquillo. È ciò che pensò il Gray, il quale fin dal 1887 risolse l’arduo problema, ma, a vero dire, in un modo troppo complicato.

Un congegno più semplice io stesso feci conoscere nel 1889 e ne costrussi altro ancor più pratico nel 1892 applicandolo al mio sismometrografo, rappresentato dalla (fig. 28), e che perciò chiamaia doppia velocità. In esso gli stili scriventil ed l ʹ sono prolungati posteriormente in λ e λʹ, e le loro estremità, munite di fili di platino orizzontali, vengono a trovarsi a piccolissima distanza da quelli verticali sporgenti dalle leve d e d ʹ. Al sopraggiunger d’una scossa, per il contatto avvenuto tra i predetti fili di platino, si chiude un circuito elettrico nel quale è inclusa la bobina E; questa allontana un dente che rattiene la ruota r e la zona di carta Z passa dalla velocità di 30 cm. all’ora a quella di 20-30 metri. Nel tempo stesso, mediante il tirante n le leve d e d ʹ si gettano indietro, per non ostacolare i movimenti degli stili scriventi. Appena la ruota r ha fatto un giro intero, cessa la grande velocità, e le levette d e d ʹ tornano di nuovo nella posizione primitiva, pronte a chiudere immediatamente il circuito elettrico per una 2ª volta, se gli stili scriventi fossero ancora in movimento, e così di seguito. Ben si comprende come alla bobina E sia conveniente collegare delicatissimi sismoscopî, affinchè la corsa della zona cominci possibilmente anche prima che si muovano in modo percettibile gli stili scriventi.

Credo opportuno far conoscere alcuni sismogrammi ottenuti a Roma con tal genere di registrazione e riprodotti nelle fig. 43, 44 e 45, i due primi ad ¼, l’ultimo ad ½ della grandezza naturale. Il 1º si riferisce al rovinoso terremoto di Firenze del 18 maggio 1895; il 2º al terre- moto Adriatico del 9 agosto dello stesso anno; il 3º al fortissimo terremoto delle Marche del 21 settembre 1897. In tutti e tre si riconosce come il meccanismo della grande velocità scattò qualche tempo dopo che cominciò la scossa, e terminò un pò prima della fine della stessa. Ciò deve imputarsi al fatto che la distanza tra i fili di platino, destinati al contatto elettrico, era allora troppo grande, appunto per impedire che lo strumento funzionasse troppo spesso in seguito al movimento cittadino in Roma, e di più alla circostanza che nessun sismoscopio era stato collegato colla bobina E.

Lo stesso problema fu risoluto in modo alquanto diverso nel mio microsismometrografo (fig. 33). In esso la registrazione si compie dagli stessi stili sopra due registratori distinti: uno anteriore, l’altro posteriore. Nel 1º abbiamo visto che gli stili l ed l ˊ scrivono ad inchiostro sopra la zona di carta bianca Z, che si muove continuamente con la velocità costante di 70 cm. Nel 2º i prolungamenti λ e λʹ degli stessi stili scrivono mediante punte sopra la zona di carta affumicataZ ʹ a cavalcioni sul cilindro C, il quale si pone in rapida rotazione soltanto al principiare d’una scossa, cioè quando le estremità di λ e λʹ vengono a far contatto elettrico contro le corrispondenti asticine d e d ʹ, in modo analogo a quanto si disse per il precedente strumento. È dunque come se si trattasse di due sismografi diversi che scrivessero sopra distinti registratori. Invece, nel caso nostro, è lo stesso sismografo che con un po’ d’attrito di più lascia per ogni scossa due sismogrammi: l’uno a piccola velocità il quale porge un’idea generale del movimento avvenuto; l’altro, a grande velocità, dà le particolarità del principio della scossa e, se vuolsi, anche delle altre fasi successive. Nella (fig. 46) è riprodotto nella scala di 1/5 il principio del sismogramma, tracciato a grande velocità a Rocca di Papa e relativo alla tremenda scossa dell’8 settembre di quest’anno, la quale in pochi istanti riempì di terrore e desolazione le Calabrie.

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